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Autore: BlackEyedSheeps    29/08/2013    0 recensioni
Era lei.
Lei che cercava di confondersi fra la folla, di mimetizzarsi con la rumorosa fauna turistica, di seguire un gruppo di persone di cui aveva appena intuito le traiettorie, ma una volta che Clint aveva agganciato l'obiettivo, difficilmente se lo lasciava sfuggire.

[Clint/Natasha]
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Agente Maria Hill, Agente Phil Coulson, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nick Fury
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Compromised'
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Il volto umano non mente mai:

è l'unica cartina che segna tutti i territori in cui abbiamo vissuto.

(Luis Sepùlveda - “Diario di un killer sentimentale”)

 

 

Al largo del porto di Cascais, Portogallo
Ore 7:04

 

Finalmente l’oceano.

Il vento fresco di giugno che raccoglieva gli aromi e le voci lontane di un porto di mare.

Le assi lucide di una piccola imbarcazione schiaffeggiate da onde impertinenti.

L’odore del caffè che riempiva l’aria.

L’atmosfera che si sarebbe detta di vacanza.

 

Ci voleva decisamente più panna.

“E’ tutto sotto controllo, Coulson”, se avesse continuato con quel tono di voce, non sarebbe risultato più credibile di un cantante lirico con la raucedine. “Ho solo bisogno di un po’ di tempo in più. Di' a Fury che se vuole le cose fatte bene non deve mettermi fretta. No… aspetta, non dirglielo.”

Si stava innervosendo e ci bevve sopra un po’ di caffè amaro.

La comunicazione venne interrotta e lanciò il telefono su un ammasso di asciugamani macchiati di sangue.

Si passò una mano fra i capelli ancora umidi dopo la doccia e abbandonò la tazza sul ponte della piccola imbarcazione che aveva preso in prestito dalle infinite risorse dello SHIELD.

Erano passate ore, ma ancora non era affatto sicuro di aver preso la decisione giusta.

Il mal di stomaco non si era affatto placato. I sospetti di Coulson gli avevano dato lo scacco matto. E facevano male, perché questa volta sapeva perfettamente di aver in qualche modo tradito la sua fiducia.

L’uomo però, ancora, non doveva aver ritenuto necessario nessun intervento, o a quel punto si sarebbe trovato in compagnia. Rinforzi non richiesti per una missione che avrebbe dovuto concludersi in uno, massimo due giorni.

In quel momento, la tavola piatta dell’oceano attorno a sé, gli sembrò l’unica compagnia necessaria. Silenziosa e priva di coscienza.

 

Scese i pochi gradini che portavano alla cambusa, vagamente accecato per via della mancanza di luce, in contrasto con l’abbagliante sole all’esterno.

 

Dormiva ancora.

Il viso di Natalia, ancora estremamente pallido, inoffensivo, sembrava meno sofferente di qualche ora prima.

Aveva dovuto prestarle il primo, essenziale, soccorso. Un paio di ferite niente male, placate dall’intervento di qualche punto.

Il resto, non erano altro che contusioni che le avrebbero lasciato dolori diffusi ma nessun danno a lungo termine.

Si chiese se non avesse esagerato con la quantità di sedativo che le aveva somministrato al momento della cattura.

Dopotutto, pensò, non era stato tarato per venir destinato a lei.

In realtà avrebbe dovuto conservare quel sonnifero per qualcun altro, qualcuno che non avrebbe dovuto uccidere come invece gli avevano chiesto di fare al cospetto della Vedova Nera.

Semplicemente non aveva potuto farlo.

A torto o a ragione ancora doveva stabilirlo. Avrebbe potuto stilare una lista di pro e contro e sicuramente le motivazioni per cui avrebbe dovuto eliminarla una volta per tutte, avrebbero superato in lunghezza i motivi per cui, invece, non avrebbe dovuto farlo. Eppure, seppur consapevole, aveva optato per assecondare la lista più corta.

 

Venne sorpreso a spiarla, quando lei finalmente aprì gli occhi.

Confusa e stordita, era comunque sicuro che non le ci sarebbe voluto molto per capire che non era libera di muoversi agilmente.

 

“Ho dovuto ammanettarti”, la informò prima che compisse qualche movimento imprudente. “Oh, non mi guardare in quel modo, non avresti potuto fare molto comunque, nelle condizioni in cui ti trovi.”

Le sue parole andarono a scontrarsi con un muro di stizzito silenzio.

“Hai perso un bel po’ di sangue, la scorsa notte. E a meno che tu non abbia le capacità di ripresa di uno scarafaggio, ti consiglierei di goderti la comodità della tua branda. Che per la cronaca era la mia.”

Si complimentò con se stesso per lo sfoggio, non richiesto, di nobiltà d'animo.

La donna non parve apprezzarlo. Vatti a fidare della cavalleria.

Gli sfuggì un sospiro stanco e intrecciò le braccia al petto, osservandola. Si rese conto, dal suo sguardo improvvisamente allarmato, che doveva aver capito di aver perso tutto quello che aveva con sé.

Clint si infilò una mano in tasca ed estrasse una piccola busta di plastica.

“Cercavi questa?”

Finalmente la donna parve avere la prima reazione spontanea, scalciando a fatica il lenzuolo che la copriva.

Non le rivelò che gli era risultato impossibile, con i pochi mezzi di cui disponeva di decriptare le informazioni sulla chiavetta.

“Materiale interessante”, ovviamente cercò di farle credere il contrario “Tanto da scatenarti dietro una quantità spropositata di ninja da quattro soldi.”

Il suo silenzio, straordinariamente, non lo mise a disagio.

“Un po’ come la tizia, di quel film”, tergiversò “Che massacra un gruppo di giapponesi con una katana e una tutina gialla… Kill Bill!”

Il suo sorriso si fece strano: “O forse era Billmann?”

La chiavetta era stata un osso duro, ma il cellulare e altre piccole tecnologie che la donna teneva nascoste addosso gli erano stati utili per tracciare una mappa approssimativa delle sue informazioni.

Il piano generale, purtroppo, non gli era ancora del tutto chiaro.

“Chi hai fatto incazzare, stavolta… Natalia?”

Gli occhi di lei si fecero grandi, forse ancora afflitti dagli effetti del sedativo, ma gli piacque pensare che forse, un pochino, era riuscito a impressionarla.

Poi, le sue labbra si aprirono e ne uscì una voce che aveva a malapena conservato quel tono caldo che le aveva sentito il giorno della festa di Sant’Antonio.

“Che vuoi da me?”

Clint si sorprese di non sapere che cosa risponderle.

Rimase in silenzio.

Non le mentì.

“Capire.”

 

 

 

Collocazione sconosciuta
Ora non meglio identificata

 

Non si era fatta molte illusioni sulla morte, ma un paio di cose se le era aspettate con certezza: avrebbe smesso di sentire, pensare, esistere... e allora perché le sembrava di star galleggiando nel vuoto? Il ritmo lento e cadenzato di tamburi in lontananza a riempirle le orecchie, una leggera pressione alla base dello stomaco, come in attesa di un risveglio improvviso dei sensi.

Macchie di luce coloravano a tratti il buio dei suoi occhi. E poi... ogni centimetro di lei sembrava impazzire nel tentativo di avvisarla che qualcuno era lì con lei, che la stava osservando.

No, non è possibile.

Il sordo pulsare che le sembrava di udire, si trasformò nel martellio lancinante delle sue tempie. Il dolore e l'indolenzimento, la morbida consistenza di un materasso sotto di lei, la stretta rigida e fredda attorno ai polsi arrivarono a palesarsi subito dopo, imponendo al suo esausto cervello di prenderne atto. Non le mancava che di aprire gli occhi e lo fece: la tenue luce di una stanza che non le risultò familiare in alcun modo, la ferì, peggiorando drasticamente il suo mal di testa.

 

Mise a fuoco la figura confusa che la osservava da qualche passo di distanza. Stavolta non fece alcuna fatica a riconoscerlo: Francis. O qualunque fosse il suo vero nome. La consapevolezza di essere stata ingannata come una spia alle prime armi le scese nello stomaco come un boccone troppo amaro da digerire.

Le tornarono in mente gli avvenimenti della sera precedente (o era trascorso più tempo?), il bosco, gli uomini di Billmann, la freccia che l'aveva colpita e – ne era convinta – anche uccisa.

Evidentemente aveva fatto i male i suoi calcoli: doveva averle somministrato una qualche porcheria chimica per metterla KO e portarla... da qualche parte. Anche se sembrava che le avessero svuotato il cranio per riempirlo di ovatta, Natalia intuì il movimento del rollio delle onde, impercettibile, ma inconfondibile. Erano su una barca. Non credeva che sarebbe stato possibile, ma il suo umore riuscì a peggiorare.

 

Contro ogni buonsenso, cercò di muoversi: scoprì di avere le mani immobilizzate sopra la testa nel momento esatto in cui l'uomo la informava di averla dovuta ammanettare. Un rumore metallico accompagnò il suo gesto e con le dita le parve di sfiorare una ringhiera fredda. Fantastico. Si inumidì le labbra con la punta della lingua, la bocca fastidiosamente impastata dal sonno e dal sedativo. Cercò di capire in che razza di condizioni si trovasse: si accorse che la ferita al polpaccio era fasciata di fresco. Come se i pensieri fossero stati concatenati, anche il fianco si fece sentire, ricordandole della coltellata infertale dallo sfregiato. Il fastidioso pungere dei punti di sutura, le tolse ogni dubbio: Francis, o chi per lui, si era preso cura delle sue ferite.

Un dubbio, gelido e terribile andava formandosi nel retro della sua mente. Tentò in tutti modi di elencare tutto ciò che sentiva man mano che riacquistava sensibilità in tutto il corpo. L'aveva avuta a disposizione, priva di sensi e di conoscenza per chissà quanto tempo... tentò di scacciare l'idea.

 

Per un istante fu quasi sul punto di chiederglielo e forse l'avrebbe fatto, se l'uomo non le avesse mostrato una bustina di plastica, la chiavetta USB sigillata all'interno. Grandioso, un altro problema da aggiungere ad una lista che andava allungandosi in maniera impressionante.

No, non stavo cercando un bel niente. Stronzo.

Le parole di lui, però, attirarono – suo malgrado – la sua attenzione. Materiale interessante? Si era assicurata di rimuovere metà dei file dalla chiavetta, di metterli al sicuro in un luogo che solo lei conosceva e di criptare i restanti: una specie di assicurazione nel caso in cui Billmann avesse deciso di tirarle qualche tiro mancino. Doveva avere abbastanza informazioni per convincerlo di aver portato a termine la missione, ma anche una rete di sicurezza nel caso in cui avesse deciso di non ottemperare ai termini del loro accordo. Si era lasciata abbagliare dal compenso stratosferico, sottovalutando l'impazienza e l'incompetenza di un uomo come Billmann: un errore che non avrebbe commesso una seconda volta.

 

Tentò di alzare gli occhi al soffitto alla battutaccia di Francis, procurandosi – se fosse stato possibile – un mal di testa nel mal di testa che già aveva. Chi aveva fatto incazzare? In questo caso in particolare, Billmann che le aveva mandato dietro uno squadrone di quindici uomini per strapparle quella stupida chiavetta; e lo SHIELD per averli svergognati per l'ennesima volta, tanto da spingerli ad inviarle contro un arciere ad ucciderla. Il punto era uno: non l'aveva fatto. Si è presentato con un arco. Magari lo SHIELD sta tentando di prendermi per il culo. Non ne era certa, ma sicuramente, se Francis era davvero un assassino, doveva essere anche piuttosto scadente nel suo lavoro. Che l'avesse tenuta in vita per quegli stupidi piani?

 

Le tempie continuavano a pulsare dolorosamente, il proprio corpo le dava segno di esserci, ma non di poterle essere di alcun aiuto se avesse deciso di ribellarsi. Era ferma, bloccata su una stupida branda, alla mercé di un uomo che andava in giro con un arco e che avrebbe dovuto ucciderla, ma che non l'aveva fatto. Magari era morta davvero e quello era il suo personalissimo inferno, dominato da caos e leggi prive di una qualsivoglia logica.

 

“Che vuoi da me?” andò dritta al punto – non aveva né la voglia, né le energie per permettersi il lusso di perdere tempo. Fu costretta ad inorridire al suono roco e incerto della propria voce. Lesse la confusione negli occhi di lui: l'aveva portata fin lì senza sapere che cosa volesse da lei?

 

“Capire.”

 

 

Al largo del porto di Cascais, Portogallo
Ore 7:28

 

“Dovrai essere… un po’ più preciso di così”.

Clint si prese il suo tempo, un po’ per valutare la situazione, un po’ per comprendere chi realmente si trovasse di fronte. Nessun fascicolo, nessuna fasulla conversazione lo avrebbe aiutato a comprendere l’essenza di quella donna.

Il suo sguardo ostile, il suo tono, altrettanto refrattario, potevano dire tutto e niente.

“Sicura? Credevo ti bastasse uno sguardo per capire cosa passa nel cervello delle persone”, non era certo di volerla provocare, ma di levarle quell’espressione imperturbabile dalla faccia sì. “Una donna sola. Senza la copertura di alcuna organizzazione, si va a infilare in un casino di livello internazionale... per quanto? Una valigetta piena di soldi? Pensavo che una ex spia sovietica, che ha imparato a cavarsela da sola, potesse sopravvivere facendo scelte un po' meno azzardate.”

Il silenzio di lei gli suggerì che si era offesa. O così almeno intuì.

“Andrai a parare da qualche parte o ci tenevi solo a farmi la predica?”

“Hai fretta, per caso?”

Non sarebbe stata una corsa semplice. E lui non era poi così abile con le parole.

Gli riusciva meglio essere diretto. Decise di non smentirsi.

“Ti ho vista combattere, sei brava. Gente come te farebbe comodo allo SHIELD.”

Stava improvvisando. Non era affatto sicuro che lo SHIELD avrebbe appoggiato la sua audace proposta.

“Non m’importa niente di ciò che farebbe comodo… allo SHIELD”, da come pronunciò quel nome, comprese che ne provava ribrezzo. E che molto probabilmente pensava che lui fosse completamente andato di cervello “Anche se sì, immagino che un po’ di incompetenza in meno non vi nuocerebbe.”

“Ouch”, colpito. “Immagino sia più soddisfacente sfamare gente come il tuo amico Billmann. Nella ricompensa spero abbia almeno incluso il conto per il tuo funerale.”

Seppe di averla fatta incazzare. Felice di aver fatto centro. Magari doveva continuare la parte del presuntuoso provocatore.

“Soddisfacente? No. Penso a sfamare me stessa e nessun altro: ho smesso di prendere ordini dai piani alti. Un americano che è convinto di uccidere per conto del bene supremo...”, lanciò quella che sembrava una risata sarcastica. “Che novità.”

“Tu però sei ancora viva”, non sorrideva più. “Nessuno ha parlato di bene supremo. Hai interferito in un’operazione di sicurezza mondiale. Le conosci almeno le conseguenze di quello che porti dentro quella tua chiavetta USB? Delle persone che stai mettendo in pericolo?”

“Supponi che m’importi. Ti sbagli”, di nuovo quel tono glaciale. “Tutti uccidono per proteggere i propri interessi. Credi seriamente che lo SHIELD non abbia mai messo in pericolo nessuno? Le tue mani sono tanto sporche quanto le mie. Non far finta del contrario.”

“Non lo sto facendo”, su quel punto non aveva decisamente intenzione di contraddirla. Mani sporche di sangue? Era una vita che ci stava combattendo e quel colore non se ne sarebbe mai andato. Evitare che però si macchiasse anche di quel crimine? Poteva farlo. Ci stava provando.

“Ma se sei ancora viva è perché l’ho deciso io”, voleva mettere in chiaro la sua posizione, farle capire che non era stata una casualità che l’aveva portata lì. Ma il frutto di una decisione istintiva, sconsiderata forse, ma pur sempre una decisione, della quale probabilmente si sarebbe portato appresso a lungo le conseguenze, qualsiasi esse fossero.

Voleva che capisse che questa volta aveva rischiato il colpo definitivo, sperando che fosse ancora abbastanza attaccata alla vita da considerare delle proposte, da rivalutarle.

 

“Quindi, di nuovo, cosa vuoi da me?”, lo sguardo di Natalia mutò in qualcosa di terribile, qualcosa a cui non seppe dare un nome immediato. “A meno che tu non ti sia già preso quello che volevi.”

Gli ci volle un po’ per intuire quello a cui la donna stava alludendo, ma quando lo fece, sentì qualcosa di profondo e sgradevole in fondo allo stomaco. Lo avevano accusato di tante cose, ma mai di aver approfittato di qualcuno in difficoltà. Men che meno di qualcuno di cui aveva stupidamente deciso di prendersi cura.

Non si preoccupò di nascondere l’offesa.

“Tutto quello che volevo era salire sul primo aereo per gli Stati Uniti, questa mattina”, chiarì “E invece sono qui, a sentirmi ripetere la stessa domanda. Francamente? Non lo so cosa voglio, o che cosa mi aspettassi. Forse di chiarirmi le idee sul perché mi sia esposto per salvarti il culo...”

“Nessuno ti ha obbligato a tenermi in vita”, cercò di parlargli sopra, ma la ignorò.

 

“Forse solo perché mi facevi pena. Forse solo perché è così che ho cominciato anche io. E credimi, la tua posizione in confronto a quella da cui hanno ripescato me, è di gran lunga un passo avanti.

Hai la tua indipendenza, questo non lo nego, delle capacità che farebbero invidia all’intero corpo dei Marines. Ma oltre a questo?

Io avevo delle discrete capacità militari, una buona mira e un gran bel casino in testa.

Lo SHIELD mi ha restituito la dignità. Una possibilità di redenzione. Al servizio di superiori? Certo. Nella vita ci sarà sempre qualcuno a darti ordini. Perfino tu stai agendo per conto terzi. La differenza sta nell’intuire quale fra le scelte sia quella più sensata. Meno dannosa.

La mia tendenza a non eseguire ciecamente gli ordini è rimasta comunque. Altrimenti non starei blaterando di queste cose con te. Quello che rende diversa la mia situazione è che nessuno mi verrà mai a cercare per tentare di fregarmi se io non cercherò di fregare loro. Rispetto. Reciproco.”

Non fu certo che il suo discorso avesse fatto breccia nel cuore della Vedova Nera, continuava a non trovarsi a suo agio nei panni del trascinatore, e ancora una volta, doveva aver sbagliato tutte le parole, l’istinto folle che gli provocava le cadute più dolorose. Ma la sua espressione gelida cominciava a innervosirlo. Non gli rendeva facili le cose.

Eppure l’aveva vista. La paura.

Forse, dopotutto, fu solo il riconoscersi in quello sguardo ad aver frenato la sua mano. A decidere di risparmiare lo specchio di se stesso.

Si chiese, nuovamente, perché si ostinasse a lanciarsi sistematicamente in imprese impossibili.

 

 

 

Collocazione sconosciuta
Ora non meglio identificata

 

Si sentiva terribilmente stupida e vulnerabile ad avere quell'inutile conversazione nelle condizioni in cui si trovava: esausta, stordita, ammanettata ad un letto. Certo, si era trovata in situazioni ben peggiori di quella, più volte, ma mai nessuno aveva cercato di... cosa? Convincerla a fare la scelta giusta? Per chi? Per lei – lo dubitava fortemente -, per se stesso – molto probabile -, per gli interessi dello SHIELD?

 

Sentì i muscoli tendersi in modo quasi doloroso alla menzione di quella parola. Si concentrò ancora più intensamente su una delle venature di legno lucido che riusciva a distinguere sulla superficie di un armadietto poco distante dalla branda su cui si trovava. Pena. Chi cazzo si credeva di essere? Pensava sinceramente che raccontarle la sua lacrimevole storia, sapere che l'aveva salvata perché gli aveva fatto pena, l'avrebbe miracolosamente riportata sulla retta via? Il concetto le appariva ridicolo. Retta via, pensò con disgusto, non esiste proprio niente del genere. Più ci pensava e più la rabbia le si agitava nello stomaco.

 

Tornò a guardarlo solo quando ebbe concluso. Un ex militare con un'ottima mira, caduto drammaticamente in disgrazia, per poi essere salvato dal provvidenziale intervento dello SHIELD, un'organizzazione che si occupava di uccidere e mentire a seconda delle proprie esigenze. Commovente.

 

“Mi insulti supponendo di sapere tutto di me per aver letto uno stupido file”, la voce le uscì gelida e appena udibile. “Mi insulti, di nuovo, dicendo di avermi salvata perché ti ho fatto pena...”

Gli rivolse un'occhiata che avrebbe avuto dell'incredulo se non fosse stata ancora tanto debilitata dal sedativo. Se stava cercando di suscitarle gratitudine, comprensione, rispetto, allora era lontano anni luce dal suo obbiettivo. Adesso era arrabbiata, offesa, quasi indignata dal modo in cui sembrava aver liquidato il suo passato. Pretendeva di conoscerla, ma non sapeva un bel niente di lei. Niente.

 

“Dubito che qualcuno sappia realmente qualcosa sul tuo conto” ne ricevette non-richiesta conferma. “E la pena non è un sentimento così spregevole. Ho fatto pena a parecchia gente... e il risultato è che sono ancora vivo e posso fare le mie scelte” replicò, provocandole un moto di disgusto. Chi diavolo andava in giro a vantarsi di aver fatto pena a “parecchia gente”? Non riusciva capire se era molto stupido, o solo molto più aperto di mente di quanto lei potesse solo sognarsi.

“La pena è un sentimento che preferisco non suscitare in nessuno. Non sono una vittima”, ci tenne a sottolineare, incapace di comprendere che razza di assurdo ragionamento stesse seguendo.

“Quanto ti pagano?”, si ritrovò a chiedergli, ansiosa di portare la conversazione su un piano che le era decisamente più congeniale.

“La paga non è niente male e ho un sacco di gingilli carini da sfruttare”.

Gingilli... si fosse trovata davanti un qualsiasi altro uomo, avrebbe immediatamente pensato a macchine, donne. Ma con lui? La prima cosa che le venne in mente fu l'arco che aveva sfoggiato solo la sera prima. Esistevano arcieri fra i militari?

 

Si doveva essere persa in quell'inutile divagazione, perché un attimo dopo Francis aveva ripreso a parlare con tono pratico.

“Senti... la tua posizione è fortemente compromessa”, riattaccò per l'ennesima volta (pensava seriamente che non fosse già dolorosamente consapevole di quanto terribile fosse la sua posizione?). “Non sono ancora del tutto sicuro di sapere perché ho deciso di venir meno ai miei doveri”, proseguì. “Ma sono convinto che, se riuscissi miracolosamente a sfuggirmi, ti metterebbero alle calcagna un fila di assassini lunga un chilometro per rimediare al mio errore” (allora la sua missione consisteva solo nell'ucciderla? Che ne era dei piani di San Paolo?). “Le alternative non sono granché a tuo favore” (avrebbe potuto fare constatazioni più scontate? Dev'essere una dote tipica degli arcieri, pensò Natalia). “Potresti collaborare o aspettare di far compagnia ai pesci, prima che io possa trovare una spiegazione valida al fatto che sei ancora viva.”

 

Lo SHIELD o la compagnia dei pesci? In quel momento, propendeva senza ombra di dubbio verso la seconda opzione. Se aveva una vera certezza nella vita, era che non aveva intenzione di ripetere l'esperienza della Red Room. Mai. Sotto nessuna circostanza. Per nessun, dannatissimo motivo.

Chi le assicurava che lo SHIELD non l'avrebbe usata, cancellata e riprogrammata a loro uso e consumo? Chi le assicurava che non avrebbe perso ogni potere decisionale sulla propria persona? Non poteva permettersi di infilarsi nuovamente in una situazione del genere. E sì che gli Stati Uniti d'America erano famosi per le libertà che andavano sbandierando con orgoglio, ma Natalia sapeva che nel campo dei servizi segreti, ogni regola, ogni morale, ogni etica, andava a farsi benedire in nome di un obbiettivo più alto. Obbiettivo che raramente coincideva col benessere della popolazione mondiale, ben più spesso con gli interessi dei più ricchi, dei paesi occidentali, dei guerrafondai...

 

“Collaborare... arrendermi, lasciare che lo SHIELD faccia di me quello che più gli aggrada, che mi sezionino il cervello, che mi riplasmino a loro immagine e somiglianza... sperare di far pena anche a loro? E' questo che intendi? Perché se così fosse... preferirei di gran lunga essere morta”.

Voleva saperne di più – no, peggio: aveva bisogno di saperne di più. Lanciò l'amo e attese... invano.

“Lo SHIELD non seleziona persone che fanno pena, seleziona personale valido”, le rispose, ma non era quello che le interessava. “Ed io penso che il mondo perderebbe un personaggio interessante, se venissi liquidata a causa di scelte affrettate”, riprese, procurandole l'ennesimo attacco di nausea. “Di cadaveri è pieno il mondo. Le opportunità bussano raramente due volte alla stessa porta”.

In un'altra vita, forse, si sarebbe accorta che le sue intenzioni erano, in linea di massima, buone, anche se non presentate nel migliore dei modi, ma in quella – l'unica che avesse conosciuto – il sospetto la faceva da padrone, impedendole di prendere anche solo lontanamente in considerazione quella possibilità. Le appariva borioso, sfrontato, pieno di sé... voleva risparmiarla? Non si era fatto troppi problemi ad uccidere gli uomini di Billmann, ma adesso veniva a farle la ramanzina sul come non volesse eliminare altra gente? Era un assassino di professione e si faceva scrupoli ad ammazzare la gente? Se la cosa lo infastidiva tanto, non avrebbe potuto cambiare lavoro? Impiegato, tassista, giardiniere... si ricordò improvvisamente del loro primo incontro a Lisbona, dell'impressione che le aveva dato, provando un'infinita vergogna.

 

Scacciò prontamente il pensiero e tornò all'attacco.

“Supponiamo pure... ipoteticamente, che sia interessata. Cosa suggeriresti di fare?”, formulò molto attentamente, ma il modo in cui le spalle di lui si sollevarono – seppur impercettibilmente - la fecero pentire amaramente di avergli dato quell'impalpabile soddisfazione.

“Recuperare i piani che hai rubato all'aeroporto di San Paolo?”, ipotizzò l’uomo. “Scommetto che la tua posizione potrebbe migliorare sensibilmente...”

Lo SHIELD l'avrebbe accolta a braccia aperte se avesse consegnato loro il bottino della missione a San Paolo? E tutto quello che era venuto prima? Sarebbe stato tutto dimenticato per opera di quell'unica manifestazione di buone intenzioni? A chi credeva di darla a bere?

 

Lo vide scostarsi dalla parete alla quale era appoggiato, inforcare di nuovo le scalette che conducevano a quello che Natalia supponeva fosse il ponte dell'imbarcazione.

“Sono sicuro che Billmann questa mossa non se l'aspetta”, alluse lui, scomparendo dal suo campo visivo. Di nuovo, constatò Natalia, supponeva che la sua lealtà andasse all'uomo che l'aveva ingaggiata; di nuovo, si sbagliava. In quel momento, Billmann era l'ultimo dei suoi pensieri.

 

 

Collocazione sconosciuta
Ora non meglio identificata

 

Armeggiò con la coda di cavallo, ormai quasi completamente disfatta, finché non riuscì ad individuare la consistenza sottile e rigida della forcina che aveva avuto cura di nascondere tra i capelli. La sfilò dalle ciocche, adoperandosi immediatamente per liberarsi dalle manette con cui l'uomo l'aveva immobilizzata alla – aveva tenuto a specificarlo – sua branda.

Quella semplice operazione la riportò in un clima che le era, dopotutto, familiare. Ci mise meno di un minuto a liberare i polsi e a rimettersi seduta. Il suo corpo non fu troppo contento di tutti quegli spostamenti: le sembrava che ogni singolo muscolo, nervo, giuntura, si fosse messo ad urlare in protesta. Non era nelle condizioni migliori per farlo, ma si sforzò comunque di relegare tutto quel fastidio in un remoto angolo della sua mente.

 

Mentre raccoglieva le forze per alzarsi, prese sistematicamente in esame tutte le opzioni a sua disposizione.

 

Uno; mettere fuori uso il simpatico Robin Hood dello SHIELD era fuori discussione: non solo sarebbe stato praticamente impossibile avere la meglio senza un'arma adeguata – nei paraggi, dovette constatarlo, non c'era niente che facesse al caso suo -, ma non era neanche sicura che sarebbe riuscita ad ucciderlo a sangue freddo. Certo, era incredibilmente fastidioso e aveva l'aria di pensare in termini piuttosto semplicistici, ma l'aveva pur sempre risparmiata (Per i motivi sbagliati, ci tenne a ricordarsi). Magari avrebbe potuto buttarlo in mare con un salvagente e una bottiglia d'acqua dolce... i suoi amici dello SHIELD sarebbero sicuramente accorsi in suo soccorso. Ma gettarlo fuoribordo col semplice uso della forza fisica era ancora più improbabile che piantargli una pallottola in mezzo agli occhi.

 

Diede le spalle alla scaletta che portava all'aperto, deviando invece verso quello che supponeva essere il bagno. Aveva ragione.

 

Due; accettare la sua proposta, condurlo fino al luogo in cui aveva nascosto i piani di San Paolo – la sua assicurazione sulla vita – metterlo KO, riprendersi i piani, fuggire e andare a nascondersi per cinque anni in un eremo del Tibet in attesa che Billmann e lo SHIELD si dimenticassero di lei. Che cosa avrebbe fatto per tutto quel tempo? La possibilità di vivere una vita normale le suonava incredibilmente idiota. La verità era che fare la spia era ciò che le riusciva meglio, la faceva sentire utile, viva. Avrebbe sinceramente preferito morire che sparire dalla circolazione tanto a lungo per dedicarsi al punto croce, o all'ikebana, o alla meditazione.

 

Si richiuse la porta del piccolo bagno alle spalle, evitando accuratamente di guardare il proprio riflesso nello specchio sopra il lavandino, per puntare direttamente alla doccia. Fece scorrere l'acqua e cominciò a spogliarsi – operazione che richiese più tempo e concentrazione di quanto avesse immaginato.

 

Tre; accettare la proposta di Francis, condurlo al luogo in cui aveva nascosto i piani di San Paolo, consegnarglieli sul serio. A quel punto le possibilità erano altrettante: prima, quello era un enorme e complicatissimo inganno ordito per convincerla a collaborare, per poi ucciderla non appena avessero ottenuto ciò di cui avevano realmente bisogno; seconda, Francis era sincero, lo SHIELD sarebbe arrivato a recuperare sia lei che i suoi piani, si sarebbe accorta che non erano poi così male, avrebbe potuto rifarsi una vita; terza, Francis era sincero, ma lo SHIELD non era dello stesso parere e, ottenuti i piani, l'avrebbero uccisa o rapita per sperimentare su di lei.

 

Inspirò a fondo, entrando nella cabina doccia con passo incerto. Fu costretta ad appoggiarsi alla parete per non cadere quando la sua pelle entrò in contatto col getto d'acqua. Lo shock iniziale si dissipò in fretta, sostituito da una sempre meno vaga sensazione di sollievo.

 

Per quanto detestasse ammetterlo, l'opzione numero tre le sembrava la più fattibile. Certo, si sarebbe dovuta affidare a variabili totalmente fuori dal suo controllo – le vere intenzioni di Francis, le vere intenzioni dello SHIELD – ma, se non altro, avrebbe avuto un minuscolo margine di autonomia per riaggiustare l'operazione in corso d'opera se ce ne fosse stato bisogno. Senza contare che guadagnare tempo per riacquistare una forma fisica accettabile era nel suo interesse: nelle condizioni attuali non avrebbe potuto fare granché.

 

Liberò i capelli dalla stretta dell'elastico, lasciandolo cadere a terra insieme al sangue e allo sporco che vorticavano attorno ai suoi piedi prima di sparire nello scarico. Restò immobile, immersa nei suoi pensieri, per quella che le parve un'eternità. Aspettò di sentirsi pulita e di aver raggiunto una decisione prima di spegnere l'acqua e provare – tentativamente – ad uscirne indenne. Individuò una pila di asciugamani dall'aria nuova di zecca, recuperandone uno per avvolgerselo attorno al corpo.

 

Uscì dal bagno e poi dalla cambusa, coprendosi il viso con un braccio per schermarsi dalla luce accecante del ponte. Si riempì i polmoni dell'aria fresca e salata dell'oceano e rabbrividì quando il vento le colpì le spalle ancora bagnate. Mattina presto, constatò prima di individuare Francis poco distante. Il suo incedere decisamente poco stabile attirò la sua attenzione, costringendolo a voltarsi verso di lei per fronteggiarla.

 

“A meno che questa bagnarola non riesca a volare, ti conviene trovare un mezzo di trasporto alternativo. Ce ne andiamo a Varsavia.”

 

 

 

~~~~~~~~~

 

 

**NEL PROSSIMO CAPITOLO**

 

I giochi erano finiti.

Lo SHIELD sarebbe stato sulle sue tracce in poco tempo. Non era così ingenuo da pensare che le sue mosse non avrebbero corrisposto ad altrettante conseguenze.

 

**

 

Sperò che, a lungo andare, il suo religioso silenzio lo spingesse ad imitarla, ma quello non doveva proprio essere il suo giorno fortunato. Alzò gli occhi al soffitto della cabina di pilotaggio, chiedendosi che cosa avesse fatto di male per meritarsi una rogna simile.

 

**

 

Non avremo molto tempo una volta atterrati”, il tono era cambiato, lo scherzo rimandato.

Paura di non essere abbastanza veloce?”, finalmente una risposta, dopo tutto quel silenzio.

E tu lo sei?”

 

 

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