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Autore: Amrita    29/08/2013    2 recensioni
C'è una villetta sperduta subito dopo la statale, un tempo era una casa molto bella, anche se abbastanza modesta. Non si hanno notizie su chi fossero i primi proprietari, si sa solamente che chiunque sia entrato li dentro non ne è uscito più, quindi un bel giorno hanno deciso di non cercare più di vendere la casa, chiudendo l'accesso definitivamente.
Nessuno è mai uscito da quella casa, nessuno tranne me.
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'è una villetta sperduta subito dopo la statale, un tempo era una casa molto bella, anche se abbastanza modesta. Non si hanno notizie su chi fossero i primi proprietari, si sa solamente che chiunque sia entrato li dentro non ne è uscito più, quindi un bel giorno hanno deciso di non cercare più di vendere la casa, chiudendo l'accesso definitivamente.

Nessuno è mai uscito da quella casa, nessuno tranne me.

Mi svegliai di soprassalto e un forte odore di muffa e putrefazione assalì le mie narici, facendomi arricciare il naso. Potevo sentire l'umidità sulla mia pelle come una patina, mischiata con quella che doveva essere polvere. Ero più che sicuro di trovarmi al chiuso, nonostante fossi avvolto dall'oscurità più assoluta. Il pavimento sotto di me sembrava essere di un legno che cedeva leggermente sotto al mio peso e potevo distintamente sentire la pioggia autunnale picchiettare nervosamente sui vetri. Mi misi in piedi e immediatamente ebbi un attacco di nausea. Probabilmente avevo battuto la testa da qualche parte, perdendo i sensi, ma com'ero arrivato in quel posto?
Ricordo che ero alla stazione del gas e stavo facendo il pieno alla macchina e poi... ah, niente, non sono mai riuscito a ricordare altro.
Ad ogni modo, quando i miei occhi si abituarono, riuscii a distinguere a malapena i contorni degli oggetti che mi circondavano, grazie anche alla flebile luce che riusciva a farsi strada tra le travi di legno inchiodate con precisione all'interno delle finestre. La mobilia sembrava provenire da un epoca passata, le decorazioni in oro ancora trovavano modo di brillare sotto allo spesso strato di polvere che le ricoprivano. Ebbi un brivido quando posai gli occhi sui ritratti sbiaditi dal tempo che costellavano i muri e la sensazione di essere seguito e controllato non mi abbandonò più da quel momento. Mi misi le mani nelle tasche, cercando il mio telefono o il portafogli, ma le mie dita incontrarono soltanto la stoffa dei pantaloni.
Dovevo uscire il prima possibile.
Allungando le braccia e muovendomi cautamente per essere sicuro di non inciampare, iniziai a percorrere quello che sembrava essere un corridoio infinito, sfiorando le polverose statuine e orridi centrini sparsi su ogni superfice rialzata.
Aprii diverse stanze durante il mio cammino, nella speranza di trovare una torcia o un accendino o almeno una candela con dei fiammiferi, ma dietro ogni porta trovavo sempre la stessa cosa: buio pesto.
Dopo aver aperto tutte le porte possibili ed essermi probabilmente avvolto in una quantità disumana di ragnatele, trovai una scalinata piuttosto ampia che portava verso il basso. Puntellandomi sullo scorrimano, i cui ricchi bassorilievi premevano contro le mie dita, scesi lentamente, sperando di arrivare in fondo con l'osso del collo ancora intatto. Uno scalino cedette durante il mio tragitto, intrappolando il mio piede al suo interno, ma il legno era talmente ammuffito che mi bastò sollevare la gamba per liberarmi e continuare a scendere indisturbato.
Il piano inferiore era nettamente più luminoso, le assi di legno erano state messe frettolosamente, tanto che molte si trovavano a terra, assieme a pezzi di vetro provenienti dalle finestre. Mi avvicinai a una di esse per constatare con orrore di trovarmi nella famigerata villa. Cercai di strappare via le assi rimaste dalle finestre, ma, per quanto vecchie e rovinate dalle intemperie, non sembravano volersi muovere.
Non appena vidi la porta d'entrata, corsi nella sua direzione con uno slancio. Lo stomaco mi si annodò quando provai ad aprirla: era chiusa a chiave. Cercai di buttarla giù o almeno rompere il vetro, ma ogni tentativo sembrava inutile.
Improvvisamente, un tuono risuonò nell'aria, seguito dal consueto flash di luce che illuminò per un momento la stanza, permettendomi di vedere qualcosa in un angolo accando alle scale. Mi avvicinai cautamente a quello che sembrava un sacco abbandonato a terra e lo punzecchiai con un piede, temendo un improvviso fuggi fuggi di ratti da sotto di esso. Quando riuscii a girarlo, un cadavere orribilmente deturpato invase la mia vista. Rimpiansi i ratti, allontanandomi con un conato di vomito per il fetore che il corpo emanava. Alzando lo sguardo e scoprii che quello non era l'unico esemplare, perciò mi avvicinai di nuovo alla porta, vacillando, cercando di allontanarmi il più possibile da quel tetro spettacolo. Poi, una risata cristallina risuonò nella stanza, seguita da un'urlo agghiacciante in lontananza, che sembrava avvicinarsi sempre di più, sempre di più. Cercai nuovamente di aprire la porta, ancora una volta senza riuscirci.
«No!» urlò una voce potente alle mie spalle. Feci appena in tempo a girarmi per vedere un uomo grottesco, il cui volto era deformato dalla rabbia, allungare le mani verso di me, prima di sentirmi catapultato contro la porta (che, per miracolo, si spalancò) e atterrare sgraziatamente in strada. La casa sembrò piombare istantaneamente nel silenzio. Senza nemmeno lanciare un'ultima occhiata alle mie spalle, mi rialzai e mi misi a correre nella pioggia per allontanarmi il più possibile. Non ero sicuro di ciò che avevo visto, ma ero certo che non sarei mai più tornato a controllare.
   
 
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