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Autore: tp naori    29/08/2013    0 recensioni
questa è la storia della mia Estate, appena passata. forse e un'po sdrammatizzata. Ma era come volevo andasse la mia Estate. Quindi, lascio ha voi criticare.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi è sempre piaciuto, andare in campeggio. La forza di abitudine dei miei, che ci tornano ogni estate. E stata questa ha farmi innamorare, delle tende da due posti. Quelle da sette, con tanti picchetti e tiranti da posizionare. O i più comodi, camper o Bungalow. Sono le principali sistemazioni di un campeggio. Le migliori sono le tende canadesi, ricordo con mio padre la poca fatica ad ammontarle. Era divertente, quando si e bambini. Inesorabilmente si cresce, s’invecchia, si mettono al mondo figli. Nella vita il verbo fermasi, e solo per un lasso di tempo. Fermasi ha pensare, fermarsi per pisciare. La vita non si ferma, siamo noi ha farlo.

Il campeggio, era fuori Jesolo. Assomiglia ha tutti i campeggi, lunghe file di tende da una parte. Dall’altra Bungalow e altri alloggi. Ha dividere quelle residenze dal mare, una bella pineta. Verde, con piccoli sentieri, protetti da staccionate in legno. Seguivi la folla, ed eccolo il mare.

Ahh la salsedine, la sabbia che s’infila dovunque, i lettini, l’ombrellone, i bagnini, le ragazze dell’animazione, le ragazze in costume semplicemente. Quelle che fanno la fila, davanti hai camerini, o affianco alle docce. Era questo, che mi sarei perso. Se sarei stato ha casa, da solo per una settimana. Prospettiva allettante, una settimana solo per me. Nella quale potevo benissimo girare in mutande per casa. Tanto quella imbarazzante scena, non l’avrebbe vista nessuno. Non perche non abbia il fisico, no certo che no. Mi alleno un giorno si e uno no, correndo al parco vicino casa.

E cosi che va, farsi trovare pronti per L’estate. Stagione di caccia, agli amori avventurieri di una settimana o poco più. Sotto l’ombrellone amarsi; una goduria.

Partimmo, io e i miei genitori subito dopo pranzo. Accompagnati da mia sorella, e il suo ragazzo. Che evidentemente, viveva ha scrocco. Non li bastava vitto e alloggio, ma anche una vacanza. Non vi racconto, altro per ragioni mie e solo mie. Comunque, fatti i bagagli quella stessa mattina. E lanciati nel cofano dell’auto di mio padre. Eravamo pronti ha partire, imboccare l’autostrada e sparire ha velocità sostenuta. Fossi io ha guidare, sparirei dentro una nuvola di polvere. Alla ricerca della terra promessa.

Le quattro corsie, scorrevano attorno ha noi. Come un tappeto magnetico. L’imbocco dell’autostrada, la corsia d’accelerazione; la mia preferita. Un’po come pista per gli aerei. Basta mettere un paio di ali, il giusto propulsore e quella macchina. Poteva essere un aereo. Il traffico scorreva, niente code infernali all’orizzonte. Fu un viaggio assolato, dietro hai miei occhiali scuri guardavo il panorama scorrere. Dalla grande città che è Milano, alle campagne fuori Brescia. C’era persino un negozio della Lamborghini, si vedeva dall’autostrada. Per il resto, mi lasciai incantare dal paesaggio. Le torri, qualche castello con le sue mura fatte di sassi. Inespugnabili.

Eccolo li, il Veneto. Ultima tappa Venezia mi raccomando. Anche li sottointeso amore, amore, amore. Non che riuscissi ha farne a meno. Dell’amore e quant’altro. Importava nella mia vita, quanto non aver ancora trovato il suo caldo abbraccio. Qualche ora di viaggio, o poco più. L’allungo di quelle ore, era dovuto alle parecchie soste in Autogrill, per evacuare le vesciche soprattutto.

Avevamo un bel bungalow, sei posti. Perche di cinque non le fanno. E la prima cosa, che notai. Anche in autostrada. La sorprendente massa eterogenea, di Tedeschi. Erano migliaia, più degli Olandesi con le loro roulotte. Ovviamente, questi guidano solo, Mercedes, Bmw, Audi, Wolsfaghen, Porsche. E noi Italiani, cosa guidiamo?. Mercedes, Bmw, Audi, Wolsfaghen, Porsche. Esistono altre auto. Io, desidero una Fiat Panda, quella che aveva mia madre alla mia età. Persino aveva una striscia da corsa, nera rispetto al colore della carrozzeria bianca. Noi Italiani, abbiamo la Ferrari, la Lamborghini (di recente passata hai Tedeschi), la Pagani, L’alfa Romeo, Lancia, Fiat. Ne abbiamo di macchine belle, perche scegliere solo quelle Tedesche?. Premettendo che non ho nulla contro i Tedeschi. Ma proprio non sopporto, un paese che non riesce ha essere orgoglioso di se. Con i suoi difetti e quant’altro. Infondo il nostro paese, qualcosa di bello dovrà avere. Tutti questi turisti stranieri, non me li spiego altrimenti. Noi siamo Il Bel Paese, abbiamo Isole stupende, mari tre e sono perfetti, regioni con le loro culture differenti. La Germania ha tutto da invidiarci. L’olanda meno, Amsterdam e sempre Amsterdam. Coffe shop; ad esempio.

Scivolammo oltre la barriera dell’ingresso. Dopo aver pagato, e dopo aver ricevuto un braccialetto azzurro chiaro. Come quando vai in Discoteca, e ti danno quei braccialetti flou. E tu sai che sei Ok, con quel braccialetto. Solo perche una parte del tuo copro, e illuminata. Cercammo la nostra sistemazione, grazie all’aiuto di un ragazzo della reception. Ci porto lui, in bicicletta. E noi dietro in macchina.

La tranquillità apparente dell’ingresso, mascherava ciò che c’era dietro l’angolo. Tende, camper e persone in giro con costume da bagno, o pantaloncini corti e ciabatte. Bambini, quelli correvano in giro sui loro monopattini, o skate all’ultimo grido. Noi ci guardammo attorno, affascinati. C’era persino una piscina. Poi scopri, essere l’inizio di questa storia.

Ci sistemammo bene, dentro al Bungalow. Uno spazio ristretto, dove dormire solamente. Infondo e questo il suo scopo. I nostri vicini, immancabilmente erano Tedeschi. Un cenno di capo, per saluto. Ed era Ok. I bagagli vennero smistati, nelle due stanze da letto. Uno doveva dormire, sul divano. E chi era secondo voi, quella persona?. Io, ci finisco sempre di mezzo io. Avrei dormito scomodo, ma almeno non avrei dormito con mia sorella, o peggio il suo ragazzo. Dopo aver sistemato tutto, ci rubo un quarto d’ora si e no. Decidemmo di farci un giro, prima tappa il supermercato del campeggio.

Per arrivarci bisognava, camminare per pochi metri. Ripassare davanti alla grande piscina, oltrepassare la piazza dove c’era un palco per gli spettacoli della sera. Passare affianco al Ristorante - Bar-Tabacchino. Faceva di tutto.

Finalmente il supermercato, uno spazio piccolo, e freddo per via dei frigoriferi aperti. Prima cosa prendere un cestino per la spesa, seconda cosi aggirarsi fra quelle file come turisti alle prime armi. Non sanno dove si trovano, ed hanno paura di chiedere informazioni. cosi eravamo delle anime perse, e spaventate. Per arrivare al supermercato, manco ha dirlo ci penso il ragazzo di mia sorella. Con atteggiamento, del tipo: io sono un figo, e non ho nulla di cui vergognarmi. Oltre L’ego esagerato. Si avvicina con passo spedito, ad una coppia, un uomo e una donna. Marito e moglie, senza figli. E li chiede.

“scusate..sapete dov’è il supermercato” li disse proprio cosi, lo disse in un inglese frastagliato e poco capibile. Per ovvie ragioni, non scriverò la loro risposta. Anche perche, non sono quella cima con L’inglese. Parlarlo e una cosa, scriverlo e l’esatto opposto.

Tornando al supermercato, giravamo in quelle file. Quando incrociai per sbaglio, lo sguardo di una ragazza. Era della mia età, abbastanza giovane. Il suo istinto fu quello di sorridermi, manco fossi il suo principe azzurro. Si sono io, lunga l’attesa?. A parte gli scherzi, aveva un gran bel sorriso. Denti candidi, perfetti, e poi diciamo cielo le bionde fanno sempre un certo effetto. Già fantasticavo sulla bionda, quando mia sorella che aveva visto tutto s’intromise. Spari fra quelle file, probabilmente l’andò ha cercare. Volevo seguirla, qualcosa in me mi bloccava. La paura del rifiuto, e che ho vissuto cosi la mia vita. Con la paura di non farcela, quanto è dura non essere mai all’altezza della situazione. Torno mia sorella, sicché mi disse:

“ride cosi ha tutti”. fantastico non potevi lasciarmi fantasticare ancora un’po. Che ti ho fatto di male.

Dopo questa piccola avventura, non la chiamerei cosi. Ma non ho altro modo per definirla. Pagammo alla cassa, di nuovo il solito giro per il nostro Bungalow. C’era chi come io, suggerivo scorciatoie inventate. Per lo più spiccate dal mio forte orientamento, o logica. Nessuno segui i miei consigli, sulle scorciatoie, cosi sudammo io e il ragazzo di mia sorella. Con la poca roba che avevamo comprato.

Le vie erano un susseguirsi, di persone che vivevano ha stretto contatto. Non contava la nazionalità, ne le generalità di ogni viso. Persone grasse, magre, scabre, alte, dinoccolate, buffe, serene, stupide, eccitanti. Non contava persino il colore della pelle, perche poi dovrebbe contare?. Vivevamo in pacifica convivenza, ed era anche all’ordine del giorno aiutarsi con i vicini.

“ho finito il sale, non è che ne hai un’po?” o ad esempio:

“mi chiedevo se per piacere, avevi un pennarello da imprestarmi”.

E la risposta era sempre “si, certo”.

La globalizzazione hai i suoi svantaggi, ma le strade dei nostri padri fondatori ci hanno portato ha questa convivenza pacifica serena. Ogni tanto interrotta da scatti d’ira. Assurda, rende l’uomo una persona più stupida di quanto è. Come l’alcool, o le droghe pesanti. In realtà siamo tutti delle bestie, e si docili, ma alle volte spietate. Frutto della nostra vita, nelle grandi o piccole città. Il cerchio dei vincenti, e il rione dei perdenti. Ed entrarci nell’uno o nell’altro, può cambiarti la vita. Per farlo, devi far fuori chi comanda, allora sarai un vincente. Se scappi, bhè la tua condanna e molto chiara.

Il caldo, non era insopportabile. Per i miei, era tutt’altro. L’afa gli opprimeva, io ha contatto con altra gente mi sentivo strano. Amavo guardare i passanti, ricordarmi ogni loro singolo particolare. Era sensazionale ciò che riuscivo ha capire. Sorprendendomi ha volte. La piscina ha pochi passi da noi, era la fonte agognata di refrigerio.

Decidemmo di fare una scappata al mare. La pineta prometteva bene, all’ombra di quei pini si sentiva cantare uccelli, e gabbiani. Gli aghi, ti s’infilavano nelle ciabatte strusciandosi sui miei talloni. Era divertente, spostarsi in quel verde. Poi non conoscevamo la strada, per arrivare al mare. Il mio orientamento non mi hai mai tradito, dai tempi degli scout. Segui il mio fiuto, ha dir la verità avevo avuto culo. Nel trovare il mare, senti la sabbia, senti le onde ha pochi metri. Da quella landa granulosa. La sabbia, il mare, più in la gli scogli. Sembravano dei moli dove barche potevano approdare. Dei bracci verso il mare, tentavano di afferrare le correnti. Queste circumnavigavano tutto. Esamine.

I lettini erano quasi tutti prenotati, alcuni erano vuoti. Ma dai materassini, sotto le sdraio si capiva che fossero occupati. Non avevo ancora sentito la salsedine, ne quando arrivai ha riva. Mi dissi che altri odori, coprivano tutto. Ciò riusciva ha spiegarmi tutto, da quando ero arrivato al campeggio. Non avevo sentito la salsedine. Non come quando andavo in Sicilia, dai miei nonni. Li la salsedine, la sentivi all’uscita dell’aeroporto di Catania. T’inebriava quel profumo, e diciamolo era un ottimo profumo. Pensi all’estate, e subito il tuo cervello accosta ha quella parola, salsedine, belle ragazze, costumi da bagno, abbronzarsi, e magari trovare l’amore.

E io lo trovai, il giorno dopo.

Si chiamava..non lo so il suo nome, so solo che è bella. Parole, aggettivi per definirla ne avevo. Era come se mi sentissi, bloccato. Esprimermi con lei, mi risultava difficile già dall’inizio. Segno che per me, era importante. Perche parlarci, quando potevo deluderla, perche provarci per ottenere in cambio un rifiuto.

La piscina del campeggio era; grande soprattutto. C’erano tre vasche, la prima per bambini, l’acqua mi arrivava alle caviglie. La seconda per bambini superiore hai sette anni, li l’acqua iniziava ad essere alta. Poi c’era quella olimpionica, o sempre amato il nuoto. Esprimere le mie qualità natatorie con quella folla, era impossibile. Sembrava che ogni persona, grande o piccola che sia. Si riversava in quella vasca, soprattutto ragazzi avvinghiati ad ragazze. Ed io quel verbo, non lo conoscevo. L’abbracciare un’altra persona? Mai fatto, qualche volta mia madre. Ma non credo che in questo contesto, valghi molto.

Eppure Lei, con la “L” maiuscola davanti. Era li, nella piccola vasca idromassaggio. I capelli, gli scendevano in quel modo disordinato. Che devo ammetterlo, avevano il loro fascino. Ciò li dava anche la possibilità di portarseli dietro con una mano. In un modo cosi provocante. Entro nell’idromassaggio e, accorgendosi del mio sguardo. Mi lancio, dall’altra parte della vasca il suo di sguardo. I suoi occhi, nocciola chiari. Dolci, sazianti come la Nutella ha colazione. Da spalmare sui miei sogni, sostanza che renderebbe tutto più dolce e romantico. Sorrise, sorrise ha me. Con le sue amiche, che proprio non avevo visto. Troppo interessato ha Lei. Avrà un nome si, ma preferisco chiamarla Lei. Colei che dona sogni, e anima ogni uomo. Usci quasi subito, con le sue amiche. Voltandosi appena verso di me, come ha dire.

“che aspetti, mi vuoi seguire”.

Ed io, da stupido che sono rimasi li fra quei getti. Volli si seguirla, ma. Troppo abituato ha perdere, già in partenza. Non mi mossi. Io ero abituato cosi, ogni cosa che volevo, ogni cosa che facevo non andava mai bene. Ha nessuno. Tipo la scrittura, o la voglia, e continua ricerca di nuova musica. Alla fine mi renderà sordo, spararmi buona musica nelle orecchie. Ma almeno sintetizzo tutto. Perche la musica, ti arriva velocemente. Non come un Libro, che ha bisogno d’essere letto, d’essere capito. La musica si capisce da se, e molto emozionale in questo senso. Un Libro varia, anche un quadro. La musica e l’arte più veloce da sintetizzare. Uscii dalla vasca idromassaggio, cercando Lei. Guardandomi attorno, scrupolosamente non saltai nulla. Passai in rassegna tutti i costumi, simile al suo. Verde scuro, con dei semplici fiorellini stampati. Cercai il verde, non lo trovai. Mi concentrai su altro, le nuvole costituivano un forte richiamo. Disteso sul mio telone, guardai le nuvole. Assaporando la gioia, che potevo provare nel parlarci. Andiamo, chi vogliamo prendere in giro! Sei timido, hai paura della tua ombra! Perche una come Lei, parlerebbe con te?. Questa era solo una scusa, per non affrontare le mie paure. Ma decisi, mi decisi ha parlargli. Ma come? Ma come?…

Il tempo passava, e la mia vicina di telone. Si divertiva ha fare verticali, manco fosse alle olimpiadi di ginnastica artistica. Aveva si e no undicidodici anni. Era brava, per l’amore di Dio. Ma andiamo, sappiamo tutti perche si divertiva. Dava il suo spettacolo, e ragazzi della sua stessa età passavano accanto. Con l’unica scusa, se non quella di guardarla. Mentre le sue gambe, sono dritte ha testa in giù. Aveva dei bei fianchi, e quando apriva più le gambe s’intravedeva qualcosa. Sentendomi male, usci dalla piscina per fare quattro passi. Decisi di spostarmi a mare, tanto Lei l’avrei rivista domani. Altra scusa, per non parlarci.

Non lo facevo apposta, ero abituato ha comportarmi cosi. E un mio difetto lo so, ma che ci posso fare. Se non accettarlo?. Intrapresi la pineta, e mi persi nella boscaglia di pini e altre conifere. Salsedine o no, quel posto mi piaceva. C’era Lei, d’altronde. Al trotto esplorai quei sentieri, portavano tutti a mare. C’e ne erano tanti, viceversa c’erano tante spiagge oltre quella del campeggio. Tutte in egual modo simili. I soliti scogli ogni tot metri, per proteggere quelle lande sabbiosa dalle maree. Il vento spirava, fra le conifere, e il rumore venne attutito. C’erano un mucchio di biciclette che passavano, uomini correvano. Bambini giocavano ha rincorrersi su quei sentieri. Non mi accorsi d’essere seguito. Infondo c’erano un sacco di persone, andavano dove andavo io. Eppure Lei, era dietro di me.

Mi accorsi di Lei, quando per sbaglio mi voltai. Un bambino tedesco, stava piangendo nella pineta. E il suono, arrivava dalle mie spalle. Voltandomi vidi, la sua chioma e incrociai i suoi occhi. Rimasi fermo, impalato come avessi hai piedi delle scarpe di cemento fresco. E più stavo fermo, più questo si assorbiva. Sorrise ancora, e segui le sue amiche che nel frattempo erano passate oltre. Di seguirla proprio non se ne parlava, sarebbe un atteggiamento strano. Ma se veramente dovevo andare a mare, questo non era seguire una persona. E comunque, c’e del male in questo?.

No assolutamente, la segui cosi per godere di quel contatto ottico. La sua schiena, era perfetta dritta fin sotto l’incavo, quella leggera curva sull’interno prima del fondoschiena. E camminava, camminava ridendo con le sue amiche. Ed io le arrancavo dietro, non solo perche godevo del panorama. Il suo, sembrava una vecchia cartina sgualcita con i suoi misteri. Era tutta da scoprire e non.

Sicché pensai d’essermi bevuto, o molto più probabilmente. Fottuto il cervello.

Lei esercitava il suo fascino, su di me. La seguivo come un cane fa con il suo padrone, in base all’odore. Tolsi le ciabatte, perche amavo troppo camminare ha piedi nudi sulla sabbia bollente. Dava quel sollievo, ad ogni dolore. Ero solo, il mio piano non prevedeva di rimanere solo. Volevo solo seguirla amabilmente. Mi trovai da solo, in mezzo alla folle esorbitante di turisti di ogni nazione. Li sdraiati sui lettini, o sui loro teloni a terra. Prendevano tutti il sole, o ad esempio; come i bambini, giocavano ha riva. Sul bagnasciuga, perfetto per costruire castelli o dighe di sabbia. Per mia somma esperienza. Una passeggiata sul bagnasciuga, era qualcosa di invitante. Potevo osservare tutto, e camminare indisturbato. Senza che ciò venga notato, in maniera inequivocabilmente strana. Non ero strano, ero in solitudine. Il mare attirava non solo, famiglie ma anche belle ragazze. Olandesi, Tedesche, Francesi. C’era un mix di culture differente, e variabile in pochi metri quadri di sabbia. Gli Italiani erano eccezionali, si trascinavano gommoni, braccioli, palette, secchielli e chi più ne ha più ne metta. Li vedevi arrancare nella sabbia, alla ricerca di uno spiazzo libero abbastanza. Per appoggiare tutta quell’attrezzatura. I mariti. Le mogli portavano borse, teli da spiaggia e basta. I figli, erano macchioline fra la folla. Scattanti, con molta agilità si buttavano a mare cosi. Senza passare dal via, ne scontando la prigione dopo la casella degli imprevisti. Monopoli, gioco per ogni evenienza.

Camminavo osservando quei fisici statuari, le Tedesche. Minute e aggraziate, le Olandesi. Una marea di chiome bionde, rese più splendenti dall’effetto del sole.

Lentamente stava calando verso Ovest, dove si sarebbe immerso nel mare per spegnersi. Ed accendersi ad Est, immancabile come sempre. La Luna, sembrava una piccola fetta di mozzarella. Bianca, con le sue imperfezioni. I buchi Lunari. E già, m’immaginavo i vecchi dell’Apollo 11, che si godevano la vista da lassù. Il cielo decisamente non è nostro, lo spazio invece e metà perfetta per uomini che cercano l’orgoglio.

Camminavo, arrancando nella battigia, sprofondavo ad ogni passo. Dimenticandomi di Lei, in me speravo fosse Italiana. Perche già con le Italiane, facevo fatica ha parlare. Figuriamoci una straniera!. Risi fra me e me, quando notai la ragazza dell’animazione venirmi incontro.

“ciao, fra dieci minuti ci sono i giochi sulla sabbia”.

“si lo dirò hai bambini che incontro” scherzai.

La ragazza fece una smorfia, poco contenta.

“dai, non essere cosi noioso”

“io non sono noioso” risposi, offeso.

“bhè allora vieni ha divertirti” mi tiro in ballo, verso quei patetici giochi sulla sabbia.

Immaginavo fossero dei giochi organizzati per bambini. Invece c’erano un sacco di ragazzi della mia età. C’era persino Lei, e le sue amiche. Ebbi l’istinto di scappare. Mi bloccai, ripensando che forse rendermi ridicolo hai suoi occhi non aiutava proprio. Già, non era una buona soluzione.

“che c’e?” domando la ragazza dell’animazione.

Guardai ancora Lei, deglutendo. Cosa che fu notata dall’animatrice.

“ho capisco” disse, mettendosi affianco ha me.

“no, non capisci.” le confessai.

Oh Dio ero cosi penoso, cosi tragico, cosi solo.

Ebbi un moto, il moto della fuga. Scappai, voltando le spalle a Lei. Meglio che un sogno rimanga tale, che piuttosto finisca, e si disperde come un granello di sabbia. Nell’orifizio dell’emarginazione sociale.

La gravità perche l’hanno inventata, perche esiste al mondo questa forza d’attrazione?. Che poi si limita ha tirarti al centro di ogni cosa.

Avevo altro per la testa, quando da solo camminavo nella pineta. Si stava facendo buio, la gente tornava verso le loro tende, o Bungalow e roulotte. Io scappavo, andandomi ha rifugiare nel nostro alloggio. Sulla veranda, c’era una specie di amaca. Mi sdraiai li, contai ogni mio respiro, ogni mio battito di cuore per calmarmi. Perche sono cosi strano?.

I miei arrivarono verso pomeriggio tardi, belli bagnati, e un filo abbronzati.

“Leo, che hai fatto tutto il giorno?” trillo mia madre.

Risposi quasi stancamente.

“qui e la”

“e che hai fatto?” si aggiunse mio padre.

“o questo e quello” risposi, come prima.

“socialità proprio zero, eh” mi derise mia sorella.

Il suo ragazzo alzo le spalle, disinteressato ha tutto

   
 
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