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Autore: Flawless people    29/08/2013    2 recensioni
Un ragazzo che ha perso fiducia nelle donne si aggrappa al mondo maschile in modo quasi ossessivo, alla ricerca del vero amore...
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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L'amore non è semplice. Non è quella favoletta tutta rose e fiori che si aspettano le ragazzine: è

 fatto di lacrime e dolore, sacrifici e tristezza. L'amore è determinazione, è la forza di non mollare e

di andare avanti.

Molte persone non l'hanno trovato, non è facile prenderlo: si fa vedere e delle volte sembra anche di averlo raggiunto, ma poi lui scappa, lasciandoci ancora più soli e tristi di prima.

Io nemmeno so che aspetto abbia l'amore, si è sempre tenuto alla larga da me: molte ragazze mi hanno confessato i loro sentimenti, ma lui non mi ha accolto, nè permesso di avere la stessa stupida aria felice di quelle ragazze.

In questi casi si hanno solo due opzioni: vivere in amara solitudine, piangendosi addosso o ignorare l'amore e vivere tra la gente.

Io ho scelto la seconda: ho creato un cuore e ho iniziato ad uscire con quelle ragazze che si erano confessate, sperando di poter imparare qualcosa.

Quello che però ho scoperto era ben lontano dalla mia idea di amore: tenersi mano per mano, aspettare ore solo per vederla, accompagnarla ovunque, ascoltare ogni sua lamentela...era questo ciò che rendeva tutti felici? Come si poteva provare qualcosa di diverso dall'irritazione?

Avevo capito che era inutile continuare ad aspettare una risposta: l'amore che cercavo non era in quelle ragazze.

Non mi pento di aver tagliato i ponti con loro dopo il liceo: la loro frivolezza era irritante e stupida.

Solo una cosa mi mancava, una cosa che mi impediva di addormentarmi: il calore di un corpo accanto al mio, quel calore che riempiva il vuoto dentro di me...

Allora avevo iniziato ad andare per locali, e trovare una ragazza che mi facesse compagnia di sera si era dimostrato più facile del previsto: la superficialità, dopotutto, è donna.

Notte dopo notte il calore che quelle donne mi donavano diminuiva sempre di più e con la sua scomparsa anche la mia voglia di donne si era istinta.

Delle volte, in quelle notte insonni, sotto il consiglio della luna, ripenso a tutto quello che ho fatto e un po' me ne vergogno: per soddisfare la mia richiesta avevo fatto soffrire tante persone, ma in amore non può esistere l'ingenuità, bisogna essere pronti a lottare e, a volte, anche a perdere.

Avevo deciso di rinunciare all'amore, non mi serviva ed io non servivo a lui, ed ho scoperto il piacere di suonare la chitarra e la calma che provavo mentre cantavo.

Questi erano i miei strumenti per essere libero dalla trappola dell'amore, per essere solamente me stesso, senza fingere.

Il parco vicino all'università era il mio posto segreto, e le persone lì accettavano la mia musica, perchè in quei minuti in cui la mia voce risuonava tra gli alberi, le loro maschere crollavano ed erano semplicemente loro stessi.

Avevamo un patto, io e il mio pubblico: io sarei stato lì tutti i pomeriggi e loro dovevano essere lì con me, altrimenti la magia della musica non avrebbe funzionato.

Prima non me ne rendevo conto, ma adesso riesco a vedere quanto fossi solo e come stessi chiedendo aiuto con la mia voce, come cercassi di trovare qualcuno di speciale, qualcuno che vedesse chi fossi realmente.

Riponevo la speranza di trovare il mio "principe azzurro" in quelle visite al parco, eppure non avrei mai immaginato che l'avrei davvero trovato lì, in quella università.

L'università era per me l'obbiettivo che non avevo raggiunto, un qualcosa che non mi aveva accettato, come tante  cose in quel mondo...

Forse un po' ero geloso delle persone che lì avevano trovato un posto, che avevano capito il loro scopo nella vita, ma per quanto ammirassi tutto ciò, non avevo nessuna intenzione di diventare come loro: io ero diverso, solo che non sapevo se ciò fosse un bene o un male.

Era il 27 Gennaio quel giorno in cui la pioggia ha ridato un colore al mio mondo in bianco e nero. Non ero l'unico senza ombrello che correva per le strade, ma di certo ero l'unico che sentiva un cocente senso di delusione aumentare sempre di più ad ogni goccia.

Le mie gambe mi avevano portato al parco, ma non potevo stare lì, dovevo trovare un posto in cui ripararmi finchè non avesse smesso, così sono entrato nell'università.

Tra quelle persone mi sentivo vuoto ed insignificante: perchè mai uno come me, senza aspettative o sogni, era lì? Sembrava quasi una presa in giro, e avrei voluto disperatamente ridere di quel ragazzo...

Non riuscivo a guardarli in faccia e mi sono lasciato trascinare dalla massa e prima che me ne accorgessi mi sono ritrovato davanti un mondo profumato di vaniglia, pieno di risate e farina ovunque.

Davanti a quei fornelli tutti sembravano essere felici, come se avessero provato un afrodisiaco a lunga durata.

Un paio di mani hanno catturato la mia attenzione, senza un preciso motivo: nonostante reggessero una frusta, si muovevano con delicatezza.

La dolcezza delle sue mani era rispecchiata nella sua espressione amorevole, come se stesse guardando un bambino.

I suoi occhi verdi scintillavano di soddisfazione e pienezza, e come calamite sembravano chiamarmi a sè.

Non riuscivo a smettere di fissarlo, il mio corpo era pietrificato, e il mio cuore stava trattenendo il respiro, in attesa.

Le mani si fermano e quando il suo viso si gira verso di me, i suoi occhi entrano nei miei, risucchiandomi.

La dolcezza con cui guardava la sua creazione ora era rivolta a me, ed era la prima volta che qualcuno mi guardava in quel modo.

Non riuscivo più a sentire il suono del mio respiro, tanto il mio cuore batteva forte, quasi come se volesse uscire e andare ad abbracciarlo.

Non sapevo cosa avesse visto nella mia espressione impietrita che gli potesse esser piaciuto, ma si era aperto in un sorriso, un sorriso gentile e amichevole.

Finalmente il mio corpo si è sbloccato, attraversato da brividi che hanno fatto arrossire le mie guance, come mai prima d'ora.

Quella sensazione di disagio che provavo da quando ero entrato, era sparita e mi sentivo in pace con me stesso, mi sentivo leggero e... felice.

Quanto tempo ero rimasto a guardarlo? Ore, minuti, secondi...avrei potuto continuare a guardarlo finchè non ci saremmo invecchiati e fossimo diventati piccoli granelli in quell'enorme impasto di lievito.

Il suo sguardo ormai aveva abbandonato il mio, ma le emozioni che mi aveva passato erano ancora lì, impresse a fuoco nel mio cuore, abbracciandolo e coccolandolo.

Una campanella interrompe il flusso di felicità nell'aria, ormai piena di profumi deliziosi e tutti si affrettano ad uscire.

Tempo scaduto, era ora di tornare nel solito vecchio, noioso mondo, ma non mi sarei mai dimenticato di lui, l'avrei portato con me e gli avrei dato un nome, l'avrei chiamato Amore.

Mentre anch'io stavo per andarmene, una voce profonda e rassicurante, che ero certo fosse la sua, mi ferma.

"Cercavi qualcuno?" Io mi blocco e mi giro lentamente, sussultando davanti al suo sguardo interrogativo.

Raccolgo tutto il mio coraggio e mi apro in un sorriso tranquillo: fingere, quella era l'unica cosa che mi riusciva bene.

"Sì, ma l'ho trovato." Per un attimo mi stupisco io stesso delle mie parole: l'avevo trovato? Era davvero lui la risposta a tutte le mie domande? Inconsapevole dei miei pensieri, il ragazzo sorride e mi tende un sacchettino.

"Allora mangiali con lui." Che avesse capito a chi alludevo? No, era impossibile, non sarebbe mai stato così gentile se avesse saputo cosa vedevo in lui.

Chissà cosa pensava di me, immobile come un idiota con un'espressione assente e strane idee per la testa...

Il mio cuore doveva abituarsi a quelle nuove sensazioni, ma se non mi sbrigavo se ne sarebbe andato e non avrei avuto modo di rivederlo.

"H-Hey, come ti chiami?" chiedo di getto e lui sussulta, per poi sorridere divertito.

"Stephan" e se ne va, salutandomi con la mano.

Se lo avessi incontrato qualche anno prima probabilmente avrei cominciato a dire quanto adorabili suonassero i nostri nomi insieme, e di come dei fuochi di artificio ballassero davanti ai miei occhi e di come le farfalle si stessero rincorrendo nel mio stomaco.

Dopo tutto quello che avevo passato avevo capito che era tutta una fregatura e che quelle luci e quelle farfalle non erano nient'altro che lo stupore per quelle nuove sensazioni e la grande aspettativa dell'ignoto.

Tutto sembra bello quando non si conosce, ma quando poi ci sei dentro fino alla cintola, cominci a capire che quello intorno a te non era il lago dell'Amore, ma le sabbie mobili della Solitudine.

Ricordavo quanto ci fossi rimasto male quando, a cinque anni, i miei genitori mi avevano confessato che in realtà Babbo Natale non esisteva: la stessa amara delusione l'avevo provata la prima volta che mi ero lasciato con la mia prima ragazza.

Ero giovane, beh più giovane di adesso, e pieno di aspettative, che però erano crollate subito, ai primi balbettii, alle sue mani sudate, al trucco sbafato che scendeva sul viso seguito dalle lacrime quando litigavamo.

Non riuscivo a capire che cosa la spingesse, che cosa spingesse tutti quanti, a legarsi ad una persona: era bello avere qualcuno con cui parlare, certo, ma non c'era niente di diverso da un amico.

L'unica cosa diversa tra una fidanzata e un'amica era il sesso e a quei tempi era grazie a quello che molte delle mie storie erano iniziate... Non era una cosa di cui mi vergognassi particolarmente, non avevo mai obbligato nessuno a venire a letto con me.

Più facevo sesso con una persona più questo perdeva di significato, non mi dava più niente e mi sentivo ancora più vuoto.

Un'immagine però era fissa nella mia mente, una fantasia per cui avrei pagato il costo più tardi, ma che era così dolce: le lunghe e delicate dita di Stephan sui miei capelli, che lentamente scendevano  verso il mio collo, accarezzandolo con delle scariche elettriche che infuocano il mio corpo.

Le mie guance arrossiscono violentemente al solo pensiero delle sue mani su di me e mi riscuoto dalle mie fantasie, guardandomi intorno per assicurarmi che nessuno fosse lì a sentire il mio cuore battere freneticamente.

Dovevo andarmene da lì, dove quel dolce profumo di vaniglia mi ricordava il suo sorriso e solo in quell'istante mi rendo conto di avere i biscotti che aveva preparato in mano.

Quell'amore che avevo visto nei suoi occhi mentre cucinava, adesso era nel mio palmo, diffondendo un tiepido calore che riempie il mio vuoto.

Volevo conservarli, tenere segreto quel piccolo segno di gentilezza, quel segno che io e lui avevamo veramente parlato e che significava che non ero più solo.

Sapevo che era ridicolo, dei biscotti non significavano niente, eppure saperli nella mia tasca bastava a scaldarmi e a farmi sorridere come un deficiente.

Aveva finalmente smesso di piovere e il sole faceva capolino dalle nuvole, come se sorridesse anch'esso e un timido arcobaleno si stagliava nel cielo, colorato e maestoso e tutte le cose che toccava si illuminavano della sua luce.

Come in trance seguo la sua scia e arrivo nel mio parco, dove i raggi dell'arcobaleno giocavano a nascondino tra le fronde degli alberi e si specchiavano nelle pozzanghere.

Lì potevo rilassarmi, scrollarmi di dosso le strane sensazioni che non provavo più da tempo... che anzi, non avevo mai provato, eppure il suo viso continuava ad apparire nei miei pensieri, così come il suo sorriso dolce e la folata di vaniglia che aveva portato con sè quando se ne era andato.

Mi alzo dalla panchina dove ero seduto e con rabbia corro via da quell'oasi di pace che era stata contaminata dallo struggente desiderio che provavo.

Arrivo ansimando a casa e mi butto sul letto, improvvisamente spossato da tutte quelle novità e quasi rimpiangevo di aver fatto tutte quelle scoperte... no, non era vero, il vuoto che provavo, quel vuoto che avevo tentato di convincermi non esistesse, ora era sparito, era stato riempito ed era per questo che avevo stampato sul viso quel sorriso da idiota che avevo sempre odiato vedere.

Ora ero proprio come tutti gli altri, eh.... non sapevo se questo mi rendesse felice oppure no, ma di certo attenuava la mia solitudine, il mio senso di desolazione, anche se non di molto, ma non potevo certo aspettarmi un miracolo.

"Normale, vuoto riempito, amore... quello che provi non è amore, l'amore viene da due persone. Senza di lui tu non potrai mai provare amore e se lui non ti volesse? Non sei più al liceo, non è una ragazzina che puoi conquistare con un sorriso. Svegliati Eric, sei diventato TU la ragazzina, è lui che ti tiene nel palmo della sua mano." Odiavo la mia coscienza, riusciva sempre a rovinare tutto: non era mai apparsa quando facevo sesso in giro e adesso che avevo smesso, che stavo cercando di andare in una via un po' più luminosa, lei doveva comparire e ributtarmi nelle tenebre.

Era colpa sua se non avevo più fiducia: una parte di me desiderava una cosa, mentre l'altra voleva l'esatto opposto ed io ero sul ciglio della rupe e la mia scelta mi avrebbe salvato o buttato giù e di solito cadevo, ma questa volta ero deciso a salvarmi, a smetterla di piangermi addosso e di contare solo sulle mie forze per andare avanti, fanculo alla coscienza.

Un crack sotto di me mi ricorda i biscotti che tenevo in tasca e li tiro fuori, ispirando il loro dolce profumo e lasciando che il sorriso di Stephan, impregnato in quella creazione, si diffondesse in tutto il mio corpo e mi addormento, con un sorriso in mente e il cuore in subbuglio.

"Ero nell'aula di cucina dell'università, seduto su una sedia, quando lui entra. C'era qualcosa di strano, aveva un fuoco negli occhi dal quale non sarei riuscito a salvarmi, voleva mordermi ed io mi sarei lasciato azzannare.

Stephan si mette a cavalcioni sopra di me e mi affera il collo con violenza, mettendo a tacere le mie labbra e approfittando del mio stupore per rincorrere la mia lingua con la sua.

Quel bacio umido mi aveva preso alla sprovvista, ma non c'era voluto molto prima che mi lasciassi trascinare dal desiderio. Con impeto gli afferro i capelli, attirandolo ancora di più a me, sentendo la sua erezione premere contro la mia e rabbrividendo per il piacere di sapere che era merito mio, ero io che gli facevo quell'effetto.

Lo stacco da me quel tanto che bastava per iniziare a baciarlo sul collo, ma lui mi precede e mi mette un dito sulle labbra quando faccio per intervenire.

-Tocca a me stare sopra oggi- mi rimprovera con una voce sexy che mi ha fatto perdere la testa, ma dovevo stare fermo e sopportare quell'agonizzante piacere: era il suo turno.

Con una lentezza snervante ma profondamente eccitante mi sbottona la camicia e la getta a terra, baciando avidamente ogni centimetro del mio petto e tracciando il contorno dei miei capezzoli che si induriscono sotto il suo tocco umido.

Mentre la sua bocca era impegnata sul mio petto, un intero fuoco mi stava consumando, lento ma inesorabile, facendomi gemere per il calore e quando la sua mano accarezza la mia cintura, persino la mia mente si inumidisce, promettendo di impazzire."

I miei occhi si spalancano, quasi sperando di vedere il corpo di Stephan su di me, ed un forte senso di disappunto misto a vergogna mi pervade quando il soffitto restituisce il mio sguardo.

Non avevo mai fatto un sogno erotico, mai, e adesso sognavo di fare sesso con un uomo?? Probabilmente stavo impazzendo...

Mi alzo ancora più stanco di prima e con sorpresa vedo una chiazza sui pantaloni ed impallidisco: possibile che...?

Armeggio con la cintura e mi sfilo i pantaloni e i boxer e i miei dubbi diventano realtà: mi ero eccitato nel sonno, mi ero DAVVERO eccitato nel sonno...

Nascondo il mio viso rosso dall'imbarazzo tra le mani, cercando di capire che cavolo mi stava succedendo: non era da me fare certe cose!

Potevo aver ammesso di provare qualcosa per lui, qualcosa che poteva anche essere amore, ma possibile che dietro quella parola ci fossero così tanti aspetti sconvolgenti?

Io e il mio corpo avevamo un bel rapporto, lui mi piaceva ed io piacevo a lui, e adesso non poteva iniziare a funzionare male, non poteva fare di testa sua!

Improvvisamente però il mio cervello ha uno dei suoi momenti da genio e tutto diventa chiaro: non ero diventato strano, era da un bel po' che ormai non facevo sesso, era normale che mi eccitassi anche solo al pensiero!

Quando quel lampo di genio attraversa la mia mente, mi rilasso e scoppio in una risata divertita dalla mia idiozia: non c'era nulla di cui preoccuparsi, ero un uomo e gli uomini si eccitavano sempre.

Ridacchiando anche se non c'era proprio niente da ridere, carico la lavatrice, tenendo le mani impegnate, così che la mia mente pensasse solo a quello che c'era da fare e non a che cosa avevo appena immaginato: era solo un sogno, ma quando mi ero svegliato avevo desiderato con ogni fibra del mio essere che fosse vero, che lui fosse davvero mio.

Sospiro pesantemente e mi butto di nuovo sul letto, prendendo la chitarra tra le mani e cercando disperatamente di non pensare ad altro che al ritmo delle corde vibranti sotto le mie dita.

Eccolo il mio mondo, le note mi accoglievano tra di loro con calore, sussurrandomi con le loro voci melodiche che solo quella era la realtà e che nient'altro era vero.

Un tempo ci credevo, fino a ieri ci credevo, ma oggi, oggi era tutto diverso, vedevo chiaramente come il fumo proveniente dai biscotti stesse oscurando il mio mondo e una parte di me voleva stringerlo forte al petto, ma l'altra voleva allontanarsi da lui e respirare aria fresca.

Non serviva a niente suonare, quel sogno continuava a scorrermi davanti agli occhi, inframmezzato dalle immagini nell'aula e quando fermo le dita la musica si spegne e la magia si spezza, portandosi via anche quell'ultima briciola di calore.

Una rabbia insensata si fa strada dentro di me: chi era lui per portarmi via l'unica mia ragione di vita? Perchè doveva entrare nella mia vita adesso che ero finalmente stabile, adesso che avevo finalmente trovato cosa fare??

"Non essere ridicolo, questa non è vita. Credi che saper strimpellare una chitarra e saper canticchiare un motivetto faccia di te una persona con ideali? No, tu sei vuoto, sei solo e triste. Ti nascondi dietro ad una stupida ossessione, ma la verità è che stai solamente cercando di scappare! Sii uomo almeno per una volta nella tua vita! Ormai hai accettato i tuoi sentimenti, quindi combatti e fai in modo che lui ricambi. È la tua ultima possibilità di vivere davvero."

Era deprimente sentirsi dire quello che uno non voleva ammettere, eppure era vero, quella non era vita, era un trascinarsi stanco, sperando che qualcuno tendesse una mano e mi salvasse.

Beh la mano era arrivata, ora toccava a me rialzarmi e salvarmi, toccava a me camminare da solo e diventare una persona vera, che non si vergognava delle sue scelte.

Potevo farcela? Io, che ero sempre scappato davanti alle difficoltà, che preferivo stare da solo ed illudermi piuttosto che lottare, potevo davvero imparare a vivere? Stare lì seduto a farmi domande non mi avrebbe aiutato, non avrei mai trovato una risposta se non fossi andato a cercarla: dovevo contare sulle mie forze, non ero più un bambino ormai.

Aver ammesso che fondamentalmente ero un fallito mi aveva dato una nuova spinta e, strano ma vero, avevo deciso di andare a cercarlo, di lottare per lui e fargli confessare i suoi sentimenti per me: ci sarei riuscito, su questo non avevo dubbi.

"Che cosa farebbe una persona normale in questa situazione?" rifletto, sfregandomi il mento. Dovevo trovarmi un lavoro, non potevo più attingere ai soldi che i miei genitori mi avevano lasciato in banca, dovevo essere indipendente e quindi guadagnarmi da solo tutto ciò di cui avevo bisogno.

Perfetto, avrei trovato un lavoro, messo da parte dei soldi, imparato a vivere tra la gente e poi avrei completamente ipnotizzato Stephan con il mio fascino, niente di più facile.

"Frena Mr.Fascino. Come hai intenzione di guadagnarti da vivere? Credi che un lavoro caschi dal cielo?? Che cosa sai fare tu? Non penserai di andare in un negozio e dire-Per favore assumetemi-? Nessuno sano di mente ti prenderebbe." Mi demoralizza la mia coscienza ed io sbuffo, infastidito da quegli assurdi dettagli: ci sarei riuscito, non importava come o quanto tempo avrei impiegato, avrei trovato un lavoro.

Dovevo entrare in quella società che mi aveva rifiutato per troppo tempo, non per Stephan, ma per me, ero io che avevo bisogno di sentirmi parte del mondo, ero io che avevo bisogno di sentirmi qualcuno: avrei pensato a lui quando fossi riuscito ad integrarmi e se ancora avessi provato quelle strane sensazioni che forse erroneamente chiamavo amore, allora avrei provato a condividere la mia vita con lui.

Una volta presa la decisione sento un peso alzarsi dal mio stomaco, permettendomi di respirare a pieni polmoni l'aria di vittoria che avevo intorno: ora che avevo un obbiettivo potevo finalmente capire il vero significato della vita e forse iniziare a godermela.

Sapevo però che ogni singolo istante che passavo a riflettere sulla mia decisione mi sarei rivolto domande su domande senza una risposta che riuscisse a soddisfarmi e sarei tornato al punto di prima, demoralizzato e depresso, perciò dovevo darmi da fare e subito.

Ero uno di quei ragazzi che sembrano tanto sicuri di sè, che se la cavano sempre in qualche modo, ma in realtà ero spaventato all'idea di buttarmi in qualcosa di nuovo e mi stavo arrovellando su cosa effettivamente sapessi fare.

"Niente laurea, ho un diploma in economia assolutamente sprecato, non ho esperienze se non contiamo aver fatto il cameriere e nessun talento apparte la musica. Non è poi così positivo... ma puntiamo sulla musica. Se necessario mi ridurrei anche a suonare il pianoforte per dei ricconi viziati che sorseggiano dello champagne. Champagne...ok, potrei provare in un ristorante." La mia mente era partita e per la prima volta nella mia vita sento davvero di poter riuscire a fare qualcosa, di essere capace di prendermi cura di me.

Il mio curricolum era praticamente nullo, perciò la presentazione era essenziale. Dato che era ancora presto mi vado a fare una doccia, mi rado con cura la barba, o per meglio dire quei due peletti che avevo sul mento e indosso i miei jeans migliori con una camicia nera che odiavo, ma che mi faceva sembrare più elegante di quanto una felpa non facesse.

Erano le undici del mattino, sfidavo qualsiasi ristorante ad essere chiuso, perciò esco e vago per le strade, senza controllare davvero dove andassi, impegnato a controllare se in una qualche vetrina ci fosse affisso un cartello per nuovi impiegati.

Dopo qualche minuto raggiungo l'università e memore degli avvenimenti del giorno prima accellero il passo, con lo sguardo basso e il viso infuocato.

E lì è accaduto il secondo miracolo: proprio accanto all'università c'era un ristorante con affisso un cartello "Cercasi cameriere".

Il respiro mi si mozza in gola e mi sono dovuto sforzare per trattenermi dal saltare di gioia: l'avevo trovato! Il parco, l'università...lì c'era tutto quello che mi serviva per sentirmi a mio agio, era il mio piccolo mondo in cui potevo nascondermi dagli occhi critici degli altri.

Il locale era piccolo ma l'atmosfera era accogliente e per uno come me donava un senso di calma che da nessun'altra parte prima d'ora avevo mai provato, eccetto per il mio parco.

"C'è qualcuno?" chiedo guardandomi intorno. "Oh? Sì certo arrivo subito!!" mi risponde una voce ovattata proveniente dalla cucina.

Da dietro il bancone salta fuori una donna, probabilmente sulla trentina, che mi guarda con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.

"Un altro bel ragazzo! Sei venuto a fare pranzo?" domanda vivacemente.

Io alzo un sopracciglio a quel commento, infastidito, ma non replico. "No, sono venuto per il lavoro." specifico, guardandomi un po' intorno.

C'era un profumo che mi faceva venire voglia di piangere ma che allo stesso tempo leniva ogni mia preoccupazione: che fosse lei? Che mi stessi innamorando di nuovo delle donne??

Scuoto la testa a quello stupido pensiero: ormai le donne avevano tradito la mia fiducia, un trauma del genere non poteva essere superato così in fretta e poi...beh, poi c'era quel sogno...

Prima che potessi perdermi di nuovo in quelle fantasie, la donna riprende a parlare.

"Che esperienze hai?" Sapevo che mi avrebbe fatto quella domanda, eppure speravo di rimandarla il più possibile: appena avrebbe saputo che non avevo esperienze ero certo che mi avrebbe cacciato via, e  il mio morale sarebbe sprofondato ancora più in basso di quanto non fosse già.

"Nessuna..." mormoro, tenendo lo sguardo fisso sulle mie mani: non mi ero mai vergognato della mia vita monotona e vuota, ma adesso mi rendevo conto di quante cose non sapessi, di quante cose avessi perso, di quante emozioni non avressi mai provato e ne ero imbarazzato.

"Oh...bene, allora sei assunto!" esclama ed io annuisco sconfortato ma rassegnato: ero certo che sarebbe andata così...

Quando le sue parole entrano nel mio cervello però sussulto e la guardo con tanto d'occhi: avevo capito male o mi aveva assunto??

"Che...che cosa?? Mi ha preso??" domando sconcertato e lei si apre in un sorriso divertito. "Certo! Se non inizi mai come puoi avere esperienze?? Benvenuto benvenuto, io sono Leah, il tuo boss." si presenta ed io sbatto velocemente le palpebre prima di scoppiare a ridere, ebbro di felicità. Mi aveva preso! La partita era iniziata, ero in gioco e avrei dato tutto me stesso per vincere e trovare le mie risposte.

"Piacere piacere, io sono Eric." rispondo stringendole le mano con un sorriso che andava ben oltre la semplice felicità.

"Vieni allora Eric, ti presento il cuoco." Insieme entriamo nella cucina dove sussulto appena vedo la figura vestita di bianco dietro i fornelli: non potevo sbagliarmi, era lui, con quegli occhi verdi così profondi...

Nei suoi occhi passa un guizzo di sorpresa, ma poi si apre in un sorriso gentile, velato di un sottile divertimento.

"Il ragazzo sperduto... allora, piaciuti i biscotti?" domanda stringendomi la mano ed io annuisco, annaspando per cercare le parole.

"E-Erano buonissimi..." balbetto, sorridendo goffamente e lui si illumina. "Davvero? Ne sono felice"  Non sapevo che cosa dire davanti a quegli occhi, quasi non mi sembrava vero che potessimo trascorrere così tanto insieme da adesso in poi.

“è proprio vero che i ragazzi belli si conoscono sempre tra di loro eh!“ scherza la donna ed io faccio una mezza smorfia.“Sì sai abbiamo un radar, riusciamo a captarci a chilometri di distanza“ rispondo acidamente, ma lei non coglie questa sfumatura, ridendo solamente per la battuta: le donne erano così patetiche, bastava avere un bel faccino e avrebbero fatto qualsiasi cosa, perdendo qualsiasi dignità.

“Eh infatti noi ci siamo trovati subito vero Eric?“ esclama Stephan mettendo un braccio intorno alle mie braccia con un sorriso cameratesco.“Oh assolutamente“ confermo ricambiando il sorriso, cercando di non fargli sentire il mio cuore che era quasi morto a quel contatto. Gli occhi della donna si erano illuminati e si avvicina per sussurrare con aria cospiratoria:“Siete una coppia?“ Il respiro mi muore in gola mentre la mia mente purtroppo si immagina come sarebbe stupendo poter passare ogni secondo della mia vita con quell’uomo…

  
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