Capitolo
7 – Holding On and Letting Go
Il
giorno seguente ci
svegliammo tardi entrambe riposate dopo la fatica della giornata
precedente.
Seduto al tavolo c’è un ragazzo e mi si blocca il
respiro per un istante quando
lo vedo, poi gli corro incontro urlando e lo abbraccio.
«Ciao
cugina! »dice lui appena lo lascio respirare.
«Niall! Che
bello rivederti! » Erano ormai cinque anni che non avevo sue
notizie e
nonostante i suoi capelli non fossero più castani, ma biondi
l’espressione sul
suo viso e la risata erano le stesse. Avevamo la stessa età,
ma lui era sempre
stato il mio protettore ogni estate che i nostri genitori ci lasciavano
insieme
dalla nonna.
«Come stai? »
mi chiese mentre la nonna dandoci il buongiorno con un bacio sulla nuca
ci
posava davanti la tipica colazione inglese che io adoravo.
Alzai le spalle
evitando la sua domanda, non amavo mentire, o meglio era impossibile
per me,
come fosse una cosa contro natura. Continuai a osservare stupita il suo
capo: «Che
hai fatto ai capelli? » dissi cercando di trattenere le
risate.
«Perché? » si
scompigliò il cespuglio che aveva in testa
«Un
tempo erano
mori » lui scoppiò a ridere ed io non potei non
seguirlo mentre Lux ci guardava
stupita «Quindi, diamine… eri tu
all’ospedale non ti avevo riconosciuto! »
ricollegai le cose solo in quell’istante.
Non mi
accorsi
che era un po’ di tempo che Niall aveva distolto la sua
attenzione da me e
fissava Lux: «Scusa mia cugina ha dimenticato le buone
maniere, io sono Niall»
e così dicendo le tese la mano.
Lux indirizzò il suo sguardo verso di me, come infastidita,
poi sorrise a Niall
in modo sforzato e gli strinse la mano a sua volta.
«Andiamo? »
disse alzandosi, ignorando completamente il ragazzo e dirigendosi in
camera.
«Ehm… dove? »
«Siamo venute
fin qua per un motivo, no? » Il sorriso che fino a un attimo
prima era dipinto
sulla mia faccia si spense a poco a poco, la positività in
certe situazioni non
era il mio forte, soprattutto se ripensavo all’ultima volta
che avevo tentato
l’impresa.
Niall smise di
fissare Lux e si accorse che non avevo toccato cibo:«Sicura
che è tutto a
posto. »
Alzai le spalle
e non risposi: «Senti, ma tu che ci fai a Londra?»
Non fece in tempo a
rispondermi perché la nonna comparse alle mie spalle
esclamando:
«E’ stato preso a XFactor. »
Ero ufficialmente sconvolta, non poteva essere un caso, probabilmente
il
destino si stava prendendo gioco di me, il problema era: da che parte
stava?
Mi complimentai con Niall, cercando di non far vedere che ero sconvolta
e
tornai in camera con Lux.
«Niall è a
XFactor » dissi richiudendo la porta alle mie spalle e
appoggiandomi ad essa
scivolai fino a sedermi sul pavimento.
«Ma chi? Il bambino con la parrucca? »
Annuì senza fare troppo caso agli
aggettivi con cui l’aveva descritto. «La cosa mi
riempie di gioia ! » continuò
a disfare la valigia mentre io ero ancora senza parole.
Sbuffai «
perché a me? »
«Ci sono miliardi di persone in quel posto quante
probabilità ci sono che si
siano incontrati ?»
«Questo sarebbe
il problema… o forse no»
«Tesoro non ti
seguo » disse sbucando dall’armadio.
«Nemmeno io mi
seguo, ma che ci fai lì dentro? »
«Non sviare il
discorso e spiegami, subito! » si catapultò
letteralmente fuori dall’armadio
facendo una capriola e finì di fronte a me con le gambe
incrociate.
« Non lo so,
probabilmente è la speranza che mi frega, in fondo
l’ho visto bene scambiarsi
il numero con quella specie di barboncino insaponato e la
verità è il semplice
fatto che magari non si ricorda nemmeno di quest’ estate
probabilmente ha
rimosso tutto ed è andato avanti cosa che io non ho fatto,
forse è tutto ciò
che voleva dire con quel stupido bigliettino con su scritto
‘Scusa’ e… » Lux si
butta per terra facendo finta di avere un forte emicrania
«Sì, lo so sono una
persone logorroica quando mi ci metto»
«Okey basta
rompersi la testa, andiamo a trovare il tuo principe azzurro »
«O magari
potremmo aspettare che lui trovi me, sai è così
che di solito funziona nelle
fiabe » si alza e mi allunga le mani per aiutarmi ad tirarmi
in piedi.
«Tesoro mio,
tutte le favole finisco da panico, quella della Disney è
solo una sciocca
interpretazione… sei ancora sicura di non volere passare
all’azione? »
Non risposi,
sicurezze non ne avevo più da molto tempo.
«Mel, sei
sveglia?» annuì, poi ricordandomi che eravamo
completamente al buio dissi un
flebile «Sì»
«Tutto bene?»
«No» risposi semplicemente, perché se
c’era una persona con la quale potevo
essere sincera era proprio lei. Un bussare leggero alla porta
interruppe le
nostre contemplazioni notturne, un ciuffo biondo comparve e
conseguentemente
due occhi azzurri fecero capolino nella stanza. Gli feci segno di
venirsi a
sedere sul letto, mentre con un gesto a dir poco plateale Lux si
nascondeva
sotto le coperte. Scossi la testa e riportai l’attenzione su
mio cugino.
«Come procede
la tua avventura?»
Lui sorrise a trentadue denti euforico:«Meglio di quanto
potessi sperare».
Gli sorrisi di
rimando ero così felice che stesse realizzando
ciò per cui aveva lottato per
così tanto tempo.
«A tal
proposito» riprese «C’è una
festa per capodanno in una casa di un tipo famoso,
non so bene dove, ma pensavo se vi andava di venire con me
così vi faccio
conoscere un po’ di gente »
«Organizzata da
chi?» avevo paura della risposta, mi sarebbe dispiaciuto
dirgli di no, ma non
potevo andare a quella festa.
«Tutta la gente
che lavora agli studi e alcuni ragazzi che ho conosciuto»
sorrisi, o qualcosa
di simile e annuì. «Allora verrete?»
«Perché no?»
risposi alzando le spalle. Mi
rovinerò,
ne sono sicura pensai, ma non potevo tirarmi indietro.
«Buonanotte
Mel» mi baciò sulla fronte, con fare protettivo e
uscì dalla porta.
«Sì
una festa!»
esclamò Lux entusiasta scostando le coperte.
«Noi non ci
andremo, almeno non io» La sua espressione a quelle parole
era paragonabile a
un bambino a cui gli hanno appena sequestrato il suo giocattolo
preferito.
«Sentiamo cosa
diresti a Niall? ormai gli hai già detto che ci vai non ti
puoi tirare
indietro!» Lux aveva ragione, mi dispiaceva deluderlo
sembrava tenerci tanto,
ma non potevo.
«Troverò un
modo» improvvisai «Mi farò venire la
febbre».
Chiusi la discussione e spensi la luce.
«Wow! Questa si che è
una festa» la maniaca delle feste era tornata
all’attacco. Erano tutti
raggruppati in una sala dove la musica sovrastava i pensieri e
soprattutto ogni
tentativo di comunicare. Iniziai a muovermi trasportata dal ritmo
insieme alla
mia partner di avventure, poi lo intravidi. Era in piedi appoggiato
allo
stipite della porta che dava sulla piscina, alzò lo sguardo
e incontrò i miei
occhi. Ed ogni volta che lo guardavo semplicemente il mio cervello
smetteva di
funzionare e le mie azioni non erano di sicuro razionali,
così come calamitata
dal suo sguardo mi diressi verso di lui che abbandonò il suo
posto e si spostò
nel giardino vuoto.
Stava
scappando? Può
darsi ma io ero troppo stanca di quella situazione così lo
seguii.
Strattonata per un
braccio mi ritrovai in un angolo poco illuminato del giardino mentre i
miei
occhi si specchiavano nei suoi.
«Hey» Hey? Era
tutto ciò che aveva da dirmi,
mi smebra ovvio: la gente sparisce per mesi poi rispunta dal nulla
dicendo
‘Hey’ e tutto diventa rose e fiori, ma
perché stavo urlando dentro di me e non
gli dicevo tutto in faccia ?!
Incantata.
Ero
incredibilmente incantata da lui, dalle sue braccia che mi stringevano,
dal suo
profumo, quello di sempre nonostante il tempo trascorso, eravamo noi
eravamo lì
insieme e se tutto ciò che potevo avere con lui erano attimi
allora ne avrei
goduto fino all’ultima goccia.
Forse sarebbe stato
ovvio iniziare a parlare, forse avrei dovuto dire qualcosa e iniziare
una
conversazione, poi lui mi avrebbe chiesto cosa ci facevo lì
e la risposta
sarebbe stata semplice, gli avrei detto che nonostante fossi infuriata
non
avevo smesso un solo istante di pensarlo. Sarebbe stato ovvio, ma
probabilmente
erano parole scontate che non avrebbero avuto senso di essere
pronunciate. Proprio
in quell’istante la musica cambiò e cullati da
quel suono iniziammo a muoverci
in sincrono senza lasciare neanche per un istante gli occhi
dell’altro.
Ballammo per un tempo
che parve infinito, semplicemente vicini e giuro che il su sorriso era
il più
bello che avessi mai visto. La musica sovrastava ogni tipo di pensiero,
facendomi godere di quel momento come se non dovesse finire mai, ma
dentro di
me sentivo una morsa allo stomaco, perché sapevo che pur
essendo lì e insieme,
le nostre menti viaggiavano in direzioni diverse. Non potevo continuare
a fare
finta che mi andasse bene così, le cose non funzionavano in
questo modo anzi
fra noi non funzionavano affatto.
Alzai la mia mano intrecciata alla sua fino a portarla davanti ai
nostri visi: «Che
cosa significa? » sussurrai come se non avessi davvero il
coraggio di sentire
quelle parole.
I miei occhi erano
ancora fissi sulle nostre mani intrecciate, poi presi un grande respiro
e lo
guardai negli occhi:
‘’Vorrei davvero che questo fosse
l’inizio, o per meglio dire la fine, non è
così che finiscono tutte le favole? Ma vedi io non so se noi
ci apparteniamo,
sinceramente io non so chi sono, io non ho sempre lottato per
raggiungere un obbiettivo
, lottare per sopravvivere era già troppo faticoso.
‘’ continuava a scrutarmi,
ma era indecifrabile capire cosa gli passasse per la testa e pensai
fosse
meglio così.
Abbassai gli occhi per
riprendere fiato, poi dissi quelle parole che sapevo erano nel giusto,
ma con
la paura di non rivederlo mai più:’’Io
non so se ci apparteniamo o se questo è
solo un gioco, tu hai il tuo futuro da realizzare e sei una persona
talmente
eccezionale che so sarà fantastico ed io ho bisogno di
trovare il mio, un posto
a cui appartengo, poi chi lo sa magari un giorno collideremo insieme
nella
stessa direzione come due stelle cadenti, ma so che non è
questo il momento. So
di non essere pronta ad amarti come dovresti essere amato. So che prima
di dedicarmi
completamente a te devo capire chi sono io’’
E in quelle poche
frasi c’era tutto ciò che avevo capito e
realizzato in quelle poche settimane a
Londra, era un anno nuovo era un nuovo momento ed io dovevo andare. Non
so dove
trovai il coraggio, ma lasciai le sue mani, lasciai le mie ancore e poi
senza
guardarmi indietro mi avviai alla porta d’uscita e tornai a
casa.
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