Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Christine Moonlight    30/08/2013    0 recensioni
Dal primo capitolo..
"..Ecco perché quel mattino la parola dimenticare impressa nella mia mente mi metteva in agitazione e mi faceva anche un po’ paura. Non riuscivo a darmi una spiegazione, che fosse forse una conseguenza di quella situazione? Oppure era un ricordo che riaffiorava? Dimenticare qualcosa o qualcuno sarebbe potuto essere un ricordo?!.."
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quella mattina al mio risveglio la parola che avevo in testa era “DIMENTICARE”.
Ma dimenticare cosa?!
A farmi dimenticare tutto, o quasi, ci aveva già pensato una caduta per le scale finita con una bella botta della mia testa contro il muro ed una corsa in ospedale. Anche se di tutto ciò non ricordo nulla, infatti questa storia mi è stata raccontata da alcuni “tizi” che mi circondavano nella stanza numero 17 dell’ospedale.
Tizi, be’ è strano chiamare tizi i propri genitori e vicini di casa. Sembra quasi un incubo o un brutto scherzo del destino. 
Desideravo ricominciare a ricordare tutto nei minimi dettagli, i medici avevano detto << ci vorrà del tempo>> , ma io sentivo di non avere tempo. In cuor mio volevo risvegliarmi e ricordare tutto all’istante, ma i ricordi ritornavano nella mia testa come tartarughe stanche.
E più il tempo passava, più cominciavo a chiedermi che senso avesse una vita quando vengono cancellati i ricordi, le esperienze e gli insegnamenti?  Tutto ciò faceva terribilmente paura, ma in un attimo avevo perso me stessa e non riuscivo più a ritrovarmi  ma dovevo farlo  a tutti costi .
Mi guardavo allo specchio e non vedevo altro che una ragazza carina, di media statura, abbastanza snella e slanciata, non tanto formosa, con un viso tondeggiante, guance morbide, labbra carnose, un naso un po’ troppo a patata, capelli color miele di media lunghezza ed occhi verdi, occhi belli ma persi in un vuoto grande quanto quello della mia mente.
E poi quel nome, Christine , il mio nome , che risuonava nella mia testa,  con l’effetto simile a quando conosci il nome di una persona famosa senza conoscerne il volto e all’improvviso te la trovi davanti e scopri chi era realmente.

Ecco perché quel mattino la parola dimenticare impressa nella mia mente mi metteva in agitazione e mi faceva anche un po’ paura. Non riuscivo a darmi una spiegazione, che fosse forse una conseguenza di quella situazione? Oppure era un ricordo che riaffiorava? Dimenticare qualcosa o qualcuno sarebbe potuto essere un ricordo?!
Be’ non volevo più pensarci, volevo scrollarmi tutto di dosso e andare fuori  da quella stanza bianca di ospedale.

Erano le sette in punto e mentre uscivo dalla stanza sentivo i rintocchi di un orologio, forse uno di quelli grandi che si trovano un po’ in tutte le piazze delle città più antiche. L’odore di disinfettante in quel corridoio era così saturo che facevo anche fatica a respirare, così lentamente mi avvicinai alla finestra e l’aprì prendendo una boccata d’aria fresca, una di quelle che respiri di prima mattina in primavera inoltrata, una delle ultime boccate fresche prima dell’estate.
La vista da lì era affascinante, mare e montagne si fondevano come fossero un’unica  cosa. Il sole già splendeva nel cielo di un azzurro brillante interrotto da qualche nuvoletta bianco panna. Era così bello starsene lì affacciati a contemplare quel paesaggio mozzafiato e giuro che avrei passato ore ad osservarlo e non solo per la sua bellezza ma perché riuscivo a non pensare a nulla.
Peccato però che tra un po’ sarebbero passati per la colazione, poi per le visite e i controlli e dopo finalmente mi avrebbero dimesso.
Sinceramente da quando ero lì avevo solo avuto voglia di andarmene da quell’ospedale senza pensare a cosa avrei fatto una volta uscita di lì.
E si, non ci avevo pensato: Che cosa avrei fatto dopo?! Dove sarei andata? Con chi? La gente mi avrebbe trattata normalmente o mi avrebbero preso per una malata?  Era tutto così angosciante così tornai nella mia stanza e mi misi a letto.
Poco dopo arrivò il ragazzo che portava la colazione, un tizio alto, capelli scuri e occhi color nocciola. Lo guardai attentamente e gli chiesi cosa mi avesse portato di buono e lui sorridendo mi porse il vassoio e poi dalla tasca del camice uscì un sacchetto bianco, uno di quelli del bar e lo poggiò sul ripiano dicendomi che l’aveva preso apposta per me. Subito un gran sorriso scoppiò sul mio volto, era una cosa dolcissima da parte sua, ci conoscevamo a malapena e con una piccola cosa era riuscito a farmi felice.
Lui era Jordan.
Ci eravamo conosciuti la sera prima, esattamente il giorno in cui mi sono svegliata. Dopo aver finito il suo turno come volontario era venuto da me a farmi compagnia. Quella sera parlammo per ore, anzi , in realtà, lui parlava e io lo ascoltavo. Be’ non è che proprio “ascoltavo” più che altro pendevo letteralmente nella musicalità della sua voce, che era davvero sexy, nella cadenza delle parole, mi perdevo nei suoi occhi brillanti, nel suo semplice sorriso, nella sua bellezza rara. Si , insomma pendevo letteralmente dalle sue labbra.
Era così carino.. be’ forse lo era con tutti ma a me non importava ; la sua gentilezza e  quell’irresistibile dolcezza mi stavano facendo legare a lui.
Ma questo l’avrei tenuto per me, tutti lo avrebbero definito uno sconosciuto ma a pensarci bene chi non lo era per me in questo momento?! 
Forse lui era la persona sulla quale avevo più informazioni, l’unica persona della quale sapevo qualcosa, anche più di me stessa.
E poi più parlava, più mi stava vicino più mi sembrava di conoscerlo da sempre. 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Christine Moonlight