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Autore: Jo_March_95    31/08/2013    0 recensioni
If you knew I was dying..
would it change you?
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Banale e scontata ecco l'ennesima fanfiction sull'addio tra Mickey e Ian, credo non sarà nemmeno l'ultima ma il bisogno di scrivere su questi due è più forte di ogni razionalità.
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Dal testo:
"Mickey non lo regge più quello sguardo spento, così allontana il dito dall'interruttore e piomba in una favola di amarezza.
Resta sul letto provando a dimenticare il proprio nome mentre tutto ciò che rimbomba in quel cervello
marcio è la cadenza della lingua di Ian che schiocca sul palato mentre lo pronuncia: Mi-ckey."
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"I'm gay and I love you", quando sarà arrivato il momento soffierà quelle parole nella trachea di Mickey salvando entrambi dall'apnea comatosa della propria morte, si farà un infuso di sentimenti stagionati pronti da servire e si accarezzerà con le mani callose di chi è stato punito dall'amore, una volta, e vi ha rinunciato per sempre.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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If you knew I was dying…
…would it change you?


I fiocchi di neve danzano sottili sul velo di dolore che avvolge Ian Gallagher come una calda coperta soffocante, senza riuscire ad oltrepassare la barriera di silenzi e disappunto.
Rotolarsi nelle lacrime di umidi rimpianti è il passatempo di tutta la notte, con le ginocchia alla gola e la lingua incollata al palato, nessuno nota il rumore assordante dei denti che sfregano tra loro.
Il tempo è scandito dalle braccia piegate a sollevare il corpo rigido e compatto come un tronco, dagli addominali in tensione che si accartocciano ancora e ancora, dalle gambe che bruciano a furia di correre, che scappano e scappano ma non vanno mai da nessuna parte.
Non sarà così per molto, almeno.
L’idea è arrivata improvvisa, come un pugno diretto nel subconscio dei desideri insopprimibili. L’effetto è stato quello di un terremoto interiore con talmente tanti danni da far perdere valore alla scala Richter.
Quando la mente ha accusato il colpo, Ian ha sbarrato gli occhi e si è lasciato frantumare dall’enormità della scelta. Si è rannicchiato in un angolino buio di quel corpo svuotato da ogni emozione e si è barricato dietro sbarre di certezze dure come pallottole e letali come amori proibiti.
I cristalli di ghiaccio continuano la loro danza della consolazione avvolgendosi in mulinelli di invitanti promesse di riposo.
Ian spalanca la bocca nel silenzio dell’aurora, lascia che le iridi verdi si feriscano con il rosseggiare dell’alba, mentre pensieri scomodi si risvegliano sgranchendosi e occupando tutto lo spazio riservato alla sanità mentale.
L’intero corpo è percorso da un sordo dolore, una sensazione di mancamento taciuta dal tamburo battente di un cuore in pezzi.
Tu-tuum di scricchiolii prima dell’impatto con le costole.
I pensieri allungano le loro mani fatte di ombra e schegge di vita e una sensazione spiacevole gli afferra la gola in una morsa. Ian allarga le narici e si bombarda di ossigeno, pensa a sparatorie in terra arida, a pallottole che vagano senza una meta e ad un enorme bersaglio rosso appeso alla sua schiena.
Immagina di correre con gli stivali pesanti che sollevano polvere e resti umani, di leccarsi il sudore agli angoli della bocca e grattarsi la nuca con la punta di un coltello. Immagina le urla degli altri trapanargli le orecchie e insinuarsi nelle ombre della mente. Immagina il dolore di una vita che si spegne divorare la sofferenza di un bacio dannato, spera che l’odore di morte lo nausei e gli ottenebri i sensi e faccia scivolare giù per la gola il nodo di sensazioni malevole procurategli da Mickey Milkovich.
Prega di non incontrare mai un soldato dagli occhi di ghiaccio e la risatina sadica, altrimenti sarebbe costretto a saltargli nel letto la notte  e trapassarlo da parte a parte con un coltellino.
Ian Gallagher vuole trasformarsi in una macchina da morte perché con la vita non ha funzionato.
Si è ripromesso di sparare sempre dritto al cuore, vuol che altri provino la sensazione del vuoto nel petto prima di chiudere gli occhi e morire.
Morire, morire..
Debs è stata ossessionata dalla morte per un periodo, snocciolando in giro per casa aneddoti macabri.
<< Le persone prima di morire si fanno la cacca addosso >>
Ian Gallagher vorrebbe avere paura, vorrebbe farsela addosso e scappare mentre il bersaglio diventa sempre più grande.
Vorrebbe riuscire a guardare Debbie e Carl negli occhi e dirgli addio senza sentirsi già morto dentro, vorrebbe abbracciare Fiona e rubarle un po’ di coraggio, vorrebbe non essere così lucido e calcolatore mentre sfugge alle domande di Lip che si insinuano tra le ombre dei pensieri marci e ne allungano la fila.
L’unico che riesce a guardare negli occhi è Liam, ne accarezza la pelle scura con lo sguardo a metà tra invidia e affetto. Ognuno di loro aveva sempre dato per scontato che quel marmocchio non potesse essere davvero figlio di Frank e invece persino su questo Ian era stato fottuto.
Il giorno in cui, aprendo la busta con i risultati del DNA, aveva scoperto di essere figlio di suo zio.. cazzo, un colpo diretto alle budella, scavato nelle viscere con una gru. Forse aveva iniziato a perdere pezzi da lì, forse quella voragine che ha l’odore di Mickey Milkovich e il sapore dei suoi baci sfacciati non è tutta della stessa materia.
Troppi sbagli si erano accartocciati sulle sue spalle e Ian credeva che questo lo temprasse. Sbagliato. Il peso, a distanza di anni, ha solo contribuito a deformarne lo scheletro. Una volta scrollati di dosso i rimpianti e le recriminazioni, Ian ha constatato che ciò che resta è solo un involucro ammaccato.
Si sente tanto come un kamikaze mentre sale sul pullman derubato del proprio nome e con in ostaggio quello del fratello. Ha riempito tutto se stesso di esplosivi al dolore e ha allacciato i circuiti al grilletto.
Si è impacchettato come un fuoco d’artificio e quando qualcuno lo centrerà farà scintille e spargerà interiora al sapore di delusione. Dopo la morte il cervello ha trenta fottuti minuti di attività celebrale in cui l’individuo ripercorre la propria vita. Ian Gallagher sa già cosa vedrà: i visi dei propri familiari ad ogni età e in ogni occasione sfrecceranno ala velocità della luce, e poi, per ultimo..
vedrà Mickey e qualche circuito si romperà, andrà tutto in blocco e Ian sarà risucchiato nell’immagine dell’uomo che non poteva ammettere di amarlo.
Si accovaccerà tra le labbra che non hanno saputo sputarlo fuori quando c’era ancora tempo. Resterà lì a implorare la paura, resterà lì cercando di pungersi con la barba ispida di Mickey.
Il momento del loro addio è vivido nella memoria di Ian, che guarda fuori dal finestrino mentre il suo scudo di sofferenza repelle gli altri commilitoni. Era andato da Mandy per sputarle la verità in faccia in attesa che lei la rigettasse addosso al fratello, ma sul più bello aveva cambiato strategia.

Ian incrocia le braccia con disinvoltura e finge sicurezza mentre le tonsille tremano e sbattono alla gola rischiando di soffocarlo. Mickey non lo regge più quello sguardo spento, così allontana il dito dall’interruttore e piomba in una favola di amarezza.
Resta sul letto provando a dimenticare il proprio nome mentre tutto ciò che rimbomba in quel cervello marcio è la cadenza della lingua di Ian che schiocca sul palato mentre lo pronuncia: Mi-ckey.
Ian freme e sputa parole che restano intrappolate tra i denti e non raggiungono mai l’aria. Vuole avvertirlo che sta andando a morire, che non prova nulla a riguardo, che vorrebbe fosse già giunta, la sua fottuta ora.

If you knew I was dying, would it change you?
Se sapessi che sto morendo, questo ti cambierebbe?
Gli occhi aridi di Ian scrutano il moro cercando di decifrare un messaggio nascosto tra quei gesti da spavaldo ma non trovano nessun “sono gay e ti amo” impigliato tra i peli del petto o incrostato sotto le unghie. Nessun brivido sconvolge la spina dorsale smagnetizzandolo. Così Ian carica altro esplosivo e se lo pianta direttamente in testa, lo incastra dove prude di più la consapevolezza del non avere certezze.
STO. ANDANDO. A. MORIRE.
Se lo scrive a caratteri cubici tra le sfumature pallide delle cornee annerite col carboncino nero delle brutte notizie.
E. NON. MI. IMPORTA.
Lo scheletro resta rigido a sostenere quell’esilio si emozioni in fuga dall’incendio sterminatore della passione che degenera in malattia. Ian si accascia contro la porta a prendere fiato senza riuscire a riempire i polmoni, sentendosi costretto ad andare via mettendo in fila i passi, lasciando una voragine grande quanto la speranza di un uomo a segnarne la tomba.


Il paesaggio dal finestrino è monotono e grigio, lo si riesce a vedere anche ad occhi chiusi. Quello fino all’aeroporto non è solo uno spostamento logistico ma il viaggio allegorico di ogni uomo che sfogli le proprie pagine con gli occhiali nuovi della morte a distorcerne le parole e a dipingerne le consonanti di rosso.
Si sente rumore di battaglia, un’accozzaglia di intenzioni che stridono come metallo ed emanano puzzo di fumo e rifiuti tossici, un testa a testa tra le aspettative e le previsioni in cui alcuni ne escono sconfitti, altri non ne escono proprio.
“I’m gay and I love you”, quando sarà arrivato il momento soffierà quelle parole nella trachea di Mickey salvando entrambi dall’apnea comatosa della propria morte, si farà un infuso di sentimenti stagionati pronti da servire e si accarezzerà con le mani callose di chi è stato punito dall’amore, una volta, e vi ha rinunciato per sempre.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                THE END.
 
  
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