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Autore: __threetimesthree__    31/08/2013    0 recensioni
Chi era? Cosa era successo? Perché era lì? Le tre incognite che non trovavano pace ma solo voce, una voce che ad ogni respiro sembrava sempre più prepotente nel suo cervello, Chi sono? Si chiese prima di decelerare il passo, fiato corto difronte ad una vetrina.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Harry Styles, Zayn Malik
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Era mattino presto, anche troppo forse, il sole era appena sorto, lo si capiva dalle striature che tingevano il cielo plumbeo  in quella coltre di spessa nebbia che rendeva l’aria pesante ed umida, il ragazzo disteso su quella panchina al bordo del fiume non capiva cosa fosse successo, sgranchì le mani intorpidite dal freddo allentando la presa su quella firmatissima giacca nuova di zecca. Chi era? Che era successo? Perché si trovava lì?
 
Gli occhi erano aperti a stento sulle increspature del Tamigi che pareva grigio e smunto, forse per colpa della nebbia o per gli occhi appannati, li sentiva pesanti, come gonfi di lacrime mai scese, Chi era? Non poteva dare risposte a se stesso, sentiva in se un vuoto apatico e caotico che riempiva il silenzio di urla stridule e fischi penetranti.
 
Si alzò a fatica, quello sfortunato ragazzo, tirò su i folti capelli castani dalla gelida panchina in legno, sentì le ossa scricchiolare sotto il peso di una notte passata al freddo della cupa Londra, una Londra che non riconosceva, osservava lo scorrere pacato del corso d’acqua senza riuscire a mettere in fila parole o pensieri sensati per se stesso, alzò gli occhi al cielo, doveva essere trascorso molto tempo da quando aveva aperto gli occhi, ma si sentiva stanco, come se non chiudesse occhi da giorni.
 
Un cerchio alla testa si strinse ancora per arrecargli altre pene, con un sospiro profondo decise di abbandonare il giaciglio che lo aveva accolto per la notte, o forse meno, tutto era un incognita per quello sfortunato ragazzo castano.
 
Passò una mano sul volto stropicciandolo ed iniziò a camminare per il marciapiede vuoto osservando la punta delle sue scarpe, dall’abbigliamento che portava non doveva essere un qualunque ragazzo di Londra, scarpe italiane e giacca firmata, forse un benestante di quella città, o solo uno con troppi soldi in tasca; tasche, gli venne in mente, infilò le mani che alle dita portavano degli anelli, li osservò brevemente senza trovare indizi, frugò tra le piaghe dei pantaloni dove trovò un cellulare scarico ed un pezzo di carta con su scritto un cuore ed un nome femminile scarabocchiato ad inchiostro blu, il ragazzo non sapeva chi fosse ma ripose il tutto nelle tasche strette dei jeans attillati.
Sospirò nuovamente, senza pensieri in testa non poteva che continuare a camminare verso non si sa quale meta, forse i suoi piedi lo sapevano e compivano gesti automatici, lo sperava, ma non poteva esserne certo, non poteva essere sicuro di nulla in quella qualunque mattinata Londinese. Risalì in strada osservando i primi negozi aprirsi e la nebbia piano diradarsi con il levare del sole, sole a Londra? Era un evento, gli venne da pensare dimenticandosi di aver dimenticato.
 
Lo sfortunato ragazzo venne riportato alla realtà da una voce femminile, soffocata e stridula, sembrava uno squittio, si girò osservando la donzella, capelli lunghi e biondi, viso pulito doveva avere sui diciotto anni, gli offrì un sorriso coprendosi poi le labbra laccate di rosa pesca con le mani. Il ragazzo la osservò interrogativo mentre quella scalpitava come se fosse difronte a qualcuno che aspettava da tempo, non sapeva come reagire così cercò di ricambiare con un sorriso di cui sentì il peso di ogni muscolo che tirava sul volto, gli zigomi riempirsi ed i denti scoprirsi appena sotto le labbra, non sapeva chi fosse quella ragazza, sembrava solo un altro volto sconosciuto.
 
Osservò ancora quei lineamenti giovani, poi decise di congedarsi da quell’imbarazzante silenzio che lo stava mettendo in difficoltà, a passo lungo sfilò via, nulla lo guidava, niente lo riportava a qualche ricordo, mente vuota, animo in tempesta, sentiva i piedi accelerare il passo, come se volessero scappare, uno dietro l’altro la sua andatura aumentò gradualmente fino a trovare il respiro freddo nei polmoni che chiedevano sempre più aria il rumore dei suoi passi coperto da milioni di altri in corsa verso un luogo che solo il suo “io” sembrava conoscere, Chi era? Cosa era successo? Perché era lì? Le tre incognite che non trovavano pace ma solo voce, una voce che ad ogni respiro sembrava sempre più prepotente nel suo cervello, Chi sono? Si chiese prima di decelerare il passo, fiato corto difronte ad una vetrina di elettrodomestici, la sua figura rimandata da quel vetro lustrato poche ore prima, sconosciuto, un volto come tanti, un volto che non sapeva a chi apparteneva, occhi verdi, fisico asciutto in abiti adatti, sentiva i sguardi dei passanti sulle sue spalle, qualcuno spuntò tra i prodotti in vetrina, lo fece trasalire e la sua corsa contro l’ignoto ricominciò.
 
Chiuse gli occhi stringendo le palpebre più che poteva senza frenare il passo che macinava l’asfalto spedito, sentì un imprecazione preceduta da una spallata, riaprì lo sguardo verde e profondo su quella città che non era sembrata mai così grigia, tutte quelle ombre con visi oscuri che sembravano seguirlo in ogni movimento, gente che si girava, qualcuno che cercava di placare quella sua folle corsa, si sentiva uno di quei cavalli, che impazziti iniziano a correre fino a spezzarsi le gambe, non poteva fermarsi, era in ritardo, in ritardo per qualcosa che non conosceva.
Si bloccò d’improvviso, una lacrima calda e salata seguì il percorso della precedente, solcò il viso stanco e spossato da quella notte di cui non aveva memoria, questo povero ragazzo sfortunato, di seguito tutte le lacrime copiosamente rigarono il viso che non conosceva, come se appartenesse a qualcun altro, gli occhi si arrossarono e svuotarono di quel pianto che prima pesava così tanto nel suo sguardo appannato.
 
Si accasciò a terra difronte una palazzina in stile vittoriano, poggiò la schiena alla ringhiera in ferro battuto, ogni lacrima pesava nel suo petto, ogni osso doleva come macinato e frantumato, si raccolse le ginocchia questo sfortunato ragazzo –Harry– sentì pronunciare da una voce maschile dall’accento strano –finalmente ti abbiamo trovato– continuò quella stessa voce afferrando il suo braccio e facendolo tirare su dal marciapiede pulito, alzò lo sguardo su quella voce che ora aveva un viso, lineamenti marcati occhi scuri e barba curata, un viso che non riconosceva ma dallo sguardo che sapeva di casa.



Salve a tutti, spero che questa OneShot vi sia piaciuta aspetto di sapere cosa ne pensate xoxo 
-peeps-

 
  
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