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Autore: AngelOfSnow    31/08/2013    0 recensioni
Disclaimer:i riferimenti a luoghi e/o persone sono puramente casuali. I personaggi fanno parte della mia opera.
La luna era alta nel cielo, chiara, bella e malinconica.
Si stagliava fiera e maestosa sullo Stretto di Messina e il suo riflesso rischiarava gli ambienti, anche se le luci arancioni dei lampioni ne dimezzavano la bellezza.

[...]
Jacopo si guardò intorno: a quell’ora tarda, chi voleva incontrare?
Chiuse gli occhi e sospirò, auto insultandosi per aver ritardato anche quella volta.
Aveva tirato troppo la corda con Daniel e adesso era stato piantato per l’ennesima volta, anche se era una conseguenza diretta del suo ennesimo ritardo.

[...]
Daniel aveva vissuto i tre mesi immerso nei libri per non pensare al rimorso di quel pomeriggio che l’aveva lentamente divorato e reso ancora più apatico del normale. Lui che solitamente rimaneva impassibile anche al fatto più eclatante, era rimasto turbato dalla reazione di Jacopo, condizionandolo in modo più o meno permanente.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Ottavo Capitolo.

Ottavo Capitolo.

 

 

 

Daniel si svegliò più presto del solito quella mattina.

Si premette le mani sugli occhi e guardò l’orologio, storcendo le labbra in un’espressione amara: le cinque del mattino. Oramai la sveglia suonava a vuoto, per un letto già sistemato e una persona più che pronta ad affrontare una giornata. L’ennesima e di merda.

Da quando si era laureato e trasferito, nulla aveva smosso il suo interesse a parte il suo obiettivo.

Quella mattina si fece una lunga doccia calda e mangiò una mela, decidendo di fare un giro per la città. Sarebbe tornato a casa in tempo per cambiarsi e andare diritto in ufficio, pronto per aiutare persone a lui sconosciute.

Seguì il suo piano e, in un batter d’occhio, si trovò seduto sulla propria poltrona, ad ascoltare e memorizzare ciò che Stefania gli stava dicendo.

<< ...e non so come fare per sistemare questa situazione. Io penso che sia inutile andare a parlargli, non mi ascolterebbe! Lei che mi consiglia? >>

Improvvisamente ebbe una sensazione di deja-vù e rivisse una discussione con la defunta signora Nina. Come un automa disse una frase della loro discussione. << ...se prima non ne parli con lui, come fai a sapere se potresti rimediare o meno? Certo un cuore ferito non si può riparare del tutto, però si può sempre rattoppare con pazienza, sincerità e buona volontà.  Non credi? >>

Osservò con fare critico e sentito il viso della giovane e vide chiaramente il colore tornare sulle sue guance e la luce della speranza accendersi con forza in fondo agli occhi neri.

<< Sa che ha ragione? >> Jacopo aspettò un altro sfogo e annuì meccanicamente ad ogni frase, confortando con frasi perfette e azzeccate la ragazza. Consigliandola, per giunta!
Lui, che non aveva mai accettato un semplice consiglio, era capace di consigliare.

Divertente, pensò con falso entusiasmo. Proprio divertente.

<< Dottore? Mi sta ascoltando? >> Daniel trasalì sulla poltrona e fece mente locale per capire cosa fosse successo.

<< Scusami Stefania, mi sono lasciato andare un attimo. >>

La ragazza sorrise e alzò le spalle, indifferente. << Si figuri, almeno... adesso sembra umano! >> e scoppiò a ridere, alzandosi in piedi per andare.

Non appena la ragazza uscì dalla porta e entrò un altro paziente, cercò di essere sentimentalmente lucido e freddo, così da non lasciarsi andare.

 

Finì il suo turno puntualmente alle due del pomeriggio e, puntualmente, scese al bar di fronte al palazzo dove lavorava.

Come al solito salutò Nicola, il barista dai capelli ramati, e come al solito salutò Flavia, l’addetta al ristorante dagli occhi di un colore grigio tendente all’ametista. Il cassiere era Pio, un uomo scorbutico e omofobo che l’aveva da subito guardato male, senza capelli ma con un portamento elegante e fiero.

Non ci era certo voluto un genio per intuire il fulcro di ogni malumore.

<< Il solito? >> domandarono insieme i due e lui annuì, sedendosi al solito posto isolato e difficilmente abbordabile.

 Consumò il suo panino con calma e aspettò il caffè, guardandosi poche volte intorno e parlando a monosillabi con Flavia.

<< Ci sposiamo! >> esultarono insieme e un sorriso sincero gli nacque sulle labbra. << E, mi sa che settimana prossima arriveranno i sostituti... >> mormorò il ramato.

A Daniel quasi dispiacque che andassero via, anche perché erano due tipi solari che mettevano il buonumore a qualunque ora del giorno.

<< Chissà come saranno! >> cinguettò Flavia e Nicola la guardò scettico.

<< Vuoi saltare il tuo matrimonio per incrociarli? >> fece finta di essere offeso e la ragazza ridacchiò, decisa a non dargli sazio.

A causa di ciò presero a battibaccare allegramente e vennero rimproverati dallo stesso Pio.

<< Ragazzi, finitela. Sono due che un mio amico mi ha raccomandato dalla Sicilia. >>

Daniel trasalì, ma tornò a fare finta di nulla, dirigendosi verso la cassa a pagare.

<< Davvero?! Perché addirittura dal meridione?! >> chiese Nicola e Pio alzò le spalle.

<< Voleva dare loro una possibilità fuori la Sicilia, per fare aumentare i posti di lavoro sui loro curricula, anche se uno dei due ha fatto cose pazzesche! >>

A Daniel mancò un battito. Jacopo... Jacopo qui? Perché?

Se ne andò da quel locale il più in fretta possibile, salutando e augurando la più sentita felicità alla coppietta, prima di tornare a casa.

Sei mesi da quando non aveva più messo piede in Sicilia per evitare di pensarlo e adesso... adesso era lui che andava a cercarlo in capo al mondo?

No. Si disse. Dev’essere una fottutissima coincidenza. La mente di Daniel prese a mostrargli i ricordi di Jacopo in ospedale e tornò lucido.

Chi aveva parlato del biondo? Nessuno. Quindi non aveva motivo di pensare che potesse essere lui. E se fosse stato Jacopo, avrebbe fatto finta di non conoscerlo.

Anche se il cuore avrebbe protestato e insistito per parlargli, lui avrebbe fatto di tutto pur di non causargli alcun male. Aveva fatto già abbastanza in precedenza: si sarebbe sentito più merda di quanto già non si sentisse a rientrare nella sua vita.

Non aveva alcun diritto. Però...  

Quel però risuonò solitario nel suo cuore.

Tornò a casa con il procinto di un fiatone e scosse molte volte la testa, al pensiero che il cervello gli catapultò in fondo agli occhi: Jacopo in ospedale.

Rise leggermente di strazio e si gettò sul divano in pelle bianco, adagiando la testa sui cuscini che la designer gli aveva accollato con un costo aggiuntivo e che a lui sembravano, inizialmente, inutile.

Adesso non sapeva se tornare a ringraziare quella donna oppure no.

Il suo telefonino vibrò dopo i primi dieci minuti di totale silenzio in cui si era gettato con tanta  foga.

Non era più la suoneria che tanto amava del suo nokia-modello-carro-armato e ogni tanto faceva fatica a ricordare che fosse il suo.

<< Pronto? >> borbottò, sapendo che fosse la sorella.

<< Fratello! Non posso credere che tu sia a casa con le tapparelle chiuse! >>

Daniel storse il naso, non capendo se la sorella fosse seria o avesse semplicemente tirato ad indovinare. << Perché tu non sei a casa con le tapparelle chiuse, vero? >> aveva tirato ad indovinare.

<< Sara, si sono a casa, dimmi, cosa ti serve? >>

<< Andiamo a mangiare in qualche posto solo io e te? >> Daniel sospirò teatralmente e ringraziò il cielo di avere un locale come quello del signor Speranza.

Poteva mangiare prima che la sorella uscisse da lavoro e si salvava sempre per pochi minuti.

<< Sara ho già mangiato. >> si mostrò fin troppo rilassato.

<< Ah... ok, allora vengo io da te con qualcosa di istantaneo come... ecco, vediamo... ramen! >>

<< Io... >> non seppe che rispondere.

<< Ok, allora è deciso! Sono da te fra cinque minuti! >>

Daniel sussurrò un imprecazione e senza salutarla chiuse la chiamata, nonostante avesse preferito rimanere solo, la sorella era una di quelle compagnie che erano in grado di rivoluzionarlo per un intera giornata – se arrabbiata.

   
 
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