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Autore: Hika86    01/09/2013    0 recensioni
[6/7] «Io credo vada bene anche così. Penso che di solito, diamo un nome alle cose quando le abbiamo capite o quando vogliamo farlo, perchè così sembrano diventare più chiare. Così come etichettiamo dei quaderni, allora vogliamo catalogare anche pensieri e sentimenti. Ma non è sempre così facile e poi ci sono volte in cui va bene anche non capire, no? Esistono cose che è possono rimanere senza nome, sentimenti che non abbiamo bisogno di forzare: se diventeranno importanti troveremo il modo di definirle, ma se ci sforziamo troppo magari rischiamo di distruggere qualcosa di ancora troppo fragile».
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jun Matsumoto, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'

«Pronto? Nomura san?»
«Sì, sono io. Scusi se chiamo in un momento simile, ma ho visto tre chiamate perse e tutte da questo numero. Con chi parlo?»
«Sono Matsumoto. Matsumoto Jun, ti ricordi di me?»
«...»
«Pronto? Sei ancora lì?»
«Matsumoto san, sì, mi ricordo... credevo di avere il tuo numero, come mai mi risulta sconosciuto?»
«L'ho cambiato qualche mese fa»
«Ho capito. E' successo qualcosa? Stai bene?»
«Veramente chiamavo per sapere se tu stai bene»
«Perché?»
«Come "perché"? Mi sembra normale chiedersi se le persone che si conoscono stanno bene. Sei al lavoro? È meglio sentirci in un altro momento?»
«No, no. Scusami. Sono quasi 36 ore che lavoro senza fermarmi, dopo la scossa siamo stati sommersi dalle emergenze. Mi sono fermata solo ora. Sono confusa, come hai fatto a chiamarmi?»
«I cellulari hanno ricominciato a funzionare solo oggi. So che i giorni scorsi la gente ha preso d'assalto i telefoni pubblici per comunicare»
«Oh sì... sì. Esistono ancora telefoni pubblici?»
«Tōkyō è piena»
«Ah sì?»
«Nomura san, sei solo stanca o c'è qualcosa che non va?»
«Non lo so. Da quando mi sono fermata non lo so più. Mi gira la testa, non so bene cosa dovrei fare. Mi hanno detto di andare a casa, ma non riesco bene a capire come»
«Dove sei?»
«Sono vicina ad un uscita d'emergenza»
«Hai le tue cose? Tipo la borsa, la giacca, cose di questo genere»
«No. No, sono... la borsa è in sala dottori, di sopra, e la giacca è nel mio armadietto, nel seminterrato»
«Pensi di riuscire a recuperare le tue cose? Ti ricordi che strada fai per andare a casa? Possiamo rimanere al telefono»
«Ma i mezzi funzionano?»
«Sì, Nomura san, funzionano. Ascoltami bene, ci sei?»
«Sì, ti ascolto»
«E' il 13 Marzo, ok?»
«Sì, lavoro da quasi 36 ore»
«Esatto. Stavi già lavorando l'11?»
«Quand'era l'11?»
«Ok, allora: quando c'è stato il terremoto dov'eri?»
«Dunque... stavo operando. Stavo operando e ho rischiato di perdere il paziente, mi sono spaventata. Allora Yamashita Ichō mi ha detto che avrebbe finito lui e mi ha fatto andare al pronto soccorso. Dovevo staccare dopo l'operazione, nel tardo pomeriggio, ma da quando c'è stata la scossa non mi sono più fermata. Che giorno hai detto che è?»
«La scossa c'è stata l'11, oggi è il 13»
«Allora sono più di 36 ore»
«Sì, sono passati 3 giorni. I mezzi funzionano, i cellulari anche»
«Forse sono riuscita ad andare avanti solo grazie all'adrenalina, ora sono stanca. Vorrei dormire qui, ma non posso»
«No, immagino. Ti aiuto io a stare sveglia, va bene? E ti farò arrivare a casa, tu segui le mie indicazioni ok?»
«Ok»
«Però devi dirmi dove abiti»
«Non mi fido di andare a casa mia. Sto all'undicesimo piano, sentirei le scosse più forti e invece preferirei riposare tranquilla»
«Hai qualche amica da cui pensi di poter andare?»
«Forse da Kōmō, abita al secondo piano di un complesso piccolo»
«Sarebbe... Erina san?»
«Ti sembra il momento di ridacchiare?»
«Scusa, è un buffo soprannome»
«Ma azzeccatissimo»
«Mi ricordo dove abita, quindi ti guiderò io da lei, va bene?»
«Va bene»
«Ok, allora comincia con l'alzarti in piedi, hop! Prima di tutto andiamo a prendere le tue cose in sala dottori. E' al piano di sopra vero?»
«Sì»
«Bene, allora ti sei alzata? Vai verso le scale e sali di sopra. Se non ti ricordi dove sta sono sicuro che ci saranno delle indicazioni in giro per l'ospedale o delle piantine»
«No, beh... quello me lo ricordo»
«Meglio così! Posso aiutarti con i treni e a muoverti nelle stazioni, ma non dentro l'ospedale»
«Sto salendo le scale. Matsumoto san»
«Hai problemi a salire le scale?»
«No... no, volevo solo ringraziarti»
«Non devi. In situazioni come queste, aiutarsi è il minimo, non credi?»
«Sì, ma non ci sentiamo da... da tanto. Insomma, perché hai chiamato me?»
«L'ultima volta che ci siamo visti è stato a Novembre, ben 4 mesi fa»
«Sono in sala dottori. Ah, Koji kun! Sì, sono al telefono con un amico. Puoi darmi una mano? Credo di stare poco bene, mi aiuti a mettere le mie cose in borsa? Grazie. Puoi aspettare un attimo, Matsumoto san?»
«Fai con comodo.»
«Il portafoglio è dentro? Ok, la carta dei mezzi? Ah, va bene... c'è tutto? Aspetta, il cellulare dov'è?»
«Ce l'hai in mano Nomura san»
«Sì, sì, è vero... perfetto, sono davvero instupidita! Grazie Koji kun. No, tranquillo posso farcela, vado da Kōmō. Va bene, non so se mi ricorderò di scriverti quando arrivo... sì, ok, chiamami tu. Ci sentiamo. Matsumoto san, sei ancora lì?»
«Sì, ci sono. Ora devi recuperare la giacca nel seminterrato giusto? Fa freddo fuori, prendi anche la sciarpa se ce l'hai»
«Ora scendo. Cosa dicevamo prima?»
«Che non ci sentiamo da 4 mesi. Prendi le scale eh, non l'ascensore»
«Sì che prendo le scale! Sono un po' instupidita, ma mica cretina!»
«Hai ragione, scusa»
«No, no, scusami tu. Sei qui che mi stai aiutando e io ti rispondo male: sono un'ingrata»
«No, sei solo instabile. Io mi sono già tranquillizzato, ho guardato la tv per le notizie, ho sentito gli amici e la famiglia. Ho persino lavorato ieri. Insomma, anche se con un ritmo irregolare data l'emergenza, io ho ripreso in mano la mia vita. Tu non hai ancora avuto tempo di realizzare la situazione: sei rimasta in quell'ospedale, distante dal resto del mondo e ti è concesso di avere paura solo adesso, dopo giorni senza mai fermarti. Sarò paziente con te»
«Quanta magnanimità, grazie Matsumoto san»
«Si figuri Nomura san»
«Mi prendi in giro?»
«Non sia mai!»
«Dopo 4 mesi perché chiami me?»
«Ho chiamato tutta la rubrica, tu però non rispondevi e non sapevo se stavi lavorando o se dovevo cominciare a preoccuparmi per la tua incolumità»
«Sono arrivata. Se ti stai chiedendo se ricordo qual è il mio armadietto: sì, me lo ricordo. Cos'è che devo prendere?»
«La giacca, Nomura san. Se ce l'hai anche la sciarpa, il cappello o i guanti, non so. Comunque copriti, fuori fa freddo»
«Appoggio il cellulare, un secondo»
«Sì»
«Ci sei? Sono vestita e ho chiuso tutto»
«Come sei vestita?»
«Sembra la domanda di un maniaco»
«... non volevo!»
«Stavo scherzando, ti sei imbarazzato?»
«No che non mi sono imbarazzato!»
«Ti sei imbarazzato. Che carino...»
«Fai attenzione a quello che dici, potrei spedirti dall'altra parte di Tōkyō per pura ripicca»
«Giusto. Allora farò la brava. Vado verso la metro, ok? Ma tu hai tempo di stare al telefono con me?»
«Veramente a pranzo dovrei mangiare fuori, ma rinvierò. Ti avevo solo chiamato per essere sicuro che stessi bene, non pensavo di doverti virtualmente accompagnare a casa»


Nota al titolo:"tanpopo" in giapponese è il di un fiore, indica sia il nostro dente di leone, sia la sua naturale evoluzione: il soffione. Qui è inteso come quest'ultimo.
Nota per la fanfiction: questa ff è comprensibile senza che dobbiate aver letto nessuna delle precedenti storie a cui si farà riferimento nei capitoli, perchè ogni cosa è rispiegata. A ogni modo la situazione raccontata ha i primi fatti raccontati nella ff Kaze (gli eventi sono accaduti poco meno di un anno prima da questa ff) poi continuati in Akai Ito di cui riprende la storia (solo dal punto di vista di Jun).

Per la verità non ho voglia di dire granchè. Ho messo molto impegno in questa ff... impegno e passione che, non so spiegarmi come, mi riescono fino a questo punto solo quando scrivo di Jun. Ho deciso di cominciare a pubblicarla per il suo compleanno, altrimenti avrei aspettato ancora un po' penso.
Un grazie speciale a Geena, che mi fa da beta-reader e corretrice di bestialità errori

  
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