Questa storia partecipa al 500themes_ita con
il prompt n°45. Accarezzando il buio, baciando la luce.
Il bambino che accarezzava il buio.
Resta un attimo senza fiato, vedendo gli
occhiali. […]
—Non sono per il sole, sono per il buio! —
esclama Rue. — A volte, quando lavoriamo al
raccolto per tutta la notte, ne
distribuiscono un po' a quelli che stanno più in alto sugli alberi, dove
la luce delle torce non arriva. Una volta
un ragazzino, Martin, ha tentato di tenersene un paio. Li ha
nascosti nei pantaloni. L'hanno ucciso
seduta stante.
—Hanno ucciso un ragazzino per aver preso
questi? — dico io.
—Sì, e tutti sapevano che non era
pericoloso. Martin non ci stava tanto con la testa. Voglio dire,
si comportava ancora come un bambino di
tre anni. Voleva gli occhiali solo per giocarci —
Hunger Games. Suzanne
Collins
La prima volta che Rue incontra Martin lo
nota a malapena per via dell’oscurità che li attornia. È accovacciato su un
albero con il naso rivolto all’insù e i suoi occhi sporgenti sono colmi di
entusiasmo, mentre il suo sorriso screpolato abbraccia la volta intarsiata di
luci.
Rue ne è affascinata: pochi lavoratori al
Distretto 11 hanno l’abitudine di soffermarsi a guardare le stelle. Il tempo è
poco e la visibilità è scarsa: devono dedicare ogni momento a loro disposizione
per ultimare il raccolto prima che arrivi il mattino.
Lo osserva sventolare le mani nel buio. Le
dita del bambino si muovono con accortezza estrema, ricadendo morbide nel nulla
come farebbe la coda stopposa di un gatto. I gesti lenti e accurati di Martin
ricordano buffetti affettuosi rivolti a qualcosa di invisibile.
Sembra quasi che stia accarezzando il buio, pensa Rue.
Forse cerca di rabbonirlo per assicurarsi che non si faccia troppo pesto,
impedendo ai lavoratori di distinguere le sagome dei frutti sugli alberi.
Di tanto in tanto le labbra di Martin si
uniscono per dare forma a un bacio scoccato in direzione delle stelle. In quei
momenti una scintilla di riconoscenza aleggia nel suo sguardo e i movimenti
delle sue mani incominciano a farsi più lenti, più ostentati.
Sembra stanco, ma Martin continua
ugualmente ad accarezzare il buio.
Forse ne ha paura e sta cercando di
farselo amico.
I suoi baci, però, sono rivolti solo alla
luce.
*
La sera in cui Rue incontra Martin per
l’ultima volta riesce a distinguere nitidamente il suo profilo a cavalcioni di
uno degli alberi. Di rado viene concesso a entrambi di arrampicarsi così in
alto, ma se Rue non riesce a fare a meno di dondolarsi da un ramo all’altro
Martin rimane immobile, stretto a uno dei tronchi. Lo sguardo del bambino
incomincia a farsi vivace solo quando indossa gli occhiali a visione notturna.
Rue lo osserva raddrizzare la schiena e distogliere bruscamente l’attenzione
dalle stelle: è la prima volta che lo sorprende a ignorare il cielo per
guardarsi attorno con sguardo quasi avido. Martin ride e il movimento delle sue
mani si fa più frenetico, mentre l’oscurità si riempie delle immagini nitide
disegnate dalle sue lenti. Canticchiando fra sé, il bambino riprende ad
accarezzare il buio e i suoi occhi sorridono ai coetanei intenti a raccogliere
i datteri dalle palme. L’oscurità lo ha ascoltato: la luce è arrivata a rendere
le ombre della notte meno minacciose.
A fine turno Martin sorride sornione alle
stelle e si lascia scivolare il paio di occhiali nei calzoni. Rue vorrebbe
impedirglielo, ma il ragazzino sembra non fare caso ai suoi gesti allarmati e
ai bisbigli sommessi degli altri lavoratori. Appoggia protettivo la mano destra
sul bottino e sventola lentamente la sinistra in quello che un pacificatore
registra come un cenno di sfida. Rue si irrigidisce mentre la canna di una
pistola viene puntata verso l’alto, dritta contro il ragazzo. Non può fare a
meno di urlare con tutto il fiato che ha in gola, quando un proiettile lacera
il buio con violenza, contrastando le carezze docili del bambino.
Martin cade a terra all’improvviso, come
un frutto troppo maturo.
Se ne va con uno schiocco di labbra e gli
occhiali speciali al sicuro nelle tasche dei pantaloni.
I suoi occhi sporgenti sono ancora rivolti
verso il cielo e un lieve sorriso arriccia gli angoli delle sue labbra: sembra
quasi felice.
Una volta a terra, Rue si accovaccia di
fianco a lui e gli sfila gli occhiali dalle tasche, ignorando con un brivido il
sangue che gronda dalla sua casacca. Glieli appoggia sul naso e una lacrima
scivola a bagnare le labbra screpolate del bambino.
Vorrebbe gridare, ma ha solo nove anni e
tutto ciò che riesce a fare è piangere. Piange perché i pacificatori non sanno
quanto Martin fosse buono; quanto fosse innocuo. Piange, perché vorrebbe
spiegare loro che deve aver nascosto quel paio di occhiali solo per potersi
portare a casa la luce delle stelle. Non può parlarne, però, perché sa che ai
pacificatori non importerebbe.
Piange perché un altro ragazzino è morto
al Distretto 11 e nessuno ha ancora il coraggio di alzare un dito.
*
Quella sera, al villaggio di Rue, il
pensiero di tutti è rivolto verso Martin, il bambino che accarezzava il buio.
Chi lo conosceva ricorda bene di quando le sue mani si agitavano lente e il suo
sorriso velava di dolcezza le espressioni stanche dei lavoratori. Il trasporto
con cui si aggrappava al chiarore delle stelle incitava la gente del distretto
a non arrendersi alla fame e allo sconforto. Sembrava voler ricordare loro che
presto le giornate avrebbero incominciato ad accorciarsi. Il sole avrebbe fatto
capolino con più frequenza e i raccolti sarebbero stati più abbondanti.
A quel punto, Martin avrebbe smesso di
accarezzare il buio per potersi dedicare interamente alla luce che tanto amava.
*
Ogni tanto a Rue capita ancora di pensare
a Martin.
Ogni tanto ricorda lo schiocco di labbra
con cui se ne è andato.
Le piace pensare che fosse un bacio, uno
di quelli che lasciano una scia appiccicaticcia sulla pelle e gli occhi pieni
di gioia.
Forse, nel momento in cui il suo corpo ha
colpito il terreno, gli occhi di Martin erano già inondati di stelle.
Forse in quel momento è finalmente
riuscito a baciare la luce.
Nota dell’autrice.
Questa storia sfiora spaventosamente il genere
nonsense in quanto a contenuto, ma l’episodio del bambino che viene ucciso per
degli occhiali mi aveva colpito molto e mi è venuta voglia di provare a
scriverci su. Questo è il mio primissimo tentativo in questo fandom ed effettivamente mi sento abbastanza
maldestra! Non volendo cadere nel banale o approfondire scene che probabilmente
sono già state trattate molte volte da altri autori di Efp ho
concluso per soffermarmi su qualcosa di decisamente piccolo XD
Ho deciso di
ambientare il ricordo di Martin circa tre anni prima, rispetto al primo libro,
quando Rue ha ancora nove anni. Alcuni comportamenti che ho scelto di
attribuire a Martin ricordano un po’ quelli che caratterizzano diversi
ragazzini affetti da autismo – anche se il tutto è filtrato attraverso il punto
di vista di Rue. Sono un po’ incerta per quanto riguarda il modo in cui ho
rappresentato il Distretto 11, spero di averlo reso quantomeno credibile.
Il nome della storia è vagamente ispirato al
titolo di un romanzo di Billy Mills e
Nicholas Sparks: “Il bambino che imparò a
colorare il buio” .
Grazie
a chiunque sia arrivato fin qui <3
Un
abbraccio!
Laura