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Autore: ChiaraLilianWinter    01/09/2013    1 recensioni
"Non esiste una magia che rimette a posto i cuori spezzati.
Non riusciva a cancellare l'immagine del volto disperato e spaventato di Alec quando lui l'aveva lasciato, in quel tunnel deserto. Magnus lo amava, dannazione, lo amava più di ogni altra cosa, ed essere lontano da lui era la cosa peggiore che avesse mai fatto. Ogni giorno, ogni ora senza vederlo e senza averlo accanto era una spina che andava a infilzargli il cuore, ormai ridotto a brandelli."
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Jonathan, Magnus Bane, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                          Anger, Regret And

                                                                 Forgiveness

 
Jace Lightwood percorreva la strada quasi correndo, con il cappuccio alzato e la schiena inarcata in avanti per proteggersi dal vento freddo dell'inverno. Quando finalmente raggiunse il portone dell'edificio in cui abitava Magnus Bane, Sommo Stregone di Brooklyn, si rese conto di voler trovarsi ovunque tranne che lì, in quel momento. Ma era un favore al suo parabatai, e dopo che Alec aveva passato delle settimane a scervellarsi per salvarlo dalle grinfie di un Sebastian sempre più psicopatico, almeno questo glielo doveva. Sbuffando, alzò la mano e premette il pulsante del citofono. Prima che qualcuno gli rispondesse dovette schiacciare quel dannatissimo campanello almeno dieci volte. Ed ecco che, dopo uno stridìo metallico che fece venire la pelle d'oca al cacciatore, Magnus si degnò finalmente di rispondere.
<< Chi è? >>
<< Sono io. >>
<< Io chi? >>
Jace dubitava che lo stregone non lo riconoscesse, ma tutto poteva essere.
<< Jace. Jace Lightwood. >>
Magnus attaccò il citofono. Il cacciatore, decisamente irritato, si appiccicò nuovamente al campanello, finchè lo stregone non rispose. Il suo tono, quando parlò, era frustato e scocciato.
<< Vattene, Jace. Sei l'ultima persona con la quale voglio parlare in questo momento. Anzi, la penultima. >>
<< E questo è l'ultimo posto in cui vorrei essere in questo momento, ma ci sono lo stesso. Apri questa cavolo di porta e ascolta almeno quello che ho da dire. Poi sarai libero di cacciarmi. >>
<< Perchè dovrei ascoltare quello che hai da dire? >>
<< Perchè ti farebbe bene. E non solo a te. >>
Ci fu un attimo di silenzio, poi si sentì un sospiro enorme e il portone si aprì con uno scatto. Jace si tuffò su per le scale, prima che Magnus o che sè stesso potessero cambiare idea. Un secondo dopo era davanti ad una porta rosso scarlatto aperta a metà, che lasciava intravedere il salotto del loft dello stregone. Jace fece un passo avanti ed entrò. L'appartamento era cambiato, dall'ultima volta che era stato lì. Il mobilio e i colori eccentrici erano spariti: adesso le pareti erano tutte bianche e la stanza completamente vuota, ad eccezione di un divanetto rosso su cui era stravaccato il Sommo Stregone, che in quel momento non lo sembrava affatto. Magnus aveva i capelli lunghi e arruffati, era senza trucco, ad eccezione dell'ombretto sbafato, e indossava solo un paio di pantaloni della tuta neri, scoloriti, per di più. Jace non si accorse nemmeno di aver assunto un'espressione sbigottita, finchè lo stregone non gli rivolse un'occhiataccia: se gli sguardi avessero potuto uccidere, il cacciatore si sarebbe ritrovato ad essere un mucchiettino di polvere tra i tanti altri che decoravano il pavimento.
<< Che c'è? Sembra che tu abbia visto Sebastian che si scambiava effusioni con Lilith al chiaro di luna. >>
<< Che razza di paragone è? >>
Magnus alzò le spalle e distolse lo sguardo da Jace, concentradosi sul Presidente Miao che stava facendo di tutto per attirare l'attenzione del padrone.
<< Il tuo gatto sta morendo di fame. >>
<< Sciocchezze. Gli ho dato da mangiare solo... >>
Lo stregone si bloccò, corrugando le sopracciglia e alzandosi, diretto in cucina.
<< In effetti è un pò che non mangia. >>
Jace emise un sonoro sospiro e lo seguì nell'altra stanza. Aveva intenzione di andare dritto al punto, per poter finalmente uscire da quel loft che emanava depressione e trascuratezza, esattamente come il suo inquilino.
<< Senti, Magnus. Non intendo perdere tempo, quindi chiariamo subito una cosa. >>
Quando lo stregone si voltò per guardarlo, Jace gli puntò un dito contro.
<< Tu hai bisogno di Alec. E Alec ha bisogno di te. >>
<< Ti sbagli. >>
Magnus si voltò, ma non abbastanza in fretta da impedire che il cacciatore notasse le sue labbra tremare.
<< E invece ho pienamente ragione! Prima di tutto, io ho sempre ragione, secondo, è talmente ovvio. Insomma, guardati intorno! Guarda te stesso! Non sei più il Sommo Stregone di Brooklyn, Magnus. Sembri... Un poveraccio... >>
<< Non sono un poveraccio. E penso che tu debba farti gli affari tuoi. >>
<< Alec è il mio parabatai. I suoi affari sono i miei affari. >>
<< Questo non... >>
<< Magnus Bane. >>
Jace stava iniziando a perdere la pazienza. Si era dimenticato come fosse complicato spuntarla con i tipi come Magnus.
<< Piantala di sviare il discorso. Si vede benissimo che ami Alec e che senza di lui sei perso, completamente. È inutile fingere che vada tutto bene, che lo stile "trasandato" vada di moda - e se anche fosse, lasciatelo dire, è orribile - e che Alec non ti manchi. Che diamine di problema c'è? Lui ha sbagliato, è vero, ma tu sei stato fin troppo rigido! Che ti costava starlo ad ascoltare? Dargli una seconda possibilità? Sei stato davvero un imbecille, ma lo sarai ancora di più se non gli permetti di chiarire! >>
A fine discorso Magnus era ammutolito e Jace infuriato. Senza aspettare una risposta, il cacciatore si voltò e uscì a grandi passi dall'appartamento, lasciandosi alle spalle tutta quella tristezza e i miagolii disperati del Presidente.



                                                                                                                                                                           * * *



Magnus Bane era sempre stato famoso per la sua pazzia, la sua eccentricità, la sua voglia di vivere. Eppure, a vederlo adesso, non si sarebbe mai detto che quel ragazzo di diciannove anni, pallido e magrissimo, era proprio il famoso Sommo Stregone di Brooklyn. Stava stravaccato sul divano, mentre accarezzava pigramente il dorso del Presidente Miao. Erano giorni che non faceva nulla. Stava lì, non usciva, mangiava pochissimo, non faceva incantesimi.
Non esiste una magia che rimette a posto i cuori spezzati.
Non riusciva a cancellare l'immagine del volto disperato e spaventato di Alec quando lui l'aveva lasciato, in quel tunnel deserto. Magnus lo amava, dannazione, lo amava più di ogni altra cosa, ed essere lontano da lui era la cosa peggiore che avesse mai fatto. Ogni giorno, ogni ora senza vederlo e senza averlo accanto era una spina che andava a infilzargli il cuore, ormai ridotto a brandelli. Eppure, il perdono gli sembrava una cosa impossibile: insomma, si era mostrato interessato alla possibilità di accorciargli la vita! Doveva essere una sua decisione, e Alec aveva riflettuto sul torgliergliela. Questa cosa lo mandava in bestia, lo faceva sentire tradito. Poi, le parole di Jace gli entrarono in testa.
Lui ha sbagliato, è vero, ma tu sei stato fin troppo rigido! Che ti costava starlo ad ascoltare? Dargli una seconda possibilità?
Che gli costava? La risposta era fin troppo semplice e crudele: il suo orgoglio. Il suo orgoglio era ciò che lo bloccava, che gli impediva di correre all'Istituto e baciarlo, abbracciarlo, dirgli che lo amava. Ma era davvero così importante? Era qualcosa di fondamentale?
Il suo telefono squillò un paio di volte e quando lo stregone lo prese lo schermo si illuminò: Maryse Lightwood.
Magnus sapeva cosa voleva da lui. La battaglia finale era vicina, terribilmente vicina. Sebastian aveva riunito un esercito di Cacciatori Oscuri e aveva preparato in ogni singolo particolare il suo attacco. Era talmente sicuro di sè che aveva addirittura mandato una lettera al Conclave in cui annunciava l'inizio della guerra. Si era subito scatenato un putiferio, e i Nephilim avevano cercato di farsi alleati più Nascosti possibili, dopo aver scoperto il tradimento del Popolo Fatato, che si era schierato con Sebastian. Magnus aveva ricevuto parecchie convocazioni, ma non aveva fatto sapere nulla: dopo la sua separazione da Alec, aveva avuto l'idea fissa di andarsene da lì, rifugiarsi da qualche parte fino alla fine della guerra. Ma adesso, dopo il discorso di Jace, non ne era più così sicuro. Forse Alec meritava una seconda possibilità. In fondo, lui non aveva mai amato nessuno come amava il cacciatore dagli occhi azzurri: adorava ogni cosa di lui, avrebbe fatto di tutto per lui, anche rinunciare all'immortalità. Anche morire. Fu per questo che si portò il cellulare all'orecchio, mentre partiva la chiamata.



                                                                                                                                                                          * * *



Tutto intorno ad Alec era un inferno. Il cacciatore non riusciva più a riconoscere gli amici dai nemici, i combattenti erano solo delle macchie nere e rosse che si muovevano e roteavano le spade, infliggendo ferite mortali agli sfortunati che si trovavano nel loro raggio d'azione. Già da tempo Alec aveva abbandonato arco e frecce e si era tuffato nella mischia armato di lama angelica, a combattere al fianco di Jace. Questo ad un certo punto era sparito chissà dove, trascinato dalla corrente di persone e lasciando il suo parabatai da solo in mezzo a quel caos. Alec era certo che non sarebbe sopravvissuto: lui era bravo con l'arco, ma con il combattimento corpo a corpo era sempre stato una frana. Sentì un sibilo dietro di lui e una spada calò sul suo braccio, procurandogli un profondo taglio. Il cacciatore ringhiò e si voltò, trovandosi a fronteggiare un altro cacciatore vestito di rosso, uno di quelli Oscuri. Alec ricordava di averlo visto ad una riunione del Conclave, ma il suo nome non gli veniva in mente. Roteò la lama e si spinse contro di lui, ingaggiando un furioso combattimento. Sorprendentemente, fu il cacciatore dagli occhi azzurri ad avere la meglio: schivò il colpo dell'avversario e in un moto di adrenalina affondò la lama nello stomaco dell'altro, trapassandolo da parte a parte. Questo cadde a terra con un gemito e non si mosse più. Ma Alec non fece in tempo ad esultare. Sentì dietro di sè una risata, profonda e sguaiata, e quando si voltò si trovo di fronte nientemeno che a Sebastian. Era completamente sporco di sangue - Alec sospettava non suo - e aveva sul viso un'espressione di gioia e follia. Quando i loro sguardi si incrociarono, il ragazzo dai capelli bianchi sorrise, gli occhi spalancati.
<< Alexander Lightwood. Sei ancora vivo. >>
La sua voce provocò un brivido nel cacciatore, che indietreggiò, aumentando la presa sulla lama angelica. Sebastian si accorse del suo timore e ghignò, sguainando una spada dalla lama lunga e insanguinata. Alec non riuscì a controllare il proprio corpo, e inziò a tremare: lui era un cacciatore forte, ma Sebastian era pur sempre Sebastian. Questa volta non avrebbe vinto. L'altro si avventò su di lui e in un attimo gli fu addosso, roteando la spada e cercando di trafiggerlo. Alec balzò indietro, in un disperato tentativo di fuga, ma Sebastian fu più veloce e lo colpì alla testa con l'elsa, facendolo cadere a terra con un tonfo.
Il primogenito dei Morgestern gli fu sopra e alzò la spada, mirando al cuore.
<< Sii felice, Alexander Lightwood. Stai per raggiungere il tuo inutile fratellino. >>



                                                                                                                                                                         * * *



La battaglia era tremenda, più di quanto Magnus avesse pensato. Lo stregone era circondato da scintille blu, tanti erano gli incantesimi che scagliava contro gli avversari. Non importava chi fossero: se erano vestiti di rosso, lui li colpiva. Così tanta morte, tutta talmente inutile... Tutta per colpa di un folle, della brama di potere di un solo uomo. Senza accorgersene Magnus aveva raggiunto una zona più appartata dalla battaglia, dove c'erano solo una ventina di cacciatori, vestiti di nero o di rosso. Lo stregone aveva bisogno di riposo, ma non c'era tempo: si rituffò subito nella massa, ricominciando a colpire e a uccidere. E poi lo vide.
Una massa disordinata di capelli neri, occhi color del mare... Alec stava combattendo poco lontano, e aveva appena ucciso un uomo, quando dietro di lui apparve Sebastian. Dalla posizione in cui si trovava Magnus riusciva a scorgere la sua espressione folle e divertita, e quando lo vide avanzare e colpire Alec un moto di rabbia sorse dentro di lui. Sulla punta delle sue dita comparvero delle scintille blu, e mentre Sebastian sollevava la spada per colpire Magnus tirò indietro le mani, preparandosi a fulminarlo... Ma poi il cacciatore disse qualcosa. Qualcosa che fece spalancare gli occhi di Alec e gli fece cambiare espressione. Adesso non c'era più spavento: sul volto del ragazzo che amava si era dipinta una maschera di rabbia. Urlando, Alec spinse Sebastian all'indietro, facendogli perdere l'equilibrio. Ne approfittò per saltare in piedi e roteare la lama angelica, facendola brillare. I suoi occhi blu erano illuminati, fiammeggianti. Magnus non lo aveva mai visto così forte, così bello, così... Incazzato. Mentre avanzava contro Sebastian, che intanto si era ripreso e lo fronteggiava, il suo corpo si faceva sempre più sciolto, meno teso, acquisendo familiarità con la lama. Quando il fratello di Clary lo attaccò, parò subito i colpi, andando poi ad attaccarlo a sua volta. Erano due furie che lottavano, uno spettacolo talmente bello e tremendo che per un attimo Magnus si dimenticò il luogo in cui si trovava; ma solo per un attimo, il tempo di riprendere fiato, e lo stregone stava nuovamente lanciando sfere di fuoco e scariche elettriche a destra e a manca. Ma una parte di lui era ancora con Alec, e questo gli fu fatale: un avversario gli arrivò da dietro e lo colpì alla schiena, provocandogli un taglio non profondo ma doloroso, che lo fece urlare.
Quando Alec sentì la sua voce si voltò senza pensarci, e un attimo dopo si diede dello stupido. La lama della spada di Sebastian gli infilzò lo stomaco, facendolo restare senza fiato per il dolore e la sorpresa. Alec si accasciò a terra con un tonfo, sotto gli occhi terrorizzati di Magnus e quelli trionfanti di Sebastian. Questo si voltò subito e corse via, diretto chissà dove, forse alla ricerca di Jace o Clary. Lo stregone rimase fermo per un attimo, analizzando quello che era appena successo, e corse verso Alec il più velocemente possibile, incenerendo chiunque gli si parasse davanti. Quando il cacciatore lo vide arrivare gli sorrise. Era terribilmente pallido, e il sangue gli sgorgava a fiotti dalla ferita.
<< Magnus... >>
<< Alec, è tutto a posto. È una ferita facile da curare... >>
Magnus non era sicuro della gravità della cosa, ma doveva almeno provarci, non poteva lasciarlo così. Quindi alzò le mani portandole sopra il cacciatore e iniziò ad intonare un incantesimo, mentre dalle dita gli sfuggivano scintille blu e viola.
<< Magnus, è inutile, sono troppo debole. >>
Ma lo stregone non lo stava ad ascoltare. Era troppo concentrato sulla magia che stava usando. Con uno sforzo enorme, Alec alzò una mano e prese quella di Magnus, che finalmente lo guardò negli occhi. Aveva un'espressione disperata.
<< È stata colpa mia. >>
<< Ma no, che dici. Tu non c'entri.. >>
<< Invece c'entro! Se tu non ti fossi girato per vedere come stavo, Sebastian non... >>
<< Sarebbe riuscito a colpirmi ugualmente. E poi... Sono io che mi sono voltato... >>
Alec iniziava a fare fatica a respirare. Magnus se ne accorse e le scintille aumentarono, mentre lentamente la ferita iniziava a guarire.
<< Magnus... Perchè.. Sei qui? >>
Tantissime idee passarono per la testa dello stregone. Bugie, con cui avrebbe potuto salvarsi la faccia. Io sono un mago, i maghi combattono. o Non potevo lasciare tutte queste persone senza un aiuto fondamentale come il mio. o ancora Se non ci fossi stato, Maryse e Jocelyn mi avrebbero ucciso. Beh, d'accordo, quest'ultima non era molto a suo favore. In ogni caso, nessuna di quelle frasi uscì dalla sua bocca.
<< Per te. >>
Non disse nient'altro. Quando finalmente l'incantesimo compì il suo dovere, e della ferita non rimase altro che una piccola cicatrice, lo stregone ricambiò la stretta del cacciatore e dalle loro mani intrecciate divampò una calda luce blu. Solo allora Alec si accorse che intorno a loro era stato eretto un muro invisibile che li isolava dal resto della battaglia. Gli occhi dei due si trovarono.
<< Magnus, cosa.. >>
<< Tu mi hai dato più volte la tua forza. Adesso è il momento che ricambi. >>
Il cacciatore abbozzò un sorriso e chiuse gli occhi, mentre sentiva la potenza di Magnus scorrergli nelle vene.


 
                                                                                                                                                             * * *



Quando Alec si svegliò, si trovava nell'infermeria dell'Istituto, e accanto a lui, mezza addormentata, c'era sua sorella Isabelle. Nel vederla ancora viva il cacciatore si sentì sollevato, e si mise a sedere per abbracciarla.
<< Izzy! Menomale che sei sana e salva... >>
<< Salva sì, sana un pò meno. Mi stai facendo male, Alec... >>
Imbarazzato Alec si tirò indietro, passandosi una mano tra i capelli arruffati.
<< Come.. La battaglia... >>
<< Tu sei stato ferito, ma Magnus ti ha protetto e ti ha portato qui. Devi vedere la mamma, com'era contenta... >>
Isabelle sembrava voler dire qualcos'altro, ma singhiozzò e strinse la mano del fratello.
<< Menomale... Menomale che sei vivo, Alec... >>
Il ragazzo le sorrise e le accarezzò una guancia, con fare affettivo. Quando la sorella smise di piangere, Alec le chiese di raccontargli meglio cosa era successo. Isabelle gli disse di come avevano vinto la battaglia per un pelo, e di come Sebastian fosse riuscito nuovamente a scappare. Quando pronunció il nome del Morgestern, sul volto della cacciatrice si formò una smorfia di disappunto, e Alec non riuscì a trattenere una risata, il che fece accigliare la sorella ancora di più.
<< Quindi stanno tutti bene? >>
<< Papà è stato ferito, e il branco di Luke decimato, ma sì, noi stiamo tutti bene. >>
<< Meglio così. >>
Il ragazzo si appoggiò ai cuscini, indeciso su cosa fare. Magnus aveva combattuto e l'aveva salvato. Si ricordò le sue parole: era rimasto per lui. Questo provocava in Alec un senso di orgoglio e di colpa. E se si fosse fatto male? Avrebbe voluto andare a trovarlo, ma temeva che lo stregone lo avrebbe cacciato. E se così fosse stato, non sarebbe riuscito a sopportarlo.
<< Senti Alec... Quando Magnus ti ha portato qui, mi ha detto... >>
Il cacciatore sollevò lo sguardo sulla sorella, che aveva assunto un'aria maliziosa ma timorosa allo stesso tempo.
<< Mi ha detto, appena ti fossi ripreso, di dirti che ti aspettava. >>
A quelle parole Alec balzò giù dal letto, si vestì e in un attimo fu sulla soglia dell'Istituto, mentre salutava e ringraziava Isabelle. 
Un secondo dopo, correva per le strade di New York.
Aveva percorso talmente tante volte quella strada che la ricordava a memoria, ogni via, ogni vicolo. Un quarto d'ora dopo si trovava ai piedi del palazzo in cui abitava Magnus. Quando Isabelle gli aveva detto quelle cose era stato preso dall'euforia del momento, ma adesso che si trovava lì non sapeva bene che fare. Incerto, alzò una mano per premere il campanello, ma all'ultimo la ritrasse, sospirando. Aveva troppa paura. Fece un passo indietro, poi un altro, e infine si voltò per andarsene, ma sentì qualcuno dietro di lui afferrargli il colletto della camicia e trascinarlo a forza dentro l'edificio fino al loft del secondo piano, mentre il cacciatore tentava inutilmente di liberarsi. Quando finalmente riuscì a voltarsi, si ritrovò davanti un Jace incavolato nero che bussava con forza alla porta dell'appartamento.
<< Cosa ho fatto per meritarmi un parabatai così cretino? >>
Borbottava, mentre cercava di non guardare Alec. Quando Magnus, dopo poco, aprì la porta, Jace gli buttò letteralmente addosso l'altro, che non riuscì a non arrossire fino alle orecchie. Il biondo sorrise a quello spettacolo e iniziò a scendere le scale.
<< E vedete di metterci un bel pò! Non ho fatto tutta questa fatica per niente! >>
A Alec sembrò anche di sentire la parola imbecilli, ma decise di lasciar perdere. Si staccò da Magnus, ancora con le guance infuocate, e iniziò a tormentare l'orlo della maglietta per il nervosismo. Sentiva lo sguardo dello stregone su di sè e non riusciva a spiccicare una sola parola.
<< Allora... Ti sei rimesso, vedo. >>
<< Mh... Già. >>
<< Ok. >>
Di nuovo il silenzio. Magnus sospirò e fece cenno al cacciatore di seguirlo all'interno dell'appartamento. Quando Alec entrò, osservò bene il loft. Le pareti erano bianche, e la stanza era occupata solamente da un divanetto rosso. Questo lo preoccupò, e quando spostò timorosamente lo sguardo su Magnus si accorse ciò di cui si sarebbe dovuto rendere conto prima: lo stregone era vestito di nero, e, anche se era comunque truccato e i capelli erano tenuti su dal gel, non sembrava affatto Magnus, non sembrava lo stregone di cui Alec si era innamorato.
<< Magnus.. Volevo... Volevo ringraziarti. >>
Accidenti, era come quel giorno, quando Alec era andato a trovarlo per ringraziarlo di avergli salvato la vita e poi la situazione era degenerata, portando al loro primo bacio*. Anche lo stregone sembrò ricordarsene, perchè abbozzò un sorriso.
<< Ringraziarmi per cosa? >>
<< Per... Per avermi salvato la vita. Di nuovo. >>
<< Ho solo rimediato a quello che avevo causato. >>
<< Ancora? Te l'ho già detto, non è stata colpa tua! >>
<< Alec. >>
Il cacciatore trattenne il respiro mentre lo stregone si avvicinava pericolosamente a lui, intrappolandolo tra il suo corpo e il muro. I suoi occhi da gatto scintillavano.
<< Sei venuto fin qui solo per ringraziarmi? >>
Sapevano entrambi la risposta di quella domanda, ma a quanto pare Magnus voleva sentirsela dire, e Alec lo accontentò.
<< No. >>
Lo stregone annuì e si scostò da lui, andando a sedersi sul divanetto.
<< Jace è venuto a trovarmi, una settimana fa, prima della battaglia. >>
<< Jace è... >>
Magnus gli fece segno di zittirsi e continuò.
<< Mi ha fatto riflettere. È vero, tu hai sbagliato, ma forse sono stato troppo precipitoso. Volevo darti la possibilità di rimediare, per questo non me ne sono andato. >>
<< Perchè hai partecipato alla battaglia? >>
<< Te l'ho detto. Volevo darti la possibilità di rimediare. Volevo assicurarmi che tu sopravvivessi abbastanza per farlo. >>
Il cacciatore annuì lentamente, senza staccare i suoi occhi da quelli dello stregone.
<< Quindi mi starai ad ascoltare? >>
<< Ti starò ad ascoltare. >>
Alec prese un gran respiro e cominciò a parlare.
Le parole fluirono come un fiume dalle sue labbra, mentre si sfogava su quello che aveva passato nelle ultime settimane, di come era frustato dal fatto che nessuno potesse capirlo e che l'unica persona con cui poteva parlare era Camille. Non si soffermò molto sulla questione dell'immortalità, perchè ormai, dopo tutto quello che era successo, non gli dava più importanza. Spiegò il suo momento di debolezza e il bisogno di sicurezza, e di come la vampira fosse riuscita ad ammaliarlo e a conquistare la sua fiducia, in un certo senso.
E quando il cacciatore finì, si rese conto di non essersi sentito mai così... Libero. Si era sfogato, aveva raccontato tutto ciò che fino ad allora era stato nascosto nel suo cuore, e lo aveva detto alla persona giusta, all'unica persona che avrebbe dovuto saperlo.
Quando alzò lo sguardo sullo stregone, questo stava immobile, rigido sul divanetto, e lo osservava attentamente. Era teso, sembrava una bomba che stava per scoppiare.
<< È la verità? >>
<< È la verità. >>
Le voci di entrambi tremavano. A quel punto Alec non riuscì più a controllarsi e raggiunse Magnus, afferrandogli il volto e unendo le loro labbra. Lo stregone mugugnò qualcosa ma non lo respinse, anzi, gli circondò il collo con le braccia - più magre del solito - e lo attirò a sè sul divanetto, portandolo sotto di lui. Quanto gli era mancato quel contatto? Quello sfiorarsi prepotente di labbra, quella danza di lingua e denti, che era per loro come una droga? Continuarono a baciarsi e a stringersi per chissà quanto tempo, a nessuno dei due importava, avevano tutta la vita davanti, per quanto corta o lunga potesse essere. Alla fine, con un'incredibile forza di volontà, Magnus riuscì a staccarsi dal cacciatore e a specchiarsi in quel blu dei suoi occhi, mentre cercava di formulare una frase logica.
<< Sei stato davvero un cretino. Non potevi dirlo prima? >>
<< Non sapevo come farlo. Ho provato a chiamarti, ma... >>
<< Aspetta un attimo. >>
Lo stregone inarcò un sopracciglio, assumendo un'aria vagamente divertita.
<< Tutte quelle chiamate a cui non rispondeva nessuno erano le tue? >>
<< Mh. >>
Magnus scoppiò in una sonora risata, il che fece completamente arrossire Alec, che, in un semi-tentativo di zittirlo, gli tirò un pugno alla spalla. Finalmente lo stregone smise di ridere e riportò l'attenzione sul ragazzo sotto di lui, mostrando un sorriso terribilmente malizioso.
<< Spero che all'Istituto non ti aspettino per cena. Abbiamo tanto da recuperare. >>



                                                                                                                                                                        * * *



*Riferimento a "Kissed", fanfiction Malec scritta da Cassandra Clare.
  
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