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Autore: Naima Dahmer    02/09/2013    3 recensioni
Ma stracciare un pezzo di carta non ricompone un cuore fatto a pezzi.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Without you I'm nothing'
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Buon Compleanno, Tony.
Steve Rogers
 
 
Nome e cognome.
 
Come se nella sua vita ci fossero stati altri Steve, come se avesse potuto collegare solo l’iniziale di quel nome a qualsiasi altra persona che non fosse lui.
 
Steve Rogers.
 
Non aveva perso significato, quel nome. Non aveva nulla di scontato, non aveva mai avuto nulla di scontato. Tutto ciò che era legato a quel nome era folle, bello… e terribilmente doloroso.
 
Lui, Steve, l’aveva marchiato a fuoco sul petto.
 
E bruciava ancora, da matti. Bruciava come un’ustione.  Era una cicatrice, ma di quelle che nessuno può vedere, che nascondi.
 
E lui, Steve Rogers, lo sentiva fin dentro le vene. Ed era sangue avvelenato, il suo. Steve, un serpente che prima gli aveva morso il cazzo e poi gli aveva contaminato il cuore con il suo veleno.
 
Steve.
 
Un fottuto biglietto di auguri.
 
Non aveva perso per niente il suo senso dell’umorismo. Sì, perché l’unica cosa che poteva fare era ridere di quel pezzo di carta.
 
Buon compleanno, Tony.
 
Era formale. Gli dava gli auguri con due paroline, lui. Lui che aveva sempre avuto qualcosa da dire, lui che aveva sempre sprecato parole per qualsiasi puttanata, perfino quando teneva incollate le labbra al suo cazzo.
 
Steve Rogers, Captain America. Perché era solo quello, ormai. La Sentinella della Libertà, il perfetto eroe a stelle e strisce che lo aveva sempre fatto sentire inferiore.
 
Buon compleanno un cazzo, Steve.
 
«Stark?» La voce di Happy Hogan gli era arrivata dritta all’orecchio destro. Era ubriaco marcio, quello.
 
Beato lui, cazzo.
 
Tony si era girato con un sorriso sghembo, estremamente tirato, e gli aveva colpito la spalla  amichevolmente, accettando di buon grado l’ennesima coppa di champagne.
 
Si sarebbe volentieri attaccato al collo della bottiglia, invece, neanche fosse il cazzo di Steve.
 
«C’è una biondina che ti cerca, smettila di guardare quel pezzo di carta e datti da fare.» Quello di Happy sembrava quasi un ordine. Peccato che lui non fosse tipo da farsi comandare.
 
«Arrivo.» Aveva risposto, con più entusiasmo, facendogli un cenno con il capo e prendendo la coppa di champagne. Per berla subito, ovviamente, e lasciare che facesse compagnia agli innumerevoli bicchieri vuoti che gli stavano di fronte, sul tavolinetto.
 
E poi aveva di nuovo incollato gli occhi a quelle quattro parole in croce.
 
Steve e la sua calligrafia elegante. Steve e i suoi fottuti auguri. Steve e le sue parole taglienti.
 
Cosa cazzo me ne faccio di un pezzo di carta?
 
Lo aveva guardato un’ultima volta, come a voler imprimere nella memoria la calligrafia raffinata dell’eroe. Come a voler tenere a mente quanto fosse stato stronzo a rovinargli la festa.
 
Dopo due anni cosa me ne faccio di due paroline, Steve?
 
Poi lo aveva stracciato, quel pezzo di carta. Lo aveva stracciato con talmente tanta violenza, con talmente tanta forza.
 
Ma stracciare un pezzo di carta non ricompone un cuore fatto a pezzi.
 
Cavolo, si sarebbe preso a cazzotti da solo. Perché si era lasciato rovinare il giorno dei suoi trentacinque anni. Perché il nome Steve ce l’aveva ancora ben impresso nel petto e niente e nessuno l’avrebbe cancellato.
 
E non bastava più nasconderlo.
 
«Quell’antipatico del festeggiato non si decide a muovere il culo.» Rhodey lo aveva urlato, così che lui sentisse e magari si alzasse.
 
Poi il cellulare aveva iniziato a vibrare, come impazzito, e Tony lo aveva afferrato ed aveva guardato il display. Una chiamata anonima, aveva proprio voglia di scoprire chi ci fosse dall’altra parte.
 
«Ehi, ciao. Volevo essere sicuro che ti fossero arrivati i miei auguri.»
 
Se ne era pentito, poi. Perché se un pezzo di carta poteva rovinargli la festa, figurarsi quella voce.
 
«Chi è che parla?» Aveva fatto lo stronzo. Perché gli andava e perché voleva dimostrargli che non ricordava neanche più il suono della sua voce. Che aveva dimenticato il suo nome.
 
Era fottutamente bravo a mentire.
 
«Sono Steve.» La voce di quello gli era arrivata dritta al cervello. Ed era sorpresa, stupita, ironica… e forse un po’ delusa.
 
«Chi?» Aveva chiesto Tony, senza che le emozioni lo tradissero. Come se il suo cazzo di cuore non stesse martellando nel petto. Come se non si sentisse veramente un grosso coglione, un grosso coglione ancora innamorato di quella voce e della persona a cui apparteneva quella voce.
 
Ehi, Tony, cosa ne è stato del bastardo di un tempo?
 
«Steve Rogers.» Fottuto stronzo.
 
Gli era venuto da sorridere per l’irritazione in quella voce. Perché aveva sempre amato punzecchiarlo, tanto più che il  vecchio ci cascava, sempre.
 
«Certo.» Lo aveva detto con talmente tanto disinteresse che quasi si era stupito di sé.
 
Non m’importa.
 
Che fottuto bugiardo.
 
«Beh, immagino  avrai da fare. Bene, ti rinnovo gli auguri.» Steve sembrava incredibilmente irritato  e la cosa gli piaceva da matti. Due anni prima gli avrebbe fatto passare l’arrabbiatura a modo suo.
 
«Mi aspettavo un regalo per i miei trentacinque anni, Capsicle.» Lo prese in giro, calcando bene sull’appellativo,  sorridendo sghembo.
 
Il biondo, dall’altra parte, se l’era figurato davanti. Gli occhi scuri e quel ghigno stronzo che lo avevano sempre mandato fuori di testa, quando ancora scopavano.
 
«Cosa si regala  a qualcuno che non ha bisogno di regali?» Aveva chiesto Steve, stando al gioco. Non voleva interrompere la chiamata.
 
Gli mancava la sua voce.
 
«Inventiva, Capsicle. Ho una biondina che mi aspetta, devo andare. Mi perdonerai per questa scortesia, vero?»
 
Non interrompere la chiamata.
 
«Immagino di sì.» Era stata la risposta gelida di quello. «Felice compleanno.» E poi aveva chiuso la chiamata, senza neanche dargli il tempo di replicare. O di ringraziarlo.
 
«Fottuto soldatino.» Aveva imprecato Tony, stringendo il cellulare e facendo quasi per lanciarlo contro qualcosa e distruggerlo.  
 
Il cellulare puoi ricomprarlo, il cuore no.
 
«Ciao, Tony.» La biondina aveva deciso di avvicinarsi, gli stava di fronte, con in mano un drink ed una scollatura davvero interessante.
 
Il miliardario si era alzato e gli aveva passato un braccio sulle spalle, guardandola ed avvicinandosi al suo orecchio, mormorando qualcosa di sconcio solo per farla eccitare.
 
Poi aveva raggiunto gli altri, con un chiodo martellante nella testa.
 
Quel chiodo aveva un nome. Si chiamava Steve.
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: Un altro dei miei esperimenti, credo che questa roba si ricolleghi a
‘I hope your rules and wisdom choke you’, è una sorta di prequel, credo.
Non ho altro da aggiungere. Adieu. 
   
 
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