Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: xShanika    02/09/2013    0 recensioni
Un bambino piccolo; creatura minuta e soave. Occhi corvini, capelli bruni scompigliati, un viso cosparso di lentiggini cui sguardo denotava la sua fanciullezza.
La sola cosa che gli mancava era la parola. Incomprensibile agli altri. Eccetto il suo canto disperato.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Un bambino piccolo; creatura minuta e soave. Occhi corvini, capelli bruni scompigliati, un viso cosparso di lentiggini cui sguardo denotava la sua fanciullezza.
La sola cosa che gli mancava era la parola. Incomprensibile agli altri. Incapace di comunicare, la solitudine attanagliava il suo cuore, lo rendeva ogni giorno più disperato.
La luce lo infastidiva, si sentiva indifeso e in qualche modo attaccato, per questo compariva unicamente al calare della notte.
Compensava questa sua mancanza di espressione con il canto.
La sera si nascondeva tra i cespugli, sotto gli alberi, talvolta anche nei terrazzi, e intonava una melodia triste.
Ma nessuno lo ascoltava, per gli altri il suo canto era un piagnisteo spiacevole e ripetitivo.
Così scappava, intimorito dalle grosse figure minacciose armate di scopa o altri arnesi.
Perchè si chiedeva, perchè veniva escluso, aggredito, disprezzato da qualsiasi essere?
Ogni volta riusciva a non essere visto, forse per il suo colore nero che si confondeva con le tinte notturne, forse per il suo corpo piccino.
Si rintanava tra i muri ristretti dei viali di periferia, e pensava a lungo. Talvolta piangeva, talvolta soffriva taciturno, rimuginava sul suo essere aspettando il ritorno dell’alba.
In questo consistono le sue giornate, sempre più tristi, sempre più angoscianti.
Arrivò poi un pomeriggio d’inverno. Un pomeriggio che avrebbe lasciato un segno nella vita di lui.
 
Il fanciullo stava ranicchiato nella cavità di un ceppo esanime. Il suo corpo sensibile non sopportava l’abbraccio gelido del vento invernale.
Osservava la gente dallo sguardo inespressivo camminare e affrettarsi nel rientro a casa.
Ma la sua attenzione fu attratta da qualcosa. Porse il suo sguardo su una figura purpurea, nascosta tra il bianco dei batuffoli freddi.
Era qualcosa di unico, qualcosa su cui non riusciva a distogliere gli occhi.
Si fece largo tra i rami congelati per avvicinarsi, per scrutare meglio quella piccola macchia di colore.
Era una piccina, con i capelli castani coperti da un cappello, minuscola tanto da nascondersi dentro il cappottino, essa si ciondolava su una panchina, dondolando le gambe avanti e indietro. Indossava degli stivali infangati, color carne.
Il bambino era sbigottito da quella visione, da quella creaturina così bella, così delicata.
Arrivò ben presto il tramonto, segnando l’inzio di una lunga notte; la bambina era rientrata ormai da tempo, così il ragazzetto continuò il suo vagabondaggio tra le abitazioni.
Ma qualcosa lo tormentava.
Ben presto si accorse che senza quella visione la sua esistenza avrebbe perso senso.
Tentò di trovare la casa dove abitava lei, e come di solito, afferrò le aste che recintavano il suo terrazzo.
La ammirava attraverso i vetri della finestra, seduta alla sua scrivania, che sorseggiava una tazza di latte.
Non voleva farsi vedere, non voleva rovinare quel momento così delicato.
E invece scivolò, calciando accidentalmente le sbarre di ferro. Si odiò per un momento, si odiò per aver attirato l’attenzione di lei. La guardò avvicinarsi, spalancare le finestre, sporgersi e scrutare l’orizzonte. Incrociarono gli sguardi. Per la prima volta qualcuno lo notò.
Rimase in silenzio, godendosi quella tranquillità che si era realizzata tra loro due.
Non poteva rispondere al saluto della piccola, non poteva conoscerla, non voleva neanche intimorirla con il suo canto.
Ma non riusciva a contrastare quel suo desidero di comunicazione, così spalancò la boccuccia e disse qualcosa.
La sua voce era quasi impercettibile, ma lei la gradiva, batteva le mani e sorrideva.
Cantava aumentando ogni secondo il suo vociare. Mai sentì tanta felicità in vita sua, nel vedere il suo sorriso, nel sentire le sue risate leggere.
Cantava, cantava, intonava la sua melodia.
Poi cadde.
Una freccia, una botta improvvisa che interruppe quella magia creatasi tra i due bambini.
Ferito, morto in mezzo a una pozza di sangue per colpa della sua serenata.
Nessuno capì mai il suo linguaggio, per gli altri era solamente baccano.
Così terminò la vita del dolce e piccolo fanciullo.
Ma il suo canto continua nella notte, il suo frinire si sente al calar del sole.
Il frinire dei grilli.
 
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: xShanika