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Autore: Akarai92    09/03/2008    7 recensioni
Avrei potuto anche sopportarli, quei pochi minuti restanti, mi dissi, se Dayel non li avesse trascorsi tutti a puntarmi come un leone con la preda. Lo detestavo graziosamente quando faceva così. Soprattutto perché sapeva che mi metteva in imbarazzo."
{{Piccola one-shot sui due fratelli Durin e Dayel, dal punto di vista del maggiore, in un momento della loro vita precedente alla partenza al palazzo di Eventine.}}
E' vietato inserire il doppio tag br nelle introduzioni,
Rosicrucian e Nami, assistenti amministratrici.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E sono tornataaaaa!! *O* Vi sono mancata vero?? ... *silenzio* va bene, va bene. Allora ragazzuoli, la mia mente deviata ha partorito un'altra piccola one-shottina yaoiosa *___* tutto nasce dal fatto che sto leggendo La Spada di Shannara e i due fratelluzzi elfi mi stanno decisamente a cuore, in quel senso là chiaramente, e mi hanno acceso l'ispiratio per una nuova ficcina x3 Sono arrivata soltanto a metà libro quindi potrei aver detto delle vaccate grosse come delle case, ma a quiel punto sta a voi correggermi! Mi affido!
Disclaimer: nessuno dei personaggi o dei nomi qui citati mi appartiene, tantomeno il romanzo da cui sono presi, appartengono ai loro autori. Anche perchè se fossero miei a quest'ora non stare qua.

Ah a proposito il personaggio di Heren è totalmente inventato, visto che mi serviva una scusa per creare la situazione. XD Ciao a tutti amori belli e mi raccomando buona lettura.


"As Brothers, As Lovers"


Ancora trenta minuti, ancora trenta maledetti minuti e poi potrai andartene da quest’inferno…

Mi ripetevo a mo di mantra in continuazione, giochicchiando con la piuma d’oca nella mia mano, chiuso nella stanza immensa che serviva da laboratorio e da biblioteca del palazzo.
Vagai con lo sguardo per tutto lo spazio attorno a me, soffermandomi giusto un attimo sui volti che mi circondavano, attenti. Ognuno con i capelli lisci, ognuno con le orecchie puntute ritte a seguire la lezione, ognuno con i tratti tipici degli elfi. Tutti diversi eppure tutti uguali, alla fin fine.
L’ultimo su cui posai lo sguardo però mi fece esitare. Non aveva niente di più e niente di meno degli altri seduti accanto, o almeno ad un occhio esterno sarebbe parso così. Per me era diverso.
La leggera piega che assumeva quella dolcissima bocca rosata quando rideva; il brillio malizioso degli occhi verdi ad un sorrisetto taciuto; lo scatto quasi invisibile delle dita nel seguire una musica, come un implicito e inespresso desiderio di suonare.
Sapevo che quei particolari erano sconosciuti a chiunque, tranne che a me.
Potevo affermare con orgoglio di conoscere la creatura stupenda seduta a qualche sedia di distanza da me meglio di chiunque altro. Potevo dire di conoscere mio fratello.
La suddetta creatura ad un certo punto, decisamente accortasi di essere insistentemente fissata, si voltò verso di me. Nell’incrociare i miei occhi gemelli dei suoi, sorrise. Lo imitai.
Era bello vederlo sorridere in quella maniera speciale, tutta sua, soltanto per me.
Diedi giusto una rapida occhiata al nostro maestro, per vedere se si fosse accorto della mia totale mancanza di interesse per qualunque cosa stesse dicendo.
Niente. Meglio.
Tornai a guardare Dayel, che non doveva essersi perso una sola mossa che avevo fatto. Con il viso appoggiato alla mano, i capelli neri raccolti nella classica coda, mi fissava movendosi appena. Amavo alla follia quei momenti di intimità tra la folla, quel sentimento che si percepiva nell’aria, lasciato agli altri soltanto da un lunghissimo e profondo sguardo.

Ma si voltò. L’oggetto che catalizzava la mia assoluta attenzione, specialmente in quel momento, si era voltato verso la sua destra, chiamato da un nostro compagno. Heren.
Strinsi gli occhi in due sottilissime fessure, facendo roteare la piuma molto più velocemente, desiderando polverizzarla. Sapevo alla perfezione che quella specie di essere umano biondastro desiderava mio fratello più di ogni altra cosa, e l’occhiata di sfida che mi lanciò finì solo per confermare i miei sospetti.
Aggrottando le sopracciglia fino quasi a farle combaciare, strisce sottili di colore nero, lanciai nella sua direzione quello che dovette sembrare uno sguardo mortale; lui per tutta risposta poggiò una mano sul braccio della mia metà migliore, facendolo avvicinare ancora per parlargli meglio. E lui non faceva proprio un bel niente.

Ah sì? Perfetto!

L’eco dell’infantilismo mi proruppe nella testa, avvertendomi che avevo venticinque anni non tre.
Lo ignorai. Avevo tutto il diritto di offendermi per quelle avance, oltretutto non rifiutate per niente. Con tutta la forza di volontà che riuscii a ripescare, mi concentrai sul maestro e su quello di cui stava parlando. Storia, possibile?
Dopo neanche qualche istante, caddi di nuovo nella distrazione totale. Affascinante.
Tentai un’occhiata a Dayel, di soppiatto. Non parlava più con “L’essere”, e questa era una nota positiva. Senza volerlo, mi ritrovai a fissarlo di nuovo; chiaramente mi ripromisi di distogliere lo sguardo prima che se ne accorgesse. Ma mi sembra chiaro che non poteva andare tutto bene.
Prima di poter attuare il mio proposito, mi ritrovai dentro le iridi smeraldo di mio fratello.

Scoperto…

Pensai velocemente ad una via di fuga, e l’unica fu di continuare a guardarlo come se niente fosse. Facile a dirsi… E comunque ci riuscii per i primi momenti, senza segni di sorta che denotassero il mio imbarazzo.
Con lui poi.
Ma quando il maledetto splendore permise ad un arrogante sorrisetto di disegnarsi sul viso, incurvando quelle labbra da brivido, allora sì che cambiai colore. La porpora della sconfitta s’impadronì delle mie guance, che sentii eccessivamente calde.
Aveva vinto. E io non ci potevo fare niente.

                        §§

Avrei potuto anche sopportarli, quei pochi minuti restanti, mi dissi, se Dayel non li avesse trascorsi tutti a puntarmi come un leone con la preda. Lo detestavo graziosamente quando faceva così. Soprattutto perché sapeva che mi metteva in imbarazzo.
Mi alzai lentamente dalla scrivania di legno e gettai la penna d’oca sulla superficie, ripromettendomi di tornarla a prendere. Un giorno o l’altro.
Proprio come il leone sopraccitato mi stiracchiai, allungando le braccia finché potevo.
Feci poi per avviarmi verso la porta e salvarmi, quando un qualcosa che associai d’istinto ad un tifone di particolare violenza mi piombò addosso, rischiando di farmi franare sulla sedia.
Un qualcosa molto, troppo somigliante a mio fratello. E infatti…

-Tu hai dei problemi serissimi, Dayel. Serissimi!-

Sbraitai verso il suo viso ad un passo dal mio, il suo corpo stretto a me in un abbraccio irruente e affettuoso. Lui mi rispose con un sorrisone composto da tutti i denti che possedeva, prendendomi per un braccio e trascinandomi fuori. Lo seguii senza storie.

-Allora… come va il tuo magnifico rapporto di solida amicizia con Heren?-

Mi chiese con una faccetta angelica che non nascondeva neanche un po’ il sarcasmo della frase. Sapeva perfettamente che odiavo quello scarto del genere umano, ma continuava ostinatamente a farmi domande simili, nel chiaro intento di provocarmi.
E io ci cascavo come un pollo tutte le volte.

-Il mio splendido rapporto con Heren è quello che conosci, caro il mio fratellino, ma forse qui si dovrebbe parlare del tuo rapporto. Che mi sembra molto molto profondo, a prima vista.-

Seppi di aver detto una cavolata grossa come una montagna nel momento stesso in cui aprii bocca, e maledissi me stesso e la mia linguaccia, che mi faceva parlare a sproposito.
Dayel mi guardò di sottecchi per un attimo, poi si voltò di nuovo con quello che sembrava proprio il gemello del sorrisetto di prima; ma invece di rispondere sembrò parecchio interessato al corridoio e alle grandi finestre che lo illuminavano. Incrociai le braccia spazientito e continuai a camminare accanto a lui.

-Potrebbe anche essere una mia opinione, Durin, ma… sbaglio o qui qualcuno è diventato davvero geloso?-

Buttò là candido, senza guardarmi. Per fortuna, perché mi fermai di scatto, gli occhi sgranati, il cuore impazzito che temevo sentissero anche tutti gli altri che in quel momento stavano passando.
Geloso? Gelosia? Che brutte parole. No, no, certo che no, io geloso e poi Eventine spiritoso, così crolla il mondo.
Scossi la testa, convinto da quel pensiero. O almeno lo feci per confermarmi di essere convinto. Che era diverso.

-Ma non dire eresie, stupido! Io geloso? E di chi, di Heren?-

Bugiardo… la vocina della coscienza mi sussurrò nell’orecchio. Ma sapete com’è, lì nel bel mezzo del corridoio, non potevo mettermi a dire che poteva forse anche essere, molto vagamente e con il beneficio del dubbio, che fossi geloso di lui.
Era sempre mio fratello. Nobili e liberi sì, ma fino ad un certo punto.
E comunque Dayel alla mia frase scoppiò in una grassa risata, facendo voltare mezzo palazzo, che guarda caso si era raccolto proprio quel giorno e in quel momento nel corridoio dove noi stavamo passando.
Cosa diavolo ci trovava di divertente?
Come se avesse udito i miei pensieri si volse verso di me, gli occhi brillanti, la bocca ancora dischiusa nel sorriso sornione.

-Divertente che tu la pensi così, perché mi era proprio sembrato che quelle occhiatacce tremende che lanciavi non fossero dirette a me. O è una forma di gelosia che sperimenti soltanto tu?-

Nel parlare, mi si abbarbicò ad un braccio come una pianta di edera, avvicinandosi pericolosamente, poggiando il piccolo naso freddo sulla mia guancia, sfiorandola.
Piccolo infido bastardo, subdolo e calcolatore. Bello come il sole ma stronzo come pochi.
Continuavamo a camminare, e io tentavo di scollarmelo di dosso senza dare nell’occhio.

-Ammettilo, Dayel, tu vuoi che io ti salti addosso ora, nel bel mezzo del corridoio, di fronte a chiunque passi. -

Gli sussurrai tra i denti, rivolgendo il mio sguardo al suo viso. Mi fissava dispettoso, il piccolo demone, e mi teneva stretto. Lo odiavo con tutto il cuore. Perché era decisamente troppo sensuale.

-Non lo faresti mai, Durin. Non in mezzo ad un corridoio…- e lasciando la frase a metà si avvicinò ancora di più, passando lentamente e in maniera esasperante le labbra sul mio collo.
Sentii chiaramente un brivido percorrermi tutta la spina dorsale, dall’inizio alla fine.
La botta al mio autocontrollo era stata decisamente troppo violenta per restare cosciente e padrone delle mie azioni per altri venti secondi.
Così, di nuovo con il mio essere infantile alle stelle, presi una decisione.

Ah si?
Ah si?
Ah si?
Benissimo!    

Magari in un corridoio no, ma in un angolo buio e nascosto certamente. Ci tenevo alla pelle io.
E come evocato per magia l’angolo appartato apparve, sotto le mentite spoglie delle porta dello sgabuzzino, così nascosta da passare inosservata. Perfetto. Amo questo castello.
Prima di permettere ad Dayel di mettere in atto qualsiasi reazione, lo spinsi violentemente in quella direzione, togliendomelo di dosso, facendolo quasi cadere.
In un secondo avevo aperto la porta, l’avevo spinto dentro e l’avevo richiusa dietro di me con forza. Mio fratello mi guardava scioccato con quei grandi occhi acquosi, troppo scioccato per parlare. E comunque non glielo avrei permesso.
Senza neanche rendersene conto si ritrovò con la schiena alla parete, chiuso tra me e il muro, e le mie labbra gli stavano impedendo ogni possibile obiezione. Che ho i miei dubbi ci sarebbe stata. Lo baciavo con violenza, con quella possessività che lui aveva fatto finta di non conoscere, tenendo accuratamente le mani attorno a lui, per impedirgli la fuga.
Smisi soltanto quando mi spinse via, affannato e rosso in viso. Sorrisi malignamente.

-Visto? Ti sono saltato addosso. –

Semplice e diretto. Però era vero, lui mi aveva provocato io avevo risposto. Come al solito in fondo. Dayel mi guardò male, aggrottando le sopracciglia, e mi rifilò una pugno sulla spalla. Così leggero da parere inesistente.

-Sei un idiota! Perché? Perché non ti riesce di ammettere che sei geloso marcio di me!-

Coraggioso fino all’ultimo, il fratellino. Sorrisi di nuovo, sicuro della mia vittoria. Ma sconfitto ancora totalmente dalla sua persona.
-Caro fratello…- esordii, e lui fece per aprire bocca. Eh no! Niente repliche.
Mi mossi fulmineo e lo presi per le braccia. Lui, colto di sorpresa, non reagì e dopo un momento si ritrovò con le braccia sopra la testa, tenute dalle mie mani, spinte contro il muro freddo. Intrappolato.

-Mettendo anche il caso che io fossi leggermente…-

Occhiataccia.

-Terribilmente geloso di quella piccola e inutile blatta insignificante, a te dovrebbe soltanto fare piacere, Dayel. Anzi, dovresti evitare di farti tanto tocchicciare da quello là, e capire che sono io quello che ti deve toccare. E baciare. E abbracciare. E mordere. E tutte quelle cose sconce che vorrei farti ma che un certo pudore mi impedisce di fare in pubblico. Qualche obiezione?-
Avevo parlato tutto di un fiato, senza fare pause, guardandolo dritto dritto negli occhi verdi con i miei speculari. Sapevo di essere più o meno di un colore molto vicino a quello delle fragole mature, ma mi consolò il fatto che anche Dayel non fosse da meno.
Certo, la risata che mi fece proprio in faccia se la poteva anche risparmiare.

-E ti ci voleva così tanto?-

E mi baciò sulle labbra, premendole spontaneo sulle sue, distruggendomi. Lo lasciai soltanto per abbracciarlo, stretto, circondandolo. Aggrappato a lui come il naufrago al legno della sua nave.
Proibito è una parola infima per definire quello che c’era tra noi, fratelli e amanti allo stesso tempo. Avrei desiderato un destino diverso per noi, fatto di donne e risate, non di baci e di ombra. Eppure andava bene così, mi dicevo mentre cadevamo entrambi su una panca, ridendo.
-Durin?-
-Mh?-
-Ti odio…-
Fu tutto un sussurro nel buio, uno stacco dalla passione, un broncio.
Risi sulle sue labbra e ripresi a baciarlo, mentre lui borbottava riottoso.
Era dolce la vittoria.
E sapeva delle labbra di mio fratello.
  
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