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Autore: Rik Bisini    09/03/2008    0 recensioni
Nessuna guardia riesce a prevenirla, nessuna serratura può arrestarla. La bellissima e sensuale Shadow Lady sfugge da sempre a quanti credono di averla in pugno.
Ma che cosa avverrebbe se a tentare di imprigionarla fosse qualcosa di inatteso, non individuabile, subdolo? Qualcosa come catene invisibili?
L'atteso settimo capitolo della prosecuzione delle vicende di Shadow Lady.
Mai come in queste vicende uomini e demoni collaborano consapevolmente gli uni con gli altri, mentre il legame tra i due protagonisti si trasforma sempre di più.
Genere: Commedia, Sovrannaturale, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il ritorno di Shadow Lady'
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Shadow Lady e le catene invisibili
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Un evidente tranello

Gli ultimi raggi del sole al tramonto si attardavano sui tetti della città di Gray City, già illuminata da una miriade di lampioni. Aimi Komori era sul tetto di un palazzo, con gli occhi rivolti alle prime stelle della notte. Il lucernario si aprì e un bambino la raggiunse. Aveva grandi occhi scuri e i capelli curiosamente acconciati come un paio di corna. La ragazza di volto verso di lui.
« Facciamo ancora in tempo se vuoi. » disse, « Mando un preavviso a Dory? »
Aimi scosse la testa sorridendo.
« Sono quasi due settimane ormai che non facciamo altro che cercare. » le ricordò, « Hai bisogno di distrarti, credimi ».
Aimi scosse di nuovo la testa.
« Grazie Demota, non è il caso ».
« Sarebbe come una volta. » insisté l'altro, « Io con l'aspetto di Demo, tu nei panni di Shadow Lady e l'ispettore Dory che ci dà la caccia con tutta la polizia e la città a soqquadro ».
« Sarebbe bello. » convenne Aimi, « Ma non riuscirei a smettere di pensare a loro. Possibile che non li troviamo? Che siano stati vittime di Lujel? »
« Abbi fiducia, Aimi, » la confortò Demota, « Veruse e Samoda li stanno cercando ».
« Ed ora cercheremo anche noi. » aggiunse Aimi, « Come tutte le sere. Non voglio che nessuno dei miei amici demoni si estingua ».
« Amici? » ripeté Demota.
« Lo so. » continuò Aimi, « loro si considerano miei servitori. Ma io non li credo tali. E non potrei accettarne l'aiuto se non come l'aiuto di un amico. » Sorrise a Demota. « Ricordi? Io ero impaurita di te, poi tu sei divenuto la mia famiglia ».
« Fino a poco tempo fa, » replicò Demota, « ti avrei detto che i demoni non comprendono altro legame al di fuori dell'onore. Che io sono un'eccezione al loro modo di pensare. Invece ho sentito proprio recentemente un demone usare la parola amico, senza pensare a quanto onorevole fosse per lui tale amicizia. E non un demone venuto al mondo da poco, ma Makuberu, il Signore del Tempo ».
« Allora, se vogliamo che Setna, Goug e Vaar diventino nostri amici, » concluse Aimi, « dobbiamo fare il possibile per trovarli ».
« Bene. » disse Demota con rassegnazione, « E sei sempre dell'idea di farci aiutare dai Misti? »
Aimi rispose con un sorriso amaro. « A quanto sembra non riusciamo a trovare nemmeno loro. Però, sì. Non ho imbarazzo ad avere un folto gruppo di amici ».
L'ultimo raggio di luce abbandonò il tetto, lasciando la ragazza e il demone nell'oscurità.

La creatura entrò nello scantinato, seguita dagli occhi vigili di Bright, nascosto in un angolo.
« Umano, ti ho visto entrare, rassegnati! » esclamò.
Sollevò un braccio e una esplosione di fiamme fece andare in pezzi uno scaffale di fronte a lei.
« Non voglio farti del male, credimi. » continuò, « Voglio solo che tu dimentichi Shadow Lady, come lei ha dimenticato te ».
« Non è vero. Stai bluffando! » replicò Bright, avanzando verso la demone.
Lei si voltò. « Sì, ho bluffato. Ma non ho mentito del tutto, quando ti avrò sottratto i ricordi che la riguardano, toglierò a lei i ricordi che riguardano te ».
Bright aggrottò le ciglia e guardò torvo la sua avversaria. Nella sua mano apparve un telecomando e lui ne premette un bottone. Getti di gas eruppero da ambo i lati sulla demone, che urlò di rabbia.
« Non puoi fermarmi a lungo! » gridò oltre il rumore del fluido che usciva sotto pressione. « Se fuggi ti troverò e forse deciderò di ucciderti. Mi hai stancato con questi trucchetti ».
Si mosse quasi alla cieca, mentre Bright le passava accanto, diretto verso l'uscita. Il suono del gas che fuoriusciva era meno forte, segno che il giovane aveva pochi secondi per fare perdere le sue tracce. In quella qualcosa cadde dal suo soprabito. Bright ci scivolò sopra e si trovò a terra, seduto accanto all'oggetto che lo aveva bloccato. Riconobbe un anonimo paio di manette. Le afferrò al volo e le lanciò d'istinto dietro di sé, sperando che potessero rallentare la sua inseguitrice almeno una frazione di secondo, almeno per raggiungere la scala più vicina.
Invece udì un urlo di atroce sofferenza. Un urlo che echeggiò per alcuni secondi per le pareti della cantina. Arrischiò uno sguardo. La creatura era in ginocchio, con le manette ai polsi. Le fiamme che ne coprivano il corpo di erano spente del tutto e solo le lunghe orecchie rendevano palese la sua natura.
Bright si avvicinò con cautela.
« Il mio fuoco! » stava sussurrando ora la demone, « Ho perduto il mio fuoco. Come è possibile? »
Il giovane allungò un braccio raggiungendo una coperta logora e sporca e la gettò sulle spalle della creatura. Questa guardò Bright con astio e ribrezzo.
« Cosa mi hai fatto? » ruggì.
« A dire il vero, non lo so. » replicò il giovane, « Ma credo che starò ben attento che tu non tolga quelle manette ».

Non percepiva la luce e si sentiva privo di peso. A tratti, ad intervalli di ore o forse mesi, una sensazione di diversa intensità giungeva alla sua coscienza. Di intensità ignota, giacché nella quasi totale assenza di percezioni il minimo segnale sarebbe risultato amplificato. Aveva a lungo cercato di ignorare quella sensazione. L'aveva interpretata come un fastidio, il perturbarsi di un equilibrio, il dettaglio fuori posto di un ordine perfetto.
Improvvisamente ebbe la sensazione che ci fosse dell'altro. Qualcosa di simile eppure diverso. Qualcosa che al par suo si rivolgeva a se stesso con il concetto di "Io".
Ricordò di non essere solo e la notizia non lo turbò, né lo eccitò. Che importanza aveva l'esistenza di un altro "Io", di quel contatto remoto e distante. Eppure quel contatto aveva un che di familiare. Forse, iniziò a pensare, un tempo c'era stato un "Io" vicino, prossimo a sé. Un contatto con l'"Io" diverso. Un giorno remoto di mille anni prima. O un istante trascorso appena da qualche minuto.

La stretta spirale di fuoco si alzò verso il cielo in pochi istanti. Vista da più lontano, non appariva diversa da un fulmine proveniente dal cielo coperto di quella notte. Due paia di occhi la riconobbero per ciò che era e si volsero in basso, nel punto dove essa aveva avuto origine, dove una creatura simile ad una donna attendeva in ginocchio. A dispetto della neve rimasta sui tetti per le recenti nevicate, indossava un leggero kimono rosso, su cui la tenue luce di una finestra lontana faceva intuire fosse ricamato un motivo a fiamme. Nella stessa luce balenarono gli occhi rossi della creatura, mentre il suo volto si alzava e le sue labbra formulavano un saluto.
« Onore a Shadow Lady, Messaggero del Sovrano del Fuoco. Onore al Principe Demo ».
Due occhi accuratamente truccati si fecero avanti dall'ombra.
« Buona sera, Veruse. » disse la fanciulla a cui appartenevano quegli occhi, una creatura la cui sensualità era accentuata da un abito stretto e da uno spacco sul seno, una giovane dai biondi capelli, raccolti in una acconciatura a punte, « Cosa hai da dirmi? »
« La mia ricerca si è conclusa, io temo » iniziò Veruse, « con un fallimento. Non ho trovato alcuno di coloro che mi chiedesti ».
Shadow Lady le rivolse un sorriso vezzoso. « Non mi pare che altri abbiano fatto meglio di te. » fece un sospiro, « E poi che ragione c'è di un saluto così cerimonioso? »
« La ragione, Padrona, » spiegò Veruse, « è che non siamo soli ».
Un essere dal piccolo corpo tondo e le ali da pipistrello apparve dalle medesime ombre che in precedenza celavano Shadow Lady. « Non hai trovato nessun indizio. » indovinò, « Ma qualcuno ha trovato te ».
Veruse annuì. « È così, Pricipe Demo ».
« Davvero? » domandò Shadow Lady perplessa, « E chi è stato? »
Demo aggrottò un sopracciglio. « Non può che trattarsi di Velm, non è vero? »
« Esatto. » disse una voce cupa che proveniva dal basso, « Ed ho molte notizie che credo tu e Shadow Lady dovreste conoscere ».

La notte era fonda, ma Bright non si era ancora concesso di andare a letto. Rannicchiata in un angolo del soggiorno, coperta dal lercio lenzuolo che aveva preso nello scantinato, la sua prigioniera non emetteva un suono, ad eccezione dei singhiozzi che la scuotevano di tanto in tanto. Lo sguardo del giovane si posava saltuariamente su di lei, ma più spesso si perdeva nel bicchiere di birra che teneva di fronte a sé. Quel bicchiere era vuoto per metà, ma erano passate ore dall'ultimo sorso che Bright aveva dato alla bevanda ed il liquido non poteva dirsi certamente abbastanza fresco da risultare gradevole.
Improvvisamente la porta si aprì. Bright si alzò di scatto e in un lampo spruzzò una nube di gas verso l'uscio. Oltre la nube, intravedeva la sagoma di un vecchio barbuto, curiosamente seduto in aria, che ridacchiava divertito.
« Voi umani lo chiamate azoto, se non sbaglio. » esordì, « Non puoi fermarmi con questo, agente Bright, ma per tua fortuna sono qui solo per parlare ».
« Di che cosa dovremmo parlare? » chiese il giovane sudando freddo, mentre avvertiva che il getto della bombola cominciava ad esaurirsi.
« Noi? » l'essere ridacchiò con sarcasmo, « Umano, tu ti sopravvaluti un po' troppo. Non sono qui per te, ma per Setna ». Un singhiozzo allarmato provenne dall'angolo del salotto.
Bright si immobilizzò ed attese che il gas si dissolvesse. La creatura sulla porta gli apparve con chiarezza, fu colpito dal suo sguardo fiero e dalla barba fiammeggiante.
« Chi sei? » domandò.
« Non sono qui per rispondere alle tue domande. » replicò la creatura, « Devo impartire una lezione di onore e potere ».
« Di che lezione parli? » insisté Bright.
« Come ho già detto, » sottolineo l'essere con asprezza, « non sono qui per te. Se fosse che la tua salvezza è desiderio del Messaggero del mio Sovrano, la tua impudenza ti sarebbe costata molto, molto cara. Non ti arrecherò alcun danno invece. Non sarebbe onorevole. Non sei d'accordo, Setna? »
L'interpellata cercò timorosamente, con occhi colmi di vergogna, lo sguardo del nuovo venuto.
« Setna non è d'accordo. » confidò improvvisamente a Bright l'essere dalle fattezze di vecchio, « Credo che tu ne abbia avuto un assaggio, prima. Ma sei decisamente un umano fuori dal comune, per più di una ragione. Bene, Setna, credo che tu ormai debba avere intuito quello che è accaduto. Ti ho lasciato agire perché sapevo che eri destinata a fallire. Non ti eri affatto accorta dell'ostacolo che avevi davanti. Eppure era lì, evidente, sfacciatamente pericoloso. Una trappola preparata per gli stolti ».
Setna singhiozzò.
« Sì, bambina, » proseguì il demone, « mi hai ignorato mentre ti ammonivo, esortandoti alla prudenza. Non hai ascoltato il mio consiglio di ricordare che tua è la responsabilità del tuo onore e tua l'espiazione di una colpa. Quale pensi sarà la tua sorte? »
L'altra creatura scosse la testa, gli occhi spalancati dal terrore.
« Nessuno verrà ad aiutarti. » sentenziò il vecchio, « Nessuno ha interesse al tuo fato. Perfino coloro che condividono la tua sorte di demoni esuli e privati ingiustamente dell'onore, perfino noi ».
Si sollevò in piedi di fronte a Setna ed incombendo su di lei proseguì.
« Non hai forse dato Testimonianza Fedele che il nostro aiuto non ti sarebbe occorso? Ora pagherai molto cara la leggerezza di quelle tue parole, come la tua condotta verso i Misti che in questo momento stanno informando il Messaggero di quello che hai fatto ».
Una risata crudele echeggiò per il saloncino.
« Dubito che l'umana Aimi abbia volontà di soprassedere su quanto accaduto a Vaar e Kuriaf, ma è lei la sola ora che possa interessarsi alla tua esistenza ».
Il corpo del demone sembrò allargarsi e scurirsi, perdendo di consistenza, finché una nube rossastra non ne prese il posto, dileguandosi velocemente fuori.

Di colpo si trovò in possesso di una sorprendente consapevolezza. Non c'era stato semplicemente, in un tempo vicino o lontano e in uno spazio prossimo o remoto, un "Io" e un "Io" alieno. C'erano molti "Io". Diversi. Alcuni ostili, altri amichevoli. Alcuni molto simili a sé, altri quasi per nulla. E c'era dell'altro che non era "Io", comunque familiare che lo avvolgeva. Una sensazione di benessere, quella che prima aveva scambiato per un disturbo.
Qualcosa che gli portava vigore, mentre lo costringeva a pensare, a muoversi rigirandosi su di sé. Qualcosa che equivaleva ad un messaggio. Quando colse questo fatto rammentò un particolare importante. Gli "Io", per quanto lontani ed inconciliabili, avevano la capacità di comunicare tra di loro. Ed uno o più di uno di questi alieni "Io", ne era certo, stava comunicando con lui, tramite quel guscio che lo racchiudeva.
Un messaggio che era un'esortazione: « Esisti! »

Bright ebbe un immediato senso di deja-vù quando alle prime luci dell'alba si avvicino alla porta di casa e lo spioncino gli mostrò la figura di Aimi Komori. Bella come lui sapeva bene, bella come non avrebbe mai potuto dimenticare. Ma evidentemente stanca.
Il giovane si voltò verso la poltrona dove aveva trascorso l'intera notte, lasciò che il suo sguardo giungesse a Setna, ancora accovacciata a terra a lamentarsi stancamente. Bright intuì che la notte di Aimi doveva essere stata tormentata quanto la sua. Non chiese nulla ed aprì la porta, invitando Aimi ad entrare con un breve cenno e indicandole poi la sua prigioniera.
Setna urlò in modo straziante. Bright, sorpreso, portò le mani alle orecchie. Le urla si mischiarono a singhiozzi. Aimi mosse un passo verso di lei e Setna lanciò un urlo ancora più assordante, un urlo di terrore puro, l'urlo di chi sente strappare da sé la propria vita.
« Basta! » comandò Aimi e Setna improvvisamente tacque.
La ragazza entrò nella stanza ed il giovane lentamente chiuse la porta. Aimi si avvicinò con cautela a Setna, che taceva in preda a sussulti incontrollabili.
« Ferma! » ordinò la ragazza e la demone si accasciò a terra.
Ancora pochi passi ed Aimi giunse vicino ad essa. Tenne gli occhi fissi su di lei, mentre la voce le tremava. « Ora, parla. » comandò ancora, « Dimmi cosa è successo a Vaar e Kuriaf ».
Setna scosse violentemente la testa in segno di diniego, piantando su Aimi occhi colmi di disperazione, ma la ragazza sostenne indifferente lo sguardo.
« Questa è la volontà del Sovrano del Fuoco, che ti parla per il suo Messaggero. » precisò.
Setna sussultò, poi alzò la testa, lo sguardo perso nel vuoto.
« Io ho appreso dalla demone di nome Kuriaf l'arte di cancellare la memoria degli umani. Io intendevo usarla per fare dimenticare a Bright Honda l'identità di Shadow Lady e ad Aimi l'esistenza di Honda. Io ho minacciato Kuriaf di estinguere la sua esistenza se avesse sabotato il mio lavoro. Io ho lanciato il mio fuoco contro il demone Vaar che intendeva ostacolarmi e la demone Kuriaf che ha tentato di fare scudo per esso. Nessun demone come loro ha il potere di sopravvivere al mio fuoco ».
Pronunciata l'ultima parola, Setna espirò e scivolò contro il muro, priva di sensi.
Aimi si voltò e guardò Bright, seduto sulla poltrona. Accanto a lui c'era ancora il bicchiere di birra mezzo vuoto.
« Credo che sia il momento delle risposte, Aimi. » esordì, « O, per essere più rispettoso, Messaggero del Sovrano. Anche se non so di quale sovrano stiamo parlando ».
« Non devi saperlo. » tagliò corto Aimi, « Libererai Setna? »
Bright picchiettò con un dito sul bicchiere.
« Ci tieni tanto? » domandò, « È la tua schiava preferita o cosa? Ha confessato di avere ucciso e devi dispensare la giustizia o farle assaggiare una vendetta? »
« Non devono trovarla qui. » spiegò stancamente Aimi, « Questa volta non riuscirò ad impedire che la tua memoria venga cancellata ».
« Cancellata da chi? Non è Setna che voleva cancellarla? » insisté il giovane.
« I demoni non vogliono che gli umani siano a conoscenza della loro esistenza. » replicò Aimi quasi in lacrime, « E ti farebbero dimenticare ogni cosa. Ti dimenticheresti di me. Questo per me sarebbe peggio di morire ».
Bright tacque a lungo. I due si scambiarono un lungo sguardo pieno di dubbi e di certezze.
« D'altra parte, » considerò Bright, « tu sei disposta a correre il rischio di morire. Vale così tanto il potere di Shadow Lady? »
« Perché ti ostini a non capire? » replicò spazientita Aimi. « Davvero credi che abbia tanta importanza per me questo potere? Così poco mi conosci? Credi che abbia costretto altre volte Setna ad obbedirmi nel modo che hai visto? Credi che non mi stia rimproverando per la mia indulgenza nei suoi riguardi, per le due vittime che ha causato? Perché ho messo in pericolo te? Io non credo che il potere di Shadow Lady sia un privilegio e non sono certamente la persona giusta a possedere il titolo di Messaggero ».
Tacque per un lungo respiro.
« Ma sono certa che mentre Setna rimane qui, tu sei in pericolo, Bright. » concluse.
Il giovane annuì. Dietro di loro si udivano nuovamente tenui lamenti provenire dalle labbra della demone.
« Io non posso difenderti da questo pericolo. » riprese Aimi, « Libera Setna ».
« No, Aimi. » replicò Bright. « Quello che voglio è vivere lo stesso pericolo della donna che amo ».
Aimi scosse la testa. « Non sei in grado di affrontarlo, tu non hai un potere ottenuto dai demoni ».
« Non mi importa. » dichiarò Bright, « Qualunque sia il rischio, non posso lasciare che mi allontani da te ».
Ad Aimi si mozzò il fiato. Una sensazione di gioia e gratitudine si sovrappose al timore, all'angoscia, alla rabbia. Ma nel tempo di un respiro mancato, seppe anche che c'era un solo modo per corrispondere pienamente il sentimento che Bright le portava.
« Come vuoi tu, allora. » disse, « Ma non permetterò che tu rischi la vita, senza correre lo stesso rischio ».
Le sue mani frugarono tra le sue vesti e ne trassero un astuccio di trucchi per il viso. Si avvicinò a Bright e tese il braccio, porgendogli l'astuccio. Fece un sorriso stranamente divertito, mentre i suoi occhi si perdevano in un breve ricordo.
« Questo è il primo giorno senza Shadow Lady. » sancì.

Un minuscola creatura simile all'ombra di un uomo, con due curiose escrescenze tonde sopra ad punto dove si sarebbero trovate le orecchie ed un cerchio che passava attraverso di esse era sdraiata mollemente sul bracciolo di una poltrona. Accanto a lui Demota si torturava un labbro.
« Mi dispiace molto per Vaar, » osservò la creatura senza commozione, ma con tono sincero. « Un Misto coraggioso, ma troppo fiducioso nei demoni della famiglia del Fuoco. Fiducioso in chi lo disprezzava ».
Demota scosse la testa.
« Ti sbagli Velm, » replicò, « troppo fiducioso in me, che non lo disprezzavo affatto. Però ho lasciato che fosse lui ad affrontare una Domatrice del Fuoco, come se Setna fosse ancora rinchiusa nelle segrete della Torre del Consiglio o sorvegliata dalla polizia. O come se Aimi potesse realmente controllarla ».
« La parola di un Messaggero è pregna del potere del suo Sovrano. » gli ricordò Velm, « è quanto abbiamo rammentato a Shadow Lady prima che partisse ».
« Lei non ne aveva idea. » osservò Demota, « È un essere umano. Ma non credo che ne avrebbe fatto uso, prima di oggi. Sei certo che né Vaar, né Kuriaf non possano essersi salvati? »
Velm scosse la sua minuscola testa.
« Nessuno aveva abbastanza forza da resistere al potere magico di Setna, Domatore del Fuoco, nemmeno per un secondo ». Demota annuì con un sospiro.
« Ma credi che il potere di un Principe dell'Oscurità avrebbe potuto proteggere uno dei due in qualche misura? » Velm fissò il volto del bambino con aria molto interessata.
« Non è una domanda accademica, questa. » constatò.
In quel momento bussarono alla porta.

Aimi attraversò la soglia. Sentì le sue gambe diventare improvvisamente pesanti e la sua testa si vuotò improvvisamente. I mille pensieri di felicità futura con l'uomo che amava, pensieri che aveva raccolto ad uno ad uno nella strada dalla casa di Bright verso il suo appartamento si congelarono in una fredda massa informe.
Il volto che aveva davanti le era familiare, era un volto che aveva incontrato più di una volta. Ed ognuna di quelle volte indossava le vesti di Shadow Lady. Non rammentava invece o tre giovani che lo accompagnavano, reclute recenti del corpo di polizia oppure uomini rimasti in seconda linea nella caccia al suo inafferrabile alter ego. Il volto che aveva davanti era il volto di un uomo dal lungo naso che portava spessi occhiali ed il volto di un agente investigativo della polizia di Gray City.
« Aimi Komori? » domandò.
L'interpellata annuì.
« Sono l'agente Yamazaki. » annunciò l'altro, « La dichiarò in arresto. Mi dia i polsi ».
Aimi arretrò debolmente di un passo. L'uomo allungò un braccio e le prese il polso, lo tirò a sé e vi assicurò un paio di manette, poi ruotò il braccio dietro la schiena di Aimi che gemette ed agganciò l'altro polso.
« Deve leggerle i diritti e l'accusa, signor Yamazaki. » Ricordò un poliziotto.
« Ci sarà tempo in macchina, » replicò l'agente, « abbiamo a che fare con una persona sospettata di essere Shadow Lady ». Aimi sentì un cupo ronzio invaderle le orecchie, ma nonostante ciò distinse le successive parole dell'uomo che la stava trascinando via dalla sua casa.
« Per di più è lei che ha tentato di uccidere l'agente Honda ».

   
 
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