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Autore: Aine Walsh    03/09/2013    4 recensioni
Però mi chiedo, come diamine ho fatto a ridurmi così? Ah, potessi aprire gli occhi sarebbe più facile. Dove sono, poi? Non credo affatto di essere a casa, anzi, lo so per certo. Le lenzuola che mi coprono sono troppo ruvide per essere state lavate e stirate da mia madre.
Quindi? Che dovrei fare? Per quanto ancora devo stare al buio?
Devo svegliarmi, voglio vedere, devo…
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buondì :)
Voglio solo dare qualche spiegazione prima di lasciarvi in balia della fic. Questa stupida storiella (che mi frullava in testa da settimane e che ha visto la luce solo ieri notte) è ispirata ad un fatto realmente accaduto. Ora, non ne so molto sull'argomento, ma pare che qualche anno fa il bel Bloom abbia provato a saltare nel balcone della sua vicina di casa, finendo invece per cadere di sotto. Ahia.
Quindi... beh, questo è quanto.
Vi ringrazio in anticipo per l'attenzione,

A.

 
Sometimes it’s okay to fall (in love)
 
 
Ho dolore dappertutto, in qualsiasi parte del corpo e soprattutto alla schiena. Ho gli occhi chiusi e non riesco ad aprirli. Quanto tempo ho dormito? Sono sveglio? O sto sognando?
Piano, piano: una cosa per volta.
Ho freddo. Ho tanto freddo, eppure non tremo. E non mi lamento neppure.
Non è che sono morto, vero? Vero?!
No, non può essere: dicono che la morte sia la fine delle sofferenze, quindi io adesso dovrei stare una favola. Motivo per cui sono ancora vivo.
Però mi chiedo, come diamine ho fatto a ridurmi così? Ah, potessi aprire gli occhi sarebbe più facile. Dove sono, poi? Non credo affatto di essere a casa, anzi, lo so per certo. Le lenzuola che mi coprono sono troppo ruvide per essere state lavate e stirate da mia madre.
Quindi? Che dovrei fare? Per quanto ancora devo stare al buio?
Devo svegliarmi, voglio vedere, devo…
Era il rumore di una porta che si apriva, quello? Allora riesco a sentire! Wow, almeno questo…
«Solo un quarto d’ora» annuncia una voce.
«Va bene lo stesso, grazie» replica un’altra. Attimo, questa è familiare, questa la conosco, questa è…
La porta si richiude e Sarah, la mia vicina di casa, avvicina una sedia al letto.
Questo è il momento giusto per fare la tua entrata, Orlando, forza, svegliati.
E invece no, per quanto mi sforzi non ce la faccio proprio, perciò restiamo così: io con gli occhi chiusi in una specie di stato comatoso-vegetativo e lei in silenzio. So della sua presenza solo per via dei suoi respiri.
«Hey» sussurra all’improvviso. Mi si ferma il cuore quando sento le sue dita posarsi sulla mia guancia. «Mi hai fatto prendere un colpo. Sapevo che eri idiota, ma non fino a questo punto…».
Dio, adesso inizio a ricordare.
No, no. No. Non posso averlo fatto davvero, suvvia.
«Voglio dire, devi proprio avere le rotelle fuori posto per buttarti dal balcone in quel modo».
Cazzo.
«Okay, non ti sei buttato di proposito, volevi solo arrivare al mio di balcone, ma…».
Ma niente. Niente è peggio di questo. Vorrei poter scomparire, l’ipotesi della morte non era tanto male in fondo… Come farò a parlarle di nuovo quando mi rimetterò? Non potrò più nemmeno guardarla in faccia, sarebbe troppo imbarazzante. E probabilmente Sarah starà già pensando che io sia uno psicopatico o roba del genere.
«…è stato un po’ estremo, non credi? Voler attirare l’attenzione in quel modo… insomma, è ridicolo. E dannoso, soprattutto dannoso. Avresti potuto rimetterci la pelle».
Sì, lo so; il dolore alle ossa e il mal di testa lancinante servono proprio a ricordarmi questo piccolo e insignificante dettaglio, troppo piccolo e insignificante per essere presto in considerazione poco prima del ‘salto’, in effetti.
Però… sembra preoccupata. Per me. Sembra che si preoccupi per me. E questo è… insomma, piacevole, in un certo senso.
«Spero tu sappia che non c’era affatto bisogno di arrivare a tanto per farti notare».
COME?!
«Cioè, sempre ammesso che tu l’abbia fatto per dimostrare qualcosa a me».
Certo che l’ho fatto per dimostrare qualcosa a te, che domande. L’ho fatto per dimostrarti che esisto! Anche se a quanto pare è stato inutile…
«Sarebbe stato abbastanza triste se il ragazzo che mi piace… no, non pensiamoci, non mi va di farlo. L’importante è che tu sia qui e che starai meglio tra qualche giorno».
Il ragazzo che le piace? Il ragazzo che le piace?! Dannazione, Bloom, sgrana quei maledettissimi occhi che hai! Apri la bocca, parlale! Dille che anche lei ti piace da impazzire!
«Fine dell’orario di visite, tesoro».
«Sì, arrivo subito».
No, non andare via proprio sul più bello. Ti prego.
La sedia striscia sul pavimento con un rumore metallico, ma il respiro di Sarah è più vicino al mio viso. Questo sarebbe stato il momento perfetto per un primo bacio, cavolo.
«Beh, spero che tu rimetta abbastanza in sesto da essere in grado di chiedermi di uscire; mi stufa aspettare ancora» dice, e riesco a vederla sorridere nonostante il buio che mi offusca la vista, bellissima e imbarazzata allo stesso tempo.
E, prima che possa rendermi conto delle sue esatte parole, le sue labbra si posano per un veloce istante sulle mie, leggere.
«Stupido Orlando».
Stupidissimo Orlando felice. Mi sento una Pasqua, potrei toccare il cielo con un dito se riuscissi a muovermi e ad alzarmi.
Sarah mi accarezza i capelli prima di allontanarsi, ascolto i suoi passi con una fitta al petto.
Tornerai?, non posso fare a meno di chiedermelo.
«Ci vediamo domani», e nella stanza cala di nuovo il silenzio.
Domani sarò sveglio e parleremo tantissimo. E, quando starai per tornare a casa, ti chiederò di uscire. E so già che tu mi dirai di sì.
Può far male da morire, ma a volte cadere è proprio okay.

 
  
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