Wake me up when September ends.

Siede da solo su una panchina, con lo sguardo basso e la mente altrove. Non ha scelto a caso quel posto, sa che in pochi sapranno dove trovarlo, ma lui spera che non venga nessuno. D’altra parte, l’unica persona che vorrebbe vedere non verrà, di questo ne è sicuro. Chiude gli occhi, mentre una brezza leggera gli scompiglia i capelli, ma non riesce ad apprezzarla: quell’atto naturale gli ricorda che c’è vita intorno a lui, e rinforza nella sua anima la consapevolezza che esiste anche la morte... morte che non ha risparmiato nemmeno una delle persone a lui più care. Naruto non avverte il bisogno di piangere, il suo dolore è talmente forte da non poter essere soddisfatto da un bisogno fisico.

All’inizio, quando aveva scoperto che Jiraiya era morto, non voleva crederci. Non poteva crederci, si aspettava che fosse uno scherzo e che da un momento all’altro l’Eremita Porcello sarebbe sbucato dalla porta ridendo della sua idiozia. Poi, si era reso conto che quella era nient’altro che una flebile speranza, e allora era subentrata la rabbia. Si arrabbiò con Tsunade, come poteva essere stata così sciocca? Era tutta colpa sua, Naruto ne era certo.

Riconobbe il suo errore solo quando, uscito dal palazzo dell’Hokage, diede un calcio a un cassonetto dal quale saltò fuori un gatto per niente felice di quel frastuono. Capì che era arrabbiato con Jiraiya. Avrebbe voluto gridare, avrebbe voluto prenderlo a pugni, avrebbe voluto vendere la sua anima all’Enneacoda, ma una vocina gli pose una domanda che cancellò ogni emozione dal suo corpo: servirebbe a qualcosa? E così, Naruto era finito su quella panchina, non dopo aver comprato un ghiacciolo al gusto preferito di Jiraiya. 

Ripensa ai tre anni di allenamento insieme al suo maestro, e si chiede se l’abbia mai veramente conosciuto. Si rende conto che non saprà mai tutto sul suo conto, perché non potrebbe chiederlo a nessuno. Si chiede come fosse alla sua età, se avesse scoperto presto il suo talento, che rapporto avesse con la sua famiglia... Naruto non si era mai sentito tanto solo.

Vorrebbe che il tempo passasse più in fretta, perché quei minuti interminabili di riflessione sembrano strappargli l’anima pezzo per pezzo. Si chiede se mai tornerà tutta intera, e, se dovesse farlo, se sarà la stessa di prima. Si chiede se quel dolore un giorno svanirà, se riuscirà a pensare di nuovo al suo maestro come faceva un tempo. Riuscirà a ridere di nuovo dei ricordi felici, o questi porteranno solo una fitta al cuore? Naruto spera intensamente di no, perché non sopporterebbe di vederli rovinati.

Gli tornano in mente gli anni bui della sua vita, quelli in cui la solitudine era radicata negli angoli più profondi di sé stesso, allora ne era uscito. Ora questo miracolo sembra impossibile, gli sembra di precipitare senza possibilità di arrestare la caduta in qualche modo. Una lenta consapevolezza della fine che si avvicina, un lieve ricordo del fatto che nessuno rimane per sempre. Qualcuno se ne va, forse in un posto migliore, e noi restiamo qui a guardare i nostri cari scomparire uno ad uno, ponendoci mille domande e cercando di tenere a bada i rimpianti spietati. Naruto fissa i ghiaccioli sciogliersi, ma ancora non si decideva a mangiarli. Delle gocce cadono a terra, alcune di esse calde e salate.

Avverte dei passi, ma non si volta, perché sa che se a trovarlo non è stato Jiraiya, si può trattare solo di un’altra persona. Non avverte fastidio, perché chi è venuto a cercarlo sa di non essere un peso. Sa quali sono le giuste parole da dire, la formula magica per ridargli la speranza di poter tornare felice. Iruka lo sa, purtroppo i dolori dell’anima non guariscono in un batter d’occhio. Per qualche tempo ancora, Naruto si sveglierà con il ricordo di Jiraiya, che gli procurerà un dolore sempre minore, fino a diventare quella piccola puntura di spillo che ci tiene con i piedi per terra, ricordandoci che niente dura per sempre. Ma sa anche che tornerà ad essere forte come è sempre stato, il ragazzo che da emarginato qual era è riuscito a guadagnarsi la stima dell’intero villaggio, il ragazzo che un giorno, Iruka ne è certo, diventerà Hokage.

Naruto adesso sorride. Non è uno dei suoi soliti sorrisi, ma è un inizio. Non è forse vero, che un lungo viaggio inizia sempre con il primo passo?

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Purtroppo, scrivere storie tristi sembra essere una specie di vocazione. Una volta ho letto che questo succede perché le opere migliori nascono sempre dai momenti di tristezza. Non che la mia sia questa gran specialità.

Ammetto che si tratta di uno sfogo personale. Ho scelto Naruto e Jiraiya come protagonisti perché rappresentano al meglio il rapporto che avevo con la persona che, sei anni fa, mi ha lasciata. Iruka rappresenta quella persona che, anche nei momenti tristi, riesce sempre a tirarci su di morale. Vorrei poter dire di avere avuto la forza d’animo di Naruto, ma questa One Shot è la prova del contrario.

Il titolo parla da sé. Non so in che mese sia morto Jiraiya, ma anche quella è una parte della mia “esperienza”. Spero di non aver rovinato il personaggio di Naruto, che stimo tantissimo – lo so che può sembrare stupido – e che mi ha fatta diventare la persona che sono ora. Magari incompleta, ma anche io voglio, metaforicamente, diventare Hokage. Non lo vogliamo forse tutti?

Grazie per aver letto.

OhJeice_