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PEETA!
Come arriva il terrore di solito?
Cosa porta a far
nascere quella sensazione di panico nella gola che ti costringe a non
respirare?
Ci crediamo capaci di una vita nuova, capaci di accantonare le nostre
paure in
un angolo profondo della nostra mente, ma la verità
è che se nella nostra vita
abbiamo già sperimentato il terrore una volta, allora lui
sarà sempre con noi.
Mi precipito nella stanza dalla
quale proveniva l’urlo
di Katniss e la scena che mi si presenta mi spaventa se possibile
ancora di
più.
Lei è sul divano. Le
mani posate sul lieve gonfiore
che ormai va formandosi sulla sua pancia, è rannicchiata e
singhiozza come una
bambina. La scatola dei nuovi pasticcini che stava assaggiando
è riversa a
terra.
-
Katniss…
cosa… stai bene?
E il fiato per parlare e prestare
aiuto? Quello da
dove viene fuori, dopo che il tuo cuore si è fermato? Ci
ritroviamo a pregare
le nostre gambe, perché riescano a portarci dove vogliamo
essere.
Così mi inginocchio
vicino a lei, e nell’antracite
dei suoi occhi c’è una resa totale alla
disperazione.
-
Peeta…
è successo qualcosa… - si indica la pancia - ho
sentito qualcosa…
E’ ancora più
strano quando arriva il sollievo. Quel
cambio di stato d’animo ti blocca ancora il respiro, ma hai
la consapevolezza
che sopravvivrai.
-
Katniss…
- le do un bacio leggero, sulla fronte, e le sposto indietro una ciocca
di
capelli – è una bella cosa. E’ normale,
lei o lui comincia a muoversi.
Le mie parole non sono servite,
continua a piangere.
Mi hanno sempre fatto credere di essere bravo con le parole, di
riuscire a fare
miracoli, ma con Katniss non succede quasi mai. Lei è
l’eccezione. E adesso quelle
lunghe lacrime scivolano silenziose sulle sue guance, è
pallida e la sua
espressione implora aiuto.
Sono stato troppo cieco con lei?
Forse non era
ancora abbastanza pronta, forse avrei dovuto rifiutare io quando lei ha
accettato di avere un bambino, forse sono stato io l’egoista.
Mi alzo e mi seggo accanto a lei,
una mano ad
asciugarle le lacrime, e l’altra sulle sue a toccare la
pancia.
-
Katniss,
ascoltami. Non è in pericolo. Sta solo…
crescendo! Ci fa sapere che adesso sarà
sempre più spesso presente fra noi. Non gli
succederà nulla. Lo ameremo così
tanto che non gli accadrà mai niente di male.
E’ sola. E’
come se volesse accettare quello che le
ho appena detto, lottasse con tutte le sue forze per farlo e non ci
riuscisse. E’
spaventata.
-
E
se l’amore non bastasse…? – sussurra.
-
Se
non bastasse? Gliene daremo di più. Di più
è meglio, no?
La abbraccio e lei si rannicchia su
di me. Restiamo
così, io che le sciolgo la treccia e le accarezzo i capelli,
lei che si svuota
di tutte le sue lacrime. Terrore, resa, disperazione, sollievo, ansia.
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I
nuovi pasticcini sono buonissimi Peeta, magari gli sono piaciuti troppo.
Lost but now I
am found
I can see but once I was blind
I was so confused as a little child
Tried to take what I could get
Scared that I couldn’t find
All the answers, honey
Don’t
make me sad, don’t make me cry
Sometimes love is not enough and the road gets tough
I don’t know why
Keep making me laugh,
Let’s go get high
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Rieccoci.
Dopo la pausa estiva arriva una nuova storia.
Ascoltavo
Lana del Rey, e la sua cupezza solitamente mi ispira fan fiction su
Hunger
Games.
In
questo caso la canzone è Born to Die. Ho pensato al terrore
provato da Katniss
quando ha sentito per la prima volta la bimba muoversi dentro di lei,
alla sua
sensazione di impotenza e al suo essere certa che qualcosa
dovrà sempre andare
male. Peeta è lì con lei ovviamente.
Ecco,
la cosa strana di questa ff è che ascoltando la canzone
avevo ben presente le
sensazioni di Katniss, mentre quando ho cominciato a buttar
giù qualcosa, ho
scritto di Peeta.
Ah!
Avete saputo della petizione per le recensioni? Io l’ho
firmata, è per un’ottima
causa! ;)