Eccoci qua, alla fine mi sono decisa a pubblicare qualcosa
in questa sezione.
Da tempo ci navigo, ma amo talmente tanto Dean e Castiel che
non ho mai osato scriverci niente sopra.
Questa è una…ehm, cosetta che ho scritto dopo aver rivisto
la puntata 7x21 – Leggere è fondamentale,
a mio parere così piena di Destiel da scoppiare.
E’ la mia versione più che altro dei pensieri del nostro
caro Dean con qualche aggiunta che non fa mai male.
Ovviamente le recensioni sono ben gradite, chiudo
augurandovi una buona lettura ^^
Ps. Ho ripreso qualche battuta direttamente dalla puntata,
credo ve ne accorgerete da soli.
Sabrina
---
- Credo che gli angeli non siano
attrezzati per provare interesse. Anche perché poi, quando lo provano, vanno in
mille pezzi -.
Dean lasciò cadere l’ultima frase
con un tono dimesso, lontano.
Bruciavano in gola quelle parole.
Bruciavano di un fuoco che non poteva spegnere.
Si allontanò da quel ragazzino, il
nuovo profeta, e risalì sopra dagli
altri.
Da lui.
Rivederlo vivo era stato un colpo
molto più grande di quanto in realtà avesse fatto intendere. Ovviamente Sammy
non ci era cascato, ogni tanto lo sorprendeva a fissarlo sornione, quando si
lasciava andare a qualche sorriso che, da ormai molto tempo a quella parte, non
facevano più parte del suo viso.
Da quando l’avevano lasciato in
quell’ospedale, non faceva altro che pensare a lui e a quel suo dannato trenchcoat.
Che aveva conservato con tanta cura
dentro il bagagliaio, che, quando Sam dormiva, ripescava e poggiava accanto a
sé mentre si scolava una birra poggiato sulla fiancata della sua bambina.
Così, quando quella mattina Meg gli
aveva chiamati per avvisarli che si era svegliato, aveva schiacciato il piede
sull’acceleratore fino a farsi male, con suo fratello che non diceva una parola
perché semplicemente non servivano.
Meg e Sam stavano discutendo su
come tenere lontani gli angeli ed intanto Castiel si guardava intorno con quel
sorriso beato che non era chiaramente suo.
Afferrò una birra dal frigo e uscì
fuori, sbattendo la porta dietro di lui.
Sentì Meg richiamarlo ma poi si
zittì subito, sicuramente ripresa da Sam.
Quando aveva visto Castiel seduto
da solo al tavolo della mensa, il suo primo pensiero era stato quello di
stringergli le spalle e poi abbracciarlo.
Non l’avrebbe più lasciato andare,
non…
Sospirò, prendendo un primo sorso
della bionda ghiacciata.
Non poteva, ovviamente.
“Conservi
qualche ricordo?”
Glielo
chiese con un tono talmente disperato che stupì persino se stesso.
Doveva
crederci, doveva sperarci.
Castiel
lo osservò per un lungo istante e in quei secondi Dean rivide il suo angelo del
giovedì, quello la cui fiera impronta ora adornava la sua spalla come il
migliore dei marchi.
Ma
poi si allungò verso uno stupido gioco da tavola e Dean sbuffò, arrabbiato più
con sé stesso.
“Giochiamo?”
si sentì chiedere.
Stava
per rispondergli a tono, troppo stanco per continuare a parlargli in quel modo
da imbecille, quando alzò lo sguardo sulla scatola che Castiel teneva dritta
davanti a lui.
Il
gioco si chiamava Sorry.
Una
frase riecheggiò nella sua mente, Castiel davanti ad un buco nella parete che
si gira un’ultima volta verso di lui e mormora “Scusami, Dean”.
Una
coincidenza? Dean rimase incantato per un attimo, spostando lo sguardo dalla
scritta a quegli occhi fottutamente blu che lo guardavano ora colmi di qualcosa
che non riusciva a capire.
“Vuoi
iniziare per primo?” gli chiese poi, e ovviamente Dean lo assecondò,
perché non riusciva a fare altrimenti.
Continuava a bere sentendo il peso
che aveva costantemente sul petto farsi insopportabile ma pensò che non poteva
lasciarsi andare –ancora- a momenti di debolezza.
Non ora.
Non quella sera.
Fare i conti con se stesso non era
stato facile, all’inizio.
Da sempre sentiva qualcosa di
strano nei confronti del piumato, ma
ammettere che lo scombussolava era un altro paio di maniche.
Che cazzo, lui era Dean Winchester!
C’erano voluti i Leviatani per
fargli capire che non erano solo strane sensazioni… provava davvero qualcosa
per il suo Cass. Qualcosa alla base
dello stomaco ogni volta che i suoi occhi incrociavano i suoi fottutamente blu
– e non succedeva di rado, no. Erano capaci di intrattenere intere, mute
conversazioni solo con gli occhi.
E si capivano alla perfezione.
Un altro sorso di birra.
Un sospiro agitato.
Si permise di soffermarsi solo per
qualche minuto su un pomeriggio di parecchio tempo prima -un dannato, unico
pomeriggio- in cui era cambiato tutto. E non era più tornato come prima.
Quel pomeriggio in cui Castiel, con
la testa leggermente spostata di lato, aveva allungato una mano verso di lui, percorrendo
tutta la guancia fino a lasciarla sul collo.
Dean l’aveva guardato, non
riuscendo a muoversi, incapace anche di deglutire.
Lo vide avvicinarsi al suo viso ma
non pensò di chiudere gli occhi nemmeno per un secondo.
Castiel congiunse le loro labbra in
un modo che poteva essere soltanto il suo: inesperto e disarmante.
Con l’altra mano ricalcò
perfettamente l’impronta che gli aveva lasciato sulla spalla e solo quel gesto
fece riscuotere Dean, che gli afferrò il colletto del trench come si era visto
fare in troppi sogni, e approfondì il bacio.
Dean era affamato di Castiel.
Lo era sempre stato. Ma quello che
non aveva immaginato era la passione che l’angelo gli stava donando con la
stessa intensità.
Finì solo perché sentirono Sam
urlare i loro nomi – erano nel bel mezzo di una caccia- e corsero in suo aiuto
senza nemmeno guardarsi più negli occhi.
Nessuno dei due fece cenno
all’accaduto nei giorni seguenti.
Qualche tempo dopo, Castiel era il
loro nuovo Dio e quel bacio disperato e inatteso era sembrato al maggiore dei
Winchester soltanto l’ennesimo sogno.
Rivederlo adesso con quell’aria
così persa, così diversa forse era anche peggio.
Averlo di fronte e non averlo
realmente.
Si ricordava del passato? Faceva
solo finta?
Finendo la sua birra, Dean pensò
che qualsiasi fosse la verità, non avrebbe più permesso a nessuno di separarlo
da Castiel.