Conoscete? A parte qualcuna di voi, sicuramente la stragrande maggioranza non li avrà nemmeno mai sentiti nominare.
Piccola bio: sono inglesi, età 23-21 anni, simpatici e deficienti. Per chi è fan come me, sono semplicemente i McFly.
Stile musicale: avete presente i Tokio Hotel? Tutt'altra cosa XD (ed anche meglio... ma questa è un'altra storia XD)
Voglio presentarveli! Questi sono i Mcfly! E' la mia foto preferita che ho di loro (pochissime) ma ne ho anche una in versione... più seria... XD
Adesso ve li presento uno ad uno:
Tom Fletcher: cantante e chitarrista, se sentite una loro canzone è quello con la vocetta nasale e un po' stridula! Ma è tanto dolce, con quella sua bazzetta prominente XD
Danny Jones: altro cantante e altro chitarrista.... non fatevi ingannare dal suo bel faccino, è quello con la voce dura, da rocker... già mi viene caldo a pensarci... tra i quattro, è il mio preferito, indubbiamente, anche se nulla tolgo agli altri!
Dougie Poynter: il piciulo del gruppo! Bassista, stupidino, tanto dolce a vederlo!
Harry Judd: batterista, begli occhi XD secondo me ha la faccia da stronzetto...
Tanto per farvi capire che i McFly non sono i Tokio Hotel su cui ho scritto tanto (ci corre un abisso immenso), vi linko alcuni video, sperando che vi appassionino perchè son veramente ganzi! (che termine antiquato...)
Fatta questa dovuta premessa, passo alla prossima.
Questa storia è un esperimento, una prova, mi sono detta "Voglio provare a spaziare oltre i Tokio Hotel" e visto che questi quattro dementi mi stanno anche più simpatici dei crucchi, mi sono buttata. Non li conosco bene caratterialmente, quindi ho dato una mia interpretazione al loro modo di essere. Se ci fosse qualcuno che li conosce meglio di me e storce il naso, chiedo venia!
E chiedo pardon anche per la banalità delle evoluzioni future della trama... ancora non sono arrivata alla fase: incastriamo la vita di uno di loro con un libro di fantasia che mi ha segnato la vita XD ad ogni modo, spero che vi interesserà. E se farà schifo ditemelo, perchè tanto ne son già sicura!
Ah! Altra cosa! I dialoghi tra " e " riportati in corsivo sono in italiano. Scusate, ma piuttosto che ripetere ogni volta in quale lingua si parlano i personaggi, sono arrivata a questa squallida e banalissima conclusione. (ve l'ho detto, è un esperimento nato male)
Ecco, fine delle ramanzine, adesso si passa ai fatti!!!
Uscì,
sbattendo involontariamente contro un signore in un cappotto verde
oliva e
cappello del medesimo colore.
“Fai attenzione!”,
sbottò l’uomo, “Dove
guardi quando cammini?”
Dal
tono di voce che quell’uomo aveva usato capì che,
oltre che essere molto incazzato,
sicuramente gli aveva posto una domanda…
Ma
lui era inglese al cento per cento, d’origine purosangue,
stallone di paese
monarchico… e non conosceva la lingua dell’altro.
Non parlava nessuna lingua
tranne l’inglese. Ah!, voulez vous
coucher avec moi era sufficiente per poter dire di conoscere
anche il
francese. Quindi, anche se sicuramente quella era stata una domanda
retorica,
non seppe cosa rispondere.
“Ops…
uhm… mi scusi…”, borbottò
poi, lasciandolo perdere.
Camminò,
coprendosi la gola con una spessa sciarpa nera, senza una meta precisa.
Aveva
solo fame, doveva riempirsi lo stomaco con qualche cosa, qualsiasi
cosa commestibile,
ed era quindi in cerca di
un luogo dove poter fare colazione.
Si
era alzato prestissimo per i suoi solito orari, ma non aveva molto
tempo da
perdere. Gli altri tre erano rimasti in hotel, nelle loro camere, forse
avrebbero dormito fino alle quattro del pomeriggio ma lui, anche se
aveva dei
solchi giganteschi sotto gli occhi, arati alla perfezione dai continui
spostamenti, si era costretto a svegliarsi.
Non
ne aveva mai parlato veramente, ma aveva una certa passione per quel
posto, per
quella città. Per gli altri, era solo una delle tante altre
in cui dovevano
suonare… e ad essere sincero anche per lui. Non era
interessato tanto alla
storia, ai quadri, alle statue o al panorama, ma al fatto che, da
piccolo,
c’era già stato in vacanza e voleva vedere se
tutto era ancora come se lo
ricordava.
Quando
gli avevano chiesto perché voleva anticipare
l’arrivo in quella città ad una
settimana prima il giorno del concerto, costringendo tutta il quartetto
a
piantarsi in quell’hotel, aveva detto: perché
sono famoso e me lo posso permettere! Aveva poi tirato fuori
un sorriso
sornione ed avevano capito che la sua non era una pretesa da star della
musica,
ma solo una richiesta per lui speciale.
E
poi gli altri erano voluti rimanere per forza bloccati per altrettanto
tempo a
Parigi, solo per visitare a fondo il quartiere del Mouline
Rouge, quindi glielo concessero senza troppe storie. Lui,
che non aveva potuto godere a fondo
di quella vacanza francese, aveva chiesto la sua rivincita.
Erano
verso la fine del tour promozionale del loro nuovo quarto album, durato
sei
mesi, che li aveva portati a suonare in quegli ultimi giorni anche in
posti
dove non erano mai stati. Non che avessero l’intenzione, con
quegli shows, di
allargare la loro platea. Più che altro quelle date erano
state fissate, così
come era successo per l’esibizione che ci sarebbe stata di
lì a pochi giorni, grazie
ai fans sparsi qua e là in tutta Europa, che si erano uniti
grazie a petizioni
per internet.
Non
era necessario che si nascondesse molto, lì non era come in
Inghilterra, dove
tutti avevano memorizzato nella loro mente ogni singolo tratto del suo
viso. Potevano
dirsi ancora del tutto sconosciuti. Oltretutto, i loro video non
giravano sulle
loro televisioni nazionali, quindi si sentiva abbastanza tranquillo.
Prese
i Rayban che teneva nella tasca del suo piumino verdognolo e li
indossò, per
paura di spaventare qualche fanciulla autoctona con il suo viso stanco.
Si
passò una mano tra i capelli biondastri spettinati e si
intrufolò in una
mandria di tedeschi, cercando di farsi strada tra di loro.
Voleva
trovare un localino di suo gusto, ma non sapeva dove cercarlo. Ma
soprattutto
non sapeva nemmeno se esistesse veramente qualcosa che lo
soddisfacesse. Voleva
qualcosa di piccolo, di informale, dove una simpatica cameriera
indigena gli
avrebbe potuto servire…
Fish
and Chips!
Sì,
aveva deciso, voleva rovinarsi il fegato con una porzione di fish and
chips di
prima mattina, alle nove. Solo che era scettico sulla
possibilità di trovare un
posto che glieli cucinasse a modo.
In
Italia…
A
Firenze…
All’ombra
del Duomo, si trovò a pensare: ma
dove
cazzo li vado a cercare i fish and chips in Italia?
Si
sentiva come una donna incinta. Doveva mangiarli, altrimenti suo figlio
sarebbe
nato con una voglia di fish and chips sulla faccia. Già lo
impensieriva il
fatto che avrebbe sicuramente ereditato la fastidiosa zeppola che lo
tormentava
da sempre equesto era un ‘handicap’ che includeva
prese per il culo per tutta
la vita.
Afferrò
per un braccio un ragazzo che gli passò vicino.
“Scusami,
parli inglese?”, gli domandò.
Quello
lo guardò.
“Sì.”,
disse, con aria titubante.
“Sai
dove posso mangiare i fish and chips?”, gli chiese.
Questo
si strinse nelle spalle e si allontanò.
Era
ovvio.
Lo
chiese ad altre cinquanta persone, sembrava uno psicopatico, tanto che
dovette
desistere: spesso
aveva trovato un
poliziotto a guardarlo con aria sospetta…
Doveva
ricordarselo: mai farsi venire la voglia
di fish and chips in Italia.
Non
gli interessavano le bontà culinarie che la città
poteva offrirgli perché, come
un bambino viziato, si era fissato con quel piatto tipico inglese. E voleva mangiarlo.
Tornò
sui suoi passi, affranto e incazzato come poche altre volte.
Voleva
mangiare fish and chips!
Camminava
a testa bassa, imbronciato, tornava verso l’hotel. Ripercorse
la stessa strada
che aveva fatto all’infruttuosa andata ma, dopo poco, si
trovò a chiedersi dove
fosse. Si stava trovando in mezzo a bancarelle e turisti con i
portafogli in
mano, certamente da tutt’altra parte della città
rispetto all’ubicazione del
suo hotel…
Ma
cacchio!
Non
era capace nemmeno di ricordarsi le strade! Era il caso di domandare
informazioni,
ma intorno a sé tutti erano turisti come lui…
forse, però, se si aggirava fuori
da quel concentrato di spendaccioni e venditori, avrebbe trovato
qualche
indigeno del luogo…
Sbucato
in un vicolo, vide un’insegna. E nella sua mente
ripiombò il ricordo dei fish
and chips.
“Bingo!”,
esclamò ad alta voce, impaurendo una vecchiettina che, nelle
sue vicinanze,
stava portando fuori il cane a fare i suoi bisogni.
Con
occhi luccicanti, ringraziò il culo sfacciato che nella sua
vita lo aveva
sempre riempito di buone opportunità come quella.
Guardò
l’insegna del locale. ‘Strictly
English’
E
cosa potevano dargli da mangiare in un posto come quello, se non fish
and chips,
pudding e compagnia bella?
Entrò
dentro, rincuorato dal dolce calore emanato dal riscaldamento e si
guardò
intorno. A dispetto di ciò che recitava l’insegna,
quello pareva una tavola
calda americana degli anni cinquanta sessanta. Era stato catapultato in
un Happy Days italo-inglese per
caso?
Poi,
gli venne da pensare ai suoi musi
ispiratori, i Beach Boys: ce li vedeva bene a passare il loro tempo in
un
locale del genere e si mise l’anima dubbiosa in pace.
Non
era molto affollato, ma comunque diverse persone occupavano i tavoli
rettangolari, contornati da poltroncine gialle a forma di cavallo, che
occupavano almeno tre quarti delle pareti del locale. Aretha Franklin
gorgheggiava la sua celeberrima Think
e notò sorridendo una donna sulla quarantina, bionda e molto
giovanile, al di
là del lungo bancone lucido, che stava preparando un
espresso canticchiando le
parole del ritornello. Poi
vide un
ragazzo sbucare dalla finestrella sul muro vicino a lei: si scambiarono
quattro
parole e lei si allontanò, sostituita dopo qualche secondo
da quello stesso
ragazzo… più che un ragazzo era una montagna di
muscoli. Aveva due spalle che
erano almeno il doppio delle proprie…
Era
meglio spostare la sua attenzione altrove, piuttosto che innervosirlo
con il
suo sguardo incuriosito.
Il
menu stava inerte sul tavolo su cu si era seduto e lo prese, mettendosi
a
spulciare la lista. A parte qualche incursione della cucina italiana,
era tutta
roba tipicamente inglese: dal pudding al thè, dai muffins
alla crema di
piselli, ma non si soffermò molto su queste voci. Con occhio
di lince individuò
presto i fish and chips tanto desiderati.
“Pronti per ordinare?”,
gli domandò una
squillante voce italiana.
“Ehm…
inglese?”, le chiese, quasi con ovvietà.
“Oh,
sì, certamente!”, fece la ragazza, dandosi una
pacca sulla fronte, “Allora,
cosa vuoi ordinare?”
Eccolo,
il momento più bello della sua giornata.
“Fish
and chips!”, disse, con orgoglio, “E the alla
pesca.”
La
ragazza lo guardò perplessa, poi si annotò tutto
sul suo taccuino.
“In
prospettiva di ulcera forante, eh?”, ironizzò poi,
stringendo il blocco note al
petto.
“Sai,
in Inghilterra quando nasciamo ci regalano un posto in lista per i
trapianti di
fegato.”, le rispose, sulla stessa scia.
“Tra
dieci minuti sarà tutto pronto!”, rispose lei,
dopo che la sua risata si fu
esaurita.
E
si allontanò, con la sua preziosa ordinazione.
Lanciò
qualche occhiata in giro. Vecchi vinili al muro, fotografie di moto
d’epoca,
una vecchia radio sopra un tavolinetto, colori pastello ovunque. Nel
pieno
degli anni sessanta!
Poi,
l’occhio cadde su un juke box. A vederlo, quello doveva
essere proprio un reperto
di antiquariato, non si sarebbe stupito se dentro ci avesse trovato dei
vecchi
45 giri! Si frugò nelle tasche, in cerca di qualche euro e
lo trovò tra un paio
di sterline e un pence. Si avvicinò alla macchina e si mise
in cerca di una
canzone di suo piacimento.
…
no, non era possibile…
Non ci poteva credere…
E dire che pensava che nei juke box ci potessero
essere solo i dischi di Johnny Cash o di Barry White! Adesso
lì, in mezzo a
tanti altri, c’era proprio Motion
in the
Ocean, il loro terzo album! Wow, anche i McFly erano entrati
a far parte
degli artisti da juke box.
Ora potevano anche ritirarsi, andare in pensione.
Inserì cinquanta centesimi di euro nella
macchinetta e, dopo aver capito come quel coso funzionasse, premette
alcuni
pulsanti e la canzone da lui scelta ‘Little
Joanna’, suonò a basso volume nel
locale.
Sì, da quel momento in poi sarebbe stata proprio
una bella giornata: era in Italia, a Firenze, una città
bellissima. Stava per
mangiare fish and chips, nel juke box c’era un loro cd e
nell’aria ascoltava la
canzone che aveva scritto per la sua ragazza di sempre, Giovanna. Nome
per
altro italiano! Beh, poteva essere più fortunato di
così?
Tornò al suo tavolo e, nel giro di pochi minuti,
gli fu servito il suo the e il suo piatto.
“Grazie!”, disse con entusiasmo alla ragazza che
aveva preso l’ordine e che lo stava servendo in quel momento.
“Hai scelto una bella canzone!”, gli disse poi lei,
“Mi piacciono molto i McFly!”
Rise sornione.
Sì, la sua vita stava nettamente migliorando! Aveva
davanti a sé una loro fan, che stava sicuramente per
chiedergli un autografo e…
“Piacciono anche
a te vero? Sono dei grandi!”, gli chiese lei,
sorridendogli.
No…
La sua vita stava lentamente peggiorando.
Lei non lo stava riconoscendo… Forse doveva
togliersi gli occhiali da sole, lei lo avrebbe capito che si stava
trovando
davanti Tom Fletcher, chirattista-pianista-voce dei McFly.
Li prese per l’asta destra e li levò dagli occhi.
“Sai che suoneranno in città? Sicuramente
sarò in
prima fila a cantare a squarciagola.”, disse lei, senza
degnarlo di uno
sguardo.
Altra correzione, la sua vita stava velocemente
peggiorando.
Mica voleva per forza che lei si stendesse ai suoi
piedi implorandolo per una prestazione sessuale fugace
–richiesta che per altro
non avrebbe acconsentito di soddisfare, era un ragazzo deficiente ma
fedele- però…
Insomma! Un po’ d’amor proprio ce l’aveva
anche lui! Poteva capire che in
Italia erano tutto sommato sconosciuti ma questa ragazza si stava
dimostrando
essere una loro fan!
Meglio lasciar perdere, non voleva farsi venire il
malumore e odiava comportarsi da diva.
“Sai che anche io mi chiamo Joanna come la
canzone?”, disse poi la ragazza, annuendo.
“Davvero?”, le fece, lievemente disinteressato,
mentre
mangiava il primo boccone di fish, “Ma tu non sei
italiana?”
“Sì, italianissima.”, disse lei,
annuendo, “A mia
madre piaceva il nome
Giovanna, a mio
padre la versione in inglese… e per fortuna ha vinto
lui!”
“Jo! C’è
un’ordinazione pronta per
te!”, si
sentì chiamare la ragazza.
“Un momento!”,
fece lei, che poi tornò a lui, “Beh, è
stato un piacere conoscerti!”
“Tom.”, le disse, porgendole la mano.
Ma lei niente. Proprio doveva essere cieca come
Mister Magoo per non riconoscerlo.
Pazienza, disse a malincuore.
Poi un pensiero gli stuzzicò la testa… un tipico McFly-pensiero: idiota, stupido, il
solito scherzo da prete. La riprese prima che si voltasse per tornare
al suo
lavoro.
“Questi fish and chips sono fantastici! Non appena
i miei amici si sveglieranno, li porterò a mangiare
qui!”, le disse, con la
bocca impastata tra una patata fritta e un pezzo di pesce.
Era poco elegante parlare con la bocca piena, ma
lui era inglese e queste cose si perdonavano sempre ai britannici come
lui.
“Beh, allora vi aspetto, ci conto!”, disse la
ragazza, sorridendo felice.
Chissà che faccia avrebbe fatto trovandoseli in piena
formazione davanti agli occhi! Che simpatica ragazza, pensò
Tom, concentrandosi
poi sulla sua colazione. Un po’ scema, ma simpatica.
Quei fish and chips erano davvero fenomenali,
sembravano importati direttamente dall’Inghilterra, da quel
locale vicino a
casa sua, appena svoltato l’angolo. Sicuramente, il
proprietario di questo ‘Strictly
English’ era inglese, non
c’era dubbio, solo i suoi connazionali sapevano fare il fish
and chips così
buoni.
Per sua stessa volontà, il piatto finì prima che
lui fosse sazio e ne rimase alquanto deluso. Solo allora si
dedicò al suo the
alla pesca e, dopo il primo sorso, si pentì amaramente di
quella scelta. Ma che
idiota che era stato!
Come si poteva mangiare fish and chips e metterci
dietro il the alla pesca?
Era una scelta tipica di Tom
Fletcher.
E lui chi era?
Tom Fletcher!
Eccoci qua! Fine del primo capitolo, introduzione dei miei due personaggi, Joanna e il fratellone Miki, e di Tom Fletcher, il mento del gruppo (più che la mente).
Ringrazio tutti quelli che leggeranno questa storia, sia quelle che mi hanno promesso di farlo (so chi siete... XD) sia quelle che saranno semplicemente attirate da una novità. Credo infatti di essere la vera prima a pubblicare qua su di loro! E se non lo sono... piaceroni comunque!
Cosa importantissima che stavo dimenticando!!! Ecco qualche foto della Joanna che ho in mente: Joanna1 e Joanna2
Questa ragazza è realmente esistente, si chiama Joanna Newsom ed è una musicista. Spero non sia un reato usare la sua faccia per uno dei miei personaggi! Altrimenti, rimuovo ogni fotografia. La sua immagine non è usata a scopo di lucro e Joanna Newsom non mi appartiene.