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Autore: JennyWren    05/09/2013    3 recensioni
Le luci erano state quasi tutte spente e pensò che ormai non ci fosse più nessuno, fu sorpreso nel notare la luce soffusa che proveniva dalla cabina di George Martin. Essa si rifletteva verso il basso, illuminando una piccola porzione di spazio all'interno della sala di incisione.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon , Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You don't have to hide your love away.



La giornata era appena terminata.
I tecnici avevano spento i macchinari, le luci si erano sppena apente e i ragazzi si apprestavano ad uscire dallo studio n.1 di Abbey Road.

George e Ringo discutevano animatamente riguardo la scelta della nuova macchina di quest'ultimo. George era quello che conosceva tutto di auto, le venerava quasi quanto le chitarre e non smetteva di parlare di cilindrata e di pistoni, da quando Ringo glielo aveva chiesto.
Paul uscì lentamente con George Martin, il perfezionista del gruppo voleva appuntare al tecnico che avrebbe voluto cambiare alcuni riff sull'ultima canzone registrata. L'uomo lo ascoltava attentamente, dicendogli che sicuramente avrebbero provato come voleva.
I vari suoni si allontanavano man mano dalla grande sala bianca, suoni di risate, di appunti, di pettegolezzi vari.


Era di fronte al cancello degli studi quando infilò le mani nelle tasche dei pantaloni per cercare le chiavi di casa. Tastò più volte il tessuto delle tasche, prima di gettare la testa all'indietro visibilmente frustrato per la sua scarsa memoria.

“Le ho tolte perché mi davano fastidio mentre suonavo” ricordò percorrendo il a ritroso la strada verso gli studi.
 

Le luci erano state quasi tutte spente e pensò che ormai non ci fosse più nessuno, fu dunque sorpreso nel notare la luce soffusa che proveniva dalla cabina di George Martin. Essa si rifletteva verso il basso, illuminando una piccola porzione di spazio all'interno della sala di incisione.

Sbirciò attraverso la porta bianca e fu subito rapito da un suono, un suono lento, che risuonava malinconico nella stanza vuota, occupata soltanto da John, chino sullo strumento che aveva usato per registrare quel giorno. Paul inizialmente lo guardò sorridendo ma pian piano il sorriso si spense.
John era triste. Paul poteva dirlo dal modo in cui era seduto tutto solo e sotto una luce che lo illuminava scarsamente proiettando una lunga ombra verso la porta e pensò che John fosse la perfetta immagine dell'artista, solitario e diverso, colui che combatte contro l'ipocrisia che affligge il mondo.

Stava proprio per entrare con una delle sue battute, quando il suono solitario della chitarra fu ripetuto, un Mi minore, molto malinconico da parte sua.

Non c'erano particolari ragioni per le quali John si sentisse così quel giorno.
La routine era stata la stessa di tutti i giorni ma quel Giovedì John era talmente triste e si sentiva talmente solo che gli mancava il respiro.

Paul si avvicinò lentamente, parandosi in piedi di fronte all'amico, pronto con una delle sue battute, ma la risata gli morì in gola quando incrociò i suoi occhi.
Fu un attimo, prima che John li posizionasse di nuovo sull'amplificatore di fronte a lui, ma Paul li aveva visti; quegli occhi malinconici che spuntavano di tanto in tanto sul viso del suo amico.

Si sedette accanto a lui, senza dire una parola, quando John lasciò la chitarra a terra per guardarlo di nuovo.

Una volta, sua mamma, gli disse che ci sono momenti in cui le persone necessitano di un abbraccio, non per una particolare ragione, ma perché avvertono il bisogno del calore umano, di una stretta che potesse rassicurare.

Ed era questo ciò che serviva a John.

 

Paul posizionò il suo braccio dietro la schiena di John, talmente piano da sembrare un soffio, ma fu sufficiente per il maggiore poiché in meno di un attimo lo stava stringendo con una presa soffocante, aggrappandosi al mancino come se fosse un'ancora, la sua ancora.
Paul non esitò a ricambiare, avvertendo il peso di John sul suo petto, la fronte sulla sua spalla, le mani strette alla sua schiena, posò una mano sui suoi capelli, proprio come si fa con i bambini piccoli.

Il respiro di John si fece tutto d'un tratto più pesante, si era rilassato talmente tanto e così improvvisamente che si ritrovò a piangere nella camicia del minore senza fare alcun rumore, scosso soltanto lievemente dai singulti.

Paul non azzardò a muoversi nemmeno di un millimetro, nonostante la presa su di lui fosse soffocante, anzi, questa volta intrecciò le dita nei capelli ramati, rigirando le ciocche corte, cullando la schiena del maggiore.

John si sentiva al sicuro e protetto, coperto da quel lieve fascio di luce che li illuminava in maniera timida, stretto da quelle braccia che non avevano esitato ad accoglierlo, da quella persona che non gli aveva detto niente e gli aveva chiarito tutto.
Lasciò la presa dalla sua schiena, gli aveva sicuramente stropicciato tutta la giacca e bagnato la camicia, ma a Paul non importava.

Sollevarono entrambi i loro sguardi, lasciando che le mani tornassero lungo i fianchi, per guardarsi di nuovo.
Nessuno disse nulla poiché non c'era niente da dire ma Paul sussultò lievemente quando John strinse una mano nella sua.

Istintivamente Paul spostò lo sguardo verso il basso ma non ritirò la propria mano, anzi, prese la mano sinistra di John e ne intrecciò le dita.
Il piccolo sbuffo di entrambi dovuto al sorriso imbarazzato che si scambiarono riecheggiò tra le pareti imbottite dello studio buio.

Fu solo quanto sollevarono ancora gli sguardi che le frangette di entrambi strusciarono tra di loro, facendo toccare le loro fronti. John puntò i suoi occhi in quelli di Paul così intensamente da lasciare entrambi con il fiato corto, strozzato in gola.
E solo quando Paul schiuse le labbra rosse e piene, John alzò quel tanto che bastava per farle incontrare con le sue.

Oh, quel contatto, non potevano aspettarsi che sarebbe stato così straordinario!

Fu un bacio talmente lento ma così dannatamente passionale che sembrò per un attimo di volare. Per il modo in cui tutto combaciava, dalle labbra alle mani strette, al cuore di entrambi che sembrava stesse per esplodergli dal petto con quel ritmo martellante simile al pistone di un'auto in corsa.

Nessuno dei due poteva crederci, nessuno dei due ci avrebbe mai creduto se non fosse mai successo, eppure non riuscivano a smettere, di averne abbastanza delle labbra dell'altro. Inclinarono la testa e si baciarono ancora, senza dargli un motivo, senza saperne la ragione. 

Poi tutto smise così come era cominciato, lasciandoli di nuovo con il fiato corto.
Paul prese le chiavi dalla custodia del suo basso e John si alzò in piedi, pronto per uscire.

E quando entrambi si salutarono con un gesto pigro della mano e presero a camminare nelle rispettive direzioni John era sicuro di essersi sbagliato.

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