Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: mael_    05/09/2013    2 recensioni
A Sebastian non piace prelevare soldi al bancomat. Quando si sente una pistola puntata contro crede nella fine, e avrebbe dato i soldi al ladro se solo non avesse visto la pistola finta, e due occhi cioccolato a fissarlo. Ed è un nuovo inizio, per riscoprirsi.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rachel Berry, Sebastian Smythe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

A new beginning to rediscover.

 

Quando Sebastian mise piede fuori dall'ospedale rabbrividì e sospirò, facendo sì che una nuvoletta di vapore gli uscisse dalle labbra. Si strinse nel cappotto con fare pensieroso e prese a camminare a grandi falcate verso il suo quartiere, poco distante dal St. George. Durante il cammino alzava spesso le mani a sistemarsi la sciarpa sulle labbra, poi le riportava nelle tasche del cappotto, infastidito da quel freddo pungente marcato dicembre. Mancava poco a natale, e Sebastian amava il natale, perché comprava regali per i bambini al reparto pediatrico, dove lavorava, e festeggiavano tutti insieme.

Con un sorriso sulle labbra a quel pensiero si addentrò nel suo quartiere, nemmeno la sporcizia e il casino che si vedeva in giro per i marciapiedi lo metteva di mal umore. Però una cosa sì, era venerdì e di venerdì doveva prelevare al bancomat.

Sebastian aveva sempre avuto un certo timore a farlo. Si guardava sempre attorno e cercava di fare il più veloce possibile, perché era buio e aveva paura. Strano, no? Sebastian Smythe paura, però andiamo... chi non ha paura di sentirsi una pistola contro la schiena e una voce losca a chiederti dei soldi? Specialmente in quel tipo di quartiere. Nonostante lui prelevasse pochi soldi, venti o trenta dollari ogni due, tre giorni, la paura rimaneva.

Si avvicinò con cautela, prima di sbrigarsi a tirare fuori il portafoglio dalla tasca posteriore dei pantaloni. Aveva le mani come ghiaccioli, e i guanti -inutili- scivolavano. Se ne tolse uno e tirò subito fuori la carta, infilandola e digitando ciò che c'era da digitare. Si morse le labbra impaziente, picchiettando con le dita sul piccolo schermo, rileggendo la scritta che lo informava del rilascio dei soldi. Anche se questi non uscivano.

Poi successe, all'inizio neanche l'aveva capito, non finché non sentì la punta della pistola spingere contro la sua schiena. S'irrigidì all'istante e strabuzzò gli occhi, notò pochi secondi dopo i soldi uscire e sperò che li prendesse, e scappasse. Invece sentì solo la pistola farsi più insistente, e poi la sua voce.

«Da' tutto a me» la voce risultò bassa, roca, quasi come se il ladro stesse cercando di camuffarla. Però il tono era duro, e Sebastian allungò la mano a prendere quei trenta dollari.

Si girò, lentamente, come se avesse paura che se l'avesse fatto velocemente sarebbe morto all'istante. Con gli occhi bassi fissò le mani del tizio, deglutendo seguendo la linea della pistola. Non l'avrebbe guardato negli occhi, non doveva e non voleva farlo. Sarebbe stato peggio, guardarlo. Fissò solo gli occhi sull'arma, alzando la mano con i soldi, facendo per darglieli. Poi la notò, la punta rossa della pistola nascosta tra le pieghe del suo cappotto. Ritirò subito la mano, indietreggiando. Teneva ancora lo sguardo basso.

Il ladro indietreggiò a sua volta, nascondendo subito la pistola nella tasca dell'enorme felpa che indossava.

«E' finta» constatò Sebastian, e la paura se ne andò tutta insieme, facendogli alzare lo sguardo sul ladro.

Lo fissò interdetto, o meglio, là fissò. Aveva le labbra e il naso coperti da una bandana blu scuro, ma quegli occhi cioccolato erano inconfondibili. Le sopracciglia di lui slittate verso l'alto in un'espressione stupita, con la bocca che s'apriva e si chiudeva. Voleva dire qualcosa, ma proprio non sapeva cosa dire.

«Ra-Rachel?»

Rachel si scostò la bandana, rivelando una nuvoletta di vapore uscirle dalle labbra violacee e screpolate, il volto pallido, scurito all'altezza dello zigomo da un livido, e uno sguardo curioso, smarrito. Alzò lo sguardo sulla figura dell'uomo, che fino a quel momento non aveva guardato bene, e chinò il capo di lato.

«Sebastian!» esclamò poi.

Non sapeva se essere felice per essersi trovata lui davanti, o se vergognarsi e sotterrarsi per aver appena tentato di derubarlo con una pistola finta. La seconda ebbe la meglio, abbassò subito lo sguardo, le guance colorite di rosso, e prese a mordersi le labbra dandosi della stupida.

«Scusami, io... i-» incalzò lei, torturandosi le mani -rosse dal freddo e graffiate-.

«Non ti do nemmeno un dollaro» ridacchiò Sebastian, facendole alzare lo sguardo di scatto a quelle parole. «Però ti offro una hamburger, ti va?»

Rachel aprì le labbra in un sorriso, stringendosi nella felpa annuendo piano. Si aspettava tutt'altro, che se ne andasse o che la rimproverasse, non che le offrisse una cena. E aveva tremendamente fame. Quando lui le porse il braccio con gentilezza, lei lo afferrò con quell'espressione dolce e curiosa, camminando insieme a lui.

Dopo pochi minuti, passati in silenzio a camminare per le strade fredde e silenziose del quartiere, Sebastian arrivò alla sua jeep mezza scassata, vecchia anni ed anni. Fece salire Rachel, salì lui e mise in moto, avviandosi verso il fast food più vicino, sorprendendosi di riuscire ad accendere i riscaldamenti. Mentre guidava osservava, di tanto in tanto, Rachel. Una volta che la macchina s'era scaldata completamente poté vederla rilassarsi, e sorrise notando l'espressione beata sul suo viso -già meno pallido-.

Passarono cinque, sette minuti, prima che Sebastian parcheggiasse in un posto libero dall'altra parte della strada dal locale. Riprese Rachel sotto braccio e le sorrise gentilmente. Poi gli venne un dubbio, e la guardò.

«Sei vegana?» chiese con un sopracciglio inarcato.

«Lo ero» rispose lei portando una mano a scostarsi una ciocca di capelli da davanti gli occhi, stringendosi a lui infreddolita.

Lui sorrise, come immaginava. Spinse la porta del locale e la fece entrare, sentendosi le orecchie in fiamme per il cambio di temperatura. Fortunatamente anche quello era al caldo, e Rachel si sentì nuovamente meglio, guardandosi attorno, stringendo le mani nella felpa all'odore di cibo.

Oltre che caldo era accogliente, Sebastian era anni che andava lì, conosceva la cameriera e la salutò appena la vide, con un cenno della mano.

«'Bastian!» ricambiò lei avvicinandosi, con quel sorriso sghembo, mentre masticava la sua gomma alla menta.

Li fece subito accomodare e rimase a chiacchierare con lui sul lavoro, e lui le chiese come stava sua figlia, se alla fine s'era ripresa da quella febbre alta. Prima che lei se ne andasse -a servire i clienti affamati e impazienti che la chiamavano dall'altra parte del locale- Sebastian ordinò sia per lui che per Rachel.

Quest'ultima era rimasta in silenzio a guardarsi le mani, alternando lo sguardo dalle sue a quelle della cameriera -curate e smaltate- e il suo viso pulito e bello, nonostante i modi bruschi e mascolini. Si morse le labbra, sotterrandosi col naso nel collo della felpa, sentendosi le guance congelate e così anche il naso.

Sebastian, una volta che Reina -la cameriera- se ne fu andata, si voltò verso Rachel e le sorrise, giungendo le mani sul tavolo dopo aver tolto i guanti.

«Allora... come mai non sei più vegana?» chiese curioso.

Rachel si tirò su a sedere meglio, allungando il viso per scostare il collo della felpa, per poi fissare Sebastian. La giovane Rachel Berry, quella allegra e spensierata del liceo, quella che aveva meticolosamente ordinato e programmato la sua vita, avrebbe sicuramente creduto nel destino. Ovvero che lei e Sebastian, in quel locale a quel tavolo, era destino. Ma Rachel aveva smesso da tempo di sognare o di credere a quelle “cazzate”, ormai le appellava così.

«Non potevo concedermi certi sfizi, e ho cominciato piano piano a mangiare carne, uova...» mormorò di risposta. «Tu... tu cosa hai fatto? Insomma, scusa se te lo chiedo così, ma tuo padre non era ricco?»

Le labbra di Sebastian mutarono da un'espressione seria ad una divertita, e scuoté il capo ripensando a quell'uomo e a quanto gli fosse grato di essere un padre stronzo qual'era.

«Dopo il liceo... insomma, sì, ho detto a mio padre di essere gay e lui mi ha cacciato» disse per niente ferito, non lasciando trapelare dolore, perché non ne provava, o delusione, perché non ne provava. Non provava niente verso quell'uomo, se non odio. «Così ho preso e me ne sono andato, sono venuto qui a New York. Avevo dei soldi, buona volontà... sì insomma, ho lavorato in vari posti» confessò passandosi una mano fra i capelli, fece poi spallucce «da due, tre anni lavoro al St. George, in pediatria, faccio l'infermiere e passo del tempo con i bambini quando finisco i turni».

Rachel lo ascoltava attirata, sorridendo quando s'immaginò Sebastian in camice a giocare dei bambini, e nascose il viso tra le mani.

Prima che potesse dire qualcosa arrivarono le loro ordinazioni, e non aspettò oltre e si fiondò a mangiare, velocemente per i primi tre, quattro bocconi delle uova strapazzate e il bacon attorno.

Sebastian la osservò, prendendo a mangiare lentamente. Non per dispetto a quel che lei stava facendo -letteralmente divorando la cena, senza risultare un animale tra l'altro-, piuttosto perché era la sua solita andatura. Ed era incantato guardarla mangiare. Si chiese da quanto non mangiasse, e tirò un sospiro di sollievo al pensiero che per fortuna l'aveva incontrata. In una situazione un po'... strana, ma comunque erano lì.

«Tu, piuttosto?» chiese dopo un po' che mangiavano in silenzio.

Prese un sorso d'acqua dal bicchiere e riempì quello di lei, aspettando una sua risposta.

«I-io? C-cosa io...?»

«Rachel» la chiamò lui, e lei alzò lo sguardo dal piatto, posandolo sul suo «stavi per derubarmi» le ricordò.

Lei prontamente arrossì e nascose un sorriso imbarazzato. Si attaccò al bicchiere, finendone il contenuto in pochi secondi, poi si appoggiò allo schienale sospirando.

«E' andato tutto a rotoli» disse solo.

Solo dopo un po' che continuava a mangiare, a parlare di altro, decise di parlarne. Le avrebbe fatto bene sfogarsi. E raccontò dei litigi che ebbe con i suoi padri, i suoi migliori amici e Finn. Era diventata egocentrica, più del solito, e s'era ritrovata sola. Aveva sbagliato un'audizione importantissima, senza via d'uscita, e aveva abbandonato la Nyada.

«Avevo bisogno di soldi» raccontava «e... cominciai a rubare portafogli nelle piazze. Quella cosa... sì, quella con la pistola che ho fatto prima, non l'avevo mai fatto prima... Sono anche ricercata, uh».

Sebastian aveva ascoltato, e non disse nulla neanche dopo. Semplicemente le sorrise e cambiò argomento, chiedendole se comunque seguisse ancora i musical, e ridacchiò quando le si illuminarono gli occhi.



«Dove andiamo?» chiese Rachel, salendo nella macchina e guardando Sebastian interrogativa.

Lui non rispose, mise solo in moto. Viaggiarono per una ventina di minuti, lei guardando fuori dal finestrino rapita dalla città che una volta era il suo sogno. In quel momento un incubo. Un incubo al di là di Sebastian, uno spiraglio di luce in tutto quel buio.

Quando arrivarono lei deglutì, abbassando lo sguardo. La paura l'assalì, non se l'aspettava, ma doveva ammettere che era la cosa giusta da fare. Osservò dal finestrino la stazione di polizia e si morse forte le labbra, nascondendo le mani nelle lunghe maniche della felpa.

Sebastian la guardava, e quando la vide girarsi verso di lui, si spinse ad abbracciarla forte e a lasciarle un piccolo bacio umido sulla guancia, e uno vicino le labbra.

Rachel lo abbracciò di nuovo e si strinse a lui.

«Non sarai sola, ti aspetterò, lo prometto» le sussurrò all'altezza dell'orecchio.



Un anno dopo, quando Rachel uscì di prigione, vide Sebastian accanto alla sua jeep, con un enorme sorriso. E lei corse verso di lui.



mael_

Ragazzi! Non ne sono sicura, ma credo questa sia la prima smytheberry in assoluto qui su efp. Mi pareva giusto iniziare questa ship, anche se qui è più una friendship. Sì insomma, per me l'importante è far conoscere questi due... magari smetterò di leggere fanfiction in inglese! AHAHHAHA, magari. Comunque sia, questa storia nasce dal fatto che io da qualche parte ho letto un racconto che parlava di una donna al bancomat e un uomo che tenta di derubarla. Insomma, roba simile. Io non ho fatto altro che spremermi le meningi per fare una cosa simile. C'è da dire che inizialmente era una pezberry, poi è slittata ad una smytheberry grazie a Nico.

Grazie anche a Maf per avermela betata sul momento, tbb sweetheart.

Io ci ho messo il cuore, e i feelings, come sempre. Love u guys. <3 cccià!

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: mael_