Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Ricorda la storia  |      
Autore: ChiiCat92    05/09/2013    1 recensioni
Bill, Tom, Gustav e Georg non sono ancora famosi, anzi, per la verità non sono proprio nessuno.
è il 2004 e loro sono solo dei ragazzini a cui piace stare insieme e fare della musica.
non sanno che il Destino è dietro l'angolo...e che ha uno strano modo di manifestarsi.
scritta in onore dell'ottavo anniversario di Durch den Monsun!
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

15 Agosto: il giorno che andò tutto storto, ma l'anno prima

 

Quella mattina, Bill si svegliò con un sussulto. Forse per colpa di un brutto sogno, forse per colpa del caldo che improvvisamente aveva reso l'aria irrespirabile, forse per colpa delle urla di sua madre che gli suggerivano con cortesia di svegliarsi al più presto e scendere a fare colazione prima che salisse lei; e se fosse salita...sapeva come sarebbe andata a finire.

Quindi si stropicciò gli occhi con un gran sbadiglio e si lanciò sul comodino per accedere la luce e vedere che ore fossero.

Erano appena le sette del mattino, un orario che secondo Bill sarebbe dovuto essere cancellato dall'orologio.

Un altro urlo lo costrinse a scendere i piedi oltre il bordo del letto e poggiarli a terra.

Come uno zombie, uscì dalla stanza, esprimendosi in mugugni e lamenti degni di un poltergeist.

Dalla cucina veniva un meraviglioso profumo di uova e salame (ma soprattutto di caffè) che trascinarono il quindicenne ancora immerso nel suo sonno comatoso.

- Buongiorno, ce l'hai fatta alla fine. -

Lo salutò sua madre, senza guardalo, visto che stava ancora dando retta ai fornelli.

Bill rispose con una specie di “sgrunt” a cui poi aggiunse:

- Perché dobbiamo svegliarci all'alba il 15 di Agosto? -

- Perché abbiamo un programma per la giornata, e non vogliamo fare tardi. -

Rispose lei, un po' arrabbiata.

Visto che Bill non aveva ancora la mente sveglia, non si ricordò che sua madre, la sua tanto amata mammina, aveva deciso per quella giornata di organizzare un pic-nic in campagna, con tanto di pranzo a sacco, e che non sarebbero stati soli perché con loro sarebbero venuti anche...

Il rumore della sedia accanto a lui che strisciava interruppe sul più bello il pensiero, facendoglielo praticamente dimenticare.

Tom, con l'eleganza di cui era dotato, si accomodò sulla sedia, e quasi ululò di rabbia per essere stato svegliato a quell'ora. In quel momento, somigliava proprio ad un cagnolino disperato.

- Siete sempre a lamentarvi voi due. - disse esasperata la madre. Versò ad entrambi le uova strapazzate nel piatto, senza dimenticare di rivolgergli delle occhiatacce. - Siete stati i primi ad essere d'accordo per questa cosa, quindi non lamentatevi. -

- Ma nessuno ci aveva detto che ci saremmo dovuti svegliare a quest'ora orribile. -

Si lamentò Tom. Bill fu sorpreso dal fatto che avesse usato l'espressione “quest'ora orribile” e non “quest'ora del cazzo”, forse aveva capito che la mamma non tollerava parolacce in sua presenza.

- Mi pare di avervelo detto che ci saremmo svegliati presto. Quindi basta lamentele! Mangiate e andate a prepararvi. Dobbiamo anche andare a prendere i vostri amici. -

La parola “amici” dovette risvegliare qualcosa nei due gemelli, perché si lanciarono un'occhiata complice e divertita, per poi gettarsi a capofitto sulla colazione, senza quasi sentirne il gusto.

- Posso portarmi la chitarra? -

Propose Tom, con la bocca piena di uova.

- Bleah, inghiotti prima di parlare! -

Sbottò Bill, dandogli una spintarella con un gomito.

- Sì, porta quello che vuoi, basta che tra dieci minuti vi vedo pronti davanti alla porta. -

Fu la calma e decisa affermazione della madre.

I due smisero immediatamente di farsi problemi a vicenda. Anzi, si chiesero se l'idea della chitarra fosse venuta in mente anche a Georg con il suo basso.

Bill guardò Tom, e lui capì subito: urgeva mandare un messaggio all'Hobbit, per assicurarsi che prendesse il suo strumento.

Improvvisamente quella giornata non sembrava neanche tanto male.

 

*

 

Il sole spaccava le pietre, e l'aria era torrida. Era un'estate particolarmente torrida per essere Agosto in Germania.

Per fortuna in macchina c'era l'aria condizionata, anche se c'erano troppi corpi ammassati nel poco spazio sui sedili posteriori.

Bill stava bello comodo sul sedile anteriore, e non mancava di rivolgere le smorfie ai due amici e al fratello strizzati dietro, con i loro zaini e le facce di chi vorrebbe essere ancora a letto.

Questo succedeva perché Bill aveva vinto la morra cinese per decidere chi di loro dovesse stare davanti.

- Siamo tutti pronti? Georg? Gustav? Dimenticato qualcosa? -

- Nossignora, tutto apposto! -

Risposero i due in coro, suscitando una risata nei gemelli.

- Bene, allora si parte! -

L'entusiasmo raccolto nel “yeeeeeeeeah!” che uscì dalle labbra dei ragazzi fece sorridere la donna.

Quella poteva essere l'ultima estate in cui lei era libera di portare i ragazzi in giro come in quell'occasione.

Non sapeva cosa gli riservasse il futuro, ma sperava che fosse qualcosa di grande, e dato che raramente il suo sesto senso si sbagliava, sapeva che l'anno dopo loro sarebbero stati lontani, impegnati con la loro musica, e non ci sarebbe stato spazio per nessuna gita in campagna.

Cercando di scrollarsi di dosso quell'improvviso senso di malinconia che le era scivolato addosso, la donna accese la radio.

- Ascoltiamo un po' di musica? -

Non appena le prime note risuonarono nelle casse, si alzò un coro di “noooooooooooo!”.

Era “Schönes mädchen aus dem all”.

Bill non sapeva cosa potesse essere più imbarazzante, se sentire sua madre cantare una delle sue canzoni, o se ascoltarsi cantare alla radio.

La donna però cantava con attenta passione, come se ci credesse veramente, e i ragazzi non potevano che esserne contenti: non c'erano molte persone ad appoggiarli ora come ora.

Finirono col mettersi tutti e cinque a cantare e a ridere di cuore.

 

Dopo un'ora e mezza il sonno ebbe la meglio sui ragazzini, che si addormentarono gli uni sugli altri.

L'unico rimasto sveglio era Bill, che accompagnava la madre intrattenendola con qualche chiacchiera.

Ma stava morendo di sonno anche lui.

Lasciando la città e addentrandosi nella campagna il tempo era andato sempre peggiorando.

Il sole era stato coperto da uno spesso strato di nuvole, che più volte avevano fatto temere una brutta scarica d'acqua. Ma non era caduta neanche una goccia e l'aria era calda e pesante, perché dunque rinunciare alla loro piccola gita? Anche se non ci sarebbe stato il sole, sarebbe comunque stato piacevole.

- Mamma sto per addormentarmi. - sbadigliò Bill - Ti dispiace? -

La donna scosse la testa con un sorriso.

- No, tranquillo. Tanto ormai non manca molto. -

Il ragazzino non aspettava altro. Appoggiò la testa al finestrino e si addormentò quasi subito.

 

A svegliare i quattro ragazzi fu un tonfo e un'imprecazione.

Il primo venne dalla macchina, che sbandò appena verso destra, la seconda venne dalla donna, che aveva sterzato di colpo per evitare di perdere il controllo dell'auto.

Tom fu il primo ad aprire gli occhi, e vedendo il guard rail che si avvicinava pericolosamente al fianco della macchina gettò un urlo che svegliò tutti gli altri.

Gustav si riscosse con un sobbalzo, mentre Georg, che teneva la testa sulla sua spalla, gli diede un colpo involontario che gli fece volar via gli occhiali dal naso.

- Aaaaaaaaaaaaah! Gli occhiali! -

Fu la lamentela del biondo quindicenne.

La macchina inchiodò di botto. Se non fosse stato per la cintura, Bill si sarebbe ritrovato spinto sul cruscotto.

- Ma che succede? -

La voce di Georg era ancora sonnolenta.

- Succede che abbiamo bucato. -

La risposta funerea della donna fece venire un colpo al cuore ai quattro.

- Bucato? -

Chiese Tom, ancora incredulo.

- Sì, bucato. -

Ribadì la madre, con tutta la rabbia e la stizza di cui una persona potrebbe essere capace.

Si slacciò la cintura, aprì lo sportello per poi scendere, mandando imprecazioni sottovoce, nella speranza che nessuno di loro la sentisse.

Fece il giro dal lato del passeggero, e si abbassò per constatare i danni.

- Non ho ancora capito che cosa è successo. -

Borbottò Tom, poco convito.

- Abbiamo bucato una gomma, intelligentone. -

Sbottò Bill, slacciando la cintura a sua volta e scendendo dalla macchina.

- Sì ma i miei occhiali?! -

- Sono qua, tieni! -

Georg li aveva recuperati da sotto il sedile del guidatore, e li porse all'amico rimasto praticamente cieco.

Bill raggiunse la madre, che aveva praticamente le mani ai capelli.

La ruota si stava sgonfiando lentamente, si sentiva l'aria fuoriuscire con violenza.

- Cosa sarà stato? -

Chiese lui, toccando la gomma e constatando come fosse ormai molle.

- Non lo so, non c'era niente sulla strada, o almeno io non ho visto niente. -

Lo sbuffo stressato della madre fece mal pensare Bill.

Solo in quel momento si rese conto di dove si trovassero. Erano nel bel mezzo del nulla, in una stradina sterrata lontana dall'autostrada, più vicini alla campagna che alla città. Il cielo era grigio plumbeo, in lontananza lampeggiavano i lampi.

Quel che venne naturale a Bill fu tirare fuori il cellulare, e quello che lesse sullo schermo non gli piacque per niente: “nessun segnale di rete”.

- Il telefono non prende. -

Comunicò alla madre, con un po' di panico nella voce.

La donna, prima di rispondere, andò controllò anche il suo telefono. Armeggiò per qualche secondo prima di sospirare, arrabbiatissima.

- Non prende neanche il mio. - rimase per qualche istante in silenzio, riflettendo sul da farsi. Quattro paia di occhi la guardavano come fosse un'ancora di salvezza. E in quel momento era il loro unico punto di riferimento. - Scendete tutti, datemi una mano, cambiamo questa ruota. -

I ragazzi non se lo fecero ripetere.

La ruota di scorta era nel bagagliaio. Georg e Gustav la tirarono fuori con non poca fatica, mentre Bill portava gli attrezzi alla madre per svitare i bulloni che tenevano fermi la ruota scoppia e il cric.

La donna osservò il cric come fosse uno strumento provenuto dallo spazio profondo, e poi guardò la macchina con la stessa faccia. Dove andava messo?

Praticamente si sdraiò a terra per capire quale fosse il punto migliore. Credendo di averlo trovato, mi mise sotto il cric, e l'asta con cui doveva far leva per tirare su la macchina.

Dopo qualche spinta a vuoto la macchina cominciò a salire. Forse alla fine aveva trovato il punto giusto.

Quando l'auto fu sollevata a sufficienza, lei infilò la chiave nel primo bullone e provò a fare pressione per svitare il primo bullone, ma niente.

- Posso provare? -

Chiese il ragazzo, con gli occhi preoccupati. Lei lo guardò scettica; come poteva quel piccolo stuzzicadenti riuscire dove lei, tanto di più grossa, non era riuscita?

- Sì fa' pure. -

Gli disse alla fine, per non deluderlo.

Bill si gettò sulla chiave e tirò con quanta più forza aveva, con il solo risultato di non muovere neanche di un millimetro il bullone.

Visto che con le buone maniere non si arrivava a niente, Bill fissò bene la chiave sul bullone, dopo di che si saltò sopra con entrambi i piedi per fare maggior leva.

La madre si stupì della sua intraprendenza, come altrettanto del suo fallimento: i bulloni, comunque, non diedero cenno di voler venire via.

Intanto, Georg e Gustav fece rotolare accanto a lei la ruota di scorta.

- Non va? -

Chiese il biondo Gustav, ancora più spaventato di come fosse stato Bill poco prima.

- No, i bulloni sono troppo stretti. -

Prima che qualcuno potesse aggiungere qualcosa, il rombo di un tuono, pericolosamente vicino, scosse la terra come un terremoto, facendoli sobbalzare.

Tom alzò la testa verso il cielo, appena in tempo per scorgere una saetta zigzagare proprio sopra di loro.

- Sta per venire giù il diluvio. -

Commentò, tutto spaventato.

- Un motivo in più per sbrigarci a cambiare la ruota. -

Fu il commento secco della donna. Tornò alla carica con la chiave per svitare i bulloni, tirando con tutte le sue forze.

Georg si offrì volontario per provarci, visto che era il più muscoloso dei quattro. Ma anche lui poté poco contro quei bulloni avvitati come se non ci fosse un domani.

Un'unica goccia d'acqua cadde sulla fronte di Bill, che sobbalzò quasi per lo spavento. Alzati gli occhi al cielo, una seconda goccia gli arrivò sul naso.

Il suo sguardo, repentinamente puntato a terra, cercò qualcosa con cui venire in aiuto alla madre, ma senza trovare niente.

- Ho un'idea! -

Fece Gustav ad un tratto, che era rimasto in disparte per tutto il tempo.

- Che idea? -

Il biondo non rispose alla domanda. Si limitò ad abbassarsi per afferrare l'asta estraibile del cric.

- Fisica applicata! - fu quello che disse. L'asta del cric era cava, e lui la infilò nella chiave con cui stavano provando a svitare i bulloni. - Un semplice vantaggio meccanico. -

Con il braccio della leva più lungo la forza applicata sui bulloni cresceva, e il primo bullone cedette e si svitò.

Anche se né i gemelli, né Georg, né la donna riuscirono a capire la spiegazione data da Gustav, gli furono soltanto grati per aver risolto il loro più grande problema.

Un altro paio di gocce caddero sulla testa di Bill, che cominciò a pensare che la pioggia ce l'avesse proprio con lui.

Il ragazzino non ebbe neanche il tempo dire “forse è meglio che saliamo in macchina”, perché le due gocce che gli erano arrivate in testa si trasformarono in una pioggerella sottile come una tenda.

- Sbrighiamoci! -

La donna riscosse i quattro ragazzi, che erano rimasti incantati a guardare la pioggia.

Finirono di svitare i cinque bulloni e poterono togliere la ruota scoppia.

Tom la fece rotolare via e per poco non gli venne un colpo: il copertone era completamente tagliato. Non era stato di certo un chiodo a provocare tutto quel danno.

La pioggerella estiva era fredda e pungente, e ben presto i cinque sfortunati si ritrovarono a rabbrividire nei loro vestiti leggeri.

Mettere la ruota era però più difficile del previsto.

La macchina non era sollevata abbastanza, e dovettero armeggiare con il cric per tirarla ancora su ancora un po'.

Qualche minuto dopo, la pioggia, prima sottile, si trasformò in un vero e proprio acquazzone scrosciante.

- Sale? -

Urlò la donna per farsi sentire. Bill, che aveva il volto appiccicato a terra per vedere se il cric era salito o meno, scosse desolatamente la testa.

- No per niente, sembra bloccato. -

- Togliamolo, forse non va messo lì. -

- Cerco le istruzioni! -

Si propose Tom per poi gettarsi nel bagagliaio della macchina alla ricerca del libretto di istruzioni della macchina.

Quella pioggia così fitta e fredda impediva qualsiasi movimento. Bill aveva i capelli mori tutti appiccicati sulla fronte, e brividi che lo scuotevano dalla testa ai piedi.

Dopo tentativi a vuoto, la donna abbandonò le armi.

- Aspettiamo che spiova, così non risolviamo niente! -

La sua voce dovette sovrastare un tuono che scoppiò praticamente sopra le loro teste.

Prima di potersi infilare in macchina, la grandine prese il posto della pioggia. Chicchi di ghiaccio grossi come proiettili caddero giù dal cielo colpendoli con furia.

Si infilarono in macchina urlando.

Non appena chiusero gli sportelli, e dopo essersi guardati in faccia, i cinque scoppiarono a ridere, mentre là fuori infuriava il temporale.

- Questo monsone non me lo sarei mai aspettato! -

Esclamò la donna, con un sorrisone.

Anche affacciandosi al finestrino era impossibile scorgere qualcosa. Era come se il mondo fosse stato improvvisamente inghiottito e cancellato dall'acqua.

Tutto quel che si poteva vedere e sentire era il ticchettio persistente dell'acqua che cadeva a fiotti, e dei chicchi di grandine che saltavano sulla carrozzeria.

Si erano tutti bagnati nel tentativo di cambiare la ruota, e grondavano come se fossero appena usciti dalla piscina.

Però, per qualche strana ragione, non potevano fare a meno di ridere.

Forse era lo stress dovuto al fatto di trovarsi completamente isolati nel nulla, forse era l'assurdità di quella situazione, forse perché la sfortuna non li aveva mai perseguitati così tanto come in quel momento, o forse per la felicità di non essere soli nella disgrazia.

Anche se tremavano e battevano i denti per il freddo, e non erano sicuri di cosa ne sarebbe stato di loro.

Bill guardò le gocce di pioggia che scendevano lungo il finestrino; ascoltò la melodia del cielo che rispondeva a se stesso con rombi e tuoni.

Quasi inconsciamente le sue mani corsero a cercare nel suo zaino penna e taccuino.

Le parole scivolarono fuori dalla punta della penna, dettate direttamente dal cuore.

Tom si sporse sulla spalliera del sedile del passeggero. Gli occhi gli caddero su quello che suo fratello stava scrivendo.

- Qui potrei metterci un giro di MI. -

Disse con un sorrisetto.

Bill incrociò il suo sguardo e ricambiò il sorriso con uno timido.

- E come hai intenzione di intitolarlo questo capolavoro? -

Solo allora Bill si accorse che tutti quanti lo stavano guardando.

- Durch den Monsun. -

Sussurrò lui, imbarazzatissimo.

 

*

 

Il Destino volle giocare con loro, quando esattamente un anno dopo, il 15 Agosto 2005, “Durch den Monsun” divenne il singolo di debutto della giovane band tedesca Tokio Hotel, composta da Bill, Tom, Gustav e Georg, quattro ragazzini che un giorno si erano persi nel monsone, trovando in esso qualcosa di magico.

 

 

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: ChiiCat92