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Autore: elyxyz    11/03/2008    35 recensioni
Bella è alle prese con l’influenza, ma la presenza di Edward è la medicina migliore.
Con una precisione chirurgica, Isabella aveva scelto il primo giorno di vacanze natalizie per ammalarsi. E, per fare le cose in grande, aveva preferito non un comune malessere di stagione, ma il servizio full-optional: febbre da cavallo, raffreddore con perenne gocciolio al naso, tonsillite con placche bianche in gola, afonia completa e dolori articolari degni dell’ultimo incidente avuto con la sua moto.
(...) Ma, cosa ancor più importante, c’era Edward a tenerle compagnia. Con il controverso beneplacito di Charlie, che doveva comunque recarsi al lavoro anche durante le festività, il suo ragazzo aveva ottenuto il permesso di prestarle assistenza e compagnia, perché lasciarla sola in quella casa per troppe ore era pericoloso persino quando era nel pieno delle sue facoltà, figurarsi quando credeva di avere un criceto che giocava con la sua ruota incastrata nel mesencefalo!
Genere: Romantico, Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sweet Fever

Note: Questa è la mia terza fic su Twilight. Spero sia di vostro gradimento!
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Non avrei mai creduto che Midnight Sun raggiungesse addirittura le 30 recensioni!

Sono rimasta senza parole, e non riesco a esprimere come vorrei la mia gratitudine... ç__ç

 

Dedicato a Voi: love_fool, Yuki, Orchidea Rosa, Ed92, Elychan, _BellaBlack_, Locke, Tao, Fosuke, Setsuka, Ayako_chan, Midnight Dream, Vocedelsilenzio, Alchemist Fan,  Mew_Chicca, _Natsuki_, Wild, jena92, Yuki Delleran, Mony91, Rowina, Iside5, Fe85, PenPen, Momob, Eragon1001, Arkadio, Sheerer e Zerby.

 

 

Sweet Fever

 

by elyxyz

 

 

 

 

Bella sentiva il mondo rimbombarle nella testa, ora ovattato ora stridente, a seconda dei casi.

La febbre alta le faceva percepire una realtà distorta del presente, perché – nonostante delirasse – era ancora abbastanza certa che il ritmico grattare - che Charlie produceva con il badile - provenisse dalla neve spalata nel vialetto di casa e non dal suo ipotalamo, che aveva già seri problemi nel ritmo sonno-veglia e nel regolare la sua temperatura corporea.

Con una precisione chirurgica, Isabella aveva scelto il primo giorno di vacanze natalizie per ammalarsi. E, per fare le cose in grande, aveva preferito non un comune malessere di stagione, ma il servizio full-optional: febbre da cavallo, raffreddore con perenne gocciolio al naso, tonsillite con placche bianche in gola, afonia completa e dolori articolari degni dell’ultimo incidente avuto con la sua moto.

Di buono c’era che lei odiava la neve, e su Forks quell’anno ne era scesa una gran quantità, e quindi non doveva inventare improbabili scuse per evitare le battaglie all’ultima fastidiosa palla ghiacciata che i suoi amici si ostinavano ad organizzare un giorno sì e l’altro pure. E niente gare su slittini o peggio ancora sugli scii, che - in quanto ad ingessature - lei aveva già dato il suo contributo in abbondanza per i secoli a venire.

Ma, cosa ancor più importante, c’era Edward a tenerle compagnia. Con il controverso beneplacito di Charlie, che doveva comunque recarsi al lavoro anche durante le festività, il suo ragazzo aveva ottenuto il permesso di prestarle assistenza e compagnia, perché lasciarla sola in quella casa per troppe ore era pericoloso persino quando era nel pieno delle sue facoltà, figurarsi quando credeva di avere un criceto che giocava con la sua ruota incastrata nel mesencefalo!

Carlisle si era premurato di visitarla da capo a piedi, ma – oltre ad una generosa dose di antipiretici, antibiotici e riposo -, non poteva fare poi molto per lei. Bastava rassegnarsi e aspettare che la malattia facesse il proprio decorso.

 

Renée, da buona genitrice con senso materno ritardato, la chiamava almeno tre volte al giorno per sapere come stava, se respirava ancora, se il cervello non le era andato in pappa e non era sopraggiunto un malore fulminante.

Le sue chiacchiere infinite e incoerenti, più incoerenti del solito (ma non sapeva se era colpa sua, perché non le capiva, o di sua madre che blaterava a macchinetta) la lasciavano spossata e vaneggiante.

Ad un bel mentre, si limitava a rantolare nella cornetta, per farle comprendere che no, non era ancora morta e che sì, la stava ancora ascoltando. Ma generalmente le interessavano poco i discorsi sugli ultimi tiri di Phil, e sul nuovo corso di Tai Chi Chuan o su quello del ricamo a punto erba… ma Renée sapeva almeno tenere in mano un ago?

Bella dubitava fortemente che capisse la differenza tra cruna e punta, quindi… quando proprio aveva esaurito le proprie scorte residue di pazienza e il padiglione auricolare ribolliva pregandola di concedergli tregua, fingeva un eccesso di tosse – non che dovesse poi impegnarsi molto, a sentire i suoi bronchi – e quindi riappendeva con la scusa del mucolitico da prendere.

Per quella mattina aveva già chiamato, quindi era salva almeno fino a mezzogiorno.

 

Rigirandosi nel letto, le sue ossa rotte gemettero protestando e lei tese l’orecchio per cogliere ancora ilgrat grat’ della pala sul selciato. Niente. Che avesse finalmente finito?, si chiese, valutando la possibilità di sbirciare l’ora sulla radiosveglia che però, ahilei!, era sul comodino a cui stava dando la schiena. La sola raffigurazione mentale del movimento che avrebbe dovuto compiere – una rotazione di ben  90° - le procurò un’ondata di ammutinamento muscolare che la dissuase dal farlo.

 

Bells! Io vado!” sentì gridare dal basso, tra il corridoio e la rampa di scale.

 

Emise un rantolio strozzato in risposta, che si evaporò ancor prima di uscire dalla stanza. Deglutendo a fatica, riprovò. Ma nulla.

 

Be-ells!” ritentò suo padre, un po’ più spazientito dalla fretta. “Io devo andare!” Evidentemente sgomberare il vialetto per far uscire la macchina della polizia aveva richiesto più tempo del previsto. “Ma tra un po’ sarà qui Edward! Hai bisogno di nulla?”

 

Di un megafono, magari? Dio!, ma lo faceva apposta?!

 

Non si prese la briga di pensare a come suo padre avrebbe interpretato il suo silenzio. Forse la credeva addormentata. Quindi non si stupì quando sentì la familiare porta della cucina sbattere e il motore della volante accendersi.

 

Sospirò stancamente, pregando che il giovane Cullen arrivasse al più presto.

 

Il suo desiderio fu prontamente esaudito, perché – qualche istante dopo – avvertì un educato ‘toc toc’ sullo stipite della soglia.

Probabilmente Edward era arrivato nei pressi di Casa Swan da un pezzo, ma aveva preferito non incrociare il capofamiglia, per il benessere mentale di quest’ultimo.

 

Difatti, aveva ancora qualche fiocco di neve incastrato tra i capelli bronzei, se li ravvivò con noncuranza, sfilandosi la giacca umida. Poi le si appressò.

 

Bella aprì lentamente le palpebre e gli sorrise, felice, benché fosse consapevole di apparire come un disastro. E non era un eufemismo: non si lavava i capelli da almeno tre giorni, non si faceva un bagno completo da almeno quarantotto ore – era quasi svenuta nella vasca, per un capogiro – e aveva sudato più di una maratoneta finalista, con quelle continue vampate dovute alla febbre.

La sua vita sociale si sarebbe ridotta all’osso, in quelle condizioni, ma il suo amato vampiro sembrava non accorgersene nemmeno. Galanteria generosa. Bella ne era pienamente consapevole.

Già una persona normale avrebbe faticato a starle vicino, figurarsi un essere dai sensi ipersviluppati e con un olfatto sopraffino!

Ad onor del vero, gli aveva chiesto di restarsene a debita distanza, ma lui non aveva voluto sentir ragioni. Ed eccolo lì, a sfoderare quel sorriso sghembo che le faceva mancare il respiro anche quando non aveva la bronchite.

 

“Buongiorno, amore.” Le sfiorò le labbra secche e screpolate con le proprie, morbide e gelate. Bella rabbrividì, e non fu per fastidio.

 

“Sembri un fiore!” la lusingò, scostandole una ciocca che poteva infastidirla.

 

Sì, un carciofo rinsecchito!

 

Isabella aggrottò le sopracciglia, in segno di protesta. E lui rise accondiscendente. Poi sollevò un recipiente che lei prima non aveva notato. Dal contenitore semitrasparente, riusciva fin troppo chiaramente a distinguere una massa gelatinosa ondeggiante.

 

“E’ per te. Esme dice che ti farà bene…”

 

Brodo di pollo alle otto e mezzo del mattino?

 

La sua espressione disgustata parve stupirlo, perché si sentì in dovere di chiarire: “Ovviamente è per pranzo!”

 

Ma Bella non sembrò gradire particolarmente.

 

“E invece questo ti aiuterà a guarire…” le disse, facendo comparire dal nulla un altro recipiente e, prima ancora di aver tempo di obiettare, si ritrovò una cannuccia di plastica davanti al naso.

 

“Succo e polpa d’arancia purissima! Ne ho spremute ventisette, per la precisione.

 

Ma i vampiri non odiavano maneggiare cibo umano?

Non lo consideravano forse alla stregua di immondizia?!

 

“Su, bevi… è preparato da me con tanto amore…”

 

Sapeva che era un ricatto. Sì, era una ricatto morale bello e buono!

Eppure… come resistere a quegl’occhioni imploranti, al ribrezzo che doveva aver provato nel manipolare le bucce ruvide e nel togliere i semini?

 

Bella aspirò rumorosamente dal brick una generosa sorsata, per farlo contento. Finse gratitudine, ma si dimostrò irremovibile di fronte ad un secondo tentativo.

 

Non doveva neppure sforzarsi di fargli gli occhietti dolci, perché la febbre alta glieli rendeva lucidi e vagamente vacui.

 

Edward le sistemò con cura le coperte, rimboccandola con amorevole pignoleria, affinché non prendesse freddo.

 

Le carezzò la fronte madida di sudore, facendola sospirare di piacere.

“Credo che la temperatura stia salendo... le annunciò, sebbene il contrasto termico delle loro pelli impedisse una stima realistica. “Gradiresti un po’ di ghiaccio? Vado a prepararti la borsa?” si offrì, servizievole e premuroso.

 

Ma Bella scosse la testa, in segno di diniego. Allungò lentamente una mano fuori dalle lenzuola, per cercare una delle sue, con un’espressione implorante che parlava chiaro.

 

Non gli rimase che stendersi di fianco a lei, avendo cura di adagiare un plaid tra i loro corpi, perché lei non sentisse freddo, poi la cinse in un delicato abbraccio.

Bella si lasciò cullare in quella tenera stretta. Piegò la testa contro l’incavo del collo alabastrino, e la sua fronte entrò in contatto con la guancia gelata del vampiro. Le sfuggì un sospiro, un sospiro di gradimento.

Meglio di una borsa del ghiaccio, meglio di un panno umido.

Morbida e fredda. Perfetta. La pelle del suo ragazzo era perfetta.

 

La febbre stava salendo, e chi se ne importava?

Uno dei pochi vantaggi della loro condizione era questo: lui non si sarebbe potuto ammalare.

E quindi lei poteva concedersi di essere un po’ egoista e di farsi coccolare.

 

Pur nella sua sfortuna, poteva ricavarne qualche vantaggio.

 

“Ti fa male da qualche parte?” si sentì chiedere, con sollecitudine e una spruzzata d’apprensione.

 

Dappertutto?

 

Aprì e chiuse la bocca, domandandosi se lui sapesse interpretare anche il labiale e, benché generalmente fosse più che lieta che Ed Cullen non potesse leggerle nella mente, quella sarebbe stata l’eccezione perfetta al momento perfetto. Peccato che i miracoli non accadessero.

 

Tuttavia egli parve capire ugualmente, perché le sue mani iniziarono a vagare su di lei, con gentili carezze che ristoravano le membra stanche.

 

Sentiva la gola riarsa, deglutire era uno strazio.

 

E, come per magia, con le dita pallide andò a lambirle la pelle del collo, vezzeggiandola con i polpastrelli dove il sangue scorreva più veloce, dove generalmente amava annusare il suo bouquet proibito, quel lembo di pelle tra carotide e giugulare.

 

Bella si lasciò trascinare in balia di quelle dolci attenzioni, ma temeva che – abbandonandovisi completamente – si sarebbe potuta addormentare e lei non lo voleva.

 

Non desiderava appisolarsi, non ora che c’era Edward, con lei.

Era uno spreco dormire, invece che sfruttare ogni istante di tempo a loro concesso assieme, e già di notte le costava, ma sapeva che era necessario, di giorno proprio no!

 

“Se dormi, guarirai prima.” Il giovane Cullen espresse il suo parere con indiscutibile buonsenso, senza smettere di trattarla affettuosamente. La sentì ribellarsi debolmente, e non perché bastasse poco a convincerla, bensì perché era davvero stremata.

 

Era un bene che i loro sguardi non si potessero incontrare, altrimenti Isabella era certa che lui avrebbe fatto sì che cedesse, con una di quelle occhiate con cui la piegava sempre alla propria volontà.

 

“Almeno chiudi le palpebre, e rilassati.” Le suggerì, accomodante. Ed ella eseguì.

 

Una ninnananna che ben conosceva si diffuse nella camera soffusamente. Poteva udire la voce nascere direttamente dai polmoni che sentiva muoversi contro di lei, poteva immaginare quella melodia dolcissima attraversargli la trachea e perdersi contro la propria pelle, contro i propri capelli, che lui non smetteva di accarezzare.

E cedette. E si lasciò addormentare.

 

 

 

-Fine-



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note: l’Ipotalamo è una zona del cervello che comanda temperatura corporea, fame, sete e i ritmi circadiani. Controlla altresì l’espressione degli stati emotivi e un sacco di altre cose.

 

Il Mesencefalo è un’altra parte del cervello. A noi serve solo sapere che è un importante centro ottico e acustico e provvede alla regolazione di attività automatiche.

 

La Carotide e la Giugulare sono rispettivamente un’arteria e una vena del collo.

 

(Informazioni prese da Wikipedia, l’Enciclopedia Libera).

 

 

 

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Grazie (_ _)

elyxyz

 

   
 
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