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Autore: Shadow Eyes    11/03/2008    4 recensioni
Se non si è forti in questo mondo, c'è solo la resa; ma la forza ha in sé molte sfaccettature. Hinata, a modo suo, glielo ha dimostrato.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hinata Hyuuga, Neji Hyuuga
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie
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Simple And Clean
Simple And Clean




The daily things
Like this and that and what is what
That keep us all busy
Are confusing me





La tenuta degli Hyuuga era sempre stata guardata con rispetto, quasi con timore, dalla gente che ci passava accanto. Il legno fine, intarsiato con precisione, i campanelli votivi che oscillavano al vento lasciando nell’aria un melodia dolce, gli alberi che svettavano alti e fieri nell’immenso giardino, anch’esso molto curato.
A vederlo dall’esterno nessuno avrebbe mai pensato ad un’atmosfera carica di tensione ed odio all’interno, eppure il rancore dei membri della casata cadetta per i membri della casata principale era così forte che l’aria attorno alla sfarzosa tenuta era pesante e rarefatta.
Candidi fiocchi di neve cadevano pigramente al suolo ed un vento freddo e tagliente aveva cominciato a sferzare le chiome degli alberi. Nevicava da poco, ma il terreno era già ricoperto da un manto bianco, bianco come gli occhi che continuavano a scrutare fuori da una finestra, con la tristezza e la rassegnazione di chi, oramai, aveva accettato il suo destino, continuando a vivere nonostante tutto. Nonostante gli sguardi carichi di odio, nonostante il disprezzo e lo scherno… nonostante l’affetto fosse diventato poco più di un ricordo corroso dal tempo.
Un brivido percorse la schiena di Hinata, che si accoccolò ancora di più accanto alla finestra, stringendo le braccia attorno alle ginocchia. Il kimono di seta bianca, con ricamato lo stemma degli Hyuuga, che indossava, era decisamente troppo leggero per una giornata come quella… ma in fondo, cosa importava? A nessuno sarebbe importato se si fosse ammalata… quindi, a che scopo cambiarsi?
Hinata si morse il labbro e riportò lo sguardo sulla finestra appannata dal suo stesso respiro. Una figura indistinta, nonostante il cattivo tempo, si muoveva con agilità nel cortile, lanciando kunai e shuriken contro i bersagli attaccati agli alberi, centrandoli tutti in pieno.
Neji…
La ragazza appoggiò il palmo della mano sulla finestra e continuò a fissare apatica la figura del cugino.
Da quanto tempo si sta’ allenando?
Poggiò la fronte sul vetro freddo della finestra con un sospiro.
Da quanto tempo sono qui?
Improvvisamente sentì una sensazione di vuoto allo stomaco ed alzò la testa di scatto. Neji si era fermato.
Mi ha… Vista?
Possibile. Con la sua goffaggine ed inesperienza era più che normale che un chunin del livello di Neji si accorgesse della sua presenza.
E ora che faccio…!?

Neji si stava alleando come di consueto ogni giorno. La neve e la bora di sicuro non sarebbero servite a fermarlo. Lanciò altri due kunai, centrando perfettamente i due bersagli sugli alberi. Sbuffò, accigliandosi.
Non è ancora abbastanza.
Attivò il byakugan e, con un movimento fulmineo, lanciò in contemporanea quattro shuriken contro quattro bersagli diversi. Fece ancora una volta centro.
Perché…?
Portò istintivamente una mano verso la sacca dei kunai. C’era qualcosa di strano nell’aria che lo infastidiva. Un attacco nemico, forse? Rimase in ascolto per qualche istante: a parte l’ululato feroce del vento, non sembravano esserci altri rumori.
Ma allora cosa potrebbe essere?
Attivò ancora una volta il byakugan e scrutò oltre i confini della tenuta. Niente.
Neji sbuffò ancora una volta, stizzito. Fu allora che colse con l’orecchio uno squittio quasi impercettibile.
Possibile…?
Si voltò verso la finestra che dava sul cortile e la vide lì, spaventata e confusa, mentre lo fissava con quegl’occhi bianchi così simili eppure così diversi dai suoi.
« Ah. »

La ragazza ebbe un sussulto ed abbassò lo sguardo. Neji se n’era accorto, ed ora la scrutava con quello sguardo astioso che era solito rivolgerle ogni volta che i loro occhi si incrociavano.
Perché, Neji, perché?
Un senso d’oppressione si impadronì di Hinata, che si portò le mani al petto e serrò gli occhi per non vedere più quello sguardo. Per non vedere più quegl’occhi freddi. Per non vedere più quell’odio, così radicato all’interno dell’animo di Neji. Per non vedere più nulla.
Lacrime silenziose le invasero gli occhi e cominciarono a scorrerle lungo le guance. Riuscì a trattenere a stento i singhiozzi, ed ogni volta che lo faceva, sentiva la gola bruciarle e farle male.
Perché sono così debole?
Si passò con forza una mano sugl’occhi chiusi e si asciugò le lacrime. Ma un istante dopo ricominciarono a scorrerle contro la sua volontà.
Perché non riesco a reagire?
Si morse con rabbia il labbro. Era stufa di essere trattata in quel modo. L’indifferenza e la sufficienza con cui suo padre e tutti i membri della casata la guardavano giorno per giorno la facevano sentire inadeguata a quel luogo, a quella ricchezza… a quella famiglia. Era davvero quello il luogo a cui apparteneva? Hinata serrò i pugni con forza.
Perché non riesco ad essere forte come te, Neji…?
Ora basta. Questa volta non sarebbe scappata. Riaprì gli occhi, gonfi e arrossati dal pianto, e li posò ancora su quella figura immobile e rigida nel cortile, pronta a sostenere il suo sguardo; ma lui non la guardava più. Le aveva già voltato le spalle, ricominciando ad allenarsi. La rabbia e l’amarezza ebbero il sopravvento su di lei, così aprì la finestra con un gesto brusco. Il vento gelido dell’inverno invase la stanza sferzandole il viso e mozzandole il respiro.
Non adesso.
Si arrampicò sul davanzale e con un salto atterrò a piedi nudi nella coltre bianca. In silenzio, cominciò ad avanzare verso Neji che, ritto nella sua posizione, continuava a darle le spalle.
Neji, voltati.
Un’ondata particolarmente fredda di vento le aprì delle ferite sulle mani, il sangue gocciolò con un riflesso sinistro al suolo. Ma Hinata non si lasciò sfuggire un solo gemito e continuò ad avanzare.
Neji, voltati, ti prego…
Ormai i piedi le si erano congelati, e tutto il resto del corpo era scosso da violenti tremiti.
« Neji… »
Hinata si era fermata a poco più di un metro di distanza dal ragazzo ed aveva sussurrato il suo nome con la voce incrinata dal tremore.
« Cosa ci fate qui? »
La risposta brusca e lapidaria del cugino la fece indietreggiare di qualche passo.
« I-io… »
La ragazza strinse le mani contro il petto, cercando conforto nel loro calore tenue. Dov’era finita tutta la sicurezza che aveva mostrato quando era saltata giù dalla finestra? Perché era così intimorita da quella voce che malcelava l’odio con un rispetto forzato? Eppure si era ripromessa di affrontarla una volta per tutte… di affrontare una volta per tutte le sue paure.
« Io… sono qui per sfidarti. »
La sua voce aveva assunto un tono deciso che fece sussultare leggermente Neji.
« Non siete nelle condizioni per poter combattere. »
Hinata fece per replicare ma il ragazzo la interruppe.
« Il battito accelerato, i forti tremori, le mani ferite e i piedi congelati non vi permetteranno nemmeno di schivare un colpo. E poi, a giudicare dal colore della vostra pelle, fra qualche minuto andrete in ipotermia. Tornate dentro. »
Come… stai usando il byakugan, vero?
Confermando il suo dubbio, Neji si voltò, mostrandole il viso contratto e le vene rigonfie dall’uso della tecnica. Il suo cipiglio severo però si rilassò immediatamente e il byakugan svanì, lasciandogli sui lineamenti solo indifferenza. Hinata si sentì ferita da quello sguardo, ma questa volta lo sostenne decisa, raddrizzando la schiena e lasciando che le braccia le ricadessero lungo i fianchi.
« E cosa importa se andrò in ipotermia? »
Neji non riuscì a trattenere lo stupore a quella domanda gelida; era chiaro che si stesse chiedendo il perché di quell’improvviso cambio di registro.
« A nessuno di voi non è importato mai niente di me. »

Ed era vero. A nessuno della casata principale, benché meno della casata cadetta, importava davvero qualcosa del benessere di Hinata. La linea di successione avrebbe voluto lei come prima erede, ma era Hanabi la figlia che veniva seguita, la figlia che veniva istruita, la figlia che veniva allenata e la figlia che veniva rispettata dal clan. E per lui, tutto questo, aveva senso. Era giusto che fosse così. Perché lui, Neji Hyuuga, era il primo a non sopportare Hinata. Non sopportava quei gesti impacciati, quei sorrisi timidi e quello sguardo dolce e malinconico… quello sguardo…
Incrociando quello sguardo, tutto l’odio, il rancore e la rassegnazione che lo tormentavano sin dalla morte di suo padre perdevano significato e gli lasciavano un vuoto dentro. Per questo non riusciva a tollerarlo. Perché gli portava via tutto ciò che gli era rimasto.
« Tornate dentro. » ripeté a denti stetti, ma Hinata non accennò a muoversi, fissandolo con un fervore che non riusciva a capire. Cosa le stava passando per la testa? Che voleva dimostrare?
Neji storse le labbra.
Se non ve ne andate voi, vorrà dire che lo farò io.
Le diede le spalle per l’ennesima volta, e cominciò ad allontanarsi.
« A-aspetta… »
La voce della ragazza era poco più di un sussurro, ma Neji la percepì senza problemi; e percepì anche il suono di passi leggeri nella neve. Si stava avvicinando.

Questa volta non fuggirò.
Hinata si muoveva a fatica nella neve, la vista ormai stava cominciando ad annebbiarsi ma continuò ad avanzare.
E non lo farai nemmeno tu.
« Neji, io sono pronta a convincerti anche combattendo che non sono solo un peso per il clan. »
Il ragazzo si fermò.
« Sono l’erede della casata. So che questo ti ha dato sempre fastidio… perché pensi che non sia all’altezza del compito. »
« Quel che penso non ha importanza. Ognuno di noi ha un destino prestabilito, che non può essere cambiato. »
Hinata si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato.
Perché sei così testardo?
« E invece no. Io, il mio, lo sto cambiando adesso. »
Il ragazzo alzò il viso, stupito da quelle parole.
« Cosa vorreste dire…? »
Il tono di voce scontroso non riuscì a celare la confusione che cominciava a farsi strada nella sua mente.
« I-io sono stanca di essere trattata come se fossi una bambola rotta… inutile. Vorrei che gli altri mi apprezzassero e rispettassero come fanno con te. Ma non perché sono Hinata Hyuuga, l’erede del clan Hyuuga, bensì perché sono semplicemente Hinata Hyuuga del Villaggio della Foglia. »
« … »
« Ognuno di noi può scegliere e cambiare il proprio destino, in base alle scelte che fa. Io ho scelto di reagire. Mi allenerò. D-darò tutta me stessa, tutti i giorni. È l’unico modo che ho per essere certa che il mio destino non sarà più quello di essere un peso per gli altri. »
Neji scosse la testa e, con un gesto rapido, si tolse il coprifronte e le bende, per poi voltarsi verso la ragazza con un ghigno amaro dipinto sulle labbra.
« Oh… »
Gli occhi perlacei di Hinata si allargarono per la sorpresa: quello l’aveva fatto vedere solo a Naruto durante l’esame di selezione dei chunin!
« Tsk… e voi credete che sia così facile? Guardate la mia fronte. Questo è il marchio maledetto che mi hanno impresso quando sono diventato un membro della casata cadetta, a soli due anni. E non posso di certo cancellarlo! Quindi, come vedete, non tutti posso cambiare a piacimento il loro destino, ed io sono tra quelli che non posson… »
Prima che il ragazzo potesse dire qualcos’altro, Hinata allungò un braccio verso la sua fronte, sfiorandogliela lievemente con la punta della dita.

Il suo tocco era freddo, ma la sensazione che provò Neji fu tutt’altro che spiacevole. Sentì i battiti del cuore accelerare e le guance arrossarsi. Aprì e chiuse gli occhi più volte, incredulo.
« Mi dispiace, Neji… io… non posso fare altro. »
« Hinata… cosa…? »
Un goccia di sangue gli scivolò lungo il naso e poi cadde a terra.
Sangue…?
« Cosa mi avete fatto!? » ripeté Neji con la voce allarmata, portandosi le mani alla fronte.
« Fermo, non toccartela! »
Malgrado una certa resistenza interna, le sue braccia si bloccarono a mezz’aria a quel richiamo.
« Si può sapere cosa avete in mente? »
Il tono della voce era calmo ma autoritario.
« Il tuo marchio, per me, non esiste più. »
« Cosa!? »
È impossibile…
« Proprio così, ho lavato via il tuo marchio con il mio sangue, il sangue di un membro della casata principale. Ora sei come me. Non ci sono più differenze fra noi due. »
Hinata gli rivolse un sorriso e lui rimase immobile nella neve a scrutarla, incapace di metabolizzare quello che gli aveva appena detto. Il sorriso le vacillò appena ma lui non cambiò espressione. Perché aveva fatto un gesto così sciocco per lui? Era rimasta per tutto quel tempo a piedi nudi nella neve, con indosso solo quel kimono leggero, per cosa? Per ricominciare da capo? … Era davvero così importante per lei?
« Io… Non capisco. Non ha senso che voi… »
« D-dammi pure del tu! »
Hinata provò a sorridergli ancora una volta, incoraggiante, e lui non riuscì a dire altro. Fu quando perse i sensi e cadde, che Neji riuscì finalmente ad uscire dal torpore della confusione che stava provando e scattò in avanti, afferrandola per la vita prima che potesse toccar terra. Hinata aveva le guance bianche e le labbra bluastre; doveva portarla subito dentro e riscaldarla.
Senza esitare, il ragazzo le passò una mano sotto le ginocchia e la prese in braccio, dirigendosi rapidamente verso la sua stanza. Da qualche parte nella sua testa, fu grato che non ci fosse nessuno ad assistere a quella scena.
Una volta raggiunta la camera, Neji aprì la porta scorrevole ed vi entrò subito dentro, affrettandosi a posare Hinata sul suo futon, prima di gettarle addosso le coperte.
« Siete… » mormorò, esaminandole il viso, ora sereno: il respiro le si stava lentamente normalizzando. « Sei una sciocca. »
Sapeva bene che la cugina non poteva sentire le sue parole, ma non aveva importanza.
In ginocchio sul tatami, Neji allungò le dita, sfiorandole la guancia fredda che stava recuperando un po’ di colore. Lo fece delicatamente, quasi temendo che il suo tocco potesse mandarla in pezzi più di quanto non avessero già fatto anni di angherie. Il sangue di Hinata era ormai secco sulla sua fronte.
Cancellare il passato.
Ricominciare da zero.
Sospirando, Neji si alzò e uscì fuori da quella stanza che profumava di dolce, chiudendosi la porta scorrevole alle spalle.
Sei sempre stata così paurosa e inadeguata che io non ho avuto problemi a ritenermi superiore a te.
Con l’ombra di un sorriso sul volto, si allontanò dalla porta e percorse il lungo corridoio di legno che portava all’immenso giardino della tenuta.
Ma, alla fine, sei stata tu la più coraggiosa tra noi.










.:~*~:.

Finish!! Ed ecco la mia fic d’esordio. È molto semplice e senza pretese ma, ehi, folks, ditemi cosa ne pensate con una recensione, per favore! Per me è davvero molto importante sapere il vostro parere! Ringrazio ora chi mi recensirà o anche chi ha solo avuto il grande coraggio di leggere ‘sta roba! ^_____^

P.S.:
La canzone che ho usato e "Simple And Clean" di Hikaru Utada.

See ya,

Shadow Eyes
  
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