- Capitolo 1° -
Questa fan-fiction mi è venuta di
getto, si può dire che ho avuto un lampo di ispirazione e, speriamo, di
genio…^^’’
- Basta! È finita!- disse tra le lacrime toccandosi la
guancia che fremeva per lo schiaffo che le aveva dato- finita! Capito?? Và al
diavolo!-
Hermione corse via per la strada, era così frustrata, così
arrabbiata che non sentiva i suoi piedi toccare il terreno sotto le sue scarpe.
Avrebbe tanto voluto materializzarsi all’istante in qualche posto che lui, il
suo ragazzo, ma che dico, ex-ragazzo, non conosceva. Ma c’erano troppi
babbani.
Lo odiava, lo odiava con tutto il cuore.
Solo perché aveva fatto
un po’ la civetta con quel ragazzo carino. Va bene essere adirato con lei, ma
tirarle uno schiaffo…
Raggiunse un vicolo vuoto e si materializzò fuori casa.
Aprì la porta e si catapultò in camera. Si lanciò sul letto e pianse, pianse
così forte che le sembrava di morire. Si sentiva così a terra, ma era molto
orgogliosa, era già passata tante volte sui suoi eccessi di gelosia, ma adesso
aveva toccato il fondo. Hermione non ce la faceva più.
Quando i singhiozzi si
furono arrestati, cosa che accadde non subito, e avesse finito di maledirlo con
tutto il cuore, aprì l’armadio e vide la sua immagine riflessa nello specchio.
Quasi non si riconosceva più.
-Eccoti qui- si disse, i capelli senza una
piega precisa, inumiditi dalle gocce di pianto che erano caduti su di essi, quel
velo di mascara sciolto era spalmato su tutte le guance. In faccia era pallida
ma con delle scocche rosse che facevano a botte con quel pallore. Gli occhi
gonfi e rossi di pianto. – Non mi riconosco. Eppure lo amavo così tanto, come ha
potuto farmi questo? E non mi ha nemmeno seguito! Non ha cercato nemmeno!-
Ma
sapeva benissimo che lei lo amava ancora, sapeva benissimo che aveva esagerato,
ma non le importava, se lui la amava veramente l’avrebbe cercata…
Si
addormentò e sognò. Sognò Ron e i giorni felici passati con lui. Quella fuga ai
Tre Manici di Scopa di quando avevano solo 16 anni…pianse per tutta la
notte…
Tre giorni erano passati da allora.
Nessuna notizia di Ron,
stavolta Hermione era proprio preoccupata. Già una volta, per una sciocchezza
più di questa, era successa una cosa simile, ma lui l’aveva chiamata il giorno
dopo.
Perché stavolta sarebbe dovuto essere diverso?
Mentre era assorta in
questi pensieri stesa sul letto con i ricci castani sparsi su tutto il cuscino,
decise di alzarsi e farsi una doccia.
Accese l’acqua calda e la fece
scendere, si tolse il pigiama che non toglieva da tre giorni in attesa di avere
notizie del suo amato e lo gettò nel cesto dei panni sporchi facendo canestro.
Mentre cercava di togliersi il reggiseno una civetta si posò sul davanzale e
bussò per tre volte contro il vetro della finestra. Per correre a vedere se la
lettera era stata scritta da Ron, già pronta per dire sì, inciampò nel tappeto
davanti alla vasca e batté così forte per terra che Edvige civettò e fece due
voli in tondo.
Alzatasi in fretta, aprì le finestre e sussurrò:
- Ssssh!
Silenzio Edvige! Così metterai curiosità ai vicini! Forza, vola dentro!-
E
con un salto la civetta bianca come la neve fu dentro. Hermione le strappò con
la forza la lettera che non voleva allontanarsi dalla zampa dell’animale e fu
quasi delusa di vedere che era stata scritta da Harry. La lettera recitava
così:
Hermione,
so che sei arrabbiata con Ron, ma non potreste fare
pace? Vedi, da quando vi siete lasciati non magia più, e sai quanto ama
mangiare, non esce più dal buio che regna in camera sua e non reagisce neanche
al nome di Draco Malfoy!
Ti prego, so che solo tu puoi fare qualcosa, perciò
fallo!
Harry
- Capperini, Hermione!- si disse- che cosa diamine stai
combinando? È Ron ad avere bisogno di te, e non tu di lui. Sai bene come è
insicuro, tu gli dai sicurezza! Che idiota che sono!-
Detto fatto, si fece la
doccia e aprì l’armadio con l’asciugamano avvolto attorno al corpo. Guardò per
un po’ all’interno di esso e afferrò un jeans e una t-shirt con tante scritte
che gli aveva regalato il cugino dall’ Hard Rock Cafè di Londra.
Si
smaterializzò e si materializzò proprio nella campagna accanto alla Tana. Si
avvicinò correndo alla porta e bussò più volte.
- Chi è?- chiese una voce
femminile dall’interno che riconobbe come quella dell’unica sorella del
ragazzo.
- Ginny, sono io, Hermione! Aprimi, ti prego!- esclamò in un
soffio.
La porta si spalancò e apparve una ragazza dai capelli rossi lunghi e
lisci ed un’espressione truce sul volto.
- Sai che per come hai ridotto mio
fratello ti dovrei lanciare una fattura tremenda?- disse freddamente.
-
Ginny, ti prego, fammi entrare! Dire che ho commesso uno sbaglio è monotono, ma
è la verità, non una banale scusa. Vorrei farmi perdonare prima da Ron e poi da
tutti voi…- ammise.
L’espressione e la voce della ragazzina si addolcirono e
sorrise quando le disse:
- Tu da noi non devi farti perdonare nulla…-
dopodiché si fece da parte lasciando che Hermione raggiungesse l’ultimo piano e
l’ultima stanza.
Aprì piano la porta e vide il risultato della sua freddezza
ed intolleranza. Un ragazzo dai capelli rossi e la barba che cresceva incolta
era abbandonato senza forze sul letto, aveva le braccia e le gambe aperte, il
suo sguardo era perso nel buio e freddo soffitto. Tirò proprio in quel momento
un profondo sospiro.
La mora fece chiudere la porta alle sue spalle e cercò
alla cieca il letto. Quando lo trovò (perché aveva sbattuto contro di esso), si
sedette ai piedi e sussurrò:- Ron-
Lui si mosse impercettibilmente con la
testa ma per qualche attimo smise di respirare, grazie a questo, Hermione capì
che aveva tutta la sua attenzione.
- Ron…mi dispiace. Sono stata una cretina,
mi sono fatta prendere dalla rabbia e l’orgoglio è scattato su come una molla,
anche se non c’entrava nulla!-
- Sei venuta a chiedermi scusa?- rispose con
la voce rauca di chi non parlava da giorni, aveva alzato leggermente la testa.-
Beh, stai sprecando il tuo tempo- e ricadde con la testa
all’indietro.
Hermione tirò un sospiro strozzato e tra le lacrime che avevano
deciso di scendere da sole disse:
- Ti dedico una canzone. È una canzone
babbana, ma per l’amore non esistono distinzioni tra esseri umani e babbani,
perché questa è l’unica magia che anche i babbani conoscono, una magia così
antica e bianca che i moderni maghi oscuri la ignorano, come Voldemort…- tirò un
respiro profondo e si schiarì la voce. Cantò sommessamente:
- Amore… che devo
inventare…io come i poeti e gli uccelli che atterran e equilibrio non ho…ma il
cuoreee mi spinge a rischiare…e su questo filo attaccato alla luna ogni sera
vivrò…morendo davanti ai tuoi occhi e al tuo petto, mi libereròòò nel volo che
so…- dicendo questo scoppiò in lacrime e non riuscì a continuare. Sentì delle
braccia forti che la stringevano e lei ebbe la forza di cantarne un altro
pezzetto:
- Amore…che devo inventare…io come i bambini e gli acrobati a terra
più senso non ho…ma il cuoreee mi spinge a rischiare… su questo trapezio che
passa ogni sera e non torna mai più…e che tenerezza afferrarti le mani e
portarti nel blu…non scendere più…- riuscì a spiccicare tra un singhiozzo ed un
sospiro.
- Basta, Hermione, basta. Non farti del male. Sono qui io. Sai bene
che non ti lascerò mai, mai… anche se a volte mi fai tu gli scherzetti-
-
Ma…ma io…certe volte non so che mi prende! Devi credermi!-
- Si. Si, ti
credo…davvero. Staremo per sempre vicini, non ti crederò più se mi dirai che è
finita, va bene?- disse prendendole il mento tra l’indice e il pollice e
voltandole il viso di fronte al suo. All’improvviso le tende si aprirono e la
luce impertinente del sole entrò nella stanza, Ron si trovò a guardare il viso
sconvolto della ragazza con i riccioletti che le ricadevano e rimanevano umidi
legati alle guance della sua ragazza. Lei si ritrovò ad osservare gli occhi di
Ron, degli occhi di un azzurro intenso, ma così intenso che sembrava preso dal
profondo dell'Oceano, nel quale sfociavano tutti i fiumi. Si
avvicinarono dal sentimento di stare insieme e non lasciarsi mai.
Sapevano
che avrebbero detto ancora che era finita, ma non lo sarà mai veramente.
Non
si sarebbero rassegnati a vivere da soli, uno distante dall’altro, perché si
amavano dal profondo del cuore. quell’amore non era un amore nato
all’improvviso, ma era stato curato con tanto sentimento. Ormai la loro rosa era
sbocciata e non sarebbe mai appassita, anche se a volte sarebbero caduti i
petali, non sarebbe mai appassiva veramente.
Ecco qui, vi
prego mandatemi le vostre impressioni, i vostri commenti…qualcosa che mi possa
spronare a scrivere ancora perché è alquanto frustrante vedere i propri lavori e
non ricevere commenti. So che questa fan-fic è banale, inoltre devo ammettere
che la canzone è una di Michele Zarrillo. Forse ho lasciato correre troppo il
tempo tra i giorni in cui si lasciano e si rimettono insieme, ma in compenso
credo di aver creato l’immagine di un Ron dolcissimo che si lascia cullare dal
ricordo dei giorni passati con la persona che ama.
Kisses, alla
prox.