Serie TV > Heroes
Ricorda la storia  |       
Autore: Hermione Weasley    11/03/2008    2 recensioni
Forse... forse ha imparato qualcosa da quel breve periodo di tempo che hanno trascorso insieme. E gli viene da sorridere. Fautore della sua stessa disgrazia.
Stavolta è stato lui a non calcolare tutte le variabili.
Ed è una sordida, grottesca risata quella che vorrebbe sgorgare dalle sue labbra secche.
[Sylar/Maya]
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sylar
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Gli avventimenti di questa fic sono cronologicamente successivi a quelli di No Mercy, No More.


Tell Me I'm Angel, Take This To My Grave.
Parte Prima

And say,
What I wanna say
Tell me I'm an angel,
Take this to my grave.
Tell me I'm a bad man,
Kick me like a stray.
Tell me I'm an angel,
Take this to my grave.

My Chemical Romance - House of Wolves



- Posso vederlo?
- No. E' meglio di no, non ancora almeno.
- Ma sono sicura che...
- No, Maya. Non posso. Hai già fatto abbastanza, non ti chiederò nient'altro.

*

Ed è grato di non poter osservare la scena.

*

Un continuo andirivieni di voci, sussurri soffocati in goffi tentativi di non farsi udire. Stupido pensare che non possa sentirli, né intuire che siano proprio là, dietro quella porta, intenti a confabulare tra di loro sulle sorti che gli riserveranno.
Stupido pretendere di non essere uditi.
Se fosse un po' più lucido riderebbe di quelle accortezze senza senso.
Mohinder rimane là fuori tutto il giorno, per assicurarsi che nessuno, nessuno, possa entrare. Per nessun motivo al mondo si concederà l'ennesima deleteria leggerezza... ne è stato vittima per così tante volte - ha imparato.

Il pensiero di saperlo fiero di sé, orgoglioso della sua perizia di particolari, lo fa sorridere, nonostante i sedativi che gli hanno somministrato gli permettano a malapena di aprire gli occhi.
Le palpebre sono così dannatamente pesanti, come di piombo, e tutto intorno è buio. Un buio assordante e scomodo. Il buio dell'ignoto, mura inamichevoli che lo fissano insistentemente, celando qualsiasi cosa alla vista.
Eppure la fitta di risentimento che prova ogni qual volta si renda conto di aver fallito, è gelida e perforante. La sente.
La sente amplificata e insistente. Prepotente, il senso di disfatta. Fregato da due occhioni scuri, e labbra morbide.
Per quanto amaro gli risulti il pensiero, il ricordo di quel profumo non riesce a fargli storcere le labbra. Si sente cullato in una sorta di strano torpore, e non sarebbe poi così fastidioso se la martellante consapevolezza di esser stato giocato non tornasse continuamente a stringergli il petto in una ferrea morsa.

*

- Il dottor Suresh ha detto che mi farà entrare non appena le sue condizioni si saranno stabilizzate.
- Credi che mi interessi qualcosa?

E' una voce femminile leggermente acuta, scocciata quasi, come se una malcelata risatina sarcastica fosse continuamente all'agguato.

- Voglio vederlo.
- Non ti conviene. Hai visto di cosa è capace.

Silenzio.

- Vado a vedere cosa sta facendo Molly.


*

La sente schioccare la lingua, ed è convinto di aver sentito un ovattato "ingenua" seguire l'allontanamento dell'altra.
Ingenua.
*

- Non respiro.
Gli esce di bocca senza pensarci. L'aria è pesante, la luce non filtra attraverso le tende pesanti. L'atmosfera è soffocante. Le voci continuano ad amplificarsi nella sua testa con straordinaria dovizia di particolari. Continui ticchettii e parole ripetute dieci, cento, mille volte.
Suppliche senza senso di qualcuno che vuole vederlo, continui dinieghi di chi non vuole dargli alcun contatto umano.
L'ago nel braccio gli fa un male del diavolo e una crescente sensazione di bruciore sembra attanagliargli lo stomaco. Gli sembra di star andando a fuoco, di bruciare...
E' forse quello l'inferno?
Smarrimento, fallimento, prigionia, fiamme, dannazione -
Qualsiasi cosa sia, si avvicina all'idea che si è fatto delle profondità della terra.
E poi...
Il tintinnare di un mazzo di chiavi.
La bocca è arida, la lingua impastata, gli sembra di non bere da giorni.

- Mohinder, per favore!

E il cuore gli batte più rapidamente, le orecchie gli fischiano.
Tenta di muoversi su quel letto che gli sembra fatto di pietra, ma i muscoli si tendono dolorosamente, lo costringono a bloccarsi di nuovo.
Vorrebbe urlare, gridare, minacciare alla cieca chiunque sia il colpevole di quell'atroce condizione, ma... non può.

- Ti ho detto che ci metterò pochissimo! Ti prego.

Ancora rifiuti borbottati a mezza voce, sempre meno convinti, sempre meno convicenti.
Cederà. Sa che cederà. Perché è un debole, perché è così schifosamente attaccato alla morale e al suo buonismo da quattro soldi da non riuscire a prendere in considerazione tutte le opzioni, tutte le variabili, tutti i pericoli.

- Ne ho bisogno. So difendermi.

Oh, sa che non è vero. Lo sa che sta mentendo. Lo sente dal leggero tremore della sua voce, dall'incertezza del suo tono.
Si chiede se abbia mai mentito... così ingenua, così impaurita, così stupida.
- Starò attenta, te l'ho detto.

Ma lui sa come farle perdere il controllo. O almeno... lo saprebbe se solo fosse in condizioni migliori, se solo potesse mostrare al mondo tutta la potenza di cui è capace.
Ma è rilegato su uno stupido letto di laboratorio, come una cavia, una cavia qualunque.
Una cavia come tante altre.

- Ha ucciso mio fratello! Ne ho diritto, Mohinder! Tu hai già avuto la tua occasione! Lascia che io abbia la mia!

Bingo. Stavolta lascerà cadere qualsiasi accortezza. Ha premuto il tasto giusto, e lo scrigno si è aperto. E' riuscita a piegarlo al suo volere.
Forse l'ha sottovalutata. Forse non ha paura di prendersi ciò che vuole.
Forse... forse ha imparato qualcosa da quel breve periodo di tempo che hanno trascorso insieme.
E gli viene da sorridere. Fautore della sua stessa disgrazia.
Stavolta è stato lui a non calcolare tutte le variabili.
Ed è una sordida, grottesca risata quella che vorrebbe sgorgare dalle sue labbra secche.

- Grazie, Mohinder.

Quell'accento ridicolo.

- Grazie.

Ringraziamenti che si accavallano l'uno sull'altro mentre la serratura di quello che sembra un pesante portone blindato, scatta rumorosamente.
Libertà che non gli è permesso di assaporare.
Può solo sentirne il lontano profumo, e niente più.
Il cigolare dei cardini pesanti è assordante. Nessuno gli ha dato la sua dose giornaliera di sedativi per anestetizzare il dolore, o la fame, o la sete, o il sonno che manca - e tutto è amplificato e centuplicato senza alcun riguardo, come in una perfida cassa di risonanza.
E poi passi leggeri, che si disperdono come se fossero lontani anni luce, ma che stanno appena al di là di quella porta.
E' una sorta d'insana impazienza quella che gli sembra di avvertire. Il brivido che precede l'assimilazione di una nuova, preziosa abilità.
Ha dimenticato come ci si sente. Gli manca quell'assoluta sensazione di onnipotenza che gli fa credere di poter fare o dire qualsiasi cosa gli passi per la testa.
Poter diventare qualcuno. Qualcuno al di sopra di tutti gli altri.

- Farò in fretta.

La porta si richiude con un gran fracasso e poi è solo un impazzito, insistente, familiare battito cardiaco, quello che gli riempie le orecchie.

  
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Heroes / Vai alla pagina dell'autore: Hermione Weasley