I I I I

Segna un'altra tacca sul muro, sdraiandosi poi sulla brandina.
Quattro giorni. Ancora poche ore e quell'assurda pagliacciata finirà. Finalmente la Polizia Militare potrà smettere di fingere di accettare le loro follie.
“Ehi, Irvin.”
Fissa il soffitto macchiato di pioggia e umidità, illuminato dalla luce del sole che entra dalle finestre sbarrate. Sospira giocherellando con il cucchiaio che ha in mano, facendolo girare fra le dita agili.
“Secondo te morire fa così male?”
Fissa il pezzo di metallo che ha in mano, ricordandosi di quando Eren si era trasformato in gigante a causa sua. Che infarto che gli aveva fatto venire, quel moccioso!
“Credi che abbia sofferto?”
Perché hanno perso ogni forza per proteggere il ragazzo. Non osa neanche immaginare il suo destino, ma sa già che è morto il primo giorno in cui lo hanno sbattuto in quel posto con poca luce e dei servizi igenici scadenti. Una cavia, morta inutilmente per il benessere del genere umano. O per un altro paio di stronzate ben preparate alla maniera cortese della Polizia Militare.
“Dici che soffrirò uguale?”
Impossibile, la sua morte sarà veloce esattamente come quando lottava con i giganti. La velocità è sempre stata la sua compagna, fin da quando era un misero ladruncolo dei bassifondi. Ed è giusto che lo accompagni anche nella morte.
“Eppure io non vorrei morire.”
Nessuno lo vuole. E' più facile vivere nel lusso e chiudere gli occhi davanti ai giganti. Basta spendere i soldi per un assurdo ideale a cui è più semplice non credere. Bisogna eliminare totalmente ogni traccia di un Corpo di cui nessuno sentirà realmente la mancanza. Così tutti si dimenticheranno dell'esistenza del soldato più forte dell'umanità e dell'uomo che lo comandava. Per non parlare della donna che amava vivisezionare i giganti.
Insomma, la loro storia era giunta al capolinea. Per quanto voglia di morire non ne possedevano alcuna.
“Ancora di più, non vorrei farlo per mano di quei maiali.”
Era sopravvissuto ad ogni genere di gigante. Maschi, femmine, di varie classi e altezze, normali e non. La sua spada si era mossa per difendere se stesso e quel mondo rinchiuso in tre mura. Voleva ridare quello che aspettava alla gente. Voleva che nessun sacrificio fosse vano. Voleva, per questo lottava.
Non poteva dire che se lo aspettasse, ma gli sembrava giusto che ad ucciderlo fossero le mani di chi aveva salvato. Aveva teso la sua e per ringraziarlo gli avrebbero mangiato il corpo.
“Ma credo di non aver molte scelte.”
Non è come quando lottava contro i giganti. Lì poteva scegliere, anche se non sapeva mai se sarebbe stata quella corretta o meno. Agiva e basta.
Ora invece subisce, impossibilitato al trovare una via di fuga davanti alla morte.
Gira il viso, trovandosi davanti il soldato che lo porterà al patibolo.
“E' ora.”
E Rivaille non può far altro che alzarsi e sbuffare, osservando un'ultima volta la brandina vuota accanto alla sua. Sul muro c'è solo un trattino, che accarezza piano un'ultima volta.
“Non ci siamo neanche potuti salutare per bene. Ma non preoccuparti, rimedieremo subito.”
Si lascia portare via, svuotando la cella della sua presenza. Solo i cinque trattini dimostrano che lì dentro c'è stato qualcuno.
Un semplice soldato e l'uomo che pretendeva di comandarlo.
 

Alza gli occhi al cielo, fissando quel colore che gli ricorda così tanto Irvin.
Lascia che il suono degli spari copra definitivamente il suono della sua risata.

Ah, Irvin... non ti fiderai mai a lasciarmi solo, vero?

Note.
Scusate se partorisco solo tragedie. Scusate veramente.
Questa è un'idea che gira ultimamente nel fandom giapponese, ovvero che la Polizia Militare arrestino tutto il Corpo di Ricognizione e che giustiziano tutti.
Gioia a palate insomma.