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Autore: The_moonrise    05/09/2013    4 recensioni
Mi chiamo Laura, ho 17 anni e sono incinta. Non siate frettolosi nel giudicarmi, leggete prima la mia storia...
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Quando lo dissi a mio padre per poco non mi uccideva, mi ritirai in camera con un occhio nero e numerosi lividi, chiusi la porta e mi misi ad ascoltare la musica per coprire le urla di mia madre, dicevano che sarebbe stato un peso, uno spreco di soldi. Ovviamente loro sanno pensare solo ai soldi. Come se questa piccola creatura, ormai dentro me, non fosse molto più importante. 

Non posso nascondere tutto questo peso dentro me, devo confidarmi con qualcuno che mi capisca veramente. Così decisi ad abbassare il volume della radio, mia mamma non gridava più, aveva gettato la spugna, probabilmente adesso starà discutendo con papà.

Approfittando del quasi silenzio chiamai Allegra, la mia migliore amica, la persona che mi avrebbe ascoltata senza fare troppe domande, che mi avrebbe capita e che mi avrebbe detto la cosa giusta. 

« Pronto?... » rispose presto alla chiamata.

« Ciao Ally, scusa per l’ora sono Laura, ti devo raccontare una cosa importante...» iniziai io.

« Ti ascolto. » ribattè lei, con tono affettuoso.

« Non adesso, non per telefono... Ci possiamo vedere fra 5 minuti al parco? » chiesi.

« Sono già lì. » rispose lei, e chiudemmo la conversazione.

Non potevo raccontarle tutto per telefono, e se i miei ascoltassero la conversazione? Non voglio che sappiano quello che mi è successo. 

Sgaiattolai dalla finesta e arrivai al parco in 3 minuti e mezzo, ed Allegra era già la, stava aspettandomi sotto il gazzebo, la raggiunsi in fretta. Fortunatamente la luce fioca non la fece accorgere dei miei lividi.

« Eccomi » esordii io

« Forza raccontami tutto » rispose lei, era davvero preoccupata per me.

« Ti ricordi di quando ti ho raccontato di quell’uomo che mi aveva fatto del male... in realtà non ti avevo raccontato proprio tutto... »

« Spiegati meglio... »

« Ero spaventata! Volevo dimenticare e non parlarne con nessuno e invece ora sono costretta a parlarne » iniziai a piangere ripensando a quello che avevo provato.

« Lalà ti prego, calmati! Stai tranquilla, dimmi tutto quello che ti ha fatto quell’uomo... »

« Quell’uomo, quell’uomo... mi ha violentata. » confidai sussurrando.

 Lei mi abbracciò, non disse niente, mi abbraccio per minuti, probabilmente aveva capito il perchè di questa confessione. Aveva compreso che ero incinta, incinta di un mostro.

« Ho fatto il test la settimana scorsa...ed ho raccontato tutto ad Alessandro. Crede che l’abbia tradito, crede che sia tutta un invenzione, non vuole sapere più niente di me... »

« Oh Lalà... Tranquilla, ci sono io. Mi dispiace solo che non mi hai raccontantato subito tutto. Non sei andata a parlare con la polizia, vero? »

« No... »

« E non vuoi andare neanche adesso? »

« Assolutamente no. » 

« Okay, ma adesso cosa vuoi fare? Intendo dire con il bambino, lo terrai? »

« Non me la sento di fargli del male, lui non è colpevole di quello che è accaduto, ma allo stesso tempo i miei non intendono aiutarmi ne economicamente ne in qualunque altro modo, non accettano il bambino, non posso stare più a casa devo trovare un altra sistemazione... »

« Capisco, se hai voglia puoi stare nel nostro secondo apparamento, lo usava mio padre prima che decidesse di rasferirsi con la sua ragazza, ma adesso è libero! E per quel che riguarda i soldi, puoi venire a lavorare come commessa per il negozio di mia mamma. Studiare e lavorare contemporaneamente sarà duro... se hai bisogno di qualche aiuto fammelo sapere subito. » sorrise

« Non posso rifiutarmi... Ti ringrazio di cuore per tutto quello che stai facendo per me! » la abbracciai forte.

« Non preoccuparti. Quando ti trasferisci? »

« Presto, quando posso venire? »

« Anche domani se ti va. » rispose sorridendo, cercava di farmi tranquillizzare, farmi star meglio, e ci stava riuscendo. Sorrisi e la abbracciai ancora più forte di prima.

« Ti voglio bene! »

« Te ne voglio anch’io »

Così facendo ci salutammo e tornammo a casa...

Avvicinandomi alla finestra della mia stanza sentii riprendere le urla di mia mamma. Diceva di aprire subito o avrebbe sfondato la porta. Obbedii. Lei mi tirò uno schiaffo e poi riprese ad urlare. Io non ascoltavo più quel che diceva, tanto non faceva altro che ripetere gli stessi concetti: ero un mostro, una figlia degenere, avevo rovinato la mia vita e la loro, e che avrei dovuto fare tutto da sola se avessi deciso di lasciarla vivere. A tal proposito le dissi dell’appartamento e del lavoro, lei mi rispose che potevo fare quello che preferivo, non ero più considerata loro figlia. Questo mi fece star male, mi zittii e mi rinchiusi nei miei pensieri. Perchè stava capitando tutto questo? 

I miei sono sempre stati molto lontani da me, non fisicamente, ma nel piano affettivo, hanno sempre fatto come se io non ci fossi... Forse non dovrei stupirmi di questo loro comportamento, ma infondo rimangono sempre i miei genitori, non posso fare a meno di volerli bene.

Quando “quella donna” uscì mi richiusi dentro la stanza ed iniziai a preparare le cose da portarmi via. Una volta terminato andai a dormire, erano le due di notte, ed era stata una giornata davvero lunga. 

Il giorno dopo mi svegliai di colpo, segno che questa giornata stava già iniziando non tanto bene. Probabilmente avevo avuto un incubo e, come sempre quando sono stressata, non me ne ricordavo. Prima di andare via, scrissi un biglietto sulla mia scrivania: 

“Grazie mamma, papà, per tutto quello che avete fatto per me. Ve ne sono grata.

 Vi voglio bene. Mi dispiace dover andare via così. Spero un giorno possiate perdonarmi. Io non penso di cambiare la mia decione, ma qualora voi cambiaste la vostra, venirmi a trovare, il mio indirizzo è: via xxxxxxx numero xx. 

Mi mancherete, addio.

Laura”

Io sto crescendo e crescere comprende fare delle decisioni importanti, spero solo di fare la cosa giusta.

Passarono un paio mesi, il mio corpo stava cambiando. Adesso la mia pancia era un po’ più evidente rispetto i mesi passati, e iniziavo ad avere la percezione di quell’esserino che è dentro me. Delle volte mi sembrava come se potesse sentirmi, reagiva alla mia voce, buffo.

Avevo iniziato a lavorare al negozio di Marta, la mamma di Allegra, come Ally mi aveva proposto e avevo iniziato a risparmiare qualcosa. Il lavoro non era affatto complicato e riuscivo a conciliare per bene scuola e lavoro, lavoravo in un negozio di articoli sportivi, dovevo solo dire ai clienti dove si trovava quello che cercavano e qualche volta stavo alla cassa.

Mi ero stabilizzata nel loro secondo appartamentino, non era molto grande, ma bastava per me e per la mia bimba (sì, sento sia una bimba e le radiografie mi danno ragione). Mi sentivo come un parassita, loro facevano di tutto per me e io non sapevo come ringraziarli o come sdebitarmi quindi proposi loro di farli tutte le pulizie, e anche di cucinare nel loro appartamento (che era esattamente sotto il mio), ma Marta mi ha risposto che non mi devo sforzare, e se davvero voglio fare qualcosa per loro, devo stare tranquilla. E’ davvero gentile, troppo. Probabilmente si comporta così perchè ha vissuto una situazione simile alla mia e vuole fare di tutto per aiutarmi (proprio come la figlia). 

Il tempo sembrava non fermasi mai, il mio corpo continuava a cambiare e quelle che prima sembravano solo piccole percezioni adesso sono molto più certe. Quando arrivai al quinto mese di gravidanza, la mia pancia era diventata davvero evidente, ma ciò nonostante continuai a frequentare la scuola; andai avanti così per un mese, era la fine di aprile, decisi di esporre al dirigente scolastico la mia situazione, era molto evidente, e chiesi per un permesso che mi lasciasse assentarmi fino al termine dell’anno scolastico. Infondo avevo dato il massimo, mi ero fatta fare interrogazioni su interrogazioni ed avevo preso ottimi voti. 

Così facendo ebbi un po’ più di tempo per “noi”. La mia piccolina cresceva dentro me e mi ascoltava. Le cantavo spesso delle ninnananne e qualche volta delle canzoni del mio gruppo preferito, i “Trading Yesterday”, che prima di restare incinta, cantavo spesso alla chitarra.

Ci ho riempito la mia adolescenza con la loro voce, i loro accordi, le loro canzoni erano tutto per me; e alla bimba piacevano! 

La mia bimba riusciva a riconoscere anche la voce di Allegra e del suo migliore amico (ora anche mio), Mattia. Ultimamente passavano tanto tempo con me. Allegra aveva iniziato a leggere tutti quei libri sui bambini, le loro prime malattie e cose così; sembrava lei la ragazza incinta. Mattia invece scherzava continuamente con me, probabilmente voleva cercare di distrarmi dalle mie preoccupazioni o semplicemente di farmi sentire felice. Ci stavano riuscendo bene. Un giorno mi portarono in un negozio per neonati per comprare dei pannolini, pappine, cremine, e vedemmo anche delle tutine; mancava poco alla fine di questa gravidanza e non avevo ancora preso niente per la piccola... 

« Lau che ne dici di questa? Ti piace? » mi chiese Mattia su una dolce tutina rosa con un fiocchettino stampato avanti

« Carina! » gli risposi sorridendo.

« Lalà! Guarda qua! Non sono dolcissime? » disse Allegra portandomi a guardare altre due tutine rosa una con orsacchiotto, l’altra con un cagnolino.

« Sì, sono carine » risposi, e anche questa volta, sorrisi. Mi avvicinai a lei per guardarle da vicino ma dopo qualche passo iniziai a provare un forte dolore addominale, non erano contrazioni, mi preoccupai, se si fosse staccata la placenta? O se fosse successo qualcosa alla bimba?!

« Laura che succede?! » mi chiese Allegra davvero preoccupata

« La piccola... Ho paura... » riuscii a sussurrare, il dolore era fortissimo, erano come delle fitte, ma davvero davvero dolorose. 

« Ally portiamola in ospedale! » disse Mattia e mi prese leggermente la mano e Ally dall’altra, mi accompagno alla macchina (Mattia era l’unico maggiorenne fra noi, l’unico che potesse guidare, fortunatamente c’era lui con noi) e mi porto in clinica.

Lì mi misero su un lettino e le infermiere fecero un qualcosa a cui non ho fatto caso. La bimba era al centro dei miei pensieri. 

Fino a qualche mese fa non immaginavo neanche di poter desiderare essere la tua mamma, da quando sei dentro me invece, sento di volerti. Non hai colpe se sei qui, se hai come mamma solo una ragazzina. Quando ho dovuto scegliere, non ti ho fatto del male, e non te ne voglio fare. Sei tutto ciò che mi è rimasto, sei la mia famiglia, sei il mio tutto.”

Iniziai a sentire il dolore affievolirsi e mi portarono in una sala dove mi fecero un ecografia.

« Ha avuto un parziale staccamento della placenta, ma non si preoccupi, il piccolo, per ora, sta bene. Mi raccomando, deve stare a riposo, non si sforzi assolutamente o rischia il completo distacco della placenta. » disse la dotoressa.

Annui felice che la mia piccolina fosse sana e salva. Non mi ero mai preoccupata così tanto per qualcuno prima d’ora. 

“Visto piccola va tutto bene!”

Riuscivo a sentirla. Era tranquilla. Stava bene.

« Okay, grazie » le risposi e annuì felice che la mia piccolina fosse sana e salva. Non mi ero mai preoccupata così tanto per qualcuno prima d’ora.

La dottoressa mi ricambiò il sorriso e uscì dalla sala. Dopo rientrarono Allegra e Mattia, sorridenti anche loro, probabilmente un dottore li aveva già raccontato la situazione. 

« Visto Lalà, va tutto bene! Ho chiesto e possiamo già tornare all’appartamento! » disse Allegra

« Ne sono felice » le risposi

Così ci mi riaccompagnarono all’appartamento, decisero di lasciarmi un po’ tranquilla, così come aveva detto il medico. Sola, iniziai a rimuginare sull’accaduto, mi sentivo tremendamente in colpa con me stessa. Avevo quasi fatto del male alla mia piccola, rischiavo persino di perderla... 

“Piccolina mia, prometto di stare più attenta, mi dispiace tantissimo. Presto starai fuori, e prometto di trattarti come una principessa. Sei la mia principessina. Ti voglio bene.”

Improvvisamente sentii un dolore interno, questa però era una contrazione. Erano iniziate. 

“Non manca tanto, piccolina. Presto potrò abbracciarti!”

Presi il cellulare e chiamai il ginecologo, mi disse solo cose che già sapevo, o meglio, che Allegra mi aveva detto, sembrava più informata lei che il ginecologo stesso.

In un paio di giorni le contrazioni presero il ritmo di cui mi aveva parlato il ginecologo: 1 ogni 10 minuti. Chiamai Allegra la quale corse letteralmente da me con Marta, mi accompagnarono in ospedale e mi lasciarono agli infermieri che mi  portarono in una stanza dove dovevo attendere. Il medico, che venne a controllarmi, disse che era giunto il momento per iniziare il travaglio.

Mi chiesero se volessi fare l’Epidurale ma io risposi di no. Avrei preferito soffrire un altro po’ piuttosto che rischiare per la mia piccola. 

Il parto fu la cosa più dolorosa che avessi mai provato. Un dolore atroce, orrendo. Anche se, pochi minuti dopo provai la sensazione più bella del mondo. Era il 3 luglio 2003 e stavo diventando mamma. La mia piccolina finalmente era fra le mie braccia, era concreta, potevo vederla in tutta la sua dolcezza. I suoi occhi chiusi non abituati ancora a tutta questa luce, le sue labbra sottili, le sue manine adorabili... Quando la toccai per la prima volta, sentii una sensazione forte proprio al centro del mio petto e poi sentii le lacrime salirmi, lacrime di gioia, non ero mai stata così felice, non mi sono mai sentita più completa...

« Ha già deciso il nome della piccola? » mi chiese un infermiera

Non ci avevo mai pensato, come potevo chiamarla? Pochi secondi dopo, decisi il nome più adatto per un esserino così...

« Desidero chiamarla Ilenia » risposi io sorridendo

Ilenia significava “simile al sole” e lei così come il sole, stava illuminando la mia vita.

Il tempo passo in fretta, fra un controllo e l’altro, potemmo lasciare l’ospedale, ci venne a prendere Marta. Ero euforica e preoccupata allo stesso tempo: avevo la mia bimba, bellissima e sana, così dolce... ma allo stesso tempo ero sola, sola con una neonata, ce l’avrei fatta? 

Ero davvero tanto, tanto nervosa.

« Hey, Laura che succede? » chiese premurosa Marta.

« Sono solo un po’ impaurita... Ho il terrore di farle del male e anche di aver sbagliato tutto...» mi confidai.

« Non ti preoccupare, hai fatto la scelta giusta. Comunque tutte noi mamme la prima volta ci siamo sentite così. Stai tranquilla. » sorrise.

Le ricambiai il sorriso, ero contenta che lei mi sopportasse, avere un adulto con cui confidarsi fu utile, se solo non mi fossi comportata così con i miei, forse se mi fossi confidata fin dal principio con loro... 

Il viaggio in auto mi fece riflettere. Capii di aver agito in maniera impulsiva. Avevo sbagliato. Sperai solo non fosse stato troppo tardi per accorgersene.

Tornati nel appartamento ci trovammo una sorpresa: Mattia e Allegra mi stavano aspettando. Avevano attaccato una grossa ghirlanda rosa alla porta, e appena entrata mi fecero gli auguri, parlavano sottovoce per non disturbare la piccola. Poco dopo portarono un regalino per Ileny, un peluches a forma di orsacchiotto. Ileny era un vero angioletto, non piangeva quasi mai, stava sempre tranquilla. 

3 anni dopo.

Io avevo iniziato l’università, Ileny andava all’asilo, i “nonni” ed io avevamo fatto pace; la nostra vita andava più che bene. Se non fosse che Ileny iniziò a porsi le prime domande.

« Mamma, perchè Ileny non ha un papà? » mi chiese,

« ... » non sapevo che risponderle, non sapevo neanche chi fosse il suo papà... « Amore, guarda sono arrivati zia Allegra e zio Mattia! »

« Zii! » Ileny li corse incontro.

« Ciao piccolina! Sei cresciuta ancora! » disse Mattia, e la prese in braccio. Era stato un gesto molto affettuoso.

E’ proprio da quel gesto che capii cosa potevo fare per Ileny: iniziare a collezionare. Collezionare momenti felici, catturandoli in scatti fotografici.

Sperando che un giorno Ileny capisca che non è importante se hai solo una mamma o hai entrambi i genitori, l’importante è avere qualcuno che ti ama, che ti vuol bene, e che ti protegga. 

E’ fu proprio così.

 
  
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