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Autore: Jo_March_95    06/09/2013    1 recensioni
I wanna cry and I wanna love
But all my tears have been used up.
~
Note: Mi odierete, mi odierete tanto per questo, leggendo parola dopo parola vi renderete conto di quanto sia tutto sbagliato, di quanto sarebbe meglio tornare indietro e non aver mai cliccato sul titolo blu.
Mi rendo conto di aver fatto qualcosa di orrendo, qualcosa che mi auguro Mickey non faccia mai mai mai, non importa quanto il cuore gli diventi gigante, non importa quanto piombo ingoierebbe otturandosi la gola pur di poter far uscire quelle famosa parole.
Parole, parole.. come dice il titolo (che è una frase tratta dalla STUPENDA canzone di Tom Odell, Another Love), le parole vincono sempre, sono neutrali, fanno il loro lavoro. Le conseguenze però a chi restano? Una volta lasciate le labbra che effetto fanno? Cosa si lasciano dietro?
Ian non lo sa, non lo sa affatto che sforzo richieda per Mickey anche solo /pensare/ di essere gay, di amarlo, amarlo sul serio del tipo che non lo tradirebbe se non pensasse che così facendo fa un po' di male anche a se stesso avendo così l'opportunità di bilanciare le cose, almeno secondo il suo stanco punto di vista.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Mickey Milkovich
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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And if somebody hurts you, I wanna fight
But my hands been broken, one too many times
So I'll use my voice, I'll be so fucking rude..

 
                                                                      ..Words they always win, but I know I'll lose









Mickey Milkovich stringe la testa tra le mani mentre la sigaretta si consuma in silenzio avvicinandosi alla pelle e iniziando ad annerire le dita, Mickey Milkovich stringe /più forte/ la testa spingendo con rabbia contro le orbite spente degli occhi annacquati, provando a tamponare quella dispersione di anima direttamente alla radice di ogni male.
Un buco sulla fronte e cazzo, sarebbe tutto più facile.
Persino decorativo, magari con gli schizzi di sangue e residui di cervello spiaccicati sulle pareti bianche di quella stanza ripulita che rischia di sporcare solo lui, ora.
Aprendo la porta, Terry resterebbe a bocca aperta. Cazzo, Mickey lo sbatterebbe con il naso nella pozzanghera di residui umani e gli farebbe odorare il sapore della morte quando è veramente morta.
Gli farebbe notare che un fottuto cervello lo aveva, e non ha mai più avuto più senso di ora, ora che è cartilagine da parati sulla vernice ingrigita, ora che piccoli grumi rosa di tessuto connettivo pulsano come torce a infrarossi e decretano la condanna in codice morse.
Gli farebbe poggiare una di quelle grosse manacce callose a furia di adattarsi alle diverse armi abusive che ha amato più dei suoi figli sul suo petto freddo allenato duramente, con i muscoli senza vita che si afflosciano e lo fanno smettere di essere una competizione vivente, una prova di coraggio su due gambe, una dimostrazione di questo, di quello e di quell’altro deambulante, una sorda richiesta d’aiuto che non ha saputo pronunciare nemmeno attraverso labbra diverse.
Glielo farebbe sentire al massimo del volume di cassa toracica, quel silenzio che gli ha trapanato la lingua e forse anche qualcos’altro perché il dolore non era mai localizzabile nelle serate d’inverno con le mani tra i denti.

E Terry abbasserebbe gli occhi incurvati dal disprezzo, e non sarebbe più Terry.
Sarebbe Ian, avrebbe diciassette anni e un buco uguale al suo in mezzo agli occhi, come un cazzo di monosopracciglio che si unisce in una voragine rosso sangue scavata da un proiettile. E sarebbero due fottuti cadaveri, avrebbero le lingue piegate all’indietro a otturare la gola senza soffrire la mancanza d’ossigeno, senza diventare viola. Avrebbero le mani aperte perché non si può stringere qualcuno mentre sei morto, avrebbero le mani aperte e non potrebbero neppure pregare un cazzo di Dio qualsiasi che li aiuti a sopportare il peso di tutta quella desolazione.

Mickey Milkovich allenta la presa delle proprie mani su quella faccia di merda che si ritrova e inizia a sentire le braccia pesanti e se non fosse seduto sul letto sentirebbe anche le gambe pesanti e se non fosse seduto sul letto si sarebbe reso conto prima di averle davvero pesanti in realtà, e di essere caduto sul pavimento come un cazzo di frocio col cuore spezzato.
Così si porta le mani al petto per vedere se scorrendo le dita sulla pelle tesa dello sterno si senta effettivamente rumore di cocci che stridono, se quel cuore è rotto o solo incrinato o se non c’è mai stato e Terry ha sempre avuto ragione e Ian ha solo sprecato il suo tempo e quelle parole che avrebbe dovuto dire non sono mai esistite.
“I’m gay. And I love you.”
Sarebbe cambiato tutto. Un rewind che brucia mentre riavvolge il nastro dei ricordi e fa pizzicare le corde vocali per la traccia sonora.

“Sono gay e ti amo” glielo sparerebbe diritto tra i denti la prima volta, da Kash, senza rubare niente o forse solo qualcosa di piccolo.
Glielo urlerebbe con tutto il fiato che ha, diventerebbe blu e viola e poi bianco e nessuno potrebbe salvarlo perché tutto sé stesso è stato sputato via in tre parole I LOVE YOU, glielo trapanerebbe nel cervello e lascerebbe che facesse male anche a lui, gli darebbe in adozione volentieri quel dolore, visto che l’ha chiesto così spesso senza mai sapere cosa sarebbe stato davvero.


E già se lo immagina, steso sul pavimento del market mentre il rosso lo guarda e inizia a sentire prurito ma non sa dove grattare, manda in aria le dita che si agitano frenetiche e non sanno cosa fare, poi quel prurito diventerebbe davvero davvero doloroso come una consapevolezza che scava in un’altra consapevolezza fino ad annientarsi a vicenda e in tutto questo tu non sai chi sei.
E Ian capirebbe, finalmente, capirebbe che non è mai stata colpa sua, che non puoi fidarti della voce che ti conduce mentre sei cieco perché i tuoi cazzo di occhi li ha lui e se ti ha inculato una volta lo farà di nuovo e di nuovo e di nuovo e non importa quanto ti piaccia poi farà sempre più male perché questo è un dolore diverso.
E’ il dolore che si abitua a te e diventa sempre e sempre più forte fino a farti svenire, fino a scavarti un buco in fronte, fino a pregare qualcuno che non ti aiuterà mai, tipo Terry, fino a voler tornare indietro e capire di aver sbagliato comunque.

Mickey Milkovich porta le ginocchia al petto mentre sente sua sorella insultarlo per l’ennesima volta, che per lei è stato tutto difficile ma difficile in modo diverso. Perché il suo nemico non è lei stessa, perché può prendersela con la gente e scoparsi il suo Gallagher personale senza vergognarsi o essere finocchio.
Porta le ginocchia al petto e sente di stare affondando ed è assurdo perché il gomito gratta contro il pavimento ma non c’è modo di scalfirne il duro legno.
Sente di stare affondando, sente che è andato tutto storto ma non poteva andare altrimenti, che forse questo è il loro finale felice, che forse quando moriranno capiranno che niente ha avuto senso, che forse gli schizzi di sangue del suo cervello lo scriveranno con le piastrine e i globuli rossi che è gay e che ha amato Ian.
Che lo ama.
Che se riuscisse a smettere lo farebbe ma ogni volta che ci prova sente le orecchie fischiare e sente il bollitore fischiare e sente qualcuno fischiare ma non c’è nessuno con lui e il te non è pronto.
Se non fosse così consumato ci proverebbe, ci proverebbe fino a fargli male, lo amerebbe con tutta la ruvidezza di cui è capace, con tutte le parolacce che possono nascondere amore, così come ha visto Terry amare sua madre, così come ha visto Terry distruggere sua madre fino a farla scappare o morire o vivere sotto forma di vegetale in un vaso di terracotta con le foglie esposte al sole.
La carta vetrata che gli ha smussato ogni spigolo e l’ha ridimensionato fino a farlo entrare perfettamente nella sua cazzo di scatola personale sarà solo passato. Potrà uscire fuori tenendo per mano Ian e sentendo la fede nuziale corrodergli il dito con la lettera C di “fuck”, potrà esporre al vento la pelle scorticata delle emozioni, il sangue che cola ma non ha consistenza, che non guarisce perché per farlo stare stretto nella scatola hanno messo anche del sale che non fa crescere più niente.
Uscirebbe fuori e l’aria gonfierebbe i polmoni e che cazzo è quest’aria dov’è il mio veleno, la mia nicotina la mia qualunquecosasiabastachemifacciamorire.
Se uscisse fuori dalla scatola peggiorerebbe in fretta ma sarebbe così legato a Ian, così incatenato a fuoco nei suoi tendini e nelle curve delle sue gote quando sorride mentre è triste, nelle scagliette opache delle iridi troppo verdi per poterne reggere lo sguardo, da portare anche lui a fondo.
Da essere una di quelle ancore che invece di legarti a qualcosa di saldo ti traggono in inganno e ti riempiono di acqua dopo averti rubato le branchie.
Mickey Milkovich non vuole ingannare Ian, non vuole fargli respirare alghe e guardarlo annaspare in cerca della sua salvezza, non vuole prendere in ostaggio il suo respiro solo perché quello gli ha legato spine attorno ai fianchi e lo ha appeso come un ciondolo al petto.

Mickey Milkovich vorrebbe smettere di afferrarsi la testa senza riuscire a comprimerla e avere più spazio a disposizione, vorrebbe non sentire davvero il freddo della pistola premergli contro le rughe d’apprensione e altre cicatrici lasciate dalla vita sotto le sembianze di Terry che lo colpisce con una mazza perché è solo un cagasotto.
Non vorrebbe, non vorrebbe.. eppure.

Another love
The same love
Another love
The same love

Stop stop stop
.
.
BANG

  
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