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Autore: helly    06/09/2013    5 recensioni
L’alba non tardò ad arrivare. Stavolta in casa dormivano davvero tutti e non solo lì. Anche le strade erano deserte alle sette del mattino, e nonostante avessi dormito nulla trovai la forza di alzarmi e arrivare fino ai giardini. Faceva freddo, dodici gradi più o meno; e Lax era seduto sula nostra solita panchina. Sentì il legno umido della notte entrare a contatto con la pelle nonostante i pantaloni.
“Si può sapere cosa succede?” mi guardai intorno e poi annuii…
“Ieri notte, tuo padre e mio padre parlavano di quella storia…”
Genere: Guerra, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erza/Gerard, Gerard, Luxus Dreher, Mirajane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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1942.
 
Essere o non essere...





Prologue.
Mossi i piedi freddi tra le lenzuola di flanella che mi avvolgevano, alla ricerca di un po’ di calore e magari anche un po’ di sonno. Erano circa quattro notti che non dormivo, e non sapevo neanche perché. Spesso mi interrogavo sulle sorti del mio destino, sperando di trovare una risposta che non vedesse termini come sangue o guerra, ma non ci era voluto poi tanto per capire che il mio era solo un sogno chiuso a chiave in un vecchio cassetto dimenticato dal mondo.
Quattro giorni prima d’oggi ero rientrato più tardi del solito, le quattro del mattino circa. Ero stato tutto il tempo in compagnia di amici in una vecchia bettola frequentata da persone non proprio raccomandabili, e se solo i miei lo avessero scoperto, sarei rimasto fottuto per almeno un mese. Mia madre e mio padre erano due persone in vista nell’alta società del mondo magico; i loro amici erano tutte persone colte e ben educate e quindi, fin da piccolo, si erano premurati di tramandarmi tutte le regole comportamentali che conoscevano. Un professore privato frequentava la mia casa, o meglio, la mia stanza per almeno quattro volte alla settimana. Con lui studiavo tutto, e quando dico tutto intendo dire anche quelle cose più banali di cui non frega a nessuno; come la matematica. I miei amici erano come me, ma noi a differenza degli adulti, apprendevamo, ma mettevamo in pratica ben poco di quella rigidità. La notte, io, Gerard Fitz, mi trasformavo in solo Gerard, e così anche tutti gli altri. Eravamo un gruppo di almeno sei ragazzi, tutti maschi ovviamente…perché nell’alta borghesia, le donne sono solo un bel soprammobile da portare dietro ad una festa; nessuno ha bisogno di loro se devi divertirti, insomma, quelle…le donne per divertirsi, le trovi sempre. Quella notte noi ne avevamo trovate ben tre nonostante fossimo rimasti solo in due, ma io e Laxus non ci eravamo mai creati problemi per una cosa così; avevamo soldi a sufficienza per offrire da bere anche a tutta la locanda, e una signorina in più che voleva farci compagnia non era di certo un problema. La prima parte della serata fu abbastanza monotona: i soliti drink, i coglioni ubriachi che si azzuffavano, la puzza d’alcol nell’aria e il fumo delle sigarette tra i capelli. Dopo la mezzanotte però, le cose sembrarono cambiare. Ci eravamo appartati con le ragazze, di cui neanche ricordo il nome, in un locale non poco distante da casa. Eravamo seduti su dei divanetti di stoffa bianca e loro ai cuscini avevano preferito le nostre cosce e noi le avevamo concesso tutto, anche qualche altro drink; tre se non sbaglio. Eravamo cotti, ubriachi e stanchi…forse neanche tanto vogliosi di scopare, ma quando la possibilità si presenta, si sa, un vero uomo non si tira mai indietro.
L’ultima volta che guardai l’orologio erano quasi le quattro e stavamo riaccompagnando a casa la più ubriaca del gruppo. Non riusciva a reggersi neanche in piedi e farfugliava roba in una lingua di cui solo lei ne conosceva l’esistenza. “Attento che non mi vomiti sui sedili cazzo!” la voce di Lax era così divertente quando celava quel velo d’ansia che chiunque sarebbe scoppiato a ridere, e così feci. Lui mi guardò male dicendo che mi avrebbe lasciato a piedi ed io risposi che non avevo paura. Avevo sempre i miei poteri, e mi sentivo indistruttibile. Inchiodò la macchina a pochi isolati dalla casa. Nessuno avrebbe dovuto vedere che eravamo noi a riaccompagnarla, così m’infilai la felpa nera e quando fui certo di essere ben coperto aprì lo sportello, tirai fuori la tipa e la lasci su un marciapiede. In macchina poi ci fu il silenzio; eravamo troppo stanchi anche per fumare, infatti mi addormentai, perché quando sentì la voce di Lax tracciarmi i timpani eravamo fuori casa mia. “Aiutami a controllare che non ci sia nulla, non posso rischiare!”. Suo padre era uno dei migliori amici del mio. Passavano intere giornate insieme a confabulare su cose che a noi non era concesso sapere, ma noi, da bravi figli educati quali credevano che fossimo, sapevamo tutto. Origliavamo le loro conversazioni anche a distanza e poi riunivamo le informazioni ottenendo così le risposte a tutte le nostre curiosità.
Uscì dall’auto nera e percorsi il vialetto di casa. Appoggiai la mano a pochi centimetri dalla serratura e la porta in meno di un attimo si aprì senza fare il minimo rumore. Sospirai notando che tutti dormivano. Camminai piano lungo il corridoio buio fino ad arrivare alle scale e dopo i primi passi notai una luce cupa provenire dallo studio di mio padre, allora tornai giù camminando in punta dei piedi e mi accostai alla porta socchiusa. Come avevo sospettato, lui era sveglio, ma non era solo. Nel silenzio della notte riuscì a distinguere due voci, una delle quali apparteneva sicuramente a Ivan Drayer. Mi accucciolai con le spalle attaccate al muro dello studio e restai basito dinanzi alle loro parole che improvvisamente mi riportarono alla realtà lasciando ormai alle spalle i fiumi d’alcol e le mille sigarette delle ore prima. Quando tutto finì corsi in camera, agitato, e provai a parlare telepaticamente con Laxus che fortunatamente era ancora sveglio; gli dissi che dovevamo vederci perché avevo novità. Pessime.
L’alba non tardò ad arrivare. Stavolta in casa dormivano davvero tutti e non solo lì. Anche le strade erano deserte alle sette del mattino, e nonostante avessi dormito nulla trovai la forza di alzarmi e arrivare fino ai giardini. Faceva freddo, dodici gradi più o meno; e Lax era seduto sula nostra solita panchina. Sentì il legno umido della notte entrare a contatto con la pelle nonostante i pantaloni.
“Si può sapere cosa succede?” mi guardai intorno e poi annuii…
“Ieri notte, tuo padre e mio padre parlavano di quella storia…” il suo sguardo s’incupì “Sei pazzo, non possiamo parlarne così per strada!” lo sentivo agitato e la voce gli tremava come un cellulare che vibra. Appoggiai la mano sulla sua coscia scuotendo la testa “Non c’è nessuno, rilassati!” fu lì che sbottò “rilassati un cazzo, Gerard!”. La sua impertinenza mi costrinse ad alzarmi di scatto per guardarlo negli occhi “Oh, sono io che parlo, al massimo il rischio è mio, quindi vedi di tacere e starmi a sentire!” sapevo che in quei momenti, l’importante, era prenderlo di petto; infatti dopo poco lo vidi tranquillizzarsi ed annuire “abbassa la voce però…” assecondai la sua richiesta e finalmente potei riprendere a raccontare…
“Li ho sentiti dire che lui ha deciso, che presto dovranno agire.”
“Cosa vuol dire agire? Sii più chiaro…hai detto di voler parlare, allora parla cazzo!”
“Ci sarà una guerra Laxus, una guerra per eliminare quella gente!”
“I mezzi maghi!”
“Sì”
“Che senso avrebbe…”
“Esisterebbe solo la razza pura, solo purosangue, solo noi…noi e gli umani…”
“Mah…continuo a non capire!”
“Anch’io, ma tu sai, noi siamo schierati con lui…”
Lui…è ridicolo che non ci sia concesso saperne nulla!”
“Lascia perdere, io non so se voglio sapere davvero! Comunque ho sentito tuo padre dire che tra cinque giorni si rinuirà il consiglio…dobbiamo esserci anche noi!”
“Sei pazzo Gerard? Noi non siamo ammessi, non ancora!”
“Non abbiamo mai fatto nulla senza il consenso forse?”
“Faremo la più grande cazzata della nostra vita!”
“Almeno la fermo insieme!”
Poi ci alzammo come se nulla fosse e ognuno prese la sua strada. Il martedì mattina Laxus aveva ripetizioni mentre io potevo passare la giornata a far quel che cazzo mi pareva, allora decisi di viziarmi iniziando con una dolce colazione.
A passo svelto, con le mani in tasca per evadere dal freddo ed evitare inutili geloni, mi diressi verso il bar più vicino. Era così buffo che vivessimo nello stesso mondo e nello stesso modo degli umani senza che loro sapessero nulla della nostra esistenza; spesso, mi divertivo a fingere d’essere uno di loro, per sfizio. Certo, ad esempio, se non fosse stato per la ragazza dei nei probabilmente ora non saprei dell’esistenza delle torte panna e cioccolato; non credo che le streghe come mia madre siano capaci di preparare roba simile.
Entrai nella caffetteria e presi posto al solito tavolino traballante, quello nell’angolo vicino al cartone decorato delle patatine in busta. Ormai avevo una vera e propria ossessione abitudinaria per quel posto; ci passavo almeno una volta al giorno e mi divertivo ad osservare la quotidianità delle persone, a stringere amicizia col personale e mangiare cose di cui fino a pochi mesi fa, prima che aprisse, non conoscevo neanche l’esistenza.
Ero intento a leggere le prime righe di un quotidiano locale quando sentì la voce di una ragazza rivolgersi a me in tono gentile. Sorpreso alzai lo sguardo e sorrisi “Dov’è finita la ragazza dei nei?” la vidi fissarmi come se le avessi chiesto se sulla luna fa caldo o freddo e infatti ci furono buoni secondi di silenzio imbarazzante in cui però mi soffermai ad osservarla. Aveva gli occhi scuri, un fisico ben scolpito sotto la divisa da barista e dei meravigliosi capelli scarlatti da cui non riuscivo a togliere lo sguardo. Non ne avevo mai visti così, prima d’ora. “Scusami, sono nuova e non conosco nessuna ragazza dei nei!” abassò lo sguardo quasi mortificata, facendomi sentire una vera merda “Non fa nulla, ragazza dai capelli rossi!” le sorrisi cercando di metterla a suo agio e fui ricambiato ben presto “Erza!” poi prese il block notes dalla tasca anteriore del grembiule “cosa ti porto?” appoggiai le dita sotto il mento per riflettere “tu cosa mi consigli?” amavo osservare i diversi gusti delle persone “torta panna e fragole!” sorrisi di nuovo ed annuii “perfetto, portami quella…ed un caffè…”.
Erza fu abbastanza rapida. Dopo circa cinque minuti era tutto lì sul mio tavolo, servito in modo impeccabile. La guardai per diverso tempo preparare tutto dietro il bancone e notai che lei, a differenza della ragazza dei nei era molto più casinista. In men che non si dica aveva accumulato un’ampia serie di tazzine sporche sul bancone ed ora faceva baruffa con una lavastoviglie troppo carica. Erza, mi faceva ridere; la ragazza dei nei a cui non mi ero mai sforzato di chiedere il nome, mi era indifferente.
Conclusi la mia colazione molto lentamente e quando non ne potetti più di restare lì seduto mi alzai e andai al bancone dove Erza stava riordinando le bustine di zucchero. “Allora, com’era la torta?” mi chiese con aria distratta mentre asciugava un bicchiere “davvero buona, grazie…” la fissai e lei dovette sentire il peso del mio sguardo perché smise di fare tutto e sospirò “sono contenta”. Erza aveva dei denti bianchissimi quasi più della sua pelle. “Quanto ti devo?” smorzai il silenzio “i-io…n-non lo so…” se tutti avrebbero pensato di essere presi in giro in quel momento, io no. Risi.
“come, non lo sai?”
“Davvero, insomma, se passi domani ti faccio trovare lo scontrino, scusa…” sussurrò imbarazzata.
“Ti fidi degli sconosciuti a prima vista?”
“Solo di quelli con gli occhi verdi!” ora mi prendeva anche in giro. Feci spallucce e girai le spalle “allora passo domani!” la salutai con un cenno della mano prima di tornare ai miei pensieri.
Iniziai a giocherellare con il serpentello d’argento che faceva da corredo alle chiavi di casa ma improvvisamente mi ritrovai scaraventato nell’angolino solitario nella retrovia del bar. Un pugno mi colpì all’addome e un altro in faccia. Non capivo nulla, ero stordito, confuso. Provavo a parlare ma una mano avanti la bocca me lo impediva “così impari a scoparti la mia puttana, stronzo!” fu lì che riconobbi la voce del mio aggressore e subito dopo un’altra “Ehi cosa fate lì? Basta!”.
Che figura di merda. Che epocale figura di merda, pensai. Quella era la voce di Erza e per la prima volta una donna mi stava salvando il culo. Prima che potesse arrivarmi l’ennesimo pugno mi si parò avanti “ti ho detto di smetterla!” alzai lo sguardo e la osservai fissare il tipo che sputò per terra e poi andò via dedicandomi l’ultima dose di figuraccia giornaliera “non finisce qui, Gerard!”. Non lo guardai nemmeno. Fu lei ad alzarmi il viso raccogliendo con un dito il rivolo di sangue che mi scendeva dal sopracciglio “Gerard, quindi…” annuii e basta ma lei continuò “ti sei fatto male?” scossi la testa “No!” in effetti, con un sopracciglio spaccato e piegato in due per i pugni allo stomaco, ero davvero credibile.
“Mi raccomando, da oggi fa il bravo, almeno fuori al mio bar!” ancora a prendermi per culo, guarda questa, pensai.
“Tranquilla, sceglierò un altro posto per spaccargli il culo!” la vidi ridere di nuovo e scostarsi da me “torno dentro, ma dovresti farti medicare, vieni…”avevo ancora un po’ d’orgoglio in corpo “No no, sto bene!” feci di nuovo per allontanarmi, e quella fu l’ultima volta che la vidi. Il giorno dopo tornai ma non c’era nessuno e il mio conto era già stato saldato.
Ora nel letto mi chiedevo chi abbia pagato quella torta e quel caffè e perché lei sia scomparsa. Per andare dove, poi? Per un attimo ebbi quasi paura che fosse la prima delle tante vittime di quella guerra ma poi mi ricordai che non era una strega e che per fortuna non era ancora iniziata. Mi chiedevo quante Erza sarò costretto ad uccidere tra poco e quante volte le mie mani si macchieranno dello stesso colore dei suoi capelli.
Mi ripeto che a diciott’anni non possono essere quelli i miei pensieri e provo ad addormentarmi pensando alla prima ragazza figa che mi viene in mente e…no, non è Erza, è solo la tipa della pubblicità del bagnoschiuma. Rido.







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Holaaaa! Shaaaalve, come va farytailers (?) passato buone vacanze? Io si, e tra un po', insomma qualche ora...me ne riparto per un weekenduccio in Puglia, ma prrrrima non potevo decidere di partire senza lasciarvi questa cosina qui che dorme nel mio pc da tipo una settimana.
Ero indecisina sull'idea di postarla poiché sarà una storia un po' particolare, non come le altre (non so se avete avuto il dispiacere di incontrare qualche mia shot sul vostro cammino xD) e potete notarlo fin da subito dagli avvertimenti decisamente "duri", inoltre voglio dirvi che non ne sono ancora sicura ma probabilmente il rating di questa long tenderà a salire fino al rosso, ma comunque vedremo.
Ci tengo a specificare che tutto quello che mi ha ispirata alla scrittura di tutto ciò non nasce -ovviamente- da un mio pensiero, ma semplicemente dalla rilettura e lo studio di alcuni momenti storci reali
(Mein Kampf- Adolf Hitler 1925) (Seconda Guerra Mondiale 1939-1942) che mi hanno portata a rivedere questa storia sotto un aspetto un po' diverso, ovvero il mondo magico che prova a ribellarsi all'idea di dover coinvivere con maghi non purosangue e umani.
Mi sembra giusto dire che data la delicatezza del tema non voglio offendere nessuno e per tale motivo cercherò di non sottovalutare nessun aspetto della storia rendendolo blando, conosco abbastanza da vicino l'argomento dato che il mio nonnino era in un campo, ma per fortuna adesso è qui con noi, so che tante altre persone non hanno avuto la stessa sorte e giuro che sarà una delle mie premure più grandi non toccare assolutamente il dolore altrui. Tutto ciò resta solo un'ispirazione creditata e non una vera e propria copia, quindi tranquilli non ci saranno campi di concentramento o roba varia, quello che tenevo a sottolineare era solo il concetto di "razza pura" espresso in quei tempi.
Ringrazio fin da subito tutte le persone che decideranno di seguire questo cammino con me. Cercherò di non deludervi, e non preoccupatevi, di certo, non mancheranno momenti amorosi <3 ahahah.
Fatemi sapere cosa ve ne pare, se vi va...e scusate per lo sproloquio su, ma volevo giustificare la mia scleta prima che potesse essere bocciata fin sal principio.

Vi lascio il mio Ask e facebook nel caso in cui vogliate farmi qualche domanda sulla storia o anche solo parlare un po' ti tutto ;)

Buona lettura.


Kisses & Huges.

helly



Ps: il titolo 1942 non è riferito al periodo storico della nostra guerra, ma è una cosa che scoprirete più avanti nei prossimi capitoli.



 
   
 
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