Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: laNill    06/09/2013    4 recensioni
Ma non fu pronto, a vederlo in piedi, a qualche metro di distanza, mentre rallentava il passo sulla strada sterrata fino a fermarsi del tutto, osservando quella camicia macchiata di sudore, terra e sangue; il proprio sangue.
[ SPOILER. Capitolo 49 - Erwin Smith x Rivaille ]
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Irvin, Smith
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quel vuoto.
 



Gli avevano detto che era tornato.
Gli avevano detto che la missione di riportare indietro Jeager aveva avuto successo, assieme a tutte quelle solite facce di merda che avevano mandato all’aria tutto.
Non ci aveva dato troppo peso, Rivaille; sapeva che era sempre così.
Ma ciò che gli aveva dato un campanello d’allarme era la faccia del sottoposto, pallida e smunta –come quella di tutti loro che facevano quella vita- ma che evitava di guardarlo quando parlava di lui e delle manovre che aveva effettuato per raggiungere l’obbiettivo.
Ma se ne sbatteva dell’obbiettivo se, sul viso del ragazzo, poteva chiaramente leggere ansietà e rammarico, per poi bloccarsi e tentennare sulle ultime parole, forzandole ad uscire.
Si era ritrovato con il fiato corto, il caporale, con quella fottuta gamba che gli faceva un male cane, lasciando quel pastore del cazzo sotto la vigilanza di Hanji.
Se ne sbatteva di tutto ciò che poteva succedergli in quel momento.
Ma non fu pronto, a vederlo in piedi, a qualche metro di distanza, mentre rallentava il passo sulla strada sterrata fino a fermarsi del tutto, osservando quella camicia macchiata di sudore, terra e sangue; il proprio sangue.
E la manica destra lasciata cadere lenta sul fianco, dove c’era quel vuoto, privata di ciò che prima la riempiva.
Le iridi color del ferro si erano dilatate, i denti digrignarono mentre il viso gli si velava di amara e sofferta realtà.
Cazzo, però, faceva male. Più di quanto avesse pensato.
Sapeva a cosa andavano incontro, sapeva a quali rischi correvano e alla morte che, crudele, li avrebbe potuti divorare appena messo piedi fuori dalle mura; una morte che prendeva il nome di quei titani di merda.
Avanzò, lentamente, mascherando bene il suo dolore alla gamba; quello non era nulla in confronto.
Gli occhi erano socchiusi, ora, spenti con quelle occhiaie che erano la prova di un insonnia che si portava dietro da anni.
“Rivaille-?”
La voce di Erwin che lo raggiungeva, vicina ad un palmo di distanza, alla quale lui si fermò.
Gli si trovava di fronte, all’altezza del petto, perché più di quello la sua altezza non gli permetteva di andare, ma non ne aveva mai fatto un dramma.
Alzò gli occhi verso l’alto, taglienti ma stanchi, Rivaille.
“Sei ridotto male. E sei sporco.” Sentenziò con voce bassa ma dura, tentando di risultare sfacciato, quando il suo stomaco gli si stava attorcigliando addosso dal dolore.
Incontrò quelli azzurri del comandante, altrettanto stanchi, vedendo come la cosa lo aveva sfiancato e distrutto dentro mentre, l’uomo con cui stava discutendo si congedò, col saluto militare, verso cui Erwin ricambiò solo con un cenno del capo e un sorriso amaro a trasformargli il viso.
E quel dolore al petto che cresceva e cresceva.
Gli vide gli occhi incupirsi e il sorriso svanire, mentre ricambiava il suo, di sguardo, con una sorta di colpevolezza.
Poiché non avrebbe mai più potuto farlo, quel saluto di cui era fiero; non avrebbe più potuto dimostrare, come capitano, di donare il cuore all’umanità con il suo lavoro.
“Mi dispiace.”
E entrambi capirono che era per ciò che era accaduto là fuori, poiché Erwin sapeva che il suo sottoposto avrebbe voluto insultarlo ed inveirgli contro di quanto fosse stato esageratamente stupido, da parte sua, ridursi in quello stato.
Ma Rivaille, in quel momento, non ne aveva nemmeno la forza, di mettere in fila due insulti assieme.
Abbassò lo sguardo, dunque, le palpebre pesanti e lasciate a metà dell’iride, mentre alzava la mancina e prendeva tra le mani la stoffa ruvida della camicia; di quella manica che sarebbe sempre stata vuota.
“Ma sei vivo.”
Le labbra sfiorarono il tessuto bianco, mentre la testa china e i capelli neri gli nascondevano il viso dolente.
Il comandante piegò stancamente le labbra, mesto, alzando l’unico braccio rimasto e portando la mano sul capo del sottoposto.
“Sì, lo sono.”
 
 
Nota dell’Autrice.
Si, bhò, mi voglio leggermente male. MALISSIMO.
Ho appena letto il capitolo e dovevo buttare giù la mia depressione e i miei feelings; e questo è il risultato.
Sì, sono in una fase molto angst
Amo Rivaille, ma mi piace molto anche la Eruri -troppo teneri e dolci <3
Quiiindi, spero piaccia echeviabbiaaumentatoildolore LOL
Alla prossima :3
 
Rin*
  
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