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Autore: agfdetre    07/09/2013    0 recensioni
Equestria. Il mondo è sull'orlo dell'autodistruzione: dilagano guerre civili, ribellioni e contrabbando, il tutto governato e scatenato da una sanguinaria dittatura. Apple Bloom, vissuta per diciassette anni nella più completa solitudine nella EverFree Forest dopo essere fuggita a causa di un misterioso incendio che ha distrutto Ponyville, dovrà tornare e affrontare il mondo corrotto e distrutto che si cela dietro la fitta coltre di alberi della foresta. Accompagnata da vecchi e nuovi compagni, attraverserà queste terre desolate e scoprirà il segreto che gli Apple celano da più di cento anni.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Apple Bloom, Nuovo personaggio, Spike, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Apple’s Creed
Prologo
Faceva caldo.
Quel giorno il sole inondava di luce la Everfree Forest con una tale forza da illuminare persino il suolo schermato dalla folta coltre di alberi.
Mi svegliai disturbata dai raggi del sole che entravano nell’albero. Sbadigliai, e per quanto intontita dal sonno, decisi di andare a caccia sperando di trovare qualcosa da mangiare. Salii in cima all’albero in cui si trovava il mio rifugio per trovarmi di fronte uno spettacolo meraviglioso: il cielo era limpido ed il sole illuminava un enorme tappeto verde di rami e foglie che ondulava lentamente mosso da una leggera brezza. La distesa si allungava a perdita d’occhio e l’unica cosa che la interrompesse era un piccolo rilievo lontano qualche chilometro, che impediva la crescita dei poderosi arbusti a causa della ripidità dei suoi fianchi. Decisi di spostarmi in una radura ad est, dove il giorno prima avevo piazzato delle trappole, sperando di trovare qualcosa. Mi avvicinai cautamente evitando di fare rumore, e tirai un sospiro di sollievo: un cinghiale era rimasto intrappolato in una delle reti che avevo piazzato. Stranamente non si dimenava: probabilmente era lì da così tanto tempo che aveva deposto le sue paure e ora dormiva beatamente.
Presi il bastone e lo affondai nella sua gola: un guaito soffocato seguito da un copioso fiotto di sangue annunciò la morte dell’animale, che mi curai di liberare e trasportare fino a casa. Una volta arrivata, lo scuoiai e ne tagliai un cosciotto che misi a cuocere sul fuoco. Mentre la carne cuoceva, mi sedetti sull’uscio e iniziai a lavarmi via il sangue del cinghiale: in tutti gli anni in cui ero rimasta nella foresta, ero riuscita a trovare solo un piccolo ruscello che mi forniva una scarsa quantità d’acqua, ed ero perciò costretta a minimizzare le perdite, bagnandomi leggermente invece di vuotarmi il secchio addosso.
Terminata l’operazione di lavaggio presi il cosciotto dal girarrosto e lo poggiai su un rudimentale piatto che avevo ricavato scolpendolo da un masso. Iniziai a masticare lentamente, seduta sull’uscio dell’incavatura naturale che molti anni prima avevo scelto per casa: l’enorme albero secolare aveva inspiegabilmente un’enorme incavatura su un fianco, con un’apertura larga circa due metri ed alta quattro. L’apertura si trovava a qualche decina di metri da terra, ma grazie alle abilità che avevo sviluppato nel tempo ero perfettamente in grado di salire e scendere arrampicandomi su un albero accanto, un po’ più basso ma con una conformazione di rami che formavano una scala naturale.
Mentre mangiavo restai a guardare i raggi di sole che tentavano faticosamente di vincere le folte fronde per raggiungere la terra: il movimento del vento faceva comparire e scomparire la luce ad intermittenza. Improvvisamente udii una tremenda esplosione ed una colonna di fumo e fuoco cominciò ad ergersi dal suolo in lontananza.
“Ma che diavolo…”
Mi alzai e valutai la distanza: probabilmente si trovava a qualche chilometro e non ci avrei messo molto ad arrivare. Previ così il bastone in bocca e corsi sull’albero-scala per poi lanciarmi su quello vicino in direzione della colonna che oramai non riuscivo più a vedere. Correvo lungo gli alberi compiendo qualche acrobazia e lanciandomi da qualche ramo: in tutto quel tempo le mie abilità erano progredite.
Dopo pochi minuti di viaggio mi ritrovai accanto al letto di un terrente in secca: il fango era però ancora fresco, sinonimo che non era completamente seccato.  Scesi a terra per proseguire più comodamente a piedi, dato che il torrente sembrava apparentemente seguire la stessa direzione che avrei dovuto percorrere. Ma appena scesi a terra notai distrattamente qualcosa nel fango. Mi girai incuriosita, e quel che vidi mi fece congelare. Un brivido corse lungo la mia schiena e mi sentii incapace di muovere qualsiasi muscolo: migliaia di pensieri affollarono la mia mente, dato che quella lasciata nel fango, era l’orma di uno zoccolo.  Un misto di terrore e curiosità si impadronì di me: chi e perché era venuto nella foresta? Non vedevo un altro pony da…beh sicuramente più di quindici anni. L’unico modo che avevo avuto per calcolare il tempo, dato che non mi ero mai preoccupata di contare i giorni che passavano, era stato l’osservare la mia crescita fisica: da una piccola puledrina ero diventata una giovane e forte giumenta ormai matura.
Da quando ero rimasta a vivere da sola nella foresta, avevo cominciato a parlare da sola e ad avere amici immaginari o robe del genere, finché mi resi conto che la mia salute mentale stava diminuendo. Così cominciai a rannicchiarmi semplicemente sull’uscio e a pensare ai bei momenti che avevo vissuto durante la mia vita, ma col passare del tempo cominciai a pensare sempre meno al passato fino ad esserne completamente indenne e indifferente. Ma ora, in quel preciso istante, la barriera che mi ero costruita con fatica negli anni cedette e percepì nuovamente le sensazioni che avevo provato le prime notti: una tremenda pura unita ad una forte malinconia.
Una lacrima mi scivolò giù lungo la guancia, ma riuscii a trattenere il pianto e lentamente mi incamminai seguendo il letto del fiume colmo di quelle impronte. Dopo circa cinque minuti cominciai a percepire un forte odore di bruciato e una nuvola di fumo mi fece tossire. Poco dopo uscii dalla foresta per ritrovarmi in una radura familiare, al cui centro era presente una piccola capanna una cui metà era crollata a causa di un’esplosione e l’altra era avvolta dalle fiamme: ma si quella…quella era…era la casa di Zecora!
 Una quantità indefinita di immagini di avventure della mia infanzia che avevo vissuto in quel luogo mi balenò davanti agli occhi: non sapevo perché, ma sentii le mie zampe cedere e mi ritrovai a terra.
Lentamente e con una fatica immane mi trascinai tra le macerie non ancora incendiate, cercando di individuare l’origine dell’esplosione, ma subito dopo la vidi: una vecchia zebra distesa a terra tra le macerie. Aveva il pelo e la criniera anneriti dall’esplosione e riportava gravi ferite in tutto il corpo.
“Oh mio Dio!”
Urlai quando vidi l’enorme chiazza di sangue che si allargava di fronte a lei: dovevo trovare qualcosa per bloccare l’emorragia. Corsi tra i resti della capanna…
“Zecora tieni duro, non mollare!” urlai in preda alla disperazione mentre correvo verso di lei con delle bende. Appena mi chinai su di lei per fasciarla, emise un rantolo.
“Ap…”
“Zitta, cerca di rimanere in forze”
“Apple…”
“Diamine Zecora vuoi stare zitta!”
Finii di fasciarle le ferite, e appoggiai uno zoccolo sulla sua fronte sudata: aveva perso troppo sangue. Improvvisamente tutte le emozioni provate negli ultimi minuti si abbatterono su di me contemporaneamente, facendomi restare paralizzata a guardare la povera anziana zebra che tossiva in mezzo a quella pozza di sangue.
Fu in quel momento che cominciai a pensare: pensai a tutto ciò che avevo passato, pensai a mia sorella e alle sue amiche, alle mie amiche, al mio Cutie Mark che tardava ad apparire.
Tutta la mia felice infanzia mi scorse davanti agli occhi, fino a quel terribile incendio, in quella notte. Quella notte in cui avevo dovuto abbandonare la mia famiglia per scappare e mettermi in salvo, per poi vivere da sola per più di dieci anni!
Percepii i miei sensi allontanarsi dalla realtà: vedevo in quella zebra tutta la mia ragione di vita, l’ultima prova di una vita felice e spensierata, prima dell’incubo.
“Apple Bloom”
Sospirò con l’ultimo fiato rimasto e poi cadde definitivamente.
“Zecora! No no no no svegliati maledizione!”
Non riuscii più a trattenere il pianto mentre continuavo a urlare scuotendo l’ormai senza vita corpo della vecchia Zecora.
“Svegliati!”
Urlai stremata prima di perdere completamente i sensi e caddi in un profondo sonno intriso di paura.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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