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Autore: Yellow Canadair    07/09/2013    1 recensioni
La Brigata Dai-Gurren sconfigge il Generale Supremo Adiane in una colossale battaglia in mare; Viral viene sbalzato lontano dal teatro di guerra assieme al suo Gunmen, e atterra su una spiaggia sabbiosa, dove a svegliarlo non sono ordini o rimproveri, ma lo sciabordio delle onde contro i relitti del suo Enki. Ferito e isolato dal mondo, l’uomo-bestia capisce quali siano state le sorti della battaglia e sfoga la sua rabbia urlando contro l’oceano turchese.
Il mattino dopo viene trovato esanime da una piccola donna di superficie che decide di salvarlo solo per non deturpare la sua splendida spiaggia con un cadavere in decomposizione, ma la convivenza non sarà né facile né pacifica.
La domanda “Che cosa sono gli esseri umani?” non è solo memore di scontri contro l’irriducibile Brigata, ma anche di una battaglia, molto più sottile, contro una piccola umana che ha deciso di vivere sola in superficie.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Viral
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4: L'alba di Viral

Il sole era sorto da parecchio, l’aria andava scaldandosi dopo la frescura della notte. Lo straniero aprì gli occhi: era strano. Si sentiva la testa fresca, aveva anche un po’ fame. Capì che la febbre era scesa, e se ne rallegrò. Cercò di muovere il braccio che dava sulla parte esterna del letto, ma era bloccato da qualcosa di duro e caldo: la testa di Rea, che dormiva esausta inginocchiata al letto. Voleva tirare via la mano con disprezzo, ma la ragazzina ci si era addormentata sopra e per di più la stringeva con entrambe le sue mani. Sapeva che se la ragazza era lì, era perché aveva passato tutta la notte al suo capezzale, e non riusciva a capire tutta quella gentilezza. Quando falliva una missione e tornava al quartier generale malconcio, tutt’al più riceveva anche il resto: botte, insulti. E ora che era l’unico superstite, non voleva altro che disprezzo dagli altri, perché lui stesso si disprezzava in quel momento. Ma adesso con lui c’era una ragazza che infrangeva qualsiasi regola, e nonostante avesse perso tutte le ultime battaglie veniva trattato con riguardo e curato con dolcezza, cosa che non aveva mai sperimentato prima.

Poi alzò gli occhi, e uno sguardo freddo e duro lo congelò. Era il dottore. Viral scattò a sedere, sulla difensiva.

-Buongiorno.- disse serio l’uomo, seduto su uno degli sgabelli che contornavano il tavolo di pietra.

L’uomo-bestia non rispose; cercava con lo sguardo un’arma in quella stanza.

-Si rilassi, non ho intenzione di ucciderla. Adesso.- lo avvertì il medico. -E ringrazi quella donna, appena di sveglia. È vivo solo grazie a lei.

I due continuavano a fissarsi torvi.

-Rimarrò qui finchè non si sveglierà da sola. Non la lascerò così inerme nelle mani di un uomo-bestia.- continuò il dottore.

-Allora la sveglierò io. Vada via.- ringhiò Viral.

-Sono il medico che stanotte Rea, pur di farla sopravvivere, è corsa a chiamare a costo di un viaggio di sei ore che poteva costarle il cavallo e la vita. È rimasta in piedi tutta la notte e tutta la mattina ad asciugarle il sudore e a cercare di calmarla quando dava i numeri. Lo sa?- disse il dottore, calmissimo, ma ogni parola era pesata per colpire come un coltello. Lo straniero scoprì i denti, lo sguardo gli cadde sulla ragazza che dormiva stretta alla sua mano di assassino. Sei ore di cavallo? Per… per non lasciarlo morire?

Rea si svegliò un paio di ore dopo, scusandosi col dottore per essersi addormentata e ringraziandolo regalandogli un pesce che aveva pescato apposta per lui e una grossa conchiglia che stava al centro della tavola di pietra. Gli promise che in settimana gli avrebbe riportato il cavallo.

Lo invitò anche a pranzo, ma il dottore rifiutò cortesemente: sapeva che mantenere un ospite doveva costarle molta fatica, e non voleva arrecargliene altra. Salutò il paziente con un cenno del capo, montò in sella e andò via.

Viral cercò di alzarsi dal letto. Rea non si aspettava ringraziamenti, o meglio non voleva aspettarseli. Semplicemente gli buttò i suoi pantaloni asciutti e disse brusca: - Se vuoi uscire, metti questi.- lei si avviò in spiaggia. Non aveva nessuna voglia di farsi trattare male adesso che era stanca e abbattuta; decise di immergersi nelle profondità marine, dove sicuramente nessuno avrebbe avuto per lei parole arroganti e taglienti.

Quando riemerse dal mare, trovò lo straniero seduto sulla sabbia, col capo reclinato all’indietro a godere il sole più forte della giornata. Rea pensò che pallido com’era rischiava di scottarsi, ma non disse niente: non era mica sua madre.

Lo superò con noncuranza, grondando acqua e raggiungendo l’asciugamani; ma appena fu oltre, Viral parlò:-È stata dura stanotte?- il tono non era di scherno. Sembrava triste.

-Certo che no.- rispose con superiorità lei, avvolgendosi nell’asciugamano. Ripensò a quando era arrivata davanti casa del dottore, così stanca che si sentiva svenire, con il cavallo vivo per miracolo. Adesso le facevano male le gambe, e aveva avuto un sacco di crampi.

-Ho detto qualcosa?- chiese lui fingendo indifferenza. Sapeva di aver delirato, e sperava di non aver detto qualcosa di compromettente.

Rea si sedette a un paio di metri da lui, per asciugarsi al sole. Si stringeva nell’asciugamano. -Qualcosina.- rimase vaga. -Cercavi un certo generale supremo. Dicevi che era in pericolo. Poi…- ebbe un fremito. Quando l’aveva sentito, si era spaventata. -Poi hai detto che avresti ucciso tutti gli esseri umani.- poi aveva fatto un sacco di nomi, che lei aveva provveduto a scrivere su un foglio che aveva nascosto per bene; meglio far finta di niente, se il suo ospite aveva messo nella “lista delle cose da fare” lo sterminio degli umani.

Viral non rispondeva. Teneva lo sguardo fisso sui rottami della sua vettura, che il mare non era ancora riuscito a riprendersi e che nessuno aveva portato via.

-Ucciderai anche me?- chiese all’improvviso Rea. Ma aveva paura della risposta.

Lo straniero lesse quella paura. -No. Ho un debito con te.- le disse.

Rea si sentì molto sollevata. -Ucciderai i miei animali?- chiese ancora.

-No.

-Distruggerai la mia casa?

-No.

Poi a Rea venne in mente un’altra ipotesi. Ne era terrorizzata. La sua schiena fu scossa da un tremito, sbarrò gli occhi. -Mi riporterai sottoterra?-

Viral non rispose subito. Sembrò pensarci su. Stava contravvenendo agli ordini che gli erano stati dati: uccidere tutti gli esseri umani che avesse sorpreso in superficie. A lui però era stato affidato solo l’Estremo Oriente, doveva ucciderla lo stesso?

La ragazza rabbrividì, aprì la bocca per dire qualcosa, ma lui la precedette:- No.-

Rimasero per qualche momento seduti sulla spiaggia; Rea si tolse l’asciugamano di dosso e si lasciò scaldare dal sole.

-La radio funziona ancora.- le disse Viral. Rea sapeva a che radio si riferisse: quella di bordo. -Domani mattina mi verranno a prendere.- concluse.

Erano stati giorni difficili, però avere in casa qualcuno non era malissimo, anche se non riusciva a sfamarsi, pensò Rea. Ma non avere più un assassino nel letto, anche quello non era male.

-Dove ti porteranno?- gli chiese la ragazza.

-Non sei autorizzata a saperlo.- tagliò corto l’uomo-bestia.

Ma tratta tutti così male?, si disse la ragazza. E sì che lei l’aveva trattato fin troppo bene!

-Ti preparerò dell’acqua per il viaggio di ritorno.- propose allora.

-Non devi preparare niente.- ordinò l’uomo bestia, aggressivo. Rea ci rimase male, quindi si alzò e fece per andarsene. Ma la grossa mano artigliata del naufrago la trattenne; senza girarsi, e senza costringerla a risedersi, Viral spiegò: -Non devono sapere che vivi su questa spiaggia. Ti ucciderebbero. O ti porterebbero via.-

Rea fece cenno di sì con la testa, anche se sapeva di non essere vista. -Va bene.- disse a voce alta. -Non farò niente. Ora lasciami.- e l’uomo-bestia allentò la presa fino a far scivolare via il polso sottile.

Rea tornò a casa, chiuse la porta, mise la testa nel cuscino e si fece un bel pianto.

L’alba successiva si mise d’accordo con lo straniero. -Torna in paese, riprenditi il cavallo. È la cosa più sicura.-

-E come faccio a sapere che non distruggerai la mia casa?- chiese la ragazza con impeto.

-O ti fidi o vieni uccisa.- le rispose spiccio. Si mise addosso la giubba della tuta, senza infilare le maniche, e pensò di andare il più velocemente possibile verso la spiaggia. Ma non era un ingrato; sapeva di dovere qualcosa a quella donna, fosse anche solo una parola per quello che aveva fatto negli ultimi giorni. Guardò Rea, intenta a mettere le redini al cavallo del dottore.

-Umana…?- attirò la sua attenzione. Rea si voltò. -È stato… bello stare qui. Addio.- disse senza guardarla in volto. Maledetta umana.

Rea lo guardò allontanarsi con l’aria truce che l’aveva contraddistinto. Non le aveva detto grazie, non l’aveva abbracciata. Si sentiva stupida. Spronò il cavallo e si allontanò al galoppo. 


Tre giorni dopo, al cospetto del suo Lord, Viral stava in ginocchio come un crociato, ascoltando le parole di biasimo del suo signore. Aveva fallito miseramente la missione, e come un meschino aveva fatto naufragio. Doveva essere punito per questo. Tuttavia, ebbe il coraggio di alzare la testa verso l’imponente Lord, che sedeva in alto su uno scranno enorme, e chiedere:- Signore, che cosa sono in realtà gli umani?- 

  
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