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Autore: It will rain    08/09/2013    0 recensioni
Nel loro mondo si notano solo due fiori.
La lavanda e le orchidee.
La vita e la morte.
L'amore sarà più forte della separazione che addolora i loro cuori?
//1886 parole.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Slowly it melts.



È arrivato l’inverno e tutto sta gelando. Anche il mio cuore che ha provato a superare l’autunno ora è gelato.
Le promesse del nostro amore cadono lente non più come petali di ciliegio ma come foglie secche di un albero che verrà reciso e di cui resteranno soltanto le radici.
Foglie il cui rumore è tenue, ma nel silenzio del nostro dolore quel suono diventa sempre più forte. Scemerà mai divenendo un sussurro?
Io siedo lì, nonostante il freddo mi stia consumando le mani.
Nonostante non riesca e non voglia trovare il tuo calore io siedo lì e fisso quella fontana.
Tira vento.
Ma non sento più la tua voce in esso. Niente più sussurri, la brezza cessa ed il dolore torna.
Scorre l’acqua.
Ma la tua anima non parla più con i miei occhi.
Scorre e si infrange contro la superficie dell’acqua sottostante.
La tua anima c’è comunque, c’è sempre stata e sempre ci sarà. La tua anima è fusa con l’acqua.
Gioca con essa, burlandosi di dove realmente le gocce d’acqua bramino andare.
Ma alla fine hanno davvero una scelta?
Alla fine non è l’impeto della tua anima che le dirige ove lei vuole?
Se realmente la tua anima e l’acqua di quella fontana coincidono, quelle gocce rappresentano realmente ciò che desideri così profondamente?
Tutto ciò che sfugge alla mia mente è quello che senti.
Inizio a capire che tutto non ha mai avuto un principio, ciò in cui fermamente credevo era solo un inganno ideato per cristallizzarmi in questa effimera felicità.

Ma ciò che non è iniziato può finire?

Trovare un confine ai nostri sentimenti è assurdo, essi vagano nell’aria e imprimono il loro profumo nell’acqua.
Un infinito profumo che inebria i sensi, che per un solo momento è diventato reale, e nell’acqua rimarrà eterno. Anche se ho sempre considerato nulla l’idea di un per sempre, forse con te potrei crederci, riuscirei a vedere che l’eterno non è così difficile da raggiungere, in fondo non è bastato lasciarmi andare?
Ma nonostante tutto, fa freddo. Nonostante ci sia ancora il sole continuo a vedere l’oscurità avvolgermi.
Non riesco più a sentire la consistenza di quello che ho attorno, comprendo che anche la mia attesa sta diventando eterna.
Ci siamo solo io e quella fontana.
Forse il tempo sta passando? Sta arrivando l’estate?
Eppure le mie mani sono ancora fredde, le mie labbra sono ancora gelide, i miei occhi sono ancora ghiacciati.
Non mi rendo conto che il tempo al di fuori di me non è arrivato così lontano, sono ancora su quella panchina ma molte finzioni si presentano innanzi ai miei occhi, le pupille non si dilatano più a causa della luce che le colpisce da un punto in alto di quella fontana.
Gli occhi che posseggo sono velati di diffidenza verso il mondo, un mondo così caldo e estraneo al mio corpo, di cui non ho memorie.
È stato come un sogno, tutto ciò che ho vissuto era un sogno.
Ma la sofferenza che scalfisce la mia teca di protezione fa si che io mi svegli.
Perché il mio è un risveglio doloroso? Il dolore lì dove siedo non dovrebbe darmi quei brividi così reali. Quei brividi che provavo solo nel vederti.
Anche tu scomparirai assieme al mio disperato tentativo di addormentarmi di nuovo?
La realtà mi colpisce come l’acqua che bagna il mio viso.
Questo è il tuo modo di cercare di dirmelo. Che forse non è tutto finito, che devo aggrapparmi a quell’unica fonte di tepore presentatasi a me, ma che io cieca dalla disperazione del perderti, non vedo.
Altri brividi mi percuotono.
Perché ora piango?
Il filo spinato che tiene integra la felicità che è trattenuta nel fondo dei miei occhi si sta arrugginendo ed è vicino allo spezzarsi.
Il mio cuore riprende a battere nel vedere quel semplice fiore di lavanda che giace su quell’acqua inerme.
Mi toglie il respiro, ma al contempo me lo dona.
Un flebile alito di vita mi raggiunge, ma non riesce a smuovermi.
Dona solo ricordi. Ricordi che emanano una tenue fiamma, una fiamma che mi attrae, quella di cui avremmo potuto bruciare.
Ricordi che si spengono e divengono freddi.
A cui rimango morbosamente attaccata perché sono la mia sola felicità. Mi sporgo verso quella felicità apparente, se non fossi così riuscirei a piacerti? In qualche assurdo modo riuscirei a farmi amare? Se io fossi il sogno a cui ambisci, riuscirei ad invogliarti nel raggiungermi? Potrei vedere i tuoi sforzi concentrati per me?
Fisso la finestra al di dietro della fontana, il realtà non c’è nessuna finestra. È tutta una finzione dietro cui mi sono barricata. Eppure la brezza del vento mi raggiunge e mi scuote di nuovo, facendomi capacitare che in realtà il freddo al mio interno non mi lascerà mai così presto.
Provo a vedermi dentro e vi trovo solamente una landa ghiacciata e la brezza del vento si trasforma rapidamente in una vera e propria bufera di neve che non demorde attanagliando il mio cuore.
Il mio cuore …
Cosa c’è in realtà nel mio cuore?
I vetri rotti della finestra di un amore ormai deteriorato dal mondo?
L’anima di una persona che vuole andarsene per sempre da quel posto e non rimembrare più nulla?
Come potrei lasciar andare la motivazione, l’ultima, della mia felicità?
Il cuore sembra abbandonarmi sempre, come la mente.
Ed io vado avanti senza un punto di riferimento. Barcollando nel buio che in fin dei conti, appare finalmente così caldo ed invitante.
I soli otto passi che mi separano da quella luce sembrano migliaia e migliaia, potrei perdermi nel contarli. Come una miriade di stelle, otto insignificanti mi separano da te.
Ma so per certo che non riuscirei mai a raggiungerti. Il freddo aumenta e mi ghiaccia le caviglie, protraendosi in tutto il corpo, fino ad arrivare all’anima.
Quando quegli otto stupidi passi, divengono venti, trenta, quaranta, mille …
Capisco che è davvero troppo tardi per raggiungerti e farti rimanere. Il mio cuore grida disperatamente di tentare lo stesso. Che il troppo tardi non esiste quando quel qualcosa non è ancora relativamente lontano. Il mio cuore grida straziato di muovere quei passi verso di te, di raggiungerti e tenerti stretta per non farti scappare. Quel cuore che funziona male da tempo sa che dovresti essere lì, tra le mie braccia, e si ribella.
Ma il mio corpo, la mia mente e la mia anima non sono abbastanza forti da rompere il vincolo che mi ancora al suolo. Evidentemente quel cuore troppo fragile non bastava per controllare qualcosa di così immenso come un fatto inevitabile.
Ti guardo andar via man a mano unendoti con il paesaggio circostante, diventando un misero puntino.
Una stella come tante altre, una gradazione di colore che nessuno mai riuscirà a scorgere, nemmeno per un misero secondo. Una delle tante stilettate nel cuore.
Ma perché se realmente sei una cosa tra le tante, riuscirei a trovare il tuo ago nel pagliaio in neanche un mezzo nanosecondo?
La morsa sul mio cuore si stringe, lui sa benissimo le risposte, le ha sempre sapute, malgrado non voglia accettarle.
Le tiene nascoste per non tirarle più fuori.
Preferisce continuare ignaro di tutto il suo percorso senza lasciar spazio a nuove cose, cose che potrebbero distruggere ciò che hai creato per proteggerti.
Ma lo sai che non c’è ritorno.
Che le mura che avevi attorno sono crollate, non puoi più proteggere i frammenti della tua vita. Sei esposta alla luce di quel sole che promette illusorie bugie, alle quale non crederai mai.
Non ti fidi, non puoi.
Ormai sei chiusa con te stessa, con tutti. Continui a stringere il tuo cuore tentando di farlo scoppiare.
Se scoppiasse saresti libera di tutte le schegge che lo trafiggono, lo stringi talmente forte che senti dolore.
Ma ti chiedi se questo è davvero definibile dolore in confronto a quello che gira intorno a te.
No la stretta sul tuo cuore è solo il soffio del vento.
Una brezza costante e fastidiosa. Amavi davvero il vento?
Soffrivi davvero per il vento?
Sorridevi davvero per lei?
Era tutto un riflesso incondizionato della tua ombra.
Volevi amare, ma non potevi farlo.
Volevi soffrire, ma dovevi essere forte per gli altri.
Volevi sorridere, ma avevi bisogno di consumare lacrime per sfoggiare quel sorriso falso davanti a tutti.
Chi se ne accorgeva in fondo?
Non esisteva più la persona che riusciva a trapassarti l’animo, vedendo che la tua luce stava affievolendo.
Nessuno veniva più da te mentre sorridevi dicendoti di smetterla, di essere vera, di togliere la maschera dal viso e posarla per sempre.
Prendi quella maschera nera, che risalta i tuoi occhi gialli, la leghi attorno al tuo essere talmente forte da non respirare più.
A cosa serve respirare poi? Un inutile azione di chi ha intenzione di vivere.
Pensi che si può benissimo respirare per gli altri, fare finta di farlo, per sembrare normale, respirare quell’agonia delle azioni compiute, respirare ma non esistere.
Essere invisibili per tutti, non essere notati e rimanere a fissare l’acqua di quella fontana.
Il fiore che emana quella luce manca di qualcosa.
Il tuo cuore non è che un microscopico frammento di quella luce, della tua luce.
Ma la malinconia colora l’acqua che vi è attorno di un blu intenso.
Un blu che annebbia la vista e cui non riuscirai mai a far parte.
Ti avvicini sempre di più.
Un altro fiore giace più in basso sul velo dell’acqua ma al contrario della lavanda, quel fiore non brilla.
Quell’orchidea è appassita.
Ha perso i suoi colori brillanti, lasciando spazio a petali marci e spenti come l’aria che risiede nei miei polmoni.
In realtà l’orchidea non è rovinata come l’aria che respiro, ma nessuno si accorgerebbe di cosa c’è realmente dietro delle piccole cose insignificanti.
I dettagli che davvero contano, quelli a cui non si fa caso, ma che dovrebbero essere i primi ad essere notati.
Neanche i miei occhi che sono velati e fermi nei ricordi li scorgono, incapaci di notare quei particolari che risolverebbero tutto.
Non riuscirò a salvarti impedendoti di appassire.
Immagino come sia avvicinarsi di più a quella fonte di dolore, quel fiore un tempo candido e luminoso come la luce dell’alba che ora rassomiglia più al manto della notte.
La notte che non cala mai sui miei sentimenti, vivo in un continuo sorgere di nuove luci senza mai giungere alle tenebre.
Tocco con il palmo della mano la tua anima, avvicinandomi al fiore che sembra appassito, lo colgo dall’acqua, fissandolo, osservandolo rifiorire.
Il mondo si colora di tonalità accese, la luce nei miei occhi risplende, un caldo tepore cosparge l’aria.
Dei battiti si fanno strada nel mio corpo.
Il mio cuore riprende a vivere mosso dalla rinascita dell’orchidea.
Il ghiaccio si scioglie e sono capace di ritrovarti, vedere che in realtà non mi hai mai abbandonato.
L’acqua che si era fermata riprendere a scorrere comunicando ciò che da molto tempo avrei dovuto capire. Quei fiori non sembrano accusare solitudine, pur essendo distanti riescono sempre a ritrovarsi e la loro prospettiva non è più chiusa in quel grigio e monotono mondo, riescono a raggiungersi ed esplorarsi reciprocamente gli occhi, occhi che risplendono di una luce nuova.
La freschezza della felicità colpisce le mie labbra facendomi sorridere, perché non c’è niente di più bello di te.
Mi volto e corro, corro consapevole di riuscire a raggiungerti ora.


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Alloooora. La foto è stata scattata da me.
Diciamo che il racconto è stato ispirato dalla foto.
Spero che vi piaccia, e se non vi è chiaro qualche passaggio, son qui per spiegarvelo~
Ordunque alla prossima storia. //?

It will rain.

  
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