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Autore: Mirokia    08/09/2013    1 recensioni
«Ce l’hai ancora quel cappello?» chiese ancora Louis, e a quel punto Harry si sollevò e si voltò verso di lui, una mano sul fianco.
«Sì, mi pare di avercelo in valigia. Ma perché?»
«Anche io ho quel cappello. E anche la sciarpa, però è meno orrenda.»
«Sì, e allora?»
«Credo che Niall abbia la polo verde. Io ce l’ho solo bianca.»
«Cosa vuoi fare?» Harry interruppe il suo flusso di parole, e lo conosceva troppo bene per non aver già immaginato le sue intenzioni. Un brivido gli percorse la schiena.
«Tornare indietro,» rispose Louis alzando le spalle, quasi fosse roba da niente.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tornare indietro






 



«Dai, Harry, tra venti minuti dobbiamo farci trovare nella hall,» lo spronò Louis prendendo quelle poche cose che gli era capitato di lasciare in camera dell’amico quando finivano per fare quattro chiacchiere.
«Da quant’è che sei così attento all’orario?» domandò l’altro bonario mentre finiva di svuotare il cassetto – aveva la brutta abitudine di riempire i comodini degli alberghi di sue cianfrusaglie quasi dovesse soggiornare in hotel per mesi.
«E’ che sono stanco e non ho voglia di sentirli rimproverarci quasi avessimo dieci anni,» fece Louis appallottolandosi una maglietta sotto il braccio.
«Beh, non hanno tutti i torti. Credo di averceli in testa, i dieci anni,» rise Harry e Louis lo accompagnò nella risata finché l’amico non si fermò di botto, quasi lo stesse prendendo in giro. Ma quando Louis lo guardò mentre gli dava le spalle seduto sul letto e piegato sul cassetto del comodino, si domandò se non fosse successo qualcosa.
«Ehi? Ti senti male?» gli chiese, ma quello non rispose, e si limitò a respirare forte col naso, quasi avesse sospirato e avesse tentato di farlo silenziosamente. «Che hai in mano?» fece ancora Louis quando si rese conto che effettivamente s’era bloccato con qualcosa tra le dita. Mollò la maglietta e andò a sbirciare sopra la sua spalla appoggiandosi con la mano sull’altra, e sul volto gli si disegnò un sorriso spontaneo, ricco di tenerezza.
«Ma dai, a quando risale?»
«X-factor. Credo che mi sia caduta dal portafogli,» rispose Harry con lo stesso sorriso malinconico di Louis rigirandosi la vecchia foto tra le mani.
«Mica te l’ho mai vista, nel portafogli.»
«Perché, sei solito frugare nella mia roba?» domandò Harry voltandosi contrariato verso l’amico, che adesso aveva il mento poggiato sulla sua spalla.
«A volte mi servono degli spicci, non posso comprare le noccioline con le banconote!» protestò quello, e Harry rotolò gli occhi per poi tornare sulla foto.
«Me l’ha data mia madre prima che partissimo per il tour. Diciamo che è stata l’unica che è riuscita a salvare quando ho deciso di buttare tutte le foto, e non ho avuto il coraggio di strappare anche questa. Mi piace molto,» spiegò Harry con il lato della bocca che tremava e che tentava di nascondere. Louis si piegò per guardarla meglio: era una semplice immagine di lui ed Harry abbracciati, quei vestiti non pulitissimi e bucherellati addosso, quei cappelli che pendevano di lato, il ciuffo lungo sulla fronte, la polo verde, la sciarpetta scialba, le pancette da bambini, la pelle morbida e pulita, priva di tatuaggi.
«Non ti chiederò per quale motivo hai buttato le altre foto,» fece Louis dopo aver contemplato la foto, poi Harry aprì il portafogli che aveva lasciato sul letto e la rimise al suo posto, lasciando un Louis spaesato sopra la sua spalla.
«Perché non c’è bisogno di chiederlo,» tagliò corto Harry, con la voglia di scherzare che scemava. Si alzò per mettersi il portafogli nella tasca posteriore dei pantaloni e chiuse il cassetto ormai vuoto. Louis fece qualche passo indietro, quella foto ancora impressa davanti agli occhi, cercando di collegare i vestiti che indossavano nell’immagine ai ricordi che aveva di X-factor.
«Harry,» lo chiamò poi mentre  quello sistemava le ultime cose. «Quel giorno ci siamo dati un bacio, vero?»
Harry si voltò lentamente mentre era ancora piegato, fece la faccia di uno che tenta di ricordare, poi,
«Sì, è vero.»
«Il primo, giusto?»
«Sì,» disse Harry ridendo piano e guardando il pavimento, perché gli sembrava ironico che adesso, a distanza di tre anni e oltre, dopo la loro travagliata, sofferta, dilaniata e poi conclusa – per il bene di entrambi – storia, si stessero mettendo lì a ricordare il loro primo bacio.
«Ce l’hai ancora quel cappello?» chiese ancora Louis, e a quel punto Harry si sollevò e si voltò verso di lui, una mano sul fianco.
«Sì, mi pare di avercelo in valigia. Ma perché?»
«Anche io ho quel cappello. E anche la sciarpa, però è meno orrenda.»
«Sì, e allora?»
«Credo che Niall abbia la polo verde. Io ce l’ho solo bianca.»
«Cosa vuoi fare?» Harry interruppe il suo flusso di parole, e lo conosceva troppo bene per non aver già immaginato le sue intenzioni. Un brivido gli percorse la schiena.
«Tornare indietro,» rispose Louis alzando le spalle, quasi fosse roba da niente. «Scompiglia quei capelli, sono troppo lisci e all’insù. Fortuna che i miei non li hanno sistemati stamattina. Vado a prendere la roba,» aggiunse poi frettolosamente, e imboccò la porta correndo, quasi euforico, ignaro del richiamo di Harry, che ci teneva a fargli sapere che nel giro di dieci minuti si sarebbero dovuti trovare tutti nella hall.
Il petto di Harry prese a vibrare e il suo respiro a farsi corto. Si tolse la maglietta blu e rimase a petto nudo indeciso su cosa mettersi. Si sfilò con lentezza estenuante anche i jeans tanto attillati da sembrare una seconda pelle e infilò dei pantaloni marroni che aveva messo in ben poche situazioni. Mise le solite scarpe da ginnastica e ignorò il consiglio di Louis di scompigliarsi i capelli, perché tanto avrebbe dovuto comunque tirarli indietro con il cappello. Così si infilò anche quest’indumento, e in quel momento Louis tornò davanti a lui, il fiatone e le orecchie rosse. Si era cambiato dalla testa ai piedi piuttosto velocemente: aveva una maglietta a righe e una giacchetta magenta aperta e un paio di pantaloni lunghi fin sotto il ginocchio di un colore leggermente più chiaro rispetto a quello di Harry. Il cappello dello stesso colore della giacca gli lasciava un ciuffo liscio sulla fronte e i calzini bianchi si vedevano molto bene sopra i mocassini. Teneva in mano una polo verde e una giacchetta grigia, e li lanciò ad Harry evitando di imbambolarsi davanti al suo petto nudo decorato dalle due rondini. Harry si infilò gli indumenti senza mai togliere lo sguardo da quel Louis, così simile al vecchio Louis. Sembrava esser venuto fuori dalla foto. E stava per farlo piangere. Era come se la memoria avesse preso forma e si stesse muovendo e stesse parlando davanti a lui.
«Hai messo anche gli occhiali?» sorrise Harry quando rimise a posto il cappello, e quello annuì.
«Tanto li avrei messi comunque, mi bruciano gli occhi.»
«Ah, per questo ce li hai rossi,» ne dedusse Harry, ma Louis non rispose, si limitò a sorridere al vecchio, vecchissimo Harry, il sedicenne imbarazzato e impacciato che cantava Isn’t she lonely. I tatuaggi di entrambi erano coperti, e la situazione sembrava tanto surreale da lasciare un peso all’altezza dello stomaco. L’unica differenza era l’altezza di Harry e il colore della sua pelle, troppo scuro perché si avvicinasse al pallore dell’Harry sedicenne. Ma il cambio di abbigliamento, e gli occhiali, e i cappelli fecero comunque il loro effetto.
«Mi viene da piangere,» ammise Louis, e Harry si rese conto di aver già lasciato cadere una lacrima quando andò ad asciugarsi col polso e respirò forte col naso, i contorni delle narici e degli occhi rossi quasi fossero irritati. Louis pensò di dover fare il primo passo, perché fu così che andò. Aveva capito che il modo in cui lo guardava Harry era completamente differente da quello che adottavano gli altri tre membri della band appena formata. Quindi Louis si era azzardato a prendergli la mano, in un momento in cui la stanza condivisa da tutto il gruppo era vuota. Poi Harry aveva detto: “Se non mi baci tu…”
«…lo faccio io.»
Anche Harry se lo ricordava, e fu un colpo al cuore per entrambi sentire nuovamente quelle parole. Allora Louis si avvicinò senza lasciare la mano di Harry, ma prima che potessero toccarsi quest’ultimo gli fece segno con gli occhi di andare in bagno. In effetti tre anni prima erano dovuti scappare in bagno perché Liam e Niall stavano tornando in camera.
«Scusa, non voglio rimandarlo,» aveva detto il Louis diciottenne una volta in bagno, Harry intrappolato contro il muro, e gli stessi movimenti aveva fatto il Louis ventenne. Le due bocche si avvicinarono piano, con una lentezza estenuante, ed entrambi sentivano sotto la lingua il sapore del primo bacio. Harry chiuse gli occhi e pianse ancor prima che l’altro lo baciasse, e quando finalmente le labbra si unirono in un asciutto, morbido, innocente bacio, avvertì lo stomaco brontolare forte, le orecchie andare a fuoco e la testa girare nonostante avesse gli occhi chiusi. Durò il tutto pochi secondi; Louis si allontanò e staccò le mani dal muro del bagno, mentre Harry aprì delicatamente gli occhi, ancora rossi e pieni di lacrime.
«Non ho mai voluto che finisse in questo modo, Harry,» ammise Louis, anch’egli gli occhi lucidi e le ginocchia tremanti. Si abbracciarono come tre anni prima, ma con un Harry che scoppiava a piangere silenziosamente sulla sua spalla e un manager che bussava alla loro porta perché erano ancora una volta in ritardo. «Mi dispiace. Ma adesso andiamo più d’accordo e ti sento piangere di meno. Ero stufo di litigare.»
Harry annuì sulla sua spalla per fargli capire che era d’accordo, la loro decisione era stata la più saggia.
«Chiamami se vuoi portare a galla qualche altro ricordo, va bene?» riuscì a dire Harry tra le lacrime una volta scioltosi dall’abbraccio.
«Senza dubbio,» accettò Louis per poi aiutare Harry ad asciugarsi il volto e a ricomporsi. «Muoviamoci,» gli lasciò una carezza e uscì dal bagno, ed Harry lo guardò allontanarsi e si disse che avrebbe bruciato anche quella foto rimasta nel portafogli. E quell’immagine ormai impressa nei suoi occhi, e quel sapore ormai fermo sulle sue labbra, il tocco di quella mano che lasciava il segno come un tatuaggio, le parole dette a bassavoce marchiate nel cervello, avrebbero bruciato insieme a lei.

 

 

 

 

 

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Lo so, i miei titoli sono monotoni, mi dispiace se confonderete le storie! XD





Mirokia

   
 
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