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Autore: Sethep    08/09/2013    1 recensioni
In un era ormai dimenticata un guerriero sacrifica ogni cosa per ottenere potere superando limiti che mi si dovrebbero superare.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Triste è il tempo che scorre. Triste e ineluttabile spazza via i ricordi e anche le opere più magnifiche fino a che non resta più nulla come monito ai viventi di ciò che è stato e gli errori che sono stati commessi nell’ottenebrato passato. Ma Ere fa venne commesso un errore cosi terribile da non poter essere dimenticato e soprattutto non perdonato. Nell’era del mito, quando gli uomini condividevano il mondo con altre stirpi di esseri viventi, nacque un uomo il cui destino era regnare sulla sua gente in quanto figlio di un potente signore della guerra. Sin da giovane si dimostrò arrogante e sprezzante. Non accettava autorità al di sopra della propria e anche gli ordini e gli avvertimenti del padre risuonavano vani e sordi alle sue orecchie. Ma per quanto fosse arrogante e pieno di se egli non era ancora il vero capo del suo popolo e, per forza di cose, doveva sottostare all’autorità del padre. Per anni lasciò covare il fuoco dell’invidia sotto la cenere della falsa accettazione fino a che non riuscì più a trattenerlo. Venne infatti il giorno in cui sfidò il proprio padre a duello per il controllo della tribù e dell’esercito. Per quanto egli fosse un guerriero abile con la spada e ormai temprato da molte battaglie contro varie delle tribù nemiche, non riuscì ad avere la meglio sul padre e venne sconfitto. Il Signore della guerra allora decise di bandirlo dal suo dominio perché, per quanto ingrato e avido di potere, restava comunque suo figlio e il suo cuore gli impediva di porre fine alla sua vita. Cosi il giovane guerriero venne esiliato ma promise, sul proprio onore di guerriero, che sarebbe tornato a reclamare ciò che gli spettava, il controllo della Tribù.

Ma ciò era più facile a dirsi che a farsi. Suo padre si era dimostrato più forte di lui in un combattimento alla pari e se anche fosse tornato dopo qualche mese di addestramento l’esito non sarebbe cambiato. Decise quindi di inoltrarsi nel territorio in cui mai alcun membro della tribù si era avventurato perché abitato da creature perennemente affamate a cui la madre terra aveva fornito tutte le armi necessarie ad annientare i propri nemici. Lui sapeva che se fosse sopravvissuto in quelle terre nessuno nella sua tribù sarebbe mai stato in grado di sconfiggerlo, nemmeno suo padre. Per giorni e giorni marciò solitario per terre ostili nascondendosi o affrontando vari gruppi di uomini di tribù avversarie della propria, o bande di altre creature umanoidi, armato solo di una spada e protetto da una leggera armatura di cuoio. Nonostante le avversità riuscì a raggiungere il confine con le “Terre dei Ricordi”, cosi chiamate perché un tempo quelle terre appartenevano ad un grande impero di cui ormai non rimaneva che un vago ricordo tra i vecchi saggi delle tribù umane. Si fermò al limitare della gola che si doveva attraversare per arrivare nelle aride pianure delle terre dei ricordi. Il confine era netto, come delineato da una potente volontà nei tempi antichi quando l’antico impero cadde senza lasciare traccia. La fitta vegetazione delle sue terra si interrompeva di colpo lasciando spazio ad un arido deserto di carbone e cenere. Probabilmente secoli e secoli prima quei luoghi dovevano essere ricolmi della stessa vegetazione che spuntava fitta pochi centimetri prima ma qualcosa l’aveva incenerita e impediva alla natura di rifiorire e riportare la vita. L’unica cosa che riuscì ad immaginare fu che quello rappresentava  un ammonimento da un qualche dio potente e terribile. Ma ciò non lo spinse minimamente a porre fine alla propria impresa. Se voleva ottenere ciò che desiderava doveva recarsi in quelle terre inospitali e sopravvivere per diventare più forte. Niente lo avrebbe fermato, neanche una divinità dei tempo antichi. Sparì quindi nella gola senza mai voltarsi indietro e nessuno, per molti anni, seppe più niente di lui.

Nella sua fortezza capitale il Signore della guerra ogni giorno inviava esploratori a setacciare ogni angolo del suo dominio e di quelli delle altre tribù alla ricerca di un segno che suo figlio fosse ancora vivo. E ogni volta che uno degli esploratori ritornava senza una notizia era come se qualcuno lo pugnalasse dritto al cuore.

Gli anni passarono ma egli non riusciva a rassegnarsi alla perdita del figlio e, nonostante i suoi consiglieri e i suoi uomini più fidati gli ripetevano che ormai sperare era inutile, lui sapeva in cuor suo che suo figlio era ancora vivo da qualche parte.

In una notte senza luna una guardia all’ingresso della città diede l’allarma suonando il suo corno. Quel tetro suono giunse veloce fino alla stanza da letto del Signore della guerra svegliandolo nel cuore della notte. Mentre il signore della guerra si stava dirigendo verso la sala del trono venne raggiunto da uno dei suoi guerrieri più valorosi che gli portò notizie inquietanti. Uno sconosciuto aveva ucciso i soldati di guardia all’ingresso della città e aveva raggiunto la fortezza uccidendo chiunque avesse cercato di fermare la sua avanzata. Nessuno di loro sapeva chi fosse questo straniero dato che il suo volto era coperto da una maschera d’argento dalle fattezze solo accennate. Lo sconosciuto era un guerriero molto forte, nessuno dei soldati riuscì a fermarlo anche attaccandolo in gruppo. Neanche il grande cancello della fortezza era riuscito a fermarlo poiché era riuscito ad aprirsi un varco squarciando il metallo con la propria spada. I soldati incominciarono a pensare che fosse qualche araldo di un dio vendicativo o qualche altra terribile mostruosità dei tempi antichi. Il Signore della guerra si fece portare la sua spada e la sua armatura e dopo essersi preparato si diresse verso la sala del trono. Lo sconosciuto era li ad aspettarlo immobile al centro della grande sala ammantato dal blu scuro del grande mantello che parzialmente copriva l’armatura scintillante che ne copriva il corpo. Lo straniero spostò lo sguardo sul Signore della guerra non appena questi fece il suo ingresso nella sala del trono senza più curarsi dei soldati sparsi attorno a lui con armi spianate ma incapaci di andargli contro per la paura che ormai quello straniera incuteva in tutti loro. Paura derivata anche dall’innaturale arma di cui lo sconosciuto era armato. All’apparenza una semplice spada ad una mano e mezzo che era però avvolta da un alone di luce smeraldina che ne rivelava la più complessa natura. All’ingresso del proprio signore i soldati ritrovarono un po’ di coraggio e ritornarono ad attaccare l’invasore che in tutta risposta blocco spade e lance con la propria arma senza troppi problemi. Subito il Signore della guerra fermò i propri uomini ordinando di cessare l’attacco e indietreggiare. Era evidente che i suoi soldati non erano in grado di sconfiggere il misterioso individuo e per evitare che anche quegli uomini morissero invano decise di sfidare personalmente il nemico. Quella carneficina doveva finire in un modo o nell’altro. Al misterioso straniero venne proposto un accordo. Ci sarebbe stato un duello tra di loro e se lui avesse vinto avrebbe ottenuto il controllo di tutta la tribù. Lo stranierò annuì silenziosamente accettando cosi i termini della sfida. I soldati si fecero da parte e il Signore della guerra sguainò la spada preparandosi alla tenzone. Il combattimento tra i due fu feroce e senza sosta. Per ore e ore si scambiarono attacchi senza che nessuno riuscisse a superare le difese dell’altro. Ma alla fine accadde quello che il Signore della guerra temeva, lui incominciò a stancarsi prima del suo avversario. Purtroppo gli anni pesavano sulle sue spalle e lui non era più un guerriero giovane e forte come un tempo. I suoi movimenti incominciarono a rallentare fino a che non riuscì più a tenere testa ai rapidi e ripetuti attacchi dello straniero. Alla fine un fendente riuscì a oltrepassare le sue difese e la spada avversaria tagliò in profondità la carne della sua spalla destra lacerando muscoli e ossa come carta. Il Signore della guerra finì in ginocchio ormai privo di forze sufficienti ad opporsi a quel nemico. E fu allora che per la prima volta lo sconosciuto parlò rivolgendosi a lui. “Sei troppo vecchio ormai. È tempo che il comando passi a me” queste furono le esatte parole e il Signore della guerra riconobbe subito quella voce nonostante gli anni trascorsi dall’ultima volta che ebbe la possibilità di udirla. La conferma giunse quando lo sconosciuto si tolse la maschera metallica e rivelò il suo volto. Nonostante fosse ormai solcato da cicatrici, e in parte mutato dal tempo trascorso, riconobbe subito il volto del proprio figlio perduto. Quando suo figlio gli trapassò il petto con la propria arma egli morì con il sorriso sulle labbra e lacrime di gioia che sgorgavano dagli occhi.

Suo figlio era ancora vivo e stava bene.

E cosi il giovane guerriero mantenne la sua promessa. Non solo era sopravvissuto alle Terre dei Ricordi ma era tornato e si era appropriato del comando sconfiggendo suo padre.

Sotto il suo regno la sua tribù divenne la più ricche e potente ma questo non gli bastava. Non riuscì ad accontentarsi di quello su cui aveva il comando e decise di accresce i propri territori dichiarando guerra a tutte le altre otto tribù. E cosi scoppiò una guerra terribile in cui persero la vita innumerevoli soldati e altrettanti innocenti. Nonostante le otto tribù si allearono tra di loro nel disperato tentativo di opporsi agli invasori, il neo-incoronato Re riuscì a sconfiggere l’alleanza e a soggiogarle tutte al proprio volere con la forza delle armi. E cosi nacque il Grande Regno governato dal Grande Re con efficienza e pugno di ferro.

Il potente sovrano fece costruire magnifici monumenti e fortezze colossali. Ogni terra abitata da uomini e altre creature umanoidi era sotto il suo dominio e niente gli si poteva opporre. Ma ancora una volta tutto questo non gli sembrava abbastanza. Esistevano terre ancora libere: Le Terre dei Ricordi. Dall’alta torre della sua fortezza capitale poteva vedere quelle terre inospitali e terribili che lo deridevano perché libere di agire in barba alla sua volontà. E cosi decise di colonizzare anche quelle terre. Lanciò una grande crociata per distruggere le mostruosità che abitavano le Terre dei Ricordi. Ci vollero anni e milioni di vite sacrificate per portare a termine questa missione ma alla fine quasi tutte le mostruosità vennero annientate e le terre liberate. La colonizzazione fu lunga e difficile ma venne attuata perché il Grande Re non avrebbe mai accettato un fallimento.

Un gruppo di coloni trovò tra le montagne un antica fortezza-monastero risalente a centinaia di migliaia di anni prima. Tutto ciò che rimaneva dell’impero menzionato dai saggi era quella vecchia fortezza ormai in rovina. Incuriosito da questa scoperta il Grande Re decise di visitare questa misteriosa roccaforte. Nei sotterranei di questa fortezza trovò una immensa biblioteca ricolma di innumerevoli tomi sorprendentemente in ottimo stato. Fece ricostruire la fortezza e spostò la sua corte in quel luogo cosi da poter avere il tempo di studiare tutto quel sapere dei tempi antichi. Comprese che tutte le conoscenze dell’Impero erano conservate in quella biblioteca e dopo studi approfonditi riuscì imparare le arti arcane ormai scomparse dal mondo. Apprese che nell’antico impero la magia era un’arte molto conosciuta e insegnata in ogni città. Ma tutto quel sapere arcano era andato perduto con l’improvvisa e celere caduta dei quella grandiosa civiltà e mai più alcun essere umano aveva avuto la possibilità di imbrigliare le forze magiche con la propria volontà, fino a quel momento. Il Grande Re si immerse anima e corpo nello studio della magia divenendo il primo e unico mago dopo millenni. Con tutto quel sapere arcano il Grande Re non era più solo il più grande tra i guerrieri ma anche il mago più potente. Agli occhi del popolo ormai il Grande Re era un dio in terra e tutti lo temevano e lo adoravano al tempo stesso, il mondo era ai suoi piedi e il suo potere non era contrastato da niente e nessuno.

Ma ancora non era sazio di potere, c’era ancora qualcosa al di sopra di lui e della sua autorità. Durante i suoi studi aveva appreso dell’esistenza di una città magnifica abitata dagli dei e aveva appreso il modo di raggiungerla. Ormai lui era potente quanto un dio e forse di più, tutti nel mondo lo adoravano come tale mentre queste sedicenti “Divinità” erano state dimenticate. Allora perché questi falsi dei non si erano ancora sottomessi alla sua volontà?

Decise allora che avrebbe mosso guerra a queste divinità invadendo la loro città. Fece costruire mastodontici portali incantandoli lui stesso cosi da poter portare tutto il suo esercito nel piano di esistenza in cui dimoravano gli dei.

I portali vennero attivati e l’invasione venne messa in atto. Milioni di soldati varcarono i portali e giunsero davanti alle mura dorate della città degli dei presidiate da guerrieri dalla pelle di alabastro e le armature di puro platino. Ma gli umani non avevano paura poiché c’era un dio a guidarli contro quelli che ritenevano falsi dei che li avevano costretti a vivere in un mondo ricolmo di insidie e dolore mentre loro vivevano in pace e lontani dalle sofferenze in una città stupenda. Nonostante le difese della città fossero salde gli umani erano troppi e il Grande Re ricorse a magie dalla potenza spaventosa per demolirle. La città fu saccheggiata e le creature celesti che la abitavano furono sterminate. Quando gli dei si accorsero del misfatto il Padre di tutti gli dei, Elanion, inviò un grande esercito per scacciare gli umani invasori e punirli. Diede il comando di questo esercito a Rerion, campione degli dei e suo figlio prediletto.

Il dio guidò l’esercito fin dentro la città per scacciare gli umani e salvare i pochi palazzi e case rimasti in piedi. La battaglia infuriò tra le strade della città d’oro e d’argento e gli esseri umani incominciarono ad avere la peggio. Consapevole del fatto che la battaglia stava volgendo a proprio svantaggio, il Grande Re decise di uccidere personalmente il generale al comando dell’esercito divino. Senza paura e senza esitazione si fece strada tra i soldati nemici colpendoli con la propria spada o con letali incantesimi fino ad arrivare proprio davanti al dio generale. Il dio venne colto di sorpresa dal potente mortale e il combattimento ebbe breve durata. La divinità venne decapitata dopo essere stato colpito mortalmente da magie e fendenti scagliati dal Grande Re.

Il corpo di Rerion venne distrutto cosi come il suo spirito. Nel momento della morte del figlio, Elanion, venne colpito da una tremenda fitta al petto e comprese subito che la sua prole prediletta era ormai perduta per sempre.

E allora il Padre degli dei pianse lacrime amare e il suo cuore si riempì di dolore per la perdita dell’amato figlio. Ma poco ci volle perché la rabbia prendesse il sopravvento sul primo tra i numi. Egli stesso si mosse per portare sfacelo tra le file degli stupidi mortali e vendicare cosi la morte di Rerion.

Con una grande esplosione di fiamme comparve nel bel mezzo dell’esercito umano incenerendo un gran numero di soldati. Con fulmini e saette si fece strada fino al Grande Re. Il più grande tra i sovrani del mondo dei mortali non si fece intimidire dalla furia con cui la magia del dio vendicativo sferzava l’aria e il terreno attorno a lui disintegrando e dilaniando centinaia dei suoi soldati nel tentativo di eliminarlo. Con coraggio, o semplice stupidità, il Grande Re si fece avanti per sfidare il più possente degli immortali scatenando i suoi incanti più potenti sul dio. Lo scontro ebbe catastrofiche conseguenze a causa dei poteri magici scatenati dai due avversari che sembravano eguagliarsi nonostante uno fosse un dio e l’altro un semplice mortale. Ma alla fine la collera del Dio ebbe la meglio sulla volontà e la boria del Grande Re  che, purtroppo, aveva sfidato un potere più grande del suo non accontentandosi delle grandi conquiste e del potere che aveva costruito nel mondo dei mortali.

Il dio dilaniò l’anima del Grande Re e strappò parte di essa via dalle sue spoglie mortali e con essa privò il Grande Re di gran parte del suo potere magico. Ma anche privato del proprio potere, il Re non volle ammettere la sconfitta e abbandonare i suoi folli propositi. La sete di potere lo aveva accecato e non c’era modo di porvi rimedio. Elanion allora distrusse l’esercito degli esseri umani e scagliò il Grande Re via da quel piano di esistenza rispedendolo da dove proveniva in una palla di fuoco. La fiamma divina divorò le carni del sovrano facendogli provare un dolore senza pari nel mondo degli uomini. Ma il fuoco non lo uccise. Sfigurò il suo corpo e lo privò dei sensi, come morto.

Dopo la sconfitta del Grande Re e del suo esercito la pace ritornò nel reame dorato ed Elanion chiuse per sempre il varco che collegave le terre sempiterne al mondo dei mortali abbandonando, di fatto, quel mondo al suo destino non considerandolo più degno di attenzioni a causa della ribellione.

Attorno al corpo del Grande si radunarono migliaglia di persone affrante dalla scomparso del loro grande condottiero e sovrano. In quel luogo, divorato dalle fiamme divine, venne creato un tumulo per accogliere la salma del Grande Re e concedergli il riposo che si merita.

Ma il tempo è il più grande dei tiranni. In principio grandi eventi e riti avevano luogo ai piedi del grande tumulo ma con il passare degli anni e dei secoli sempre meno persone andavano a far visita a quella tomba e in fine il Grande Re e le sue grandi fatiche vennero del tutto dimenticate.
Nonostante il suo grande potere, non riuscì a salvarsi dall’Oblio.

  
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