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Autore: cormac    08/09/2013    3 recensioni
Si sentiva assai a disagio, Gilbert, tanto che in quel momento avrebbe di gran lunga preferito fondersi con il mobilio che rimanere lì sotto lo sguardo di tutti. Se chiudeva gli occhi, poteva ancora sentire la voce di Xerxes sussurrare il suo nome nel sonno.
"Sei sicuro che sia davvero Oz Vessalius la persona di cui hai bisogno?"
[Gilbert/Break] [spoiler! per i volumi 10/11]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Gilbert Nightray, Xerxes Break
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'A song of love and uncertainty.'
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Hollow Eye
 
 
If today was your last day
and tomorrow was too late
Could you say goodbye to yesterday?
Would you live each moment like your last?

Leave old pictures in the past.



 
 
 
 
Nero. Tutto era orribilmente nero. Nello stato di semi-incoscienza, Break sentiva un piacevole tepore, ma il buio che lo avvolgeva era tetro ed insostenibile. Tentò di aprire gli occhi, di sbattere le palpebre, ma il nero non accennava a diminuire: dov’era la luce? Dov’erano i colori?
Ma soprattutto, dov’era lui? I ricordi che possedeva prima che tutto divenisse scuro erano sbiaditi e confusi; ricordava Sabrié, ricordava i Baskerville, ricordava Oz, Alice, Elliot... e ricordava Gilbert, ed l’acceso litigio avuto con lui. Nel medesimo istante in cui la sua memoria iniziò a schiarirsi, anche il nero che lo circondava fece altrettanto, rivelando i profili sfocati di persone che in un primo momento non riconobbe, insieme allo sfondo di una luminosa stanza riccamente arredata.
Socchiuse l’unico occhio a sua disposizione e tentò di mettere a fuoco le figure degli individui che circondavano il letto su cui era in stato di trance, intenti a parlare fittamente tra di loro; gli era impossibile distinguere i loro profili, ma le macchie di colore che riusciva ad intravedere attraverso le palpebre pesanti per il sonno gli permise di riconoscerli. C’erano Oz, Sharon, Reim, Alice e anche Gilbert. Gilbert, Gilbert... lui, doveva parlare con lui.
Aprì la bocca, ma non ne uscì alcun suono. Non una parola, neppure un gemito o un breve suono che avesse potuto dimostrare la sua semi-coscienza; tuttavia, Oz dovette essersene accorto, perché lo sentì dire qualcosa a Reim, che alle sue orecchie giunse solo come un brusio indistinto.
“Maledizione.”
Il primo pensiero di senso compiuto che balenò nella mente di Break non appena fu in grado di formularne uno, fu esattamente un’imprecazione. Non gli faceva male nulla (ed anche se avesse provato dolore, sarebbe stato comunque sopportabile dopo essersi fatto cavare un occhio a freddo), ma il senso di debolezza ed inutilità lo attraversò come una scarica elettrica. Per la prima volta che si soffermava a fare riflessioni del genere, Xerxes si sentì vecchio.
Non vecchio nel senso di viso e mani rugose, occhi vitrei ed affaticati (quelli li aveva comunque, ma per altre ragioni) o difficoltà nei movimenti, Break conservava un aspetto invidiabile ed immutato negli anni, sebbene lui non riuscisse più a considerarsi l’uomo affascinante che era stato in passato. Si sentiva vecchio dentro.
Il solo respirare gli sembrava terribilmente faticoso, e nonostante continuasse strenuamente ad aggrapparsi alla vita, di essa ne aveva già avuto abbastanza. Smise di soffermarsi su tali pensieri, tanto veritieri quanto dolorosi, nel momento in cui sentì Reim fare il suo nome, stavolta più chiaramente. Spalancò l’unico occhio, ma la sua vista non mutò. Rimaneva sfocata ed indistinta, e dopo un po’ vi si abituò.
 « Xerxes! » l’albino si riscosse. Nonostante gli occhi spenti e l’espressione vacua, abbozzò comunque uno dei suoi abituali ed irritanti sorrisi, e sarebbe anche riuscito a rassicurare tutti i presenti, se le circostanze fossero state diverse. Aveva dormito tre giorni, era evidente che qualcosa era diversa dal solito, che qualcosa non andava.
« Oh... buongiorno signor Reim. Buongiorno a tutti, direi. » esclamò con tono fintamente disinvolto, senza ascoltare Reim che nel frattempo aveva iniziato a rimproverarlo ed a borbottare qualcosa sulla sua mancanza di giudizio. Pian piano, quasi con timore, tutti gli altri si fecero un po’ più vicini al letto: Sharon gli buttò le braccia al collo, Oz sorrise sollevato ed invitò ridendo Alice a fare altrettanto senza successo, e poi... poi c’era Gilbert, che se ne stava in disparte e non partecipava al sollievo collettivo, rimanendo dietro al suo padrone e limitandosi ad un mezzo sorriso. Break gli lanciò una lunga occhiata (non che riuscisse a distinguere la sua espressione, ma il solo non vederlo vicino al letto gli fece intuire che qualcosa non andava), piuttosto perplessa, ma il moro fece di tutto per non incrociarne lo sguardo. Si sentiva assai a disagio, Gilbert, tanto che in quel momento avrebbe di gran lunga preferito fondersi con il mobilio che rimanere lì sotto lo sguardo di tutti.
Non tanto per il litigio avuto con Break quando erano ancora a Sabrié, per quanto fosse stato acceso e non smetteva di rimuginarci a distanza di giorni, ma per ciò che era avvenuto dopo. Se chiudeva gli occhi, poteva ancora sentire la voce di Xerxes sussurrare il suo nome nel sonno, e ciò gli causava sensazioni contrastanti che non riusciva a spiegarsi. Tutto ciò che voleva era allontanarsi da quella stanza, ma la preoccupazione che lo mordeva dentro non gli permetteva di muovere un passo.
Si sentiva patetico.
 
— ❞

Solo qualche ora più tardi a Break fu permesso di alzarsi (e si sentì in grado di farlo), ed il suo girovagare incerto per i corridoi di villa Rainsworth non cessò finché non sentì sulla pelle calda di letto gli spifferi gelidi provenienti dal balcone. L’aria della sera s’insinuava trai capelli e gli accarezzava le guance, ora delicata, ora più violentemente, e Xerxes ringraziò mentalmente chiunque gli avesse permesso perlomeno di non perdere il senso del tatto. Alzò il capo, e nonostante nell’infinita distesa di oscurità che era il cielo notturno, intonso dalle nubi, non potesse distinguere il brillare tremolante di migliaia di stelle, era sicuro che il firmamento ne fosse punteggiato.
Assorto com’era nel tentativo di scorgerne almeno la luce indistinta, impiegò qualche istante ad accorgersi di Gilbert, che l’aveva nel frattempo raggiunto, ma si riscosse quando quest’ultimo lo richiamò.
« Ehi, Break. » Xerxes si voltò nella sua direzione, nonostante con l’oscurità fosse assai difficile per lui scorgerne il profilo e l’espressione. Ma perché quel ragazzo si vestiva sempre di nero?! L’avevano informato dell’esistenza di altre tonalità più... visibili?
« Oh, Gil caro, come mai— »
« Mi dispiace. » l’albino sbatté perplesso le palpebre, senza cogliere il significato dietro alle sibilline parole del moro.
« Prego...? » Gilbert serrò la mascella, come l’idea di ripetersi lo disgustasse, come se si aspettasse da un momento all’altro una delle solite prese in giro di Break.
« Ho detto che mi dispiace. Per Sabrié, e... hai capito. » sentenziò alla fine, trovando decisamente difficile trovare le parole per spiegare a Xerxes i motivi di tanto pentimento. In fondo, entrambi sapevano di avere la loro parte di colpa, non c’era alcun motivo di spiegare ulteriormente il perché scusarsi.
« Ti scuso, Gil caro, credo d’aver esagerato anch’io. » commentò scherzosamente Break, quasi come se non prendesse seriamente la conversazione. Gilbert esibì una smorfia irritata: stava affrontando un discorso difficile, quella mancanza di serietà da parte di Xerxes lo infastidiva enormemente. Mosse qualche passo, prima di sbuffare sonoramente.
« Non sto scherzando. Smettila di parlarne come se fosse tutto un gioco. » quasi ringhiò, il moro, e Break ponderò seriamente la possibilità che Gilbert fosse infuriato con lui. Il che era strano, perché di solito il Cappellaio era pienamente consapevole quando ne combinava una delle sue, e la frustrazione che quasi sempre ne scaturiva da Gilbert aveva un motivo. Quella volta era diverso; Raven era palesemente furibondo, ma Break ne ignorava il motivo. E la non-comprensione non andava che a sommarsi sulle moltitudini di sensazioni spiacevoli che aveva avuto modo di provare dalla visita alla residenza di Rufus Barma fino a quel momento.
« Lo so che non è un gioco, Gilbert caro, ma non riesco seriamente a comprendere la tua— »
« Non fare il finto tonto, lo sai a cosa mi riferisco! E’ da quando siamo tornati dalla visita a Rufus Barma che ti ostini a strafare anche quando non ce la fai! E poi non fai che dirmi cose strane, ed invece di aiutarmi a capire parli in modo ancora più misterioso. “Sei sicuro che sia Oz Vessalius la persona di cui hai bisogno?” che razza di domanda è?! »  Xerxes sbatté più volte le palpebre. La spropositata reazione di Gilbert lo aveva lasciato basito, ma era bastata a fargli rendere conto di quanta insofferenza il moro aveva tenuto repressa dentro di sé.
« Non credo ci sia nulla da spiegare. “sei sicuro” è esattamente quello che ti ho chiesto. » nulla di quella spiegazione garbava al moro; Xerxes non gli diceva mai niente. Nonostante tutti gli anni di lavoro assieme, l’albino non si fidava di lui nemmeno un pochino? Questo era forse ciò che lo feriva e lo indispettiva di più al contempo, sebbene non riuscisse neppure a spiegarsi il motivo. In fondo, il loro rapporto era basato solo sul mero profitto, no?
« Sono stanco dei tuoi enigmi, Break. Per una volta, in dieci anni che ti conosco, vorrei che parlassi chiaramente. » ciò che accadde dopo fu come a rallentatore, persino il tenace grillo il cui verso aveva fatto da sottofondo fino a quel momento aveva cessato di cantare. Lentamente, Gilbert vide Xerxes avvicinare il viso al suo, poté percepirne il caldo e regolare respiro sulle labbra, prima che venissero catturate in un bacio. Era inebriante, il profumo di Break, e le sue labbra erano così fredde e morbide che neppure se l’avesse voluto il moro sarebbe riuscito a staccarsi da esse. Il pensiero di allontanare Xerxes da sé, che ciò che stavano facendo era sbagliato, non balenò neppure per un istante nella mente di Gilbert, che scacciò prepotentemente anche la preoccupazione di essere visto. Non era importante. Tutto ciò che contava era Break, che restasse vicino a lui, perché Gilbert sapeva che avrebbe potuto perderlo in ogni momento.
 « Sono cieco. » quelle due parole, sussurrate dopo un minuto di pura beatitudine, riportarono violentemente alla realtà il giovane Nightray. Non poteva essere vero, Xerxes lo stava prendendo in giro come al solito.
« Cosa...? Tu... tu non sei serio, vero? » domandò con un filo di voce, arrossendo un po’ quando si rese conto d’aver balbettato.
« Hai detto che volevi che parlassi chiaramente, quindi lo sto facendo. Sono cieco, Gilbert caro. »
Non fu necessario, per Gilbert, che Break aggiungesse altro. Senza ragionare, gli circondò semplicemente i fianchi con le braccia e lo strinse a sé, non tanto a cercare di dargli sostegno, quanto a riceverne. Rimase lì, in silenzio per tre interminabili minuti, in cui dal tremore delle sue spalle, Xerxes poté intuire la sua sofferenza.
« Non importa. » sussurrò alla fine il moro, e Break inclinò leggermente il capo, coronando un’espressione sorpresa.
« Sono stato il tuo occhio sinistro per dieci anni. Da adesso sarò entrambi i tuoi occhi. »
In quell’autunno buio, l’unico occhio di Xerxes divenne definitivamente vuoto e privo di vita, ma fu il suo cuore ad essere, in qualche modo, riempito da qualcosa.
Ed era felice così.
 
 
 
 
[Behind the story]
 
Penso che darò il via al progetto “Nutri la tua otp”.
“Scrivici tante fan fiction e flippateli in tutti i luoghi ed i tutti i laghi.
OTP: nasce, cresce, tromba corre.”
Ok, la pianto. Spero sia venuta bene, like. Come al solito ringrazio che leggerà
e chi vorrà lasciare un commentino, la turca vi ama e vi ringrazia <3
 
   
 
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