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Autore: Mary MadMirror    08/09/2013    2 recensioni
Una storia dedicata al passato di Juvia, che si rivelerà avere un fratello maggiore di cui non ha mai parlato, un fratello con una storia tanto drammatica quanto spaventosa. Una storia in cui si rivelerà anche un lato della ragazza che gli amici non avrebbero mai sospettato, avendola considerata sempre e solo come la ragazza sempre appiccicata al suo amato Gray. Una storia anche romantica, in cui lo stesso Gray dovrà affrontare un nuovo sentimento sbocciato nei confronti della ragazza, un sentimento che metterà anche alla prova il suo stesso orgoglio.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erza, Scarlet, Lisanna, Nuovo, personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1 – PASSATI DA CONDIVIDERE
 
Era una giornata bellissima a Fairy Tail, con il sole che splendeva alto nel cielo. La gilda era ghermita di maghi che approfittavano del bel tempo per andare a lavorare. Tra questi c’erano anche Natsu e il suo team.
-Ehi Natsu, che ne dici di quello?-                                                                                                 
Happy volò un po' più in alto sul cartellone delle offerte di lavoro e tornò con un foglio in mano. Si trattava di scovare un misterioso mago che sembrava aver distrutto una città chiamata Ninfis.     
-Ehi, perfetto, bravo Happy! La ricompensa è di 700.000 jewel, deve essere fortissimo!-
-A-Aspetta, ma se non si conosce nemmeno come è fatto d'aspetto come facciamo a trovarlo?-
Lucy era impaziente di lavorare ma come al solito lei faceva lavorare la testa prima di prendere in mano la situazione. Erza si avvicinò con il suo solito carico assurdo di bagagli.
-Non c'è problema, ho avuto qualche informazione in più dal master. Pare sia un tipo incappucciato, vestito con una mantella nera e che si porta appresso degli strani ciondoli azzurri luminosi che sbucano dallo zaino, se non ricordo male dovrebbero essere due, e somigliano a delle lacrime. . . ah, e inoltre un testimone dice di aver visto una volta metà del suo volto: lo ha descritto come poco più di un diciannovenne, con i capelli azzurri. È un azzurro scuro, un po' come i capelli di Levy o Juvia.-
-Cavolo, che dettagliata. . .-
-Perfetto, allora basta parlare! Andiamo!-
Lucy si girò un attimo e osservò Gray: se ne stava seduto al tavolo con l'aria assente.
-Gray, guarda che pure tu fai parte del team, sii un po' più partecipe!-
Gray si alzò dal tavolo con la faccia spenta. Quel giorno non doveva essere molto in forma.
-Io non vengo.-
-Ma come non vieni? Abbiamo bisogno anche di te!-
-Scusate, ma oggi no.-
Si girò e cominciò ad allontanarsi a passi lenti.
-Rivestiti pervertito! Sei in mutande!-
Gray sembrò non avere sentito la provocazione di Natsu ma poi prese i vestiti tolti un attimo prima e se li rimise svogliatamente, dopodiché uscì dalla gilda.
-Non ti ha degnato di uno sguardo e si è rivestito. . . uhm, sì, direi che oggi ha qualcosa che non va. . .-
-Chissà? Magari è solo stanco. Coraggio, andiamo noi e con i soldi della ricompensa stasera usciamo tutti a bere e lo tiriamo un po' su di morale, ok?-
Come al solito Erza sapeva prendere in mano la situazione. Natsu e Lucy annuirono, Happy lanciò eccitato il suo solito "aye!" e partirono.
Gray uscì dall'uscita sul retro. Quel giorno era davvero strano, aveva i capelli scompigliati, gli occhi spenti e non era per niente in forma. Però non era stanchezza. Chissà cos'era? Rimase un po' fuori a prendersi sulla faccia quel venticello leggero che caratterizzava ancora di più quella giornata. Dopo un po' però si stufò e rientrò nella gilda. Provò ad andare vicino a Cana per fare le solite chiacchierate ma lei, mentre gli parlava e beveva allo stesso tempo, era costretta ogni secondo a chiedergli se la stava ascoltando. Gray era incapace persino di ascoltare.
-Senti un po' Gray, ma Juvia? Oggi non si è fatta viva.-
-Eh? Ah. . . ehm. . . non saprei, magari sta male. . .-
A Gray non importava poi così tanto in fondo, però in effetti gli sembrava strano che per tutto quel tempo non aveva avuto Juvia appiccicata a lui. Chi lo sa?       Consapevole di non poter stare ad ascoltare Cana si rialzò nuovamente e uscì. Decise di andare a fare un giro in bosco. Voleva stare da solo, quello non era un giorno come tutti gli altri per lui. Allo stesso tempo però non voleva star fermo quindi la soluzione migliore era una bella passeggiata nel bosco di Magnolia. Sarebbe andato allo stagno vicino alla parte nord: quel luogo lo rilassava molto.
Juvia sospirò più volte. Chiuse e richiuse gli occhi: in quel momento voleva solo sentire le goccioline d'acqua scivolargli sulla faccia bagnata. Nulla era capace di farla rilassare in quel modo. Si mise a sedere un po' controvoglia. Voleva rimanere sdraiata ancora un po' nello stagno ma la schiena cominciava a farle male per essere stata troppo a lungo a contatto con i sassi sotto la superficie dell'acqua. Si alzò e si stiracchiò un po': il corto vestito bianco era adagiato bene al corpo grazie all'acqua di cui era inzuppato. La maga si scostò le lunghe ciocche azzurre dalla faccia: quella era la terza volta che cambiava acconciatura e sentiva che stavolta era quella giusta; avere i capelli così lunghi e sciolti le dava un po' un senso di libertà. Rimase ferma a sgranchirsi un altro po', poi si rimise giù ma stavolta seduta in ginocchio. Quel giorno non voleva andare alla gilda. Certo, non le sarebbe dispiaciuto per via di Gray, vederlo la metteva sempre di buon umore, ma quel giorno aveva un disperato bisogno di solitudine. Da piccola ne aveva avuta abbastanza, ed era ormai un po’ che non si crogiolava nei suoi pensieri. Ma quel giorno per lei era diverso, non era uguale a tutti gli altri. Chiuse un attimo gli occhi e abbassò la testa: i capelli non ci misero molto ad andarle davanti alla faccia e a coprirla un po'. Dopo che fu passato un po' di tempo non riuscì a riaprire gli occhi: si era addormentata.
Era sola in uno spazio nero. Quando se ne rese conto cominciò ad avere paura, si chiese dove potesse essere finita e dov'erano gli altri. A un certo punto vide una luce azzurrina che si fece via via più intensa. Era strana: sembrava che ai lati spuntassero dei fili. . . poi però scomparve anche quella, vide una mano tesa verso di lei e sopra di essa una faccia conosciuta.
Gli occhi color ghiaccio sparirono insieme alle ciocche azzurre non appena Juvia riaprì gli occhi di scatto. Cominciò ad ansimare e scivolò su un fianco nell'acqua. Ben presto le lacrime cominciarono a scendere dai suoi occhi blu e si mescolarono con l'acqua pura dello stagno.
-Quando mi lascerai in pace. . .?-
Juvia si rialzò e si asciugò la faccia: non che servisse a molto, visto che lì era sola, nessuno poteva vederla; e anche se fosse stato così le lacrime erano confuse all'acqua, non si notavano. Rimase ferma a lungo poi le venne la sua solita voglia segreta: non la conosceva nessuno, non l'aveva mai mostrata, timida com'era. Si mise a sedere composta nello stagno e aprì la bocca. Cominciò a uscire fuori la sua voce, che si disperse in quel luogo così silenzioso. Amava cantare, anche se non lo aveva mai detto a nessuno. Cantava con gli occhi chiusi, era come se avesse voluto rifugiarsi in un mondo fatto di musica, solo per un po'.
Il mago di ghiaccio continuava a sospirare. Era ovvio, il peso del ricordo di quel giorno lo schiacciava completamente, e gli congelava il cuore. Nonostante fosse un mago del ghiaccio il suo carattere era altruista, gentile e per niente freddo e distaccato, se non qualche volta; ma quel giorno rispecchiava appieno il suo elemento. Continuava a camminare con lo sguardo abbassato, le mani in tasca e un freddo incredibile nel petto. Lo stagno era vicino, ormai. Lì avrebbe potuto rilassarsi solo con se stesso.
Juvia stava continuando a cantare. Era una canzone che cantava spesso, da quando era piccola. C'era qualcosa di strano nella sua voce, mentre cantava l'acqua dello stagno reagiva a quel suono. Piccole gocce si alzavano e giravano attorno alla maga. Se le stava controllando con la magia però non si poteva dire.
Potranno mai gli uomini diventare come il mare, che si agita per bellezza della luna?
Juvia si fermò un attimo. Quella frase le tornava in mente ogni volta che vedeva le gocce d'acqua danzare mentre cantava. Sua madre gliela ripeteva spesso, ma non aveva mai capito che voleva dire. Lei cosa rappresentava, il mare o la luna? Non era mai riuscita a capirlo. Ma anche se ci fosse riuscita comunque rimaneva incompreso il senso della frase. La mamma diceva spesso cose senza senso e senza nemmeno spiegarle. Ma quella era l'unica che le era rimasta in testa per così tanto tempo. Si alzò in piedi e le gocce cominciarono a scendere dalla pelle, dal vestito e dai capelli e a formare cerchi concentrici sulla superficie dell'acqua. Non aveva voglia di proseguire la canzone ma comunque rimaneva sempre affascinata dal movimento delle piccole gocce d’acqua quindi continuò a farle muovere intorno a sé aiutandosi con la magia e non più con la voce. I cerchi d'acqua non fecero in tempo a scomparire: le gocce che li avevano formati, impazienti, ricominciarono la loro danza attorno alla ragazza d'acqua. Era uno spettacolo meraviglioso: Juvia faceva cose incredibili, era un vero e proprio prodigio. Le gocce si muovevano attorno alla maga circondate da una luce fievole e celestina e i capelli azzurri si armonizzavano perfettamente con i movimenti dell'acqua. Se qualcuno l'avesse vista in quel momento ne sarebbe rimasto ammutolito: in quel momento Juvia era davvero meravigliosa. Se solo lei ci avesse creduto. . .
Gray era da un po' che camminava: non se lo ricordava così lontano lo stagno. Mah, una passeggiata non gli avrebbe certo fatto chissà cosa; era arrivato ormai. Riconosceva gli alberi di camelie che precedevano lo specchio d'acqua: in quel bosco un artista avrebbe trovato ispirazione a palate. Si stiracchiò un po' e alzò le braccia. Le stava per abbassare ma si fermò. Aveva sentito qualcosa. Non riusciva a capire, sembrava quasi un rumore simile alla pioggia. Gray si avvicinò ancora e arrivò allo stagno: si nascose dietro un albero per non farsi vedere e diede un’occhiata alla fonte di quel rumore. Sgranò gli occhi e ammutolì: Juvia?! Ma che diavolo ci faceva lei lì?! Per un attimo pensò di andarsene, non gli andava l'idea di spiarla e nemmeno di farsi vedere: in fondo voleva ancora stare da solo. Ma non riuscì a fare nessuna delle due cose, l'unica cosa che fece fu rimanere fermo; non l'aveva mai vista così. Quella era davvero lei? Ne rimase meravigliato, doveva ammetterlo; il modo in cui faceva danzare le gocce d’acqua, la delicata luce che trasmettevano, le figure che si disegnavano sulla superficie dello stagno. . . Per un attimo si sentì la faccia avvampare. Poi si diede un pizzico, come per riprendersi. Era anche molto carina, non che i giorni prima non lo fosse, ma quella era la prima volta che pensava a lei in quel senso. Di solito la vedeva solo come una maga piuttosto forte, difficile da battere, e soprattutto una grande scocciatura visto che non lo faceva respirare un secondo. Ma in quel momento. . . sentì di vedere un lato della ragazza a lui sconosciuto. E che avrebbe voluto conoscere. Il flusso dei suoi pensieri andò avanti per un altro po', finché non si accorse di aver messo un piede in fallo e di aver urtato un sasso, che scivolò fino allo stagno e finì in acqua. Juvia trasalì, smise di fare quello che stava facendo e le gocce si posarono violentemente in acqua, come se si fossero infastidite di quella interruzione. “Oh, cavolo. . .” pensò Gray, e si nascose dietro l'albero dando le spalle a Juvia.
-C-Chi è là?!-
Juvia aveva la faccia avvampata: “Aiuto, mi hanno scoperta! Che faccio?” pensò.
-Juvia sa che c'è qualcuno, esci fuori, ti prego!-
Gray non voleva uscire ma se non l'avesse fatto sentiva che avrebbe preso in giro la compagna; voleva solo stare a guardarla ancora un po'. Si decise con un gran sospiro. Sbucò dall'albero con le mani alzate, come a voler dire "non stavo facendo nulla di male".
Juvia credette che sarebbe morta lì, seduta stante. Si girò e si prese le guance bollenti tra le mani. “Eh no, ma perché? Tra tutti quelli che avrebbero potuto essere perché proprio lui?” pensò. Proprio l'unico che non avrebbe mai voluto che la vedesse. Riteneva quello che faceva stupido e da bambine, completamente senza senso. L’unico lato positivo era che non l’aveva sentita cantare. . . o almeno ci sperava. A quel dubbio Juvia ebbe la tentazione di scappare ma non le andava di fare ulteriormente la figura della bambina.
-Scusa Juvia, passavo di qui per caso e. . . ehm, ecco. . . non volevo, perdonami. . .-
Juvia trasalì. Dal tono che aveva. . . non è che Gray stava arrossendo?! Doppia figuraccia! “Stupida, stupida, stupida. . .” pensò.
-V-Va bene, Juvia sa che non avevi cattive intenzioni. . .-
Si girò e scoprì la faccia tutta bagnata con i capelli azzurri gocciolanti che la incorniciavano. Aveva ancora le guance aleggiate di rosso ma non disse niente e si sedette semplicemente in acqua; non aveva idea di cosa dire. Gray la imitò: si sedette appoggiando la schiena all'albero dove prima se ne stava nascosto e distolse lo sguardo. Ci fu un lungo periodo di silenzio, il solo rumore che si sentiva erano le gocce che cadevano in acqua dai capelli di Juvia fradici.
-Ehm. . . comunque. . . è molto bella quella magia, sai?-
Gray finalmente ruppe il silenzio e abbozzò un mezzo sorriso. Juvia rimase spiazzata.                      
-Eh. . .? Q-Quale magia. . .?-                                                                                                        
-Dai, tutta quella specie di balletto con le gocce d’acqua. . . Pensavo che se lo avessi fatto anche alla parata di Phantasia avresti sicuramente vinto il concorso. . .-                                                                      
Gray trasalì. Ma che cavolo stava dicendo, come gli era potuta venire in mente la parata? Si sentiva veramente un idiota. Juvia arrossì il doppio di prima.
-Ehm. . . g-grazie, immagino. . .-
Gray si grattò la testa. Perché era così a disagio? Non si era mai comportato in quel modo nei confronti di Juvia. Non poteva continuare così, non voleva rimanere in silenzio come un imbecille.
-Scusa, ma perché sei qui da sola?-                                                                                                
Juvia rimase per un attimo in silenzio, con aria assente.
-È che oggi. . . non è un bel giorno, Juvia voleva rimanere da sola.-
-Non è un bel giorno?-
-Già. . . E tu, Gray-sama? Anche tu sei da solo, mi pare. . .-
-Beh. . . non è un bel giorno nemmeno per me. . .-
Juvia alzò la testa e lo guardò con un'espressione interrogativa; Gray la colse al volo e cominciò a spiegarle. Perché lo stava facendo proprio con lei? Non la conosceva nemmeno da tanto, forse era meglio Cana, o Erza o Natsu. Ma le parole gli uscivano di bocca senza che le sapesse controllare.
-Sì, oggi. . . è l'anniversario della morte dei miei genitori. Ogni volta che mi ritorna in mente quel giorno non ho voglia di fare niente e mi si stringe il cuore. Non ho potuto fare niente. . . ho solo potuto vederli venire schiacciati da quel maledetto demone. . .-
Gray abbassò la testa e non disse più niente. Gli si era seccata la gola. Juvia rimase ferma, con un'espressione dispiaciuta e allo stesso tempo preoccupata. In effetti le era sembrato strano quel giorno. E poi perché lo stava raccontando proprio a lei? Gray alzò lo sguardo di scatto; aveva gli occhi rossi.
-Scusami, hai detto che non è un bel giorno e te lo sto anche peggiorando con questa storia. Sono proprio un idiota. . .-
-N-No, è tutto ok!-
Juvia lo guardò e gli sorrise, o almeno cercò di farlo.
-E tu invece? Perché dici che non è un bel giorno? Ti è successo qualcosa?-
-N-No. . . o almeno non oggi. . . È che. . . ehm. . .-
Juvia non riusciva a parlare. Una ragione era perché il cuore le stava esplodendo, ma soprattutto perché non se la sentiva di raccontare quella storia a nessuno. Nemmeno al ragazzo che amava, la persona di cui si fidava di più. Gray si alzò e le andò vicino: era in piedi davanti a lei. Le sorrise.
-Non sei obbligata a dirmelo, non volevo essere indiscreto. Scusami.-                                                  
Le tese la mano e Juvia trasalì.
-Ti va di tornare alla gilda? Troppa solitudine in fondo fa male, a maggior ragione avendo degli amici come i nostri.-
Juvia sorrise. Aveva ragione, non aveva più voglia di stare da sola.
-Sì.-
Afferrò la mano con esitazione, e quando si toccarono arrossì pesantemente. In effetti quella era la prima volta che a stabilire il contatto era stato lui, piuttosto che lei. Si rialzò aiutandosi con la stretta del mago e poi gli lasciò la mano; se l'avesse stretta un altro po' sarebbe svenuta. Si asciugò in fretta con la magia: non ci mise molto, in fondo poteva diventare acqua quando voleva. Uscì dall'acqua e indossò i sandali: quel giorno non aveva il suo solito vestito blu scuro. I due si incamminarono verso la gilda e ad ogni passo il cuore di Juvia sussultava. Quei momenti erano stati davvero preziosi per lei, era la prima volta che Gray parlava così intimamente con lei. Se solo quel giorno non fosse stato quel giorno la felicità avrebbe prevalso su tutto; ma proprio non riusciva a essere felice come sarebbe dovuta essere. Quando arrivarono alla gilda incrociarono Natsu e gli altri che tornavano dal lavoro. Lucy non seppe trattenersi e si mise a ridacchiare.
-Ah, hai capito Gray. Salti il lavoro per uscire con Juvia?-                                                               
Gray rimase un po' spiazzato, poi spiegò loro la situazione com'era veramente ma Lucy continuava a ridere sotto i baffi. Juvia nel frattempo le lanciava sguardi gelidi. Possibile che non capiva mai che Lucy non era interessata a Gray e che, anzi, faceva il tifo per loro? Natsu sbuffò.
-Accidenti che delusione, il nemico ci è scappato sul più bello.-                                                        
-Che nemico?-                                                                                                                                
-Dai, il tizio che dovevamo catturare in missione. Quello incappucciato con i capelli azzurri e i due ciondoli appesi allo zaino, simili a delle lacrime. . .-
Juvia trasalì. Abbassò lo sguardo e cominciò a tremare.
-Mh? Che hai, Juvia?-
La ragazza non rispose per un po'. Poi alzò lo sguardo.
-N-Niente. Scusate, ma Juvia va a casa, non si sente bene. . .-
-Ma come? Eri appena arrivata. . .-
-S-Scusatemi. . .-
 Sembrava che la sua voce si fosse rotta. Girò i tacchi e cominciò a correre lontano dai suoi amici, con le prime lacrime che cominciarono a scendere inesorabilmente dagli occhi blu.
Chiuse la porta di casa dietro di sé. Sentì le lacrime che le pizzicavano ancora la faccia e si lasciò scivolare appoggiandosi alla porta. Raccolse le ginocchia al petto e ci affondò la faccia. Perché? Perché esisti? Maledizione! Continuò a piangere sommessamente e cercò di coprire i singhiozzi il più possibile anche se era da sola. Quando non riuscì più a versare una lacrima si alzò controvoglia e si sdraiò sul letto. Il sonno la colse più in fretta di quello che pensava.
 
  
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