Venezia è bella, ma non ci vivrei
© Elisabetta Belotti.
Parigi è davvero bella, ma non ci vivrei.
Non mi ricordo dove ho letto questa massima, ma chiunque l’abbia scritta credo che
abbia vissuto il mio stesso trauma da cornetto pagato quanto un collier
di diamanti. E non per cercare il pelo nella marmellata di albicocche, non era neanche
così buono.
Non era la Francia la patria dei croissant o sono io che mi ricordo male ?
Ho sbirciato fra le vetrine, alla ricerca di un ricordino, un qualcosina da mettere sulla scrivania per ricordare questa
trasferta parigina sulle tracce di Magneto e che si è risolta in un week end stipendiato dallo
SHIELD, ma non sono riuscita a trovare nulla che mi piaccia sotto i cento euro.
Sarò pure io ad avere gusti esosi, ma anche se trovo gli euro una moneta
fottutamente divertente tutta colorata com’è, non ho la minima intenzione di
buttarla per un porcellino di vetro grosso quanto il bussolotto di un ovetto Kinder.
-Che succede?-
-Parigi è fottutamente cara.-
Bruce appoggia i gomiti sul parapetto del ponte su cui sto rimuginando da un
quarto d’ora buono e allunga il collo per guardare il batteux
muche che passa sotto di noi - Parigi è bella, ma non
ci vivrei.- sospira tornando a guardarmi.
-Sì, l’ho letta anche io questa massima.-
Arrotolo fra le mani la carta del cornetto che Bruce mi prende un momento prima
che la strappi. La apre sulla balaustra, spianandola con le dita, e poi inizia
a piegarla.
-Che fai?- chiede appoggiandomi di guancia alla sua spalla.
-Aspetta e vedrai.-
Dopo un paio di rapide piegature mi restituisce
la carta del cornetto piegata in modo da sembrare un uccellino - Un ricordo
della prima volta che hai visto Parigi.-
DUE ANNI DOPO:
STARK TOWER.
Bruce apre le ante dell’armadio, tira a sé
i cassetti . Due paia di pantaloni, due
di maglioni, mutande. Non ha idea di dove andrà e come farà a lasciare New York
ora che il Ragnarök si è scatenato, ma non può
restare lì.
Non dopo quello che ha fatto.
Non con il sangue di Noelle sulle mani e la voce
carica di risentimento di Tony a risuonargli nelle orecchie.
Chiude la sacca tirando a sè il laccio, se la butta
sulla spalla.
Nel suo laboratorio, arrotola il filo
del caricabatterie del portatile attorno alla spina e lo butta in borsa, imprecando si infila in
quello di Noelle, dove la sensazione che le Dieci Sorelle ce l’abbiano con lui lo fa
fermare per qualche istante a riprendere
fiato .
Afferra il pc sul tavolo, non ha mai capito perché Noelle prenda il suo portatile per lavorare, fa per uscire quando con la sacca colpisce
una pila di quaderni messi in bilico sul bordo del tavolo da lavoro
facendoli rovinare a terra.
Il rumore lo fa sussultare e gli fa stringere il groppo che sente serrargli la
gola ad ogni respiro.
Dio, fa che non gli stia per venire un attacco di panico.
Si china a raccoglierli senza pensare poggiandoli sulle ginocchia.
Qualcosa però colpisce la sua attenzione.
Qualcosa di bianco sul pavimento. Carta stropicciata ripiegata più volte , un
uccellino a cui manca un ala.
Bruce si lascia cadere seduto sul pavimento
reggendolo fra le mani. Ricorda bene quando l’ha fatto per Noelle, ricorda bene la sua espressione sorpresa prima e
poi quel sorriso radioso.
Per un semplice pezzo di carta.
Per un po’ di attenzione e nulla più.
-Che diavolo ho fatto?- singhiozza lasciando cadere la testa sul petto e
premendo contro il petto quel piccolo
dono che Noelle ha conservato per anni e che lui
aveva totalmente rimosso fino a qualche secondo prima.
Aveva tutto a portata di mano. La felicità, l’accettazione che tanto desidera e
l’ha spinta via fino a farle toccare i
margini della sua vita. Ha ferito e strappato qualcosa di più delicato di quella carta che tiene premuto contro il
petto.
Un cuore pieno d’amore.