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Autore: Alissya_Paglieri    09/09/2013    1 recensioni
«Calò la notte, e sfidando tutti i propositi mi ripresi. Trovai nel buio la mia forza, questo dissero i miei genitori la mattina dopo. “La notte è il tuo mondo piccola mia.” Diceva sempre mia mamma quando ero piccolina.»
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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  I found miy strength in the night



Non so nemmeno dire per quanto tempo corsi, so solo che non avevo intenzione di fermarmi, non volevo tornare indietro, per nessuna ragione al mondo sarei tornata in quella casa.
Sentivo la gente rivolgermi contro diverse imprecazioni, chiedevo scusa continuando a correre. Le gambe imploravano pietà, il sangue scorreva troppo veloce aumentando le pulsazioni del mio cuore fino a far male, il fiato bruciava la gola, ma non mi fermai, mai l’avrei fatto.
Correvo e correvo, il sole calava, le strade si spopolavano, i negozi iniziavano ad abbassare le serrande, non conoscevo il posto in cui ero finita condotta dai miei stessi piedi bramosi di scappare da una vita che a nessuno sarebbe stata congeniale.
Non avevo molti soldi con me, mi sarebbero bastati forse per un paio di giorni, così entrai nel primo bar che trovai e ordinai una cioccolata con panna, sarebbe bastata a riscaldarmi e a donarmi quelle poche forze necessarie per arrivare alla mattina dopo. Pagai la bevanda bollente e già intenta a sorseggiarla mi andai a sedere su una qualsiasi panchina di un piccolo parco. Solo in quel momento mi resi conto che avevo dovuto correre davvero tanto, ero giunta nella zona “In” di Londra, mentre io abitavo solo nella quarta zona.
Vidi poco lontano da me cinque ragazzi accompagnati da tre bellissime ragazze, probabilmente diretti a un ristorante di lusso, giudicando gli abiti eleganti e costosi, ossia quei capi che non mi sarei mai potuta comprare.  Continuai a osservarli, fino a che non si divisero su tre diverse macchine e non sparirono lungo le strade della mia dannata e amata metropoli.
Rimasi seduta per un tempo indeterminato, ore sicuramente, fino a quando i miei occhi non riuscirono più a restare aperti, così, con la gola e le gambe in fiamme per il dolore provocato dalla corsa, così a contrasto con la notte fredda, mi addormentai sulla panchina, rannicchiata su me stessa.
 
«Dai Niall, prova a prendimi.»
«Arrivo Harry! »
Così urlavano i ragazzi nel mio sogno, non era la prima volta che li sognavo, questo mondo era la mia via di fuga per una vita infelice. Eppure questa volta le loro voi sembravano così reali, mai avevo sognato i miei idoli cosi realisticamente.
«Hei bro, devi impegnarti di più se non ti vuoi far acchiappare!»
«Shh! Guarda là!»
«Ma là dove?... Oh! »
«Sembra così serena, chissà cosa sta sognando?! »
«Non so, ma ha l’aria di essere infreddolita e…»
«… E’ un livido quello che gli solca la guancia sinistra o è solo un gioco di luci e ombre?»
«No, ha proprio l’aria di essere una tumefazione, tu dici che…»
«… E’ stata picchiata?»
«Uhm, uhm.»
«E’ possibile.»
«Cosa facciamo?»
«Iniziamo con il richiamare anche gli altri. Ehi ragazzi, correte qui.»
«Cosa c’è Hazza?»
«Guardate un po’ lì»
«Oddio! Ma che state aspettando? Dobbiamo assolutamente portarla in casa, guardatela, ha le labbra viola.»
«Eppure sembra così rilassata, guarda la sua bocca, sembra che stia sognando qualcosa di felice, sembra un paradosso visto che sta dormendo su una panchina in un parco, indossa solo un jeans con una magliettina e ha un livido sulla faccia…»
«A questo ci penseremo dopo riccio, ora portiamola al caldo.»
«Ci penso io.»
Un sogno così credibile dovetti ammettere che fu la prima volta che lo feci, sembrava realmente che le uniche persone che riuscivano a farmi dimenticare tutto il dolore che ero costretta a sopportare ogni giorno fossero lì a salvarmi, e mi sembrava di fluttuare.
 
«Che dici, la svegliamo?»
«Non saprei… Sembra dormire così beata…»
«Non possiamo tenerla qui in eterno, tra poco dobbiamo uscire e non penso le farebbe piacere trovarsi in un’enorme villa vuota, che per di più non conosce, non sapendo come ci è finita!»
«Ha ragione l’irlandese Hazza, dobbiamo svegliarla, ho portato anche il caffè.»
«Ok, avete ragione.»
Mi sentii scuotere leggermente all’altezza della spalla destra ma decisi di continuare a sognare, era tutto così bello! Non volevo risvegliarmi su quella panchina, realizzando così di dovermi rimettere a vagare senza una meta. Purtroppo chiunque fosse, non aveva intenzione di arrendersi, così fui costretta ad aprire gli occhi, che vennero sferzati dalla luce di quel nuovo giorno.
Tuttavia quello che mi trovai davanti mi fece realizzare che stavo ancora sognando, infatti davanti agli occhi mi ritrovai la visione paradisiaca della faccia di Harold Edward Styles, in primo piano rispetto al resto della band. Stropicciai gli occhi e quando, riaprendoli, mi si parò davanti la stessa visione mi passai entrambe le mani sulla faccia maledicendo la mia fervida immaginazione.
«Non stai sognando.» Sentii Harry dire.
Strabuzzai i miei pozzi neri.
«N-non può es-sere v-vero! Voi non siete reali, è solo un altro dei miei stupidi sogni! Perché non riesco a svegliarmi?! Oh no, non ditemi che mi ha uccisa?! Lo ha fatto, vero? Sono morta… In fondo lo sapevo che era solo questione di tempo prima che ci sarebbe riuscito, sono in paradiso! Massì, ecco perché siete qui con me… Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe stato così bello?! Ad averlo saputo prima mi sarei fatta picchiare a morte tempo fa…»
Farneticavo inutilmente senza riprendere fiato, tentai di alzarmi per controllare com’era il panorama tra le nuvole, ma il dolore mi bloccò.
«No, non è possibile, non posso provare dolore anche qui… E la mia faccia?!» Improvvisamente schizzai in piedi e cercai uno specchio. Mentre mi osservavo vidi i ragazzi alle mie spalle e realizzai di non stare sognando. «Quindi è tutto vero?! Mi avete portata voi qui stanotte?»
Annuirono tutti, ma sembravano spaventati…
«Capisco, quindi ieri sono realmente scappata e mi sono addormentata su quella panchina, non ho sognato le vostre voci, dunque?» Negarono con la testa e io rivolsi gli occhi al pavimento. «Perché?!»
«Perché cosa?» Chiede gentilmente Liam.
«Perché non mi avete lasciata su quella panchina? Perché siete stati così gentili con una perfetta sconosciuta? Non merito tutta questa gentilezza, io non valgo niente!»
«Non dire così! Non è ver…»
«Non ci provare a dire che non è vero! Tu non sai niente della mia vita! Sarebbe stato meglio se mi aveste lasciato su quella stramaledetta pancina a soffrire il freddo e magari morire, la mia vita fa schifo! Non vale la pensa d’essere vissuta, io sono stata creata per soffrire, capisci?!», scappai fuori dalla stanza, sotto i loro sguardi allibiti e corsi fuori dalla casa, riiniziai la mia corsa contro il tempo, contro la sorte, contro la morte, ma quella volta non andai lontano, venni fermata da una mano che mi avvolse il braccio strattonandomi contro il petto del suo possessore. Iniziai a sferrargli pugni e calci terrorizzata.
«Ti prego lasciami, non mi far del male anche tu! Non ho soldi, te lo giuro! Ti prego, lasciami andare, lasciami andare…», piansi disperata continuando a percuoterlo di pugni.
«Non ho intenzione di farti del male, lasciati salvare.»
Solo allora alzai lo sguardo e realizzai di essere tra le braccia di Harry Styles.
«Non posso essere salvata, lui mi troverà e allora mi ucciderà, ma va bene così, almeno non sarò costretta a soffrire ancora.»
«Guardami! Guardami, forza!», con una lentezza e una dolcezza disarmante mi alzò il mento e fece scontrare i nostri occhi, i suoi verdi smeraldo, contro i miei, una volta verdi, ora più tendenti al grigio, i suoi vitali, i miei ormai spenti. «Chi ti fa del male? Puoi dirmelo, ti aiuteremo… lasciati salvare, ti prego.»
«Lui, lui impazzirà, mi picchierà ancora e ancora, io non posso dirtelo.»
«Lo denunceremo, e allora non potrà più sfiorarti nemmeno con un solo dito!»
«Tu, tu non mi conosci neanche…»
«Piacere, Harry Styles, ho diciannove anni, vengo da Holmes Chapel, e faccio parte di una famosa band, i One direction.», disse porgendomi la mano, che io afferrai dopo un attimo di titubanza. Non sono più abituata ad un contatto con un uomo che non sia fatto di pugni e calci contro la sottoscritta e ho paura.
«S-sono Layla, ho diciotto anni, i miei genitori sono afghani e come da origine mi hanno fatto sposare appena trovato il candidato ideale, che tanto ideale non si è rivelato, ha iniziato a picchiarmi un mese dopo le nozze, che sono avvenute tre anni fa!»
Sgranò gli occhi e dopo avermi osservata per qualche secondo mi abbracciò di slancio, inizia a dimenarmi pensando che volesse farmi del male, ma mi accarezzò i capelli e mi disse di stare calma, lui mi avrebbe protetta. Scoppiai a piangere sul suo petto, quell’abbraccio mi fece rinascere, nessuno come in quel momento mi aveva fatta sentire tanto amata, tanto importante, tanto donna.
«Non succederà più. E ora che ti conosco, posso aiutarti?»
Annuì, ancora avvolta da quell’abbraccio così inaspettato e inconsueto. Mi baciò i capelli, poi sciolse la presa intorno al mio esile e dolorante corpo e presa la mia mano mi guidò verso la casa che condivideva con gli altri.
«Harry! Oh, ciao…»
«Layla, si chiama Layla.»
«Wow, hai un nome bellissimo nome!»
«Grazie…»
«Vieni, puoi farti una doccia, intanto ti cerco dei vestiti puliti.»
«Harry?»
«Si Layla?»
«Grazie!»
«Di niente, è il minimo che potessi fare!»
«No, davvero grazie, mai nessuno mi ha riservato tante attenzioni nella vita, mai nessuno mi aveva abbracciato come hai fatto tu poco fa, mai nessuno si era preoccupato tanto per me…  Grazie!»
«Oh, non è niente, davvero. »
Uscì dalla stanza e io mi infilai velocemente in bagno, togliendomi con fatica i vestiti e entrando in fretta sotto il getto freddo, se c’era una cosa che avevo imparato in quegli anni era che l’acqua fredda era un toccasana per i muscoli doloranti. Finii in fretta e mi avvolsi un asciugamano, dirigendomi poi in camera, dove trovai Harry seduto sul letto a messaggiare. Affianco a lui un paio di pantaloni, una maglietta da basket da uomo e un completo intimo. Tossii per richiamare la sua attenzione…
«Oh, si… ehm… Ti ho portato i vestiti, la maglietta è di sicuro un po’ grande, purtroppo le ragazze degli altri non hanno qua molto, perciò…»
«Tranquillo, è più che sufficiente!»
«Ok, allora esco, veloce, ti aspettiamo di là,  Ed mi ha appena consigliato un centro di assistenza per donne che hanno subito quello che hai subito tu!»
«Grazie.»
Dopo un cenno del capo uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle, io presi il completo di mutande e reggiseno e me li misi. Il mio torace era cosparso di lividi più o meno vecchi, così come braccia e gambe, mi avvicinai allo specchio e osservai il mio ventre piatto e tumefatto, posandoci sopra le mani, guardai attentamente il labbro spaccato, la guancia violacea, il taglio sotto l’ascella. Ero ancora impegnata in questa indagine sul mio corpo davanti allo specchio quando Harry rientrò seguito dai ragazzi e dalle loro fidanzate che nel frattempo dovevano averli raggiunti. Mi voltai spaventata mentre calde lacrime rigavano il mio viso.
«Sono orribile vero?»
Abbassarono tutti la testa, le ragazze strinsero la mano ai loro compagni, solo Harry sostenne il mio sguardo.
«No, sei bellissima.»
«Harry, ma per favore», dissi ridendo amaramente, «Nessuno mi guarderà più! Ho una cicatrice proprio qui, nascosta dai capelli, una volta lo feci arrabbiare molto, non  gli preparai il riso, il lunedì mangiamo sempre il riso, ma quel giorno non lo cucinai, la mia amica Amina era venuta a trovarmi e avevo perso la nocciole del tempo… Quando tornò a casa e non trovò il riso, ma il pollo al curry si alzò dal tavolo, mi prese per i capelli e mi scagliò contro il muro, fu costretto a portarmi in pronto soccorso, mi diedero tredici punti; disse che ero caduta. Sul serio Harry, guardami! Sono piena di lividi, qui sotto, proprio qui vedi?», dissi alzando il braccio e mostrando il taglio che partiva dall’ascella per arrivare fino alla quarta costola. «Per non parlare del livido sulla guancia, della cicatrice sopra l’occhio… No Harry, non dirmi che sono bella, io sono solo uno scarto, sono il suo pungeball.»
«La bellezza dell’anima è più importante di quella del corpo. Tu sei bellissima. Sei un’anima pura, un angelo. E le cicatrici sul tuo corpo sono soltanto la prova della forza che hai. Non sarà più così, te lo prometto, andremo a denunciarlo, la pagherà per ciò che ti ha fatto! Forza, finisci di vestirti, andiamo al centro!»
Mi vestii e insieme al resto della band andammo in questo posto, quando arrivammo ci trovammo di fronte un edificio bianco con una vetrata, sopra cui vi era raffigurata la stampa con il logo dell’associazione e la frase: “Nessuna donna vuole appassire come una rosa recisa”.
 
Otto mesi dopo uscii dal tribunale con un braccio di Harry attorno alle spalle e una volta fuori trovammo gli altri componenti della band che mi corsero in contro e mi abbracciarono. Poi fu il turno di Perrie che mi stritolò!
«Sapevo che ce l’avresti fatta pulce!»
«Grazie a voi che mi avete donato la forza.»
«Era già dentro di te, dovevi solo tirarla fuori, la chiave per liberarti dalle catene che lui ti aveva messo ce l’hai sempre avuta tu, dovevi solo capire come usarla.», aggiunse Eleonor.
Corsi ad abbracciare anche la castana e infine Sophia… Devo ammettere che tra tutte è quella che mi sta meno simpatica, forse perché Danielle la conosco sin da piccola e infatti…
«Avresti dovuto dirmelo! Lo sai che ti avrei aiutata!»
«Sai che non potevo, sarebbe finita anche peggio e probabilmente ti avrei coinvolto nei suoi pestaggi. Ora è finita Elle, stai tranquilla!»
«E’ per questo che lasciasti danza?»
«Sì riccia, non mi permetteva di venirci più e miei genitori furono d’accordo con lui, dovevo solo pensare agli studi e alla casa, per loro funziona così!»
«Non sarai mai più la schiava di nessuno.», disse Harry allargando le braccia permettendomi di sentire ancora una volta il suono del suo cuore. «Con me non sarà mai così.»
«Lo so.» Ci baciammo appassionatamente, e chissene frega se eravamo circondati dai nostri amici, in quel momento volli solo godermi la sensazione di benessere che provavo quando ero con lui.
«Ti amo Layla.»
«Ti amo anche io Harry.»
«Bleah!»
«Niall sei solo invidioso.», lo canzonò il mio bellissimo ragazzo.
«No, sto bene così, ma smettila di monopolizzarla, è la mia migliore amica!», rispose il biondo, avvicinandomi a se. Il contatto umano ancora mi risultava difficile, loro lo sapevano e prestavano la massima attenzione con me, ogni movimento affrettato o brusco mi spaventava, e probabilmente sarebbe passato ancora tanto tempo prima che questo cambiasse. Al centro avevo incontrato tante ragazze e tante donne come me, e poter parlare con loro liberamente mi aveva aiutato molto, così come gli incontri con la psicologa. Mi stava ridonando la mia forza, mentre la mia felicità l’avevo trovata al fianco di queste meravigliose persone.
 
«Come la chiamerete?»
«Ci scambiammo uno sguardo e poi io dissi: Nur.»
«Cosa significa?»
«Significa “Luce”, la sua vita sarà illuminata, non voglio buio per la mia bambina.»
«Cosa significa invece il tuo nome Layla?», chiese Ele.
«Mi piace questa storia! Layla, ce la racconti di nuovo tutta?», disse il piccolo irlandese.
«Certo. Allora, il mio nome significa “Notte”. I miei genitori mi chiamarono così perché nacqui prematura, in seguito ad un incidente stradale, sono settimina, le mie condizioni erano gravi, i medici non sapevano se ce l’avrei fatta a superare la notte, a detta loro era già tanto che fossi arrivata fino a sera. Calò la notte, e sfidando tutti i propositi mi ripresi. Trovai nella notte la mia forza, questo dissero i miei genitori la mattina dopo. “La notte è il tuo mondo piccola mia.” Diceva sempre mia mamma quando ero piccolina.»
«Wow, è una storia bellissima, sei sempre stata una guerriera.»
«Già, papà diceva che ero la sua piccola Malalai Anaa.»
«Malalai Anaa?»
«Si, è stata una poetessa guerriera, un’eroina afgana di etnia pashtun.»
«La tua storia ha davvero dell’incredibile, sai? E la storia del tuo nome è meravigliosa, così commuovente e vera.»
«Già… Layla, “Notte”. E forse è stato destino. È stato come se per tre anni avessi urlato nel buio, perché se lo avessi fatto alla luce del sole la mia richiesta di aiuto sarebbe stata la mia condanna a morte. Era solo nel buio che potevo gridare, nel buio sono nata e nel buio ero destinata. Ora mi sento al sicuro, protetta, amata. Sto bene. Ma la cosa più bella è che non devo più gridare nel buio, perché il mio grido è stato sentito.»
«Oh, Layla! Nur… Mi piace, "Luce"…»
«Sì… Harry significa “Forte per la patria, o famiglia”. E allora la nostra piccola non poteva che chiamarsi Luce. Lui è stato la mia forza, sarà la nostra roccia. E la mia piccola non sarà costretta a urlare nel buio per chiedere aiuto, potrà farlo alla luce del giorno, perché io nel buio della notte plasmerò i suoi sogni, avrà tutto quello che una bambina merita. No sarà costretta a sposarsi secondo le mie tradizioni, lei sarà libera di amare. Non chiedo altro per la sua vita. Solo la luce.»
«Sono fiera di essere tua amica.»
«Anche noi. Ti vogliamo bene pulce!»
«Vi voglio bene ragazzi, mi avete donato una nuova vita, è bello avere degli amici, un ragazzo da amare e non da temere, una nuova vita che pensavo impossibile in arrivo. Finalmente sono a casa.»
 
«Mamma, mamma, quel signore mi ha dato questo per te.» ,disse la mia piccola rosellina rientrando in casa e porgendomi una busta.
La aprii e dentro trovai un assegno da 2.000.000 sterline e un biglietto: “Ci rivedremo”.
«Chi te l’ha dato? Nur chi te l’ha dato?»
«Quel signore laggiù mamma!»
Uscii di corsa in giardino e lo vidi, lì in fondo alla strada mentre si girava indietro e mi guardava dritto negli occhi. Mi fece l’occhiolino e un mezzo sorriso. Ma guardandolo capii che non voleva essere rassicurante, mi aveva appena lanciato un avvertimento. “Ci rivedremo”. Era una promessa e non prometteva nulla di buono.
 
 


 
Layla: http://4.bp.blogspot.com/-i0JjOqoReKU/TdoT9WTsJZI/AAAAAAAAA4M/fxXJM7Q_4OI/s1600/www.funlure.com-hot-arabic+Grils+-+woman-arabic+woman-charming+arabic+grils-famous+arabic-good+looking+-+arabic+hot+woman-+gloamour+--nour-lebanon-actress.jpg
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