Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Egomet    16/03/2008    8 recensioni
Non è una bella storia, e non è romantica. Potrebbe essere sulla stessa lunghezza d'onda di "Lui è tutto. Io sono niente.". Sono i pensieri di un Blaise distrutto, e che forse mi assomiglia.
Genere: Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questa non è una Blaise\Hermione, incredibile ma vero. Piuttosto è… uno sfogo, per me.

Spero comunque che l’apprezziate e che mi facciate molte critiche perché, ammettiamolo, non sono il premio Nobel per la letteratura.

 

 

Sul filo della morte

 

 

Camminava a testa bassa, le mani ficcate nelle tasche e lo sguardo buio e perso nel vuoto.

Non faceva freddo, e nemmeno caldo, ma piuttosto, per il ragazzo, era vuoto.

Era tutto vuoto, come se gliel’avessero tolto a forza, come se le voglia e la forza di andare avanti fosse sparita. Andata, distrutta.

Alzò lo sguardo e vide il cielo scuro sopra di lui; era notte.

Blaise Zabini stava tornando a casa. Tornava a casa come qualsiasi marito torna dal lavoro. Aveva la fede d’oro al dito.

Sorrise ricordandosi quel giorno.

Lei era bellissima, nel suo abito bianco, e sorrideva radiosa. Era stupenda, felice.

Peccato che sia un “era”.

Tempo imperfetto, come le sfaccettature di personalità che talvolta mostrava ancora, segno dei tempi passati.

Sfilò dalla tasca le chiavi di casa, le inserì nella serratura e aprì la porta.

Regnava il silenzio più totale, era tutto buio e dava come il senso di pericolo.

Blaise posò il cappotto sul divano dell’ingresso, senza però accendere la luce, e andò a tentoni in camera sua.

Aprì la porta, e lì c’era un po’ di luce, che entrava leggera dalla finestra aperta. Luce della notte, luce chiara e debole, purtroppo.

Il letto era disfatto, le lenzuola storte e aggrovigliate su un corpo che era disteso immobile sul letto.

Il ragazzo si avvicinò lentamente, e si sedette accanto alla testa della donna.

Mise una mano fra i suoi capelli, biondi, e glieli scostò dal viso; anche se dormiva era sempre molto bella.

Sorrise tristemente e poi il suo sguardo si posò a terra; e lì si fermò: c’era un tubetto lungo aperto, e poco distante un piccolo tappo.

Lo prese in mano e lo agitò; era vuoto. Un pensiero si fece largo nella sua mente, e subito si chinò su sua moglie.

-Daphne?- la chiamò piano, scuotendola un poco.

Ma visto che non ottenne risposta si spaventò.

-Daphne?- ripeté, stavolta più forte, e la scosse di nuovo.

Capì subito che cosa era successo, guardando il tubetto vuoto.

E credeva di sapere perché fosse vuoto.

 

 

Due ore dopo era nella sala d’attesa del San Mungo, le mani serrate a pugno e il viso contratto.

Daphne… Daphne… ma perché? Ma perché di nuovo?

È tutta colpa mia… maledettamente colpa mia…

Pochi pazienti aspettavano insieme a lui, forse familiari in attesa.

Ma Blaise sapeva già che non c’era assolutamente niente da aspettare.

Si morse un labbro, cercando di non piangere.

Blaise Zabini amava sua moglie, tanto da sopportare per lei notti spesso segnate da tentativi improvvisi e scatti convulsi della ragazza. Tante volte assomigliava ad un angelo, pensava.

A questo pensiero non riuscì a trattenersi e, sempre tenendo i pugni serrati, una lacrima gli colò sul viso; fu scosso da un tremito incontrollabile e chinò il capo verso il pavimento.

Verso il niente, dove non c’era nessuno a sostenerlo.

 

Un dottore uscì da una stanza, e si avvicinò alla sedia dove c’era il ragazzo. Ragazzo di appena ventisette anni.

A Blaise non servì ascoltare le parole del dottore o guardare la sue espressione risentita.

Il suo angelo era volato dove non avrebbe mai più potuto vederlo.

-Abbiamo scoperto un’altra cosa- aggiunse il Medimago.

Blaise alzò il viso lacrimante verso di lui.

-Era incinta, ed era al secondo mese-

Quello era troppo, si disse il ragazzo. Si alzò di scatto e corse via, nel corridoio squallido dell’ospedale, lontano, ma nemmeno lui sapeva dove. Lontano dal suo corpo, lontano dalle parole. Non poteva guardare in faccia la realtà. Non poteva.

 

Non ce l’avrebbe fatta, mai. Si gettò nel buio della strada londinese e corse di nuovo, più veloce, cercando di non accettare le cruda e bruta realtà.
Poi finalmente arrivò dove voleva.

Una foalta di vento gelido si sperse nell'aria, e incontrò il volto triste del ragazzo. Le sue mani si strinsero sulla ringhiera.
Che bel panorama da quassù, vero?
Vero Daphne? Chissà che bella visuale da lassù ci dev'essere.
Guardò indietro, non c'era nessuno.
In lontananza una chiesa suonava le campane.
Aiutami a volare, angelo mio.
Poi guardò di nuovo il panorama, cercando di imprimerselo bene nella mente.
Perchè sapeva che sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe visto.



 

Ecco fatto, una storia pensata e scritta di getto.
Non l'ho scritta perchè ha un particolare significato, non pensate ch emi voglia buttare giù.
Ma l'ho scritta per un semplice motivo.

                                                              MI VERGOGNO DI ME STESSO. 

vrebbe fatta, mai.ano dalle parole. Non poteva guardare in faccia la relatà.one risentita.a un tremito incontrollabile e  

  
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Egomet