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Autore: zenzero    10/09/2013    1 recensioni
Marcus è un tipo normale, e normale è il tipo di vita che gli si prospetta, ora che si è trasferito in un tranquillo appartamento. Ma cosa è realmente normale quando scopri che i tuoi coinquilini sono delle fatine completamente fuori di testa?
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una nuova casa Marcus guardò la facciata del condominio e lo giudicò normale. Assolutamente normale. E ciò era perfetto, poiché era esattamente ciò di cui aveva bisogno per vivere. Un appartamento né troppo vistoso né troppo anonimo al terzo piano di un condominio, identico a centomila altri, relativamente vicino al centro. Quell’anno, lo avrebbe vissuto lì. Si trascinò dietro il trolley di un’uniforme stoffa azzurrina, né troppo costoso né troppo a buon mercato, in cui c’erano tutti i suoi averi. Sua madre aveva insistito per accompagnarlo e aiutarlo a sistemare le cose, ma lui era riuscito a convincerla di poter fare da solo. Non gli andava che lo seguisse per tutte le cinque ore di viaggio in treno impiegate a raggiungere la capitale. Si sarebbe innervosita e agitata nel vedere quanto fosse grande, confusionaria, e piena di stranieri, di tutte le razze. Lì il popolo fatato viveva perfettamente integrato con gli umani, molto diversamente dalla piccola cittadina da cui proveniva Marcus, costituita solo da esseri umani, che da vent’anni non avevano ancora accettato lo Statuto di Eguaglianza Razziale imposto dal Re, secondo il quale il popolo fatato aveva gli stessi diritti e privilegi degli esseri umani.
Nella sua città, raramente qualcuno sentiva il bisogno di allontanarsi troppo, poiché il lavoro non era difficile da trovare, ma per Marcus era una questione diversa. Si sentiva incuriosito, e provava una forte voglia di conoscere posti nuovi. Voleva espandere i suoi orizzonti. Voleva cercare un futuro diverso, rispetto a quello di commesso di supermercato di sua madre a cui sembrava destinato.
Per questo, aveva deciso, dopo gli studi superiori, di partire per la capitale, anche se non era mai stato lontano di casa per più di qualche giorno. Un mese prima aveva trovato in poco tempo, cercando in rete, quel conveniente appartamento; quella stessa mattina di comune accordo aveva incontrato la proprietaria in un Caffè del centro, era una signora di mezza età dall’aspetto tranquillo e curato, che gli aveva parlato di quanto fosse bello e conveniente il posto. Continuava a parlargli e sorridergli, con la sua dentatura perfetta che sembrava risplendere al sole, quegli occhi di colore stranamente dorato e quasi ipnotici, e aveva dato a Marcus delle foto del posto, davvero carino, senza smettere di guardarlo e di parlargli, e il ragazzo si era convinto che ne valesse davvero la pena di abitarci, che non desiderava altro, e alla fine aveva deciso di che si sarebbe trasferito.
 La sua nuova vita era appena iniziata.

Il portone d’ingresso era aperto; prese l’ascensore e arrivò alla porta della sua nuova abitazione. Bussò, ma non gli aprì nessuno.
Devo essere arrivato per primo, si disse.
Bene, in un certo senso era un sollievo. La padrona di casa aveva appena accennato ai suoi altri quattro coinquilini. Gli aveva solo detto che erano persone a posto, molto gentili, e che non c’era da preoccuparsi. Solo dopo che Marcus aveva firmato il suo contrato e dato la caparra, le era improvvisamente venuto in mente, stringendogli la mano, un’ultima cosa che si era proprio dimenticata di dire.
“Oh, ovviamente avrete stanze differenti, i maschi staranno con i maschi, le femmine con le femmine.”
“Certo”, aveva annuito il ragazzo, salutandola. Poi il suo cervello si era concentrato sulla frase che la signora aveva pronunciato.
“R-ragazze?”
“E’ appartamento misto, no?” aveva detto la signora, continuando a sorridere impeccabilmente, poi lo salutò appena con una mano e scivolò fuori dal Caffè, come un’ombra.
Marcus aveva provato a inseguirla ma sembrava essere scomparsa nel nulla. Pazienza, ormai avevano un accordo, e non gli andava di cercare altri posti.

Lui non ci sapeva fare, con le ragazze. Aveva avuto una cotta, per una sua compagna di classe, alle superiori, ma era andata piuttosto male, e in ogni caso ormai era storia passata. Ma non aveva idea di cosa sarebbe stato viverci assieme.
Sarà quel che sarà, si disse, e aprì la porta con le chiavi.
La prima cosa che lo colpì, fu un forte odore di chiuso. Probabilmente doveva essere rimasto inabitato da mesi. Lo accolse un corridoio buio, e stretto, dalla cui destra si affacciava un piccolo salotto con televisore e divano. A sinistra c’era la cucina, e in fondo due bagni.
Le camere da letto erano divise con tanto di cartelli, “Maschi” e “Femmine”, a prova di stupido, su ogni porta. Tutte le porte avevano sopra il pomello una sorta di apertura quadrata, simile a quella usata per far passare i cani e i gatti, probabilmente da usare come spioncino.
Marcus aprì appena la finestra del salotto, poggiò la valigia a terra e si lasciò cadere sul divanetto. Era stanco, non gli andava di distribuire tutte le sue cose nella sua stanza, non ancora per lo meno. Preferiva aspettare l’arrivo degli altri coinquilini.
Accese la tv e si ritrovò a guardare il campionato di Corsa dei Draghi ma non si entusiasmò più di tanto. La sua pancia iniziò a gorgogliare e allora prese dal trolley un enorme pacchetto di patatine, contento di poterle mangiare su un divano. Se lo avesse fatto a casa sua, sua madre lo avrebbe sgridato.
Per una strana coincidenza proprio in quel momento fu proprio sua madre, a chiamarlo sul cellulare.
Lo investì con una carica di domande preoccupate, poiché non aveva risposto alle sue otto chiamate e stava davvero iniziando a pensare che stesse male. Rassicurata sul suo stato di salute gli fece molte domande su come fosse l’appartamento, e come avesse ornato la stanza, e gli diede del pigro nello scoprire che non l’aveva ancora nemmeno vista.
Marcus impiegò molto per far finire la discussione. In effetti, si disse, doveva decidere in anticipo quale parte della stanza occupare. Mollò le patatine sul divano, spense la tv e portò il trolley nella sua nuova stanza.
Era una cameretta piccola e luminosa. C’era un grosso armadio, delle belle tende, i muri erano azzurri, e ogni parete era occupata da dei grossi scaffali, ma ciò che lo incuriosì fu la presenza di un solo letto.
Forse, in mio compagno di stanza ha disdetto la prenotazione, si disse. In ogni caso iniziò a disfare i bagagli, mettendo i vestiti nell’armadio e nel cassettone sotto la finestra, e rifece il letto con le proprie coperte. Impiegò diversi minuti, poiché non era abituato a mettere in ordine, ma alla fine tutta la stanza gli parve familiare e confortevole.
Affamato, tornò nel salotto, e scoprì che la televisione era di nuovo accesa. Eppure, lui era sicuro di averla spenta, prima di andarsene. Era su un canale per bambini.
Notò anche che la finestra era spalancata, e che c’era una valigia veramente piccola poggiata sul tavolino.
Forse qualcuno era entrato mentre lui era in camera?
“C’è qualcuno?” chiese il ragazzo, ma nessuno rispose.
Forse qualcuno ha lasciato qui le sue cose e poi se n’è andato, si disse. Ma poi il sacchetto di patatine si mosse, da solo.

   
 
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