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Autore: Semolina_Pilchard    10/09/2013    2 recensioni
L’autobus se lo portò via, lasciandolo lì con i suoi dubbi e un calore nuovo, diverso, nel cuore.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Deacon, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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John Richard Deacon, infagottato nel suo pesante giaccone e riscaldato dall’abbraccio della sua sciarpa preferita, regalo di compleanno da parte di Freddie - “Così forse la smetterai di beccarti raffreddori su raffreddori, caro!” - attendeva pazientemente l’arrivo dell’autobus, immerso nel grigiore all’aroma di fumo di un banale pomeriggio d’inverno.
Cedendo ad un brivido, che lo percorse come una subdola scarica elettrica, pensò a Freddie con un sorriso indulgente: mai e poi mai l’amico si sarebbe abbassato a prendere l’autobus, a maggior ragione adesso che non giocava più a fare la star, ma che lo era diventato davvero; lui, invece, era esattamente l’opposto. Pur essendo il bassista dei Queen, appena ne aveva la possibilità si affrettava a rituffarsi in quelli che, negli anni, aveva imparato ad amare come piccoli piaceri quotidiani e che era riuscito ad apprezzare maggiormente dopo che la fama lo aveva strappato alla normalità: andare a comperare il giornale la mattina presto e fermarsi a guardare l’alba; sorridere alle persone per strada; farsi guidare dall’odore fragrante di brioche appena sfornata ed entrare in pasticceria, per combattere il freddo invernale con una bella cioccolata calda; prendere l’autobus o la bicicletta al posto dell'automobile...era inutile, non sarebbe mai riuscito a rinunciare a tutto ciò, anche perché, da formidabile osservatore qual era, era fermamente convinto che - a guardarsi intorno a 360 gradi - ci fosse sempre qualcosa di deliziosamente interessante su cui posare lo sguardo. Il suo essere di poche parole, la sua personalità riservata e i suoi gesti quasi impercettibili non dovevano essere scambiati per misantropia: egli aveva un così grande bisogno  di ascoltare e osservare la gente, da non osare quasi farsi notare, per non interrompere quel grandioso spettacolo cui aveva la possibilità di assistere senza pagare il biglietto. Era una spugna, ecco, una vera e propria spugna...no, dire spugna non è del tutto esatto, perché una spugna non può assorbire all’infinito e, prima o poi, rilascia il liquido incamerato con così tanta fatica; John Deacon era una spugna senza limiti, un pozzo senza fondo.

 
La sua fermata si trovava in una via principale, solitamente piuttosto animata; quel giorno, complici l’orario e il freddo pungente, nessun passante interveniva a spezzare la monotona attesa del nostro bassista. Osservare la Natura gli piaceva - poteva perdersi nel leggero palpitare del volo di una foglia - ma, in città, preferiva di gran lunga osservare la gente. Ironia della sorte volle che, dall’altra parte della strada, ci fossero un negozio di articoli musicali e, accanto ad esso, un bar piuttosto in voga, l’Emerald Bar. John frequentava piuttosto spesso il locale, dove aveva dato appuntamento a diverse ragazze e trascorso notti indimenticabili di scherzi e ubriacature con gli amici; il negozio di articoli musicali, poi, era il suo sogno proibito già da ragazzino, quando, benché trafelato e in ritardo per la scuola, non  rinunciava mai a lanciare un’occhiata al di là del vetro, mangiando con gli occhi il ben di Dio che vi era esposto.
Si stava crogiolando in questi nostalgici pensieri, quando, all’improvviso, la porta dell’Emerald Bar sbatté di colpo e ne emerse un ragazzo con un sacco della spazzatura in mano. La giacca, che indossava sbottonata e sbilenca, come se se la fosse infilata in fretta e furia, era troppo grande per lui e di un indefinibile colore beige chiaro; le gambe erano magre, la testa coperta da un cappello che lasciava sfuggire qualche ciocca di capelli castani, i tratti del viso invisibili. John si soffermò istintivamente a squadrare quella figurina che si dirigeva a testa bassa verso il bidone della spazzatura: non l’aveva mai visto, doveva essere il nuovo sguattero del bar. Le spalle curve e la testa troppo china tradivano una personalità quantomeno estremamente insicura, per non dire depressa; il vero colpo, però, John lo ricevette quando il ragazzo, mentre alzava il coperchio del bidone, sollevò il capo e si guardò intorno.
 
Sammy was low
just watching the show
over and over again

 

Deacon non aveva mai visto uno sguardo simile, negli occhi di un ragazzo così giovane: quel viso dai grandi occhi marroni e dagli zigomi alti era una maschera di malinconia e sofferenza. Poteva avere sui sedici anni, ma la sua espressione era quella di un uomo adulto, che ha già ricevuto talmente tante delusioni dalla vita da non aspettarsi più nulla. John fu colpito, in particolare, dalla mancanza di speranza, dalla rassegnazione su quel volto etereo, adombrato appena da un accenno di barba che lo rendeva ancor più patetico: il ragazzino si guardava sì intorno, ma non c’era traccia, nel suo sguardo, di quella curiosità, di quella genuina, incessante sorpresa, di quell’eterna gaia speranza che fanno luccicare gli occhi degli adolescenti. I ragazzi sperano sempre - non sanno neppure loro in che cosa, di preciso: sperano e basta - e brillano, perché essere adolescenti, dopotutto, significa rifulgere della luce di un sogno che, nei più, si spegne una volta varcata l’età adulta; la speranza di quel giovane dov’era finita? Agli occhi del bassista, egli apparve come una persona costretta, contro la propria volontà, a rivedere incessantemente lo stesso film, arrivando a conoscerlo talmente alla perfezione da non poterne più.

Knew it was time
he’d made up his mind
to leave his dead life behind
 

Addentrandosi meglio negli occhi del ragazzo, John vi scorse una luce brillare. Allora sperava ancora in qualcosa! Si trattava di una fiammella esile, ma feroce, che, anziché tenere in vita quegli occhi altrimenti vuoti, li bruciava e li divorava: un acuto, struggente desiderio di partire, di scappare, di andarsene il più lontano possibile. Parecchi giovani, si sa, sognano di lasciare i luoghi della propria infanzia, ormai privi di ogni sorpresa, per costruirsi autonomamente una vita che corrisponda ai loro desideri; per lui, invece - John lo capì bene - andarsene sarebbe stata l’unica occasione, l’unico modo per ricominciare a vivere, non necessariamente una vita stupenda, ma una vita e basta, una qualunque vita migliore di quella, che era morta dall’interno! Alla sua lotteria erano stati estratti prematuramente tutti i numeri, tranne uno, la sua ultima possibilità, e quel ragazzo era fermamente convinto che si trovasse a miglia e miglia da quel bar.
 
This could be my last chance
 

Come dargli torto, in fin dei conti? Ad appena sedici anni, la sua vita era spazzare il pavimento di un bar e lavare piatti e bicchieri, non c’era da stare particolarmente allegri. Ora sarebbe tornato dentro, avrebbe ripreso scopa e straccio e magari, assorto nei propri pensieri, avrebbe fatto cadere per terra un bicchiere, che si sarebbe rotto in mille pezzi. John, addirittura, poteva sentire la voce burbera del suo capo, che, esasperato, gli ripeteva:

 << Boy, you’d better begin
to get those crazy notions
right out of your head
Sammy, who do you think that you are?
you should’ve been sweeping up
at the Emerald Bar >>
 

Non era giusto, si indignò John, non era affatto giusto. Perché a lui era stata data la possibilità di fare parte della band più amata del momento, di essere adorato da folle di fan impazziti, di ottenere tutto ciò che voleva, di vivere per la sua più grande passione, la musica, mentre quel povero disgraziato era stato addirittura costretto a dimenticare di essere un ragazzo, di avere immaginazione e fantasia, di essere vivo? A John pareva davvero di vederlo, nella stanza disordinata e tetra in uno squallido motel, accasciato sul letto sfatto, con una bottiglia già mezza vuota di birra fra le mani, che non smetteva un secondo di pensare a quanto avrebbe voluto essere dappertutto tranne che lì, talmente prigioniero del suo unico, ossessionante desiderio, da non avere neanche la forza di provare a realizzarlo.

He spends his evenings alone
in his motel room
keeping his thoughts to himself, he’d be
leaving soon
Wishing he was miles and miles away
nothing in this world, nothing
would make him stay
 

Il bassista lo stava ancora guardando, quando il ragazzo, dopo aver gettato un’occhiata furtiva alle proprie spalle, si avvicinò al negozio musicale a passi lenti e incerti, come se fosse consapevole di compiere un’azione sbagliata, e appoggiò le mani sul vetro, la punta del naso che toccava la gelida superficie. John non ebbe bisogno di vederlo in faccia, per sapere quale fosse l’espressione che animava quel visino smunto: era la stessa di quando, da bambino, si fermava incantato ad osservare quelle meraviglie, nella stessa posizione adorante del giovane: la tipica espressione dell’affamato che preme il volto contro la vetrina della pasticceria. Lo sguattero del bar rimase per un minuto scarso ad osservare gli strumenti, l’animo ardente, la mente in fermento, per un attimo riscosso dalla propria depressione. Solo la musica riusciva a fargli quell’effetto, e nessuno poteva capirlo meglio di John.
 
- Sammy!!! Quanto ci metti a tornare dentro? Muoviti, non ti pago mica per niente, io!
 
<< Now listen, boy!
You’re always dreaming,
you’ve got no real ambition
you won’t get very far!
Sammy boy, don’t you know who you are?
Why can’t you be happy
at the Emerald Bar? >>
 

La voce burbera del capo risuonava nella realtà come nella sua testa: vuota, orrenda come solo quella di un adulto anestetizzato può essere. John se l’era immaginata tale e quale.
Sapere il nome del ragazzo rendeva tutto ancor più patetico.
 

Sammy, con un sospiro, si tastò piano le tasche della giacca e scosse la testa, come a dire “Non ho abbastanza soldi per permettermi né uno di quegli strumenti, né di andare via”.

Since he was small
had no luck at all
nothing came easy to him

L’allegoria della rassegnazione e dello struggimento.
 

Lo sbuffo dell’autobus.
 

Una piega amara sulle labbra di solito sorridenti di John Deacon.
 

E fu allora, mentre il mondo sembrava sospeso e persino il freddo pungente aveva smesso d'infastidire i nostri protagonisti, vittime di ben altri tormenti, che lo sguardo chiaro di John e quello scuro di Sammy, finalmente, si incontrarono. Il ragazzino parve accorgersi solo allora dell’esile uomo alla fermata e gli lanciò un’occhiata piatta, che, tuttavia, si rianimò subito. Quei capelli lunghi e leggermente ondulati, quegli occhi...quell’uomo assomigliava proprio a...
 
 
 

L’autobus se lo portò via, lasciandolo lì con i suoi dubbi e un calore nuovo, diverso, nel cuore. Chiunque fosse stato quell’uomo, l’aveva guardato con un affetto così partecipe, con uno spirito così sollecito, che - per la prima volta dopo anni - Sammy avvertì che un briciolo di speranza poteva ancora esistere, persino in quel posto.

Spread your wings and fly away,
fly away, far away
Spread your little wings and fly away
fly away, far away!
Pull yourself together
‘cause you know you should do better
that’s because you’re a free man.
 
Apri le tue piccole ali e vola via, Sammy. Sei un uomo e sei libero.
 

John Deacon avrebbe voluto urlarlo a pieni polmoni, in mezzo alla strada. Avrebbe voluto prendere per mano quel ragazzo e trascinarlo sul pullman, portarlo via di lì, aiutarlo a prendere il volo, insomma, ridargli il sorriso...non fece nulla di tutto questo. Si limitò a salire i tre gradini del mezzo pubblico e si sedette, mentre una melodia già prendeva forma nella sua testa e il rimorso nel suo cuore.
 

Quando guardò fuori dal finestrino,
fece solo in tempo a vedere la porta del bar chiudersi dolcemente,
con un leggero cigolio che egli non poté udire, come in un film muto.


Sammy non c'era già più.

 
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Niente di quanto narrato è accaduto realmente: ho solo voluto dare una mia interpretazione alla genesi di questo splendido brano, uno dei miei preferiti dei Queen. Come se non bastasse, è la mia prima storia su Efp, quindi sono alquanto emozionata. Hope you enjoy!

Semolina
  
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