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Autore: giambo    10/09/2013    2 recensioni
La Bestia vive dentro di lui. Si nutre di lui. E' il suo fardello e la sua colpa. La faccia nascosta del ragazzino che tutti conoscono. La fonte della sua forza.
La Bestia è Gohan.
Perché per vivere lo deve uccidere.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gohan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Bestia

 

 

 

“Gohan, devi distruggere quel mostro! Fallo subito!”

“Te l'ho puoi scordare papà! Voglio che soffra molto lentamente. Voglio dargli la morte più lenta e dolorosa che esista!”

“Figliolo, non commettere stupidaggini! Fallo fuori, oppure potresti pentirtene in futuro!”

“Mai.”

“Fallo fuori Gohan...uccidilo...”

“Puoi starne certo, ma a modo mio.”

“Uccidilo...”

“No!”

“Fallo Gohan...fallo...”

“Non osare darmi ordini!”

“UCCIDILO!”

 

“ORA!”

 

Gohan si svegliò di soprassalto. I suoi occhi scuri erano spalancati nel vuoto, la sua bocca era aperta in maniera grottesca alla disperata ricerca di aria. Aveva il cuore che batteva impazzito, mentre rivoli di sudore freddo gli scorrevano lungo il filo della schiena.

Era successo. Di nuovo.

Aveva di nuovo sognato la morte di suo padre.

Strinse con forza il tessuto fradicio del lenzuolo, cercando di controllare il tumulto di emozioni che lo stavano distruggendo.

Non c'è la faceva. Non riusciva ad accettare tutto quello che era accaduto. Ogni notte, ogni singola, fottuta, maledetta notte che gli dei mandavano su quel pianeta lui sognava. Cadeva preda dei suoi incubi più nascosti, lasciando venire alla luce cose che desiderava seppellire per sempre.

Sognava suo padre, sognava Cell, sognava la morte di entrambi. Quella morte che li aveva inferto lui.

Ma soprattutto sognava la Bestia.

Gohan aveva ribattezzato con quel nome quella forza sopita dentro di lui. Quel potere che lo trasformava totalmente. Cancellando il ragazzo tranquillo e gentile per fare spazio ad un mostro assetato di sangue e dolore.

Strinse con forza i denti mentre sentiva le lacrime premere dai suoi occhi per uscire. Le ricacciò indietro con forza. Si era ripromesso di non piangere mai più dopo la morte di suo padre. Perché per lui non sarebbe mai potuto esserci dolore più grande di quello di infliggere al suo adorato genitore la morte. Una morte che avrebbe potuto tranquillamente evitare se solo la Bestia glielo avesse concesso.

Anche in quel momento la sentiva sdraiata dentro di lui. Aveva aperto gli occhi, annusando il dolore e la rabbia che in quel momento pervadevano il suo cuore. Gohan poteva sentirla domandarsi se era il caso di svegliarsi del tutto per prendere il controllo di lui, tramutandolo di nuovo nel mostro assassino che aveva sconfitto Cell.

Si conficcò le unghie nei palmi delle mani mentre cercava disperatamente di cancellare dalla sua mente i ricordi di quel maledettissimo scontro. Voleva dimenticare, cadere nell'oblio, cancellare una volta per tutte quello che era successo, quello che aveva fatto, le morti che aveva inflitto.

Ma non ci riusciva. Era maledettamente difficile.

Perché la Bestia non voleva che lui dimenticasse. Non voleva abbandonarlo. Non voleva che lui la estirpasse dal suo cuore.

La Bestia voleva vivere.

Ma per farlo doveva far morire lui.

E Gohan non aveva più la voglia di vivere.

 

“Beh, che cosa stai aspettando moccioso? Guarda che se non mi attacchi i tuoi amici potrebbero perdere la vita.”

“S-smettila! Lasciali in pace!”

“Dipende tutto da te ragazzino.”

“B-basta! T-t-ti prego, Basta!”

“Attaccami!”

“No! Non voglio! Se lo faccio io non sarò più me stesso!”

“Proprio quello che voglio! Arrabbiati moccioso! Fammi vedere la belva che c'è in te!”

 

Continuava a strapazzare il candido lenzuolo mentre le immagini e i dialoghi di quel maledettissimo scontro gli scorrevano in maniera impazzita dentro la sua mente.

Ricordava tutto. Ogni cosa. Ogni singolo dettaglio. Gli occhi spietati di Cell, il corpo incosciente di Crilin, lo sguardo triste ma speranzoso di C16. Ogni cosa era stata annotata dalla sua mente. Ogni minima percezione del mondo che lo circondava in quegli istanti si era impressa a fuoco dentro di lui. Lasciandogli una ferita troppo profonda per essere guarita.

Ma soprattutto ricordava la Bestia. Ricordava con quanta forza avesse ruggito dentro di lui, mentre i suoi artigli gli dilaniavano il cuore. Rammentava di come avesse preso possesso del suo corpo, dominandolo e assoggettandolo al suo desiderio di morte, sangue e dolore.

E Gohan ricordava di come si fosse sentito bene in quegli istanti. Rammentava di quanto si era sentito euforico, felice di poter compiere tutta quella distruzione. Felice di poter avere in pugno la vittoria. Contento di essere il più forte. Il ragazzo non si era mai ubriacato, ma se avesse dovuto trovare una definizione per come si era sentito in quegli istanti, di sicuro avrebbe usato il termine ubriaco. Di dolore e odio.

“Papà...” balbettò mentre quei continui flashback gli impedivano di tornare a dormire. L'odio ed il dolore stavano riaffiorando con prepotenza dentro di lui. Tenendo in continua allerta la Bestia. Stava saggiando i suoi artigli sul suo cuore. Donandogli stilettate di dolore e odio purissime. Il ragazzo si sentì sul punto di rigettare quando ella, per il puro gusto di farlo, gli conficcò con crudele lentezza un artiglio nel suo organo vitale. Lasciandolo ad un passo dall'esplosione.

“Pa-pà...” gemette il ragazzo. Si conficcò le unghie nelle tempie, sperando che il dolore potesse liberarlo da Lei. Ma tutto ciò che ottenne fu un ruggito soddisfatto. La Bestia amava quella sensazione che si stava infliggendo.

“Papà perché? Perché tutto questo a me? Non lo merito, non lo merito!” le urla del ragazzino risuonarono con forza nella piccola stanza. Ma il silenzio che seguì era ancora più spesso e pesante, a ricordargli che lui era solo.

Solo contro di Lei.

Non pianse. Sapeva che Lei non glielo avrebbe permesso. La Bestia non amava che lui piangesse. Ma il suo cuore stillò lacrime di dolore puro. Il piccolo saiyan si mise le mani sullo stomaco, irritato dai graffi di Lei, cominciando a emettere un lungo e straziante gemito.

Quella notte la Bestia era affamata.

 

“Figliolo, hai combattuto in maniera impeccabile. Sono fiero di te!”

“P-p-papà...c-cosa vuoi fare?”

Un sorriso rassegnato comparve sul volto di Goku.

“Abbi cura della mamma. Sono stato troppo severo con lei. Non merita tutto questo.”

“N-no...n-n-non lo f-fare. T-t supplico papà...” lacrime calde scorrevano sulle guance del ragazzo. Incominciava a capire.

“In bocca al lupo figlio mio!”

“NO PAPA'! NON LO FARE!”

 

Il sole illuminava con forza un verde prato circondato da rigogliosi pini e abeti. Il cinguettio degli uccelli inondava la zona di dolci note musicali, mentre una tiepida brezza impediva al bollente astro di rendere la giornata torrida.

Gohan era lì. Immobile come una statua, il ragazzino osservava la piccola radura con occhi glaciali, vuoti. Ma quello che provava in quei momenti era tutto tranne che il vuoto.

Non sapeva neanche lui il perché avesse deciso di andare in quel posto. Per quale oscura ragione volesse ferirsi ancora di più osservando quel paesaggio. Sentiva un groppo alla gola che gli rendeva difficoltoso respirare. Aveva i nervi tesi. La Bestia si svegliò di soprassalto annusando l'aria, speranzosa di nuovi sviluppi.

Al giovane saiyan tremavano le mani. Quel posto...lo conosceva bene. Troppo bene. Era il luogo dove andava sempre ad allenarsi con suo padre. Ogni filo d'erba, ogni tronco d'albero, ogni canto di un uccellino gli ricordava tutte le giornate passate lì con suo padre Goku. Quando il mondo non era grigio e vecchio, e lui era solo un bambino che amava immensamente il suo papà..

Se si concentrava gli pareva di vederli. Un adulto ed un bambino che si fronteggiavano in mezzo alla radura. Ben presto le ombre del passato uscirono dalla sua mente, andando a ripopolare il mondo reale.

Strinse le mani con forza quando vide le loro figure muoversi, respirare e parlare come delle persone normali. Il groppo alla sua gola s'intensificò. Il dolore cominciava a fuoriuscire di nuovo, rendendo più sveglia e vigile la Bestia.

 

“Dai Gohan! Fammi vedere i tuoi miglioramenti. Piccolo mi ha raccontato che sei diventato fortissimo!”

“Mai quanto te papà. Tu sei imbattile! Sei un super saiyan!”

“Non significa niente figliolo. Anche tu potrai diventarlo un giorno se continuerai ad impegnarti come hai fatto finora.”

“Lo pensi davvero?”

“Ma certo! Tu hai un grande potenziale, devi solo sfruttarlo e metterlo in pratica.”

“Ok papà. Ora ci provo!”

 

Sangue vermiglio cominciò a colare con esasperante lentezza dalle nocche del ragazzo. Si era premuto le unghie nei palmi delle mani fino a conficcarle nella carne. Il dolore che sentiva provenire dai suoi arti era dolce però. Un dolcissimo dolore che anche la Bestia assaporò con le sue terrificanti fusa. Serrò con violenza la mascella. I suono dei suoi denti che scricchiolavano risuonò con forza in tutta la radura.

Li vedeva combattere, parlare, ridere e scherzare. Era troppo. Non c'è la faceva. Non era pronto a quel terribile spettacolo che osservava.

 

 

“Dai Gohan! Mettici più impegno!”

“Sì papà. Scusami! Ora ci metterò tutto me stesso!”

“Così mi piaci bambino mio!”

 

“Basta...” mormorò mentre sentiva che il suo corpo era sconquassato da tremiti e sussulti. I suoi occhi spalancati vedevano quella scena e non riuscivano a staccarsi da loro. Vedeva la gioia dipinta sui loro volti, il piacere che provavano padre e figlio stando insieme. Un piacere che a lui era stato negato.

 

 

“Ehi Gohan, quel colpo era proprio ben fatto! Piccolo aveva ragione, sei diventato bravo.”

“Davvero lo pensi papà?”

“Certo figliolo! Ora vieni qua e dammi un abbraccio! Te lo meriti dopo l'allenamento di oggi.”

 

 

“S-smettetela...” balbettò mentre i nervi sul suo collo cominciavano a stagliarsi nitidi sulla pelle. Stava perdendo il controllo. Il dolore che provava era troppo violento per potervi resistere. Sentiva la Bestia che si stirava le zampe soddisfatta, mentre giocherellava con il suo stomaco.

Lei non aveva fretta. Le piaceva giocare con lui. Se lo sarebbe preso, ma con calma.

Digrignò i denti con più forza, accorgendosi a malapena di avere la mascella che tremava per lo sforzo violento a cui la sottoponeva. Il suo sguardo mutò, passando dal dolore all'odio profondo.

Lo odiava.

Odiava quel bambino felice. Quel bambino che giocava con il suo genitore, godendosi il suo abbraccio caldo. Odiava che lui avesse tutto. Odiava che la Bestia non avesse preso lui. Odiava il fatto che lui non avesse le mani sporche del sangue di suo padre.

Lo odiava e lo voleva morto.

La Bestia ruggiva di gioia dentro di lui.

In quel momento il ragazzino si liberò con delicatezza dall'abbraccio di suo padre. Goku lo lasciò fare, con un'espressione di velata perplessità sul volto fanciullesco. Il bambino correva, percorreva il prato con velocità, arrivando di fronte al ragazzino di poco più grande di lui.

I due giovani si fissarono. Due Gohan all'opposto. Due persone che avevano imboccato destini diversi. Da una parte un bambino che aveva davanti a se un futuro roseo insieme a suo padre, dall'altra un ragazzo con un mostro dentro di sé che aveva sull'anima la vedovanza di sua madre.

Lo fissò con odio. Digrignò i denti ringhiando di rabbia. Dalle mani insanguinate continuava ad uscire sangue che gli macchiava i pantaloni. Si accorse di avere le gambe che tremavano, mentre le sue spalle, troppo minute per sorreggere il peso che portava, erano scosse da singhiozzi secchi di rabbia.

“Ti odio.” sibilò con voce cattiva.

Ormai mancava poco perché Lei prendesse il sopravvento. La Bestia miagolava con gioia, mentre conficcava con sadica violenza i suoi artigli nel cuore del ragazzo.

Il bambino dall'altra parte lo fissava con un sorriso allegro. Era felice. Gohan lo poteva vedere nei suoi occhi scuri. La spensieratezza dei bambini pervadeva ogni singola fibra del suo corpo. Continuò a guardarlo con un sorriso allegro, salutandolo con una manina leggermente paffuta.

Davanti a quel gesto, Gohan fu sul punto di impazzire.

“Smettila!” urlò con voce rauca e strozzata. Il blocco che possedeva in gola gli impediva di avere il suo solito tono, donandogli una voce rauca e terrificante. Innaturale in un ragazzino di undici anni.

“Vattene! Vattene via! Io ti detesto!” gli gridò contro.

L'espressione gioiosa sul volto dell'altro scomparve. Lasciando il posto ad un faccino tremendamente serio. Senza rispondere più, il piccolo Gohan girò le spalle all'altro. Dirigendosi verso il suo papà. Goku, senza rivolgere neanche uno sguardo al suo primogenito più anziano, prese in braccio il piccolo sorridendo. Era felice. Felice di stare con suo figlio. Ridendo e scherzando, i due si diressero fuori dalla radura. Verso un mondo di pace e normalità il cui accesso era negato a Gohan.

Il saiyan urlò. Fu un urlo secco e rauco. Un urlo che di liberatorio non aveva niente, lasciando invece ancora più potere alla Bestia.

“Io ti odio! Ti odio! Io...io...” improvvisamente gli mancò il fiato. Si sentiva la trachea contratta, incapace di incanalare l'aria necessaria a parlare.

Cadde in ginocchio. Sentì il terreno sotto di lui attutire la sua caduta tramite il soffice strato di erba del prato. Odio anche lui per quel favore. Non se li meritava.

Lui aveva la Bestia in corpo. Si meritava solo Lei.

Cominciò a piangere. Rade lacrime cominciarono a sgorgare dai suoi occhi, bruciandogli le guance e scavandogli la pelle dove passavano. Era lacrime rancorose, di rabbia e odio. Lacrime pregne dei sentimenti di cui si nutriva Lei.

La sua carnefice, la sua padrona, l'essere che detestava con tutto se stesso.

“Non puoi odiarmi Gohan.” gli sussurrò maligna mentre scavava con i suoi artigli dentro di lui. “Non puoi odiarmi.”

“E invece sì! Io ti detesto! E' colpa tua! E' solo colpa tua!”

“No...non è vero...” il miagolio di Lei aveva un che di suadente. Era come un veleno che lo stava uccidendo dolcemente, senza fargli sentire dolore.

“Ba-ba-sta...smettila...”balbettò il giovane saiyan conficcandosi le unghie sulle tempie, riaprendo i tagli della notte scorsa. I suoi occhi cominciarono a brillare di una gelida luce azzurra.

“E perché mai dovrei Gohan?” rispose la Bestia mentre gli soffocava la carotide con pigrizia. “Tu mi hai dato la vita. Io sono nata insieme a te. Io ti ho permesso di combattere per il tuo pianeta e per i tuoi sciocchi amici. E sono sempre stata io a permetterti di battere Cell. Perché ora rifuggi da me? Perché ora vuoi perdere la fonte della tua forza, colei che ti ha reso il guerriero più potente dell'intero universo?”

“Dimmi Gohan, perché vuoi perdere tutto questo?”

“Va via....” singhiozzò il ragazzino mentre i suoi capelli cominciavano a rialzarsi verso l'alto. I suoi occhi avevano assunto un inquietante color acquamarina. Ormai la Bestia era dentro di lui. Aveva scavato nel suo cuore con troppa profondità ed avidità per potersene andare. Lei stava prendendo il sopravvento.

“Vattene...”

E lui non poteva farci niente.

“Io ti odio...ti odio.” balbettò Gohan mentre i suoi capelli mutavano il proprio colore. Schiarendosi in un biondo abbagliante.

“Non puoi negarmi Gohan. Io sono te e tu sei me.” miagolò soddisfatta la Bestia mentre si impossessava del suo cervello, impadronendosi di ogni nervo e fibra cerebrale che possedeva il ragazzino con malsana avidità.

“Tu e io siamo la stessa cosa. Ed ora te l'ho dimostrerò.”

Il moro cominciò a pestare i pugni sul terreno mentre sentiva gli artigli di lei perforargli il cranio, donandogli lancinanti fitte di dolore.

“No! Lasciami in pace! Lasciami in pace! Va via! VIA!” urlò disperato mentre ormai la sua mutazione era quasi completa. I suoi capelli erano di un biondo dorato mentre i suoi occhi erano del colore del ghiaccio. Aveva i muscoli ingrossati e tesi, pronti a scattare, colpire, spezzare, uccidere.

Lei aveva vinto.

“Papà...papà” singhiozzò disperato il giovane saiyan sentendo la Bestia salire dentro di lui. Aveva paura. Non voleva ritornare in balia di Lei. Non voleva tornare ad essere un mostro.

“Papà...aiutami...” balbettò disperato, con la voce rauca interrotta da rabbiosi singhiozzi. “A-a-aiutami papà...t-t-ti s-s-supplico...”

Sentiva che lei stava impossessandosi di ogni anfratto del suo corpo. Ogni pertugio. Ogni fibra. Non c'era più nessun posto dove poteva rifugiarsi da Lei ed evitare il suo folle sguardo bramoso di sangue.

La sua vista era appannata. Le lacrime avevano smesso di scendere, bloccate dalla Bestia. Avevano formato una patina salata sopra la pupilla che gli bruciava i bulbi oculari, rifiutandosi di scendere. Lei non voleva donargli nessun conforto. Doveva provare solo dolore e odio per permettere a Lei di vivere e nutrirsi.

“A-a-aiut...ami papà...” rantolò il ragazzino mentre sentiva il suo ki aumentare in maniera vertiginosa. Lo stava aumentando Lei. Lo stava potenziando la Bestia. Ormai aveva perso il controllo del suo corpo, era impossibilitato a respingerla. Intrappolato nella sua gabbia di odio e dolore da troppo tempo per non essersene assuefatto. Il cuore voleva liberarsi da quel peso, ma il suo cervello ne aveva bisogno per sopravvivere.

Ed era tutta colpa sua.

Poi, tutto attorno a lui divenne bianco. Come al Cell-Game.

Infine, sentì il suo orrido ruggito di gioia.

Lei si era liberata.

 

Aveva freddo. In quel limbo candido ogni traccia di calore era sparita. Esisteva solo l'odio.

L'odio che aveva seppellito per anni dentro il suo cuore. L'odio che alberga dentro ogni saiyan. L'odio che il fato gli aveva concesso in quantità immense, quasi avesse voluto prendersi gioco di lui in maniera particolarmente crudele.

Per diventare forte, per proteggere coloro che amava, doveva diventare succube della Bestia.

“Ho freddo...” mormorò mentre sentiva la gioia di Lei pervadere il suo corpo. Quel posto era terribile. Si ricordava di esso, l'aveva già visto durante lo scontro con Cell. Quando la crudele fine di C16 l'aveva spinto nelle fauci della Bestia.

“Papà...dove sei?”

Mai come in quei frangenti desiderava l'abbraccio caldo di suo padre. Lui l'avrebbe aiutato a sconfiggere la Bestia, a renderlo di nuovo libero. A farlo diventare un ragazzino come tutti gli altri.

Ma suo padre era morto.

Ucciso dalla ferocia della Bestia.

Sentiva impellente il bisogno di piangere, ma non ci riusciva. Lei non glielo permetteva.

Avrebbe voluto abbracciare suo padre, sentire la sua voce gioviale, farsi dire da lui che tutto era finito e che non avrebbe più dovuto vivere con quel mostro dentro di sé. Quella creatura che lo rendeva un essere sanguinario e violento.

Ma non poteva.

Lei gli aveva negato tutto questo.

La odiava. Ma più sentiva questo sentimento dentro di sé e più Lei acquisiva forza.

Voleva tornare a casa.

“Aiuto...” balbettò. Non sapeva più cosa fare. Cosa provare. Non era più libero neanche di pensare. La sua mente gli inviava fasci impazziti di ricordi violenti. Flashback di tutti gli scontri che aveva affrontato nella sua giovane vita. Memorie di quando aveva chiesto aiuto alla Bestia, quando essa non era ancora così potente da dominarlo.

Radish, Nappa, Vegeta, Freezer...erano tutti lì. Ad affrontarlo. A combattere contro di lui e la Bestia.

Desiderò con tutto sé stesso che uno di loro l'avesse ucciso all'epoca. Quando era ancora capace di tenerla a freno.

Ma lui non sarebbe morto. Questo lo sapeva bene.

Perché Lei voleva vivere. Aveva bisogno del suo corpo e perciò non gli avrebbe consentito di morire.

Però lo avrebbe condannato ad un futuro peggiore della morte.

Perché Lei era la Bestia.

E lui era solo un ragazzino che aveva avuto dal fato il compito di ospitarla, proteggerla e nutrirla.

Attorno a lui il freddo aumentava.

 

Calore. Un tiepida sensazione. Un soffio così impalpabile che fu quasi certo di esserselo immaginato. Salvo poi ricordarsi che anche la sua mente non era più libera. Quindi quel calore doveva esserci stato. Doveva essere esistito.

Ma com'era possibile?

Lui era morto. Non fisicamente, ma spiritualmente. Lui era prigioniero in quella gabbia di odio in cui non esisteva nulla. Non esisteva il bollente l'amore né il calore dell'affetto e neanche il bruciore del dolore.

Lì esisteva solo il nulla.

Eppure aveva sentito del calore.

Non poteva sbagliarsi. Anche la Bestia, intenta nel soddisfare i suoi istinti animaleschi di distruzione, si era fermata. Perplessa e preoccupata da quella sensazione che andava contro la sua stessa natura.

Non capiva. Era ancora prigioniero di Lei. Eppure ora sembrava timorosa, quasi avesse paura di qualcosa. La sentì controllare più volte di avere il totale controllo. Di non aver perso il proprio potere su di lui. Aveva paura. Una paura fottuta.

Perché lui aveva sentito del calore.

Quella sensazione si ripeté. Percepì un calore bollente, fortissimo provenire dalla sua spalla. Sentì che si faceva strada dentro di lui con la forza d'urto di una valanga. Sciogliendo il ghiaccio di dolore che aveva creato la Bestia e liberandolo dalla sua prigionia.

Le pareti andarono in pezzi. Si spaccarono in miliardi di piccoli frammenti che si diffusero ovunque, prima di sciogliersi sotto l'abbraccio caldo del sole. Sentiva la Bestia perdere il controllo di lui. Urlare dalla rabbia e dalla frustrazione, tentare disperatamente di non venire di nuovo confinata nei meandri della suo corpo.

Fu tutto inutile. Il calore che l'aveva liberato dalle sue fauci la sommersero. Lasciandolo di nuovo libero.

Si accorse di essere sdraiato nel prato di prima. Il sole gli baciava dolcemente il volto pallido, smunto e sporco di sangue. Avvertì gli uccellini cantare con dolcezza, mentre un dorato bombo gli volò pigramente affianco al viso.

Il ragazzino era sconvolto. Non riusciva a capire come tutto quello era potuto accadere. Avvertiva ancora il calore che l'aveva liberato circolare dentro il suo corpo, purificandolo parzialmente dal dolore e dall'odio che lo avevano dilaniato nell'ultimo periodo. Neanche la Bestia aveva la forza di respingerlo. Si limitava a leccarsi le ferite acquattata dentro di lui, piangendo e stridendo per essere stata costretta a ritornare prigioniera. Fu con enorme sorpresa che si accorse che la fonte di tutto questo era una pesante e morbida mano appoggiata sulla sua spalla.

Si girò lentamente. I suoi occhi ancora azzurri si spalancarono quando videro il profilo di una persona a lui familiare.

Un volto severo, un naso adunco, una rossa capigliatura e due tristi occhi chiari.

Gohan era sconvolto. Così come la Bestia.

“Numero sedici...” mormorò incredulo. Incapace di comprendere come aveva fatto il gigantesco androide ad essere tornato in vita. Quando Cell l'aveva distrutto, sapeva che non sarebbe mai più tornato in vita. C16 era un androide totalmente artificiale, e pertanto poteva avere un grande cuore, ma non uno spirito.

Le labbra del cyborg si spiegarono a formare un triste sorriso. Un'espressione che il ragazzo conosceva molto bene.

“Gohan...” la voce calda e profonda dell'androide si diffuse dentro di lui come il rintocco di una campana d'argento. “Non lasciare al dolore di distruggerti. Hai salvato la natura e gli animali di questo mondo. Non devi sentirti in colpa di come l'hai fatto.”

Il ragazzino rimase immobile. Nella radura era sceso un silenzio immenso ed innaturale.

“Devi vivere Gohan. Vivi. Tu sei giovane. Non lasciare che l'odio ed il dolore ti distruggano.”

Il triste sorriso di C16 si fece più marcato.

“Vivi Gohan...vivi per me...”

Appena le ultime parole dell'androide si dissolsero, Gohan si ritrovò in piedi. Ad osservare la radura davanti a sé.

I suoni del bosco erano tornati. Così come anche lui era tornato se stesso. I suoi capelli erano di nuovo mori, così come i suoi occhi.

Aveva sognato? Non lo sapeva.

C16 era sparito, ma il calore che gli aveva donato era rimasto.

“C16...” il ragazzino si sentì le gambe molli. Ricadde in ginocchio mentre sentiva, con sua immensa sorpresa, di essere di nuovo libero. Libero da Lei.

Era libero.

Perché stava piangendo.

“C-C16...” Gohan sentì le lacrime fuoriuscire dai suoi occhi come una fonte inaridita che, improvvisamente, tornava a sgorgare limpida e pura. Senza quasi accorgersi di quello che compiva, il ragazzo alzò la testa al cielo e scoppiò in un pianto furioso.

Piangeva per suo padre, piangeva per C16, perché sapeva che non sarebbe mai più tornato in vita. Piangeva per lui perché era vivo e libero. Perché quelle lacrime erano lacrime di sfogo. Un modo per svuotarsi di tutto il dolore, rancore e odio che si teneva dentro da troppo tempo.

Pianse. Pianse per un tempo indefinito in quella radura. Un pianto continuo e all'apparenza interminabile, accompagnato da violenti singhiozzi. I palmi insanguinati erano appoggiati mollemente sulle ginocchia. Il saiyan teneva la bocca aperta da cui fuoriuscivano urla di sfogo per il dolore che aveva accumulato. Non gli importava che le lacrime miste a muco gli colassero dentro, lui voleva urlare. Sfogarsi. Liberarsi di tutto quello che si teneva dentro da tanto tempo. Troppo.

“Io...”

Si sentiva la gola ancora contratta, ma voleva liberarla. Doveva.

“Io...io...”

L'urlo era imminente. Non poteva più tenerselo dentro. Doveva farlo uscire.

“Io...”

Sentiva la Bestia tentare di bloccarlo in tutti i modi. Era disperata. Sapeva che, una volta urlato, Gohan l'avrebbe distrutta per sempre. Facendolo diventare libero.

“Io...”

E alla fine sconfisse la Bestia.

“IO VOGLIO VIVERE!!!!!!!”

Finalmente Gohan era libero.

 

Fine

 

  
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