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Autore: rupertinasora    16/03/2008    0 recensioni
amore tra figli di due persono che non si sopportano, ke faranno qndo lo sapranno? scopritelo cn me! Scritta quando Harry Potter e i doni della morte dovevano ancora essere scritti
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I WANT YOU
- Capitolo 7° -

 

 

 


L’aria di sera rinfrescava e il venticello accarezzava i miei capelli che, travolti in quella danza, si lasciavano guidare.
Passeggiando sulla riva del lago, io ed Eleonora parlavamo delle nostre sensazioni quando ci trovavamo insieme ai nostri ragazzi. Dei ragazzini del secondo anno ci guardavano ammirati, le nostre relazioni erano state rese pubbliche da qualche tempo. Per mezzo degli esami che incombenti si avvicinavano sempre di più, io ed Ian non ci vedevamo quasi mai. L’ultima partita di Quidditch che dovremmo disputare sarà tra qualche giorno, gli incontri si intensificano e le notti le passavamo a riposarci per non perdere nulla. I vestiti si facevano pesanti, anche da indossare e i capelli dietro la nuca si attaccavano per il troppo sudore. Di pomeriggio tutti si ritrovavano all’ombra dei grandi alberi che circondavano la Foresta Proibita o nei sotterranei, come era solito tra quelli di Serpeverde. Io passavo quei preziosi pomeriggi a studiare nella Torre dei Grifondoro, poiché ero la sola a starmene lì tranquilla, mi mettevo tranquillamente in mutande e reggiseno, se c’era qualcun altro, il costume andava benissimo, i capelli legati in una coda; se sudavo tanto di sera mi andavo a fare la doccia nel bagno dei prefetti, oppure, come feci qualche notte fa, qualche bracciata nel Lago, all’insaputa di tutti.
Di Ian non avevo notizie da un po’, lo vedevo di sfuggita di mattina e stavamo insieme nelle ore di Pozioni e Difesa contro le Arti Oscure, ma poi neanche un saluto ci scambiavamo, né tantomeno un bacio, di quei tempi, stressati com’eravamo, avevamo come quasi dimenticato che stavamo insieme.
Eleonora stava da quasi un mese con Alex e quando li vedevo insieme ero felicissima, ma ero anche un po’ invidiosa, perché lei il suo ragazzo lo può avere in qualsiasi momento vicino, io, per avere il mio, dovevo scendere sette piani, oppure era lui che doveva salirne altrettanti. Da quando stava con lui, si curava di più ed era meno stressata, e quando capitava loro di litigare, anche per qualche scemenza, si infuriava a tal punto da sembrare una ciminiera, con il fumo che le usciva dalle orecchie. Ad Alex lei piaceva un sacco e quando la guardava, non era uno sguardo che rivolgeva alle altre ragazze, uno sguardo desiderante intensamente sesso, ma uno sguardo di uno scultore che guardava la sua opera d’arte; non che quando lui mi guarda vuole fare sesso, sia inteso questo! Anche perché lui non mi guarda, lui ha già trovato il fiore che, giorno dopo giorno, deve innaffiare con il suo amore e rendergli grazie altrimenti rischierebbe di morire.
Alzai lo sguardo verso il sole che stava andando a dormire e aspettava che la luna si svegliasse sempre di più. Un sorriso si fece largo sul mio volto, solo a ripensare ai capelli biondi suoi, e un velo rossastro sul mio volto si confuse con il colore dei miei capelli.
- Leslie- disse la mia amica sedendosi sulla riva e togliendosi le scarpe per farsi bagnare i piedi- lo vorresti far conoscere ai tuoi genitori?-
- Chi? Ian?- chiesi colta alla sprovvista, imitandola nei gesti.
Annuì.- Si, non ne senti il bisogno? Oramai state da quasi quattro mesi insieme!-
- Mah, non ci avevo mai pensato, sai? Credo di no, loro si fidano, io voglio fare le mie scelte e sbagliare catastroficamente, non voglio che loro si intromettano, ma non voglio che mi neghino un parere, un abbraccio, un aiuto…- ammisi.
- Si, anch’io la penso come te…- si portò le ginocchia al petto e le cinse con entrambe le braccia.
- Domani abbiamo gli esami- ricordai.
- Già! Non mi ci fare proprio pensare!- ammise stiracchiandosi all’indietro.
Mi alzai.
- Dove vai?- chiese.
- A mangiare!- risposi ed insieme, come due bambine, corremmo verso la Sala Grande.
Appena entrammo, notammo che Ian e Alex stavano parlando con altri ragazzi delle rispettive Case. Io non lo disturbai e con la mia amica ci avviammo verso il mio amico e suo fidanzato. Mi sedetti di fronte a loro e cenai in silenzio, non potevo lanciare occhiate al mio boy perché ero di spalle, sarebbe sembrato troppo brutto…
Alla fine del pranzo mi avviai verso la Torre al settimo piano. Mi avvicinai sempre di più alla Signora Grassa, quando una mano si posò sulla mia spalla. Con dei riflessi pronti la afferrai e mi voltai, girando il braccio alla persona che mi aveva fermata.
Quando vidi quell’espressione di dolore su un volto roseo abbastanza bene conosciuto, lasciai la mia presa e mi scusai il più possibile, lui continuava a dire che non era nulla ed io a bombardarlo di scuse.
Mi mise entrambe le mani sull’attaccatura delle braccia, mi guardò dritto negli occhi, uno sguardo intimidatore, io mi azzittii ed un velo rosso si dipinse sulle mie guance.
- Non preoccuparti, Leslie, non mi hai fatto niente- disse
- Ma…-
- Niente ma!- fece Ian avvicinandomi il dito indice sulle mie labbra che si chiusero di scatto.
- Vuoi entrare?- chiesi bisbigliando, indicando il ritratto alle mia spalle con un cenno di testa.
- Ma…non posso…-
- Fidati ed aspettami qui!- lo rassicurai.
Mi avvicinai alla Signora Grassa che, imponente nel suo vestitone rosa, mi guardò.
- Parola d’ordine?- chiese.
- non committere proelium-
Si aprì rivelando il buco nel quale sparii agli occhi di Ian. Corsi in camera, incurante degli sguardi di quei pochi Grifondoro che si erano ritrovati a studiare per gli esami del giorno dopo, e presi dal baule qualcosa di fluente e grigio argento che, piegato, formava un mucchietto di pieghe lucenti. Dopo di che mi mossi alla volta della Sala di Ritrovo, scavalcai il buco del ritratto e raggiunsi il mio amico, gli feci indossare il mantello dell’invisibiltà e gli mostrai la strada per il dormitorio dei ragazzi. Bussai alla porta di quelli del sesto anno e mi affacciai, non era arrivato ancora nessuno, scavai nel baule di Alex e trovai una divisa da Grifondoro. Gli feci togliere la divisa verde e argento e gli feci indossare quella rossa e oro, mentre si vestiva, presi quella che aveva lasciato a terra e la misi al sicuro nel baule del mio amico con un biglietto in cui gli spiegavo il misfatto.
Appena finì di vestirsi, lo guidai fino alla Sala di Ritrovo e lo seguii mentre si sedeva su una poltrona rossa posizionata davanti ad un tavolino con un’altra sedia in un angolo riparato. Mi sedetti di fronte a lui e poggiai le mani sul deschetto. Lui me le prese e mi ritrovai a guardare intensamente degli occhi cerulei così profondi che mi chiesi “ho mai guardato veramente in questi occhi? Oppure ho solo visto in superficie? Come sono penetranti, mai ho visto degli occhi così belli…oh cavolo! Ma perché sto pensando queste cose?”
Arrossii violentemente e distolsi lo sguardo.
Quelle mani che tenevano le mie erano grandi, un po’ ruvide rispetto alle mie meglio idratate, si muovevano su tutte le palme e i dorsi delle mani di questa povera sciocca. Ma come posso piacere ad una persona così semplice, dolce e bella? Possibile che questo principe azzurro sia tutto mio? Sto sognando? Io credo proprio di sì….mi sveglierò tra poco, e dandomi un pizzicotto capirò che era tutto un sogno, un desiderio. Ma perché, allora, questa figura non svanisce davanti ai miei occhi? Vuol dire che è tutto vero? E come fare per saperlo?
Come pronta risposta, come se mi leggesse nel pensiero, Ian si sporse sul tavolino e mi baciò. Il fardello del sogno iniziava a svanire, e non la figura del mio cavaliere. Con questi pensieri ricambiai il bacio.
Mi staccai arrossendo ancora di più, lui sorrise mostrando il suo sorriso bianco splendente che faceva a pugni, ma che stava molto bene, con la pelle abbronzata del suo volto. Gli risposi rimandandogli un sorriso a fior di labbra.
- Sai, sembra che stai prendendo fuoco!- disse ridacchiando.
- Eh?- dissi spaventata alzando un po’ le spalle e guardandomi i vestiti.
- No, no!- esclamò ridendo ancora più forte- non i vestiti! La tua faccia! Sei tutta rossa, e con i capelli che ti ritrovi…- e scoppiò a ridere. Rideva di gusto e non riuscii a prendermela, anzi iniziai a riderci su anch’io.
- Leslie?- mi sentii chiamare e così mi girai verso la voce. Alex ed Eleonora ci guardavano con gli occhi sgranati.
- C-che ci fa lui qui?- bofonchiò Eleonora mentre Alex faceva trasportare due sedie da un tavolo vicino e le fece cadere vicino alle nostre.
- Che avete fatto?- chiese Alex poggiando i gomiti sul tavolino, incrociò le mani e vi poggiò il viso sul quale era dipinto un sorriso beffardo.
- Niente- rispose Ian staccando le sue mani di botto e mettendosele nelle tasche del pantalone.
- Che ci fa qui?- mi ripeté Ele- e perché non indossa la divisa…-abbassò la voce- la divisa dei Serpeverde?-
- Ah!- dissi guardandolo e poi facendo saettare il mio sguardo da un volto all’altro- stava qui fuori e non mi andava di lasciarlo lì, l’ho fatto entrare con il mantello dell’invisibilità e l’ho portato in camera di Alex, gli ho fatto indossare una divisa nostra (grazie Alex) e l’ho fatto scendere- sorrisi.
- Brava! Stai diventando una buona Serpeverde, mandi sempre a quel paese le regole!- disse Ian facendo l’occhiolino.
- E questo non è buono!- lo rimproverò la mia amica- lei è una Grifondoro, GRIFONDORO, capisci? Non può essere una Serpeverde! Ed è stato un grosso errore fatti entrare qui! Mica sai la parola d’ordine?-
Ian, mortificato, scosse la testa.
- Basta Eleonora!- sbottai io- che cavolo! È il mio ragazzo e lo calunni così? Lui credeva di aver detto una cosa buona! Sai, a volte rimpiango di stare in questa Casa! Vorrei stare in una Casa che mi accetti per come sono! E non mi screditi se faccio le cose impulsivamente! Ma dove, mi chiedo, quel cappello parlante ha visto in me gli elementi migliori per una Grifondoro e non per una Serpeverde!-
Mi alzai sbattendo una mano sul tavolo, afferrai per un braccio Ian e con forza lo strappai dalla sedia e lo trascinai con me. Con gli occhi inumiditi da lacrime di rabbia, gli diedi un veloce bacio e lo buttai fuori dal buco del ritratto. Dopo che la Signora Grassa si richiuse, mi voltai furente verso il tavolo dove stavano i miei amici e gridai con quanto fiato avevo in gola.
- NON TI VA BENE CHE STO CON UN SERPEVERDE? SONO FATTI TUOI!! NON PUOI SEMPLICEMENTE ESSERE FELICE PER ME COME IO LO SONO PER TE?- freddi lacrime iniziarono a scendere dai miei occhi color giada.
Lei si alzò e mi disse:
- Ma…io sono felice per te, solo che…lo sai, io amo che le regole siano rispettate, perciò, a differenza tua, sono stata scelta come prefetto!-
- Cosa vorresti dire?- iniziai a tremare- che io sono un’idiota? Solo perché non sono una patita delle regole come te? Ma che amica sei? Ma come puoi dirmi queste cose? O sei solo gelosa perché i miei sono amici al più grande mago dei loro tempi e perché sono fidanzata con un Serpeverde? Sono famosa in tutta la scuola per questo, sei gelosa della mia felicità? Se è così mi chiedo come ho fatto ad essere amica ad una come te!-
Con le guance ormai bagnate di rimpianto e rabbia, la continuavo a guardare, in attesa di una risposta soddisfacente.
- Io…non sono gelosa di te, perché pensi questo?- disse portandosi una mano al petto.
- Perché tu mi hai fatto capire questo, dai tuoi gesti e dalle tue forti parole verso il MIO ragazzo! Se pensi che, pur restandomi amica, potrai continuare a denigrarlo come hai fatto fino ad ora, allora non ci siamo proprio capite!- i capelli che mi ricadevano sul viso erano bagnati, ma non li scostavo, né mi asciugavo le guance. Restavo solo lì, in attesa di una risposta di Eleonora che, anche se aspettavo, non arrivò.
Alex si alzò e mi si avvicinò. Mi abbracciò e mi sussurrò in un orecchio:
- Dai, non fare così!- mi guardò in faccia e, scostandomi i capelli fiammanti dalla faccia, aggiunse- vai in camera, lavati il volto e vai a dormire. Domani ci aspetta una giornata dura, piena zeppa di esami, scritti ed orali. Rilassati.- mi fece l’occhiolino e mi guardò sparire oltre le scale insieme agli sguardi degli spettatori a quella sfuriata. Dietro il muro, grazie alle Orecchie Oblunghe che gli zii Fred e George mi avevano regalato, sentii lui dire alla ragazza:
- Hai sbagliato! Anch’io mi sono stupito nel vedere Ian qui, ma…hai fatto un casino, spero che la McGranitt non lo venga a sapere, la espellerebbe subito!-
E lei:
- Si, ho sbagliato ma…io non volevo mortificarlo! Il fatto è che lei agisce troppo impulsivamente, senza pensare alle conseguenze, già normalmente. Ora che è fidanzata può essere ancora più pericolosa…-
- Sembra che stai parlando di un animale- ammise lui.
- No, è che…-
Staccai l’Orecchio e mi avviai nel dormitorio, mi misi il pigiama e mi infilai nel letto. Mi rigiravo in continuazione e non riuscivo a prendere sonno. Tutto quello che mi passava per la testa erano pensieri tristi.
Io, Eleonora e Alex eravamo, sin dal primo anno, grandi amici. Avevamo passato questi anni tra scherzi e risate, nessuno mai era stato così felice come noi tre; il “magnifico trio” ci definivamo da soli, può sembrare stupido, ma eravamo così uniti che li consideravo miei amici. Ogni estate passavamo un paio di settimane, quelle prima dell’inizio della scuola, ora a casa mia, ora sulle montagne inglesi da Alex, ora affacciandoci dalle finestre su uno splendido paesaggio napoletano, patria della madre di lei. Quando stavamo insieme, Alex ed io combinavamo un sacco di pasticci e ci ritrovavamo sempre nei guai, Eleonora ce li risolveva e ci faceva una bella strigliata seguita, poco dopo, da quella dei nostri genitori.
Possibile che per un ragazzo si potesse rovinare così facilmente un’amicizia costruita su radici forti. Possibile che la nostra amicizia, prima paragonata al Big Ben di Londra, ora era paragonabile alla Torre di Pisa? Un’amicizia che stava pian piano calando su un lato.
Avevo paura. Per la prima volta in vita mia avevo veramente paura. Paura di non essere circondata più da quegli amici che consideravo stretti, fedeli…Forse sarebbe stata meglio un’amicizia che lentamente si sarebbe sciolta, lentamente come si sciolgono i nodi nei capelli, e non quel taglio che ci apprestavamo a compiere sui nostri capelli. Se lentamente si sarebbe sciolta, nessuno aveva rimpianti, ci saremmo guardati indietro sorridendo ed avremmo detto “sono state le nostre scelte, la vita ha voluto così…” e forse una lacrima sarebbe scesa sulle colline delle nostre guance, come un fiume al quale è stato interrotto il corso da una diga. Ma un’amicizia che brutalmente sarebbe finita…una lacrima, seguita incessantemente da un’altra, un’altra ed un’altra ancora…
Mi tirai sulla testa il lenzuolo e iniziai a singhiozzare silenziosamente, per non recare disturbo a coloro che erano venute su a dormire. Senza fretta mi addormentai. Un sonno leggero ma che mi rilassò un po’.

Mi svegliai contenta e mi tirai su dal letto, stavo per chiamare Eleonora e poi mi ricordai di ciò che era successo il giorno prima. Volevo andarle a chiedere scusa, ma non ero io quella che doveva scusarsi per prima. Ammettevo di avere torto ma, colei che aveva fatto arrabbiare di più l’altra con i suoi modi bruschi perché aveva offeso il ragazzo, non ero io.
Mi vestii, mi lavai, presi i libri e andai a fare colazione. La Sala Grande non era ancora gremita di gente e, dopo aver preso un po’ di latte, andai in biblioteca per un ultimo ripasso.
Appena entrai vidi Eleonora che si affaccendava tra i vari scompartimenti. Io, facendo finta di non averla vista, mi sedetti ad un tavolino ed iniziai a ripetere.
- Scusa- mi interruppe- posso sedermi qui?- disse Eleonora indicando una sedia libera da libri vicino a me.
- Ci sono tanti altri tavoli! Ma se proprio devi…- risposi fredda. Devi scusarti? Fallo per bene, io sono ancora un po’ offesa, non voglio aiutarti e facilitarti il compito! (come sono cattiva!) E tornai a rileggere la stessa frase che, puntualmente, non capivo. Avevo deciso di impararla a memoria.
- Senti…- mi interruppe di nuovo.
- Che c’è?- mi impegnai a chiedere gentilmente, ma non ci riuscii.
- Io…beh, io devo chiederti scusa per come mi sono comportata ieri e…- si fermò perché vide la mia faccia che, da buia com’era, s’era rischiarata e avevo stampato un sorriso a 36 denti.- Che ti ridi?- disse spingendomi amichevolmente.
Io risi e risposi:
- Beh, mi aspettavo che me l’avresti fatte!-
- Si, perché se aspettavo prima le tue, stavo fresca!-
- Infatti…comunque anch’io devo farti delle scuse, non avrei dovuto alzare la voce…-
- Amiche?-
- Per sempre!-
E ci abbracciammo. Insieme ci avviammo alla prima sala, dove ci sarebbe stato il nostro esame. Incontrammo anche Alex ed Ian. Eleonora ed Alex entrarono insieme. Io, prima di entrare con Ian, gli dovevo delle scuse…
- Senti…scusa per quello che ti ha detto la mia amica…-
- Non preoccuparti. Poi dal ritratto vi ho sentite urlare, non dovevate, per me…-
- Macchè per te!- dissi spingendolo debolmente.
- Comunque aveva ragione lei, ma a me non importa, a me va bene tutto, basta che stiamo insieme!- affermò e, cingendomi la vita con un braccio, mi incatenò labbra e lingua in un bacio. Sentii la sua mano scendere sul mio sedere e con la mia, la scostai. Entrammo e iniziammo a dare l’esame. Per tutto il giorno e per due giorni seguenti fummo catapultati da un’aula all’altra per gli scritti, c’era poco tempo per ridere e scherzare o per stare con il proprio ragazzo. Dopo gli scritti vennero gli orali e quei giorni volarono, se ne andarono così come erano arrivati.

Stesa all’ombra di un alto ed imponente albero un po’ rientrato verso la Foresta rispetto agli altri, guardavo la sua chioma folta spostarsi lentamente. Il sole cercava di entrare in tutti gli spazi che le foglie gli avevano riservato. Gli uccellini, cinguettando, saltavano da un ramo all’altro. La divisa era rinchiusa nel baule ai piedi del letto ormai ricomposto, non verrà più utilizzato per tre lunghi mesi…già! Tre mesi, tre lunghissimi mesi senza poter vedere Ian, oppure no? Ed Alex ed Eleonora? Ora quei due stavano insieme, come si sarebbero comportati loro?
Mi voltai su un lato e piegai un braccio sotto la testa.
- Non voglio pensarci!- dichiarai come se volessi convincere più me che il mio uditore invisibile.
- A cosa?- chiese Ian.
Mi alzai di scatto e lo vidi lì, in piedi, appoggiato con un lato sul tronco dell’albero, le braccia incrociate, i lunghi capelli biondi erano rigati esattamente in mezzo e la frangia era tirata dietro le orecchie lasciando possibile vedere quei suoi occhi azzurro acceso che mi scrutavano, quasi volessero assaggiarmi a prima vista, mi sentii spogliata in presenza di quello sguardo. Mi sentii stranamente la bocca troppo asciutta per poter parlare.
- A cosa non vuoi pensare?- ripeté lui.
- C-come farò per tre mesi senza vederti?- ammisi poggiando la testa sul palmo di una mano, una ciocca di capelli rossi mi cadde davanti alla bocca e la discostai con un soffio, emesso dopo aver socchiuso le labbra. Cercavo di evitare in ogni modo quello sguardo sbarazzino di quel ragazzo di 16 anni così attraente.
- Già…non ci avevo pensato- affermò.
Si staccò dal tronco e si sedette accanto a me, incrociò le gambe e poggiò la schiena di nuovo sul busto del grande albero dietro di noi, lo imitai congiungendo entrambe le mie gambe e gli presi la mano.
- Tu dove andrai?- chiese con sguardo triste.
- Credo che starò in casa, non so se vado a casa di Alex o Eleonora per le ultime due settimane di vacanza…- gli risposi. Com’era triste il suo sguardo. Lo abbracciai. Non so neanche io perché compii quel gesto, forse lo feci involontariamente. Ora che sapevo che non ci saremmo visti per ben tre mesi o, forse, un po’ di meno, mi sentivo morire. Volevo passare più tempo possibile con lui in quest’ultimo giorno prima della partenza.
Mi ricambiò l’abbraccio e mi baciò sui capelli. Per quanto tempo restammo così stretti non lo sapevo.
- Leslie…-iniziò.
- Sì? Che c’è?- chiesi alzando la testa senza allentare la stretta.
- E se questa fosse l’ultima volta che ci vedessimo?-
- Come prego?- chiesi drizzandomi e lasciandolo.
- Sì, insomma…se ci succede qualcosa? Se io venissi ucciso o tu rapita? Non ci avevi mai pensato? Lo sai, no? Ci sono quelli che vogliono eguagliare il grande Signore Oscuro e fanno grandi idiozie, beh, se cadessimo vittime di quegli stolti?-
- N-non ci voglio neanche pensare!- risposi decisa.
- Beh, pensaci. Se succedesse, non ti piacerebbe ricordare qualcosa di meglio che dei semplici bacetti sulla bocca?- chiese guardandomi profondamente.
- Non ti capisco…dove vuoi arrivare?- chiesi ignara del messaggio che stava cercando di mandare.
Si avvicinò al mio viso, i nostri nasi potevano toccarsi, mi sposta dolcemente contro l’albero e iniziò a mordicchiarmi sensualmente le labbra, io ero confusa totalmente. Non sapendo che fare, lo lasciai correre, dopo un po’ iniziai a rendergli i movimenti. Le nostre lingue si incontrarono e iniziarono a toccarsi, strofinarsi e stuzzicarsi.
- Che ne dici di fare l’amore?- chiese con quei suoi occhi argentei dove mi potevo specchiare pudicamente. Non trovai la forza per far muovere le mie corde vocali, quindi annuii con la testa. Se magari sarebbe accaduto che lui si sarebbe trovato in difficoltà, l’avrei sicuramente salvato, aiutata anche da quella nuova forza che mi avrebbe fornito il semplice atto dell’amore. Amore. Non sesso.
(Mi lasciai guidare dalla sua mano sicura nei sotterranei)mmm…troppo doppio senso!
Mi prese la mano e mi guidò verso i sotterranei. Poi si bloccò.
- Che succede?- chiesi.
- Hai la divisa dei Grifondoro, devi indossare quella dei Serpeverde. Come….? Ah, sì!- esclamò poi d’improvviso. Prese la bacchetta da una tasca e disse – Accio divisa di Angel- e subito dopo arrivò volando una divisa verde e argento.
- Dovrebbe andarti, è di mia cugina.- disse infine. Mi ricordavo della cugina, Angel Lestrange, colei che credevo fosse la sua ragazza, quella con cui mi aveva tradito.
- Non mi voglio cambiare con te che mi guardi!- ammisi arrossendo leggermente.
Ci guardammo in giro e vedemmo una porta. Entrai chiudendo a chiave la stanza. Mi guardai intorno. Era un aula a giudicare dalla presenza di banchi, sedie e una lavagna, una scrivania e una poltrona per l’insegnante; non doveva essere usata da parecchio tempo perché c’erano circa due dita di polvere. Le ante degli armadi erano socchiuse, mi avvicinai ad uno di essi e l’aprii completamente. Notai un vasetto con una strana sostanza informe che volteggiava all’interno, il colore era indefinito, cambiava forma e colore a suo piacimento, come se avesse pensieri propri. Avvicinai una mano ad esso e una sensazione di benessere mi invase il corpo, tutte le preoccupazioni riguardante il sesso, il fatto di uscire incinta e roba del genere, scomparvero. Ora ero sicura al 100%, ma non l’avevo mai fatto. Decisi di farmi guidare, per la prima volta, da lui.
- Come ti chiami?- chiese una vocina nella mia testa.
- Leslie…-risposi debolmente.
- E il tuo lui come si chiama?-
- Il mio lui?-
- Quello con cui devi fare sesso-
Ero impaurita, di chi era questa voce? Decisi di non rispondere. Ritrassi di scatto la mano dal vasetto e chiusi l’armadio. Decisi di non farne parola con nessuno, neanche con Ian. Quella roba era pericolosa, capisco perché non veniva usata quella classe. Da quanto tempo? Non lo sapevo, ma lo volevo sapere a tutti i costi. Per ora mi limitai a indossare la divisa dei Serpeverde e ad uscire da quella stanza infernale. Diedi un’ultima, veloce occhiata alla porta. Me ne sarei ricordata per tutta la vita, era una sensazione, e mi lasciai guidare da questa.
Ma subito tornai a concentrarmi su Ian, e sulle sensazioni che di lì a poco sarebbero state le mie.
Arrivammo ad una parete. Ian disse la parola d’ordine ed entrammo. Era un luogo poco illuminato, con dei divanetti di pelle nera attorno al caminetto spento. Le poltrone e i tavolini erano come quelli della Sala di Ritrovo dei Grifondoro, solo che i colori erano quelli di Serpeverde: verde e argento.
Salimmo per le scale. Guardai le pareti sulle quali erano scritti indelebilmente dei nomi, tra i quali riconobbi quello di Draco Malfoy e Blaise Zabini seguiti da quelli di due ragazze, Pensy Parkinson e Mela Seanbourth, molto probabilmente le loro fidanzate. Entrammo in una stanza con cinque letti. Baciandomi mi stese su uno di essi, forse il suo perché era un po’ lontano dalla porta, al contrario di un altro. Fece passare, intanto, una sua mano dai capelli al mio corpo e iniziò a sbottonarmi la cravatta, fece arrivare in aiuto di quella anche l’altra ed insieme lavorarono sui bottoni della mia camicetta, lasciandomi solo con il reggiseno. I baci scesero sul collo e, mentre una mano mi teneva la vita, l’altra salì dalle ginocchia, sulle cosce per arrivare sotto la gonna. Fermai quella mano con la mia. Mi guardò.
- Se arriva qualcuno?- chiesi spaventata.
- Non dovrebbe arrivare nessuno, ma se ti senti più sicura…- prese la bacchetta e, con un colpo, chiuse la porta a chiave, dopodiché la lanciò a terra, lontano dal letto, e riprese il suo gioco perverso.
Mi sbottonò la minigonna a scacchi verde, me la tolse lasciandomi in completo intimo bianco. Mi guardò sorpreso.
Avvicinò la sua bocca al mio orecchio e sussurrò:
- Sei bellissima…-
Arrossii per quel suo complimento. Si era fermato. Aspettava qualcosa? Io…non lo so…per me…
- Per me è la prima volta- ammisi.
- Vuol dire che farò piano, non preoccuparti…-
Si alzò e si sfilò la camicia, i capelli si scarmigliarono e gli davano un’aria più da duro, un’aria da ragazzo più grande, un uomo. Si sbottonò la cintura. Non potevo rimanere lì a guardare e a subire passivamente. Mi alzai e lo feci stendere. Iniziai a far scendere la zip dei pantaloni e a calarglieli. E adesso? Che faccio? Gli tolsi scarpe e calzini lentamente, cercavo di prendere tempo, gli tolsi completamente anche i pantaloni. Con le mani tastai il busto, scolpito da addominali ben disegnati e lo baciai. Si portò di nuovo su di me. Mentre mi baciava il collo e le spalle, lasciai scivolare la sua mano sulla mia schiena, in cerca dell’elastico del reggiseno. Trovato, lo sbottonò e lo tolse gettandolo silenziosamente sul pavimento insieme a tutti gli altri vestiti già sfilati. Con le labbra scese sui dolci pendii del mio petto e iniziò a baciare e a giocare con i miei seni. Con una mano esplorò i miei sotterranei ancora selvaggi. Mi tolse gentilmente le mutande e continuò a tastare. Tremai per la nuova sensazione piacevole, il mio volto si fece cremisi. Si sfilò i boxer e pian piano, con le labbra si avvicinò al mio orecchio.
- Se ti faccio male, dimmelo subito. Mi fermo all’istante.- bisbigliò piano, come se avesse paura di svegliare un bambino di pochi mesi che stava dormendo.
Cercò con il suo membro duro, che premeva su di me, la mia rientranza. Trovata, vi penetrò lentamente. Essendo la prima volta, avvertii una fitta dolorosissima al basso ventre, mi si bloccò il respiro, lui si arrestò. Affondai le mie unghie nella carne della sua schiena, sapevo di graffiarlo ma stranamente non me ne fregavo. Lui mi stava facendo male e io gli rivolgevo la stessa faccia della medaglia. Dopo poco il dolore si attutì, lasciando il posto ad un piacere mai provato prima. Lui continuò ad entrare e ad uscire, andando sempre più velocemente. Mi alzò di poco il bacino dal letto e, con le mani sulle mie natiche, si aiutò in quell’atto. Sentivo sul mio collo i suoi respiri brevi e veloci. Dopo poco emisi un gemito, segno di enorme piacere, seguito poi dal suo.
Si staccò da me e si distese accanto. Lo guardai addormentarsi sempre di più, con un’espressione soddisfatta dipinta in volto. Con una mano gli asciugai la fronte distesa violata da qualche gocciolina di sudore. Dopo non molto mi addormentai anch’io.

Mi svegliai poco dopo. Lui era già sveglio e mi guardava.
- Ben svegliata principessa- disse sorridendo.
- mmm…-riuscii a spiccicare.
- Che c’è?- chiese preoccupato abbracciandomi.
- Spero che non mi hai messa incinta!- esclamai all’improvviso, ricordandomi di non averlo visto indossare un preservativo- dovrò prendere la pillola…-
- Eh? La pillola che usano i babbani? Non ce n’è bisogno.- mi tranquillizzò.
- Perché?-
- Perché noi maghi abbiamo una pozione che è molto più potente. Riuscita 100%. La prendi una volta entro 24 ore dal fatto ed è tutto a posto. Che ne dici, la vuoi provare?-
- Ma…è approvata dai Guaritori?-
- Ma scherzi? C’è solo un problema, ce l’ha la Chips nel suo ripostiglio, e non credo che te la faccia usare o prelevare senza aver avuto informazioni.-
- Beh, è qui che mi servi tu!-
- Come, scusa? Io?-
- Sì, Ian. Proprio tu. Ne sapresti riconoscere l’aspetto?-
- Sì. L’ho vista in un libro per Guaritori una volta.-
- Bene. Vestiti e seguimi!-

   
 
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