Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: MeMedesima    10/09/2013    2 recensioni
Ovvero cosa succede quando la star di Broadway Rachel Berry e Kurt Hummel, attore squattrinato, si scambiano la casa per le vacanze di Natale.
"Allora, Rachel, abbiamo un accordo?". Spedì il messaggio, incrociando le dita.
"Prima posso farti una domanda?".
Kurt imprecò a bassa voce. "Ma certo".
"Ci sono uomini nella tua città?".
Il ragazzo rise amaramente, pensando a tutti gli appuntamenti orribili che aveva dovuto sorbirsi negli ultimi quattro anni, e al ragazzo tutt’altro che perfetto che stava frequentando ora.
"Assolutamente nessuno".
[Ispirata al film "L'amore non va in vacanza"]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Dave Karofsky, Finn Hudson, Kurt Hummel, Rachel Berry | Coppie: Blaine/Kurt, Dave/Kurt, Finn/Rachel, Jessie/Rachel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

31 dicembre 2017, Brooklyn, New York

 

«Sorgi e brilla, bella Addormentata!».

Finn scattò bruscamente a sedere, cercando di liberarsi del peso che sembrava essergli crollato addosso durante la notte.

«Coop, quando ti ho detto “vai a svegliare Finn” non intendevo saltagli addosso e schiaccialo!».

Il ragazzo batté lentamente le palpebre e mise a fuoco due figure poco familiari che battibeccavano davanti al suo letto. “O meglio, divano”, si corresse, lanciando un’occhiata sotto il proprio sedere.

«Avanti Blaine, non c’è pericolo, questo ragazzo è un vero tronco di pino!».

Ah giusto. Cooper e Blaine. New York.

I fratelli si girarono verso di lui mentre sbadigliava sonoramente e scalciava via le coperte, facendo una quantità spropositata di rumore. «Che succede?», mugugnò.

Blaine scosse la testa con aria mortificata. «Scusa, si prende sempre troppa confidenza con le persone».

«Non credevo che vedere mio fratello torturato dal mio ragazzo e da suo fratello potesse piacermi», intervenne la voce di Kurt da un’altra stanza. «Ma devo ammettere che è piuttosto divertente».

Finn sbadigliò nuovamente, stavolta alzandosi in piedi e stiracchiando le membra indolenzite. «Sei crudele, fratellino».

La testa di Kurt fece capolino dalla cucina. «Quante volte devo ripeterti che sono io il maggiore? E comunque, considerala una vendetta per tutte le volte che mi hai svegliato alle sei di mattina con i tuoi piedoni per il corridoio. Lo sai che mi piace dormire la domenica mattina».

Per tutta risposta Finn gli fece la linguaccia.

«Molto maturo, Finn», Kurt cercò di assumere un’espressione sdegnata ma fu tradito dal proprio sorriso. «Forza, venite di là, la colazione è pronta».

I tre si lasciarono guidare dal profumo di caffè e muffin freschi, impilati in un piatto al centro della tavola.

«Allora!», disse Cooper entusiasta, piombando a sedere fra Finn e Blaine. «Che facciamo oggi?».

«Sta a Finn decidere», disse quest’ultimo, voltandosi verso il ragazzo. «Dove vorresti andare?».

«Non saprei», dichiarò Finn con la bocca piena di muffin. Kurt gli tirò un calcetto da sotto il tavolo e l’altro deglutì prima di parlare di nuovo. «L’Empire State? O Central Park. Un posto dove non possa incontrare Rachel», concluse, un po’ a disagio.

Kurt sospirò. «Finn, non siamo a Lima, questa è New York, le probabilità che tu possa vederla sono una su otto milioni».

«Non avrei saputo dirlo meglio», sovvenne Blaine, dandogli una pacca sulla spalla.

«Senza contare che la mia futura costar Rachel Berry sarà ad un faboulous party stasera, e molto probabilmente passerà tutta la giornata a prepararsi per essere semplicemente stupenda». Cooper osservò gli sguardi straniti che gli altri gli stavano rivolgendo. «Che c’è? Io lo farei se James Cameron mi invitasse al suo party di Capodanno!».

«A volte mi chiedo se tu sia veramente etero», borbottò Blaine.

«E non sai quanto mi diverta vedere quello sguardo confuso sul tuo viso, fratellino».

Finn si schiarì la voce. «A proposito, avete qualche programma per stasera? Non si va a Times Square, qui a New York? Per vedere quella cosa che fanno con la palla?».

Kurt scosse la testa. «No no no, non se ne parla, sarà strapieno di gente, tutti pigiati insieme, e poi fuori farà un freddo cane. Non ci tengo a prendermi la polmonite!».

«Mike ci ha invitato da lui», spiegò Blaine. «Abita a Chelsea e ha una casa davvero enorme per gli standard di New York. Ci saranno molte persone del cast e dei suoi amici, sarà divertente!».

«Va bene per me», acconsentì Finn. «Basta che-».

«Non ci sia Rachel, abbiamo capito!».

 

31 dicembre 2017, Upper West Side, New York

 

“Mi chiedo cosa abbia fatto nella mia vita precedente per meritarmi questa tortura”, si chiese Rachel, mentre la voce di Sugar le trapanava l’orecchio ed una ragazza sulla ventina le spalmava uno strato di cera bollente su una coscia.

«Quello che ti sto dicendo», stava cinguettando la voce di Sugar in quel momento. «È che l’Ohio ti è davvero entrato nelle vene più di quello che pensavo. Come fai a non essere eccitata all’idea della festa di James Cameron? Hai idea della gente che sarà presente?».

Il corpo di Rachel si irrigidì involontariamente mentre sentiva lo strofinare di una striscia di carta sulla sua pelle. «Sugar», cominciò, cercando disperatamente di concentrarsi su qualcos’altro. «Il punto non è questo, ma- ouch! Mi scusi, mi scusi!», strillò subito dopo. La ragazza – il nome sulla targhetta diceva Chloe – si strofinò il naso, che il suo piede aveva mancato di qualche centimetro. «Le mie gambe sono parecchio sensibili».

«Sei dall’estetista Rachel?», chiese Sugar con tono vagamente compiaciuto.

«Emh…», la ragazza si rimise sdraiata sul lettino mentre Chloe le lanciava un’occhiata malevola. «Sì?».

«Devo prenderlo come un buon segno?». La voce di Sugar traboccava di quella che sembrava gioia repressa. Rachel prese un respiro profondo.

«Ascolta, Sugar, dimentica quello che ho detto due giorni fa. È stato un momento di debolezza, va bene? Mi sono lasciata influenzare, come hai detto tu. Andrò a quella festa, sarò una visione e cercherò di capire se Mister Cameron ha intenzione di girare un musical nel prossimo futuro. E il due gennaio sarò in sala prove come nuova, okay?».

«Perfetto!», esclamò Sugar proprio mentre Chloe toglieva una striscia di cera dalla gamba di Rachel con uno strappo. «Questa è la Rachel Berry che conosco. Nessun uomo può anche solo scalfirti, giusto?».

«Giusto», borbottò Rachel, senza un attimo di esitazione.

 

31 dicembre 2017, Chelsea, New York

 

«Ditemi che questo significa quello che penso significhi», esclamò Mike appena la porta del suo appartamento si aprì abbastanza da vedere la scena che gli si presentava davanti. Il suo sguardo, notò distrattamente Kurt, era fisso sulla sua mano destra. Che al momento era intrecciata con la sinistra di Blaine.

«È strano come tutti i tuoi amici abbiano la stessa reazione», gli fece notare con voce pacata. «È come se si fossero messi d’accordo».

«Allora?», insistette Mike, senza dargli ascolto.

«Per quale motivo dovete essere così imbarazzanti?», sbottò Blaine in tono irritato.

L’espressione di Mike era a dir poco euforica. «È un sì?».

Blaine lo ignorò, facendosi strada oltre di lui per entrare in casa.

«Sì, Mike», fece appena in tempo a dire Kurt prima che Blaine lo trascinasse oltre la soglia.

Il ragazzo esultò. «Sono così felice, voi non ne avete idea!».

«Ti capisco, fratello!», esclamò Cooper dandogli un cinque e abbracciandolo.

Durante tutta questa scena Finn era rimasto sulla porta guardando il tutto con sguardo stranito. «Allora Blaine aveva ragione. Siete davvero imbarazzanti. E strani».

Mike si districò dalle braccia di Cooper dandogli qualche pacca sulla spalla, per poi girarsi verso Finn. «Tu devi essere il fratello di Kurt, giusto?».

«Finn», si presentò lui.

«Mike. Piacere», il ragazzo chiuse la porta e spinse gli altri due in casa, guidandoli verso Kurt e Blaine che parlavano animatamente con Tina. «E perdona il nostro comportamento infantile ma non vedevamo l’ora che questi due combinassero qualcosa! Questa storia va avanti da troppo tempo».

«Senti chi parla!», esclamò Blaine. «Kurt è qui da due settimane, a differenza di qualcuno che conosco», lanciò un’occhiata eloquente a Tina.

La ragazza si limitò a ridere, mentre Mike le passava un braccio attorno alla vita e le schioccava un bacio sulla guancia.

«Finalmente uscite allo scoperto, allora», commentò Kurt alzando un sopracciglio.

«Beh», disse lei stringendosi di più contro il fianco di Mike. «Diciamo solo che le volte che ci hanno sorpreso come hai fatto tu a Natale sono state…».

«Sorprendentemente frequenti negli ultimi mesi», concluse Mike. «Quindi abbiamo deciso che non ci sarebbe stato alcun male a rendere la cosa pubblica, anche se lavoriamo insieme e-».

«Lo sapevamo già tutti, scemi che non siete altro» esclamò la voce di Mercedes da qualche metro più in là.

«Mercedes!», esclamò Cooper, estasiato. «Vieni, devi assolutamente conoscerla…», disse trascinando Finn con sé.

Blaine sorrise e li seguì. Kurt fece per andargli dietro quando Tina lo trattenne per un braccio.

«Kurt, puoi dirci quando partirai? Non manca molto, vero?».

«Ripartirò tra qualche giorno, Tina».

«Non potresti fermarti un altro po’? Almeno fino alla serata di apertura del musical!».

«Ho già prenotato il biglietto aereo», disse il ragazzo scuotendo la testa. «Ma la buona notizia è che mi trasferirò a New York a febbraio».

«Dici sul serio?», esclamò lei, cambiando completamente espressione.

Kurt annuì mentre Tina gli buttava le braccia al collo e lo abbracciava stretto.

«Non so se Blaine ve l’ha detto», iniziò non appena si allontanarono. «Ma io-».

Mike sbuffò. «Non sai se non ce l’ha detto, vorrai dire. Se riesci a capire come farlo smettere di parlare te ti devo un favore».

Kurt arrossì, senza riuscire a non essere un po’ compiaciuto. «Beh, ho studiato musical a Columbus, ma fin dal liceo ho sempre sognato di lavorare a Broadway. Sono venuto qui e ho trovato un ragazzo… degli amici… sembra quasi surreale in così poco tempo». Tina gli passò un braccio attorno alla vita, sorridendo. «Forse è un segno che è il momento di lasciare l’Ohio».

«È una scelta molto coraggiosa, Kurt», disse Tina con un sorriso. «Hai già idea di cosa farai?».

«Credo che lavorerò come cameriere per mantenermi. Lo so è un clichè». Il ragazzo sospirò teatralmente, mentre i due ridevano. «Ma farò tutte le audizioni che posso nel frattempo».

«Ti informerò appena saremo a corto di comparse». Mike gli strizzò l’occhio.

Kurt sorrise. «Grazie. Il mio curriculum non è un granché, e so che non sarà così facile-»

«Emh, io non ne sarei così sicuro…», intervenne la voce di Blaine dietro di lui.

Kurt si girò: il ragazzo teneva in mano il cellulare di Mercedes e stava trattenendo a malapena un sorriso. «Perché ridi?».

Blaine gli porse il telefono. «Da’ un’occhiata qua».

Kurt prese il cellulare in mano: era aperto sul profilo twitter di Mercedes: riconobbe subito il video di Baby It’s Cold Outside. Per un momento il cuore gli salì in gola, ricordando Dave che gli chiedeva chi diavolo era quel ragazzo seduto accanto a lui. Poi lo sguardo gli scivolò sui numeri che erano segnati sotto di esso. Aggrottò le sopracciglia. Alzò lo sguardo dallo schermo per guardare il ragazzo.

«Cosa significa ventimila?».

Il sorriso di Blaine avrebbe potuto abbagliare un cieco. «Significa che ventimila persone si sono prese il disturbo di cliccare mi piace affianco a questo video, vedi-».

A Kurt sarebbe piaciuto ribattere che certo, lo sapeva cosa significava, e che non intendeva quello, ma  il resto del gruppo soffocò le sue parole e nonostante le sue proteste si accalcò alle spalle del ragazzo per dare un’occhiata.

«Che cosa?», strillò Mike.

«Impossibile!».

«Sei famoso, Kurt!», esclamò Cooper.

«Bel colpo fratellone!», aggiunse Finn con una gran pacca sulle spalle.

«Ed è passata solo una settimana!», aggiunse Mercedes con aria a dir poco trionfante. «Sono curiosa di vedere quale sarà il conto fra un mese…».

Il ragazzo si sentì girare la testa. Non stava succedendo davvero. Cose del genere non succedevano davvero, giusto? O almeno, non a Kurt Hummel.

«Fra un mese sarà febbraio e a nessuno importerà più di un paio di tizi su internet che cantano Baby It’s cold outside», commentò a mezza voce.

«Questo lo dici tu!».

«Io vi ascolterei anche in agosto, latticino», rise Mercedes con una strizzata d’occhio.

«Broadway ti adorerà, Kurt», disse Tina battendo le mani. «Ti adorano già».

«Ragazzi dobbiamo festeggiare!», esclamò Cooper. «Facciamo un brindisi! Dove sono gli alcoolici?».

Si spostarono in massa verso la cucina, mentre Kurt rimase a fissare lo schermo del cellulare, vagamente intontito. Solo quando sentì un braccio passargli attorno alla vita si accorse che Blaine era rimasto indietro con lui. «Sembra che non sarà così difficile, alla fin fine», disse, baciandolo su una guancia.

Kurt sorrise appena, rilassandosi nel suo abbraccio. «Così sembra».

 

31 dicembre 2017, East Broadway, New York

 

Rachel si ravviò un’ultima volta la frangetta prima di stamparsi sul volto il proprio sorriso da palcoscenico e uscire dall’auto. Non appena poggiò il tacco dodici sul tappeto rosso del Red Leaf i flash delle macchine fotografiche cominciarono a lampeggiare senza sosta su di lei.

«Rachel, qui!».

«Un sorriso, Rachel!».

La ragazza continuò a sorridere e camminò fino a trovarsi al centro della folla di fotografi.

“Grazie a Dio non sono così tanti”, pensò mentre posava e sorrideva verso di loro per qualche minuto, allontanandosi poi verso l’entrata del locale. Sospirò di sollievo quando vide che era priva di giornalisti: non aveva il coraggio di immaginare le domande che le avrebbero fatto dopo lo scandalo degli ultimi giorni.

Entrò nel locale a passo svelto. Consegnò il proprio cappotto ad un ragazzo fermo davanti all’entrata e si guardò intorno. Si trovava in una sala immersa nella penombra, illuminata da luci soffuse rosse e dorate – si permise di attenuare il sorriso smagliante, non l’avrebbero vista comunque. Una flotta di camerieri girava offrendo cibo e champagne, ma gli ospiti sembravano decisamente più impegnati a fare convenevoli o a ballare per preoccuparsi del rinfresco.

Oh, e la sala piena. Letteralmente.

“Dove le avrà trovate poi, tutte queste persone?”, pensò la ragazza mentre si guardava intorno con gli occhi sgranati. “E io dovrei trovare James Cameron in tutto questo casino? La serata si mette bene”.

 

31 dicembre 2017, Chelsea, New York

 

Finn si appoggiò al muro del soggiorno di Mike, il più lontano possibile dalla musica e con un bicchiere di vino rosso in mano. Era contento di avere un momento per sé: negli ultimi giorni le cose gli erano successe troppo velocemente e doveva schiarirsi le idee.

Era a New York. Fino a quel momento era stato assolutamente convinto che non avrebbe mai lasciato l’Ohio in tutta la sua vita, e ora era a più di settecento chilometri da casa sua. E stranamente gli piaceva.

Poi c’era Kurt. Era da qualche anno ormai che Finn aspettava che il fratello si decidesse a trasferirsi fuori dall’Ohio, e ora che aveva preso la sua decisione sembrava decisamente felice. Lo guardò di sottecchi mentre scherzava con Blaine. Sorrise. Più che felice.

Poggio la testa contro il muro alle sue spalle. Se solo non avesse avuto tutto quel caos in testa…

Si rigirò il bicchiere fra le mani. Non è che non volesse essere lì – Tina e Mike erano simpatici e Mercedes era decisamente fantastica, ma…

«È come se dovessi essere con un’altra persona».

Finn si girò di scatto: Cooper si era avvicinato furtivamente a lui e stava sorseggiando un drink con tutta la calma del mondo. Lo guardò, cerando di non far trapelare il terrore dalla sua espressione. «Non dirmi che sai anche leggere nel pensiero».

«Purtroppo no», rise Cooper. «Ma sono bravo a capire quando qualcuno si strugge d’amore per qualcun altro. Mi piace osservare le espressioni per riprodurle mentre recito, sai». Esibì una smorfia triste davanti alla faccia di Finn. «I bravi attori non smettono mai di lavorare».

«Certo», disse Finn cautamente. Dopo un incidente che aveva coinvolto lui, Cooper e un pacco di cereali glassati – e che avrebbe preferito dimenticare – aveva capito che il ragazzo non andava contraddetto. «È così che hai capito che Blaine era cotto di mio fratello?».

«Ah per quello non ci voleva un genio. Sono abbastanza sicuro che anche da Marte si riescano a vedere quegli occhi a cuoricino».

Finn guardò di nuovo i due ragazzi: avevano ricominciato a ballare, appiccicati l’uno all’altro e due identici sguardi adoranti. «Già», concordò in tono divertito.

Cooper sospirò di soddisfazione, passandogli un braccio sulle spalle. «Tu invece per chi ti struggi d’amore, eh?».

Finn sentì un pizzicorino sulle guance e pregò di non essere arrossito troppo vistosamente. «Come se non lo sapesse tutta New York».

«Errore!», esclamò l’altro. «Tutta New York sa che hai fatto una scappatella con Rachel Berry, non che sei innamorato di lei». Finn non rispose. «E scommetto che nemmeno lei lo sa, vero?», insistette Cooper.

Il ragazzo si schiarì la voce prima di parlare. «A lei non importa», disse in tono piatto. «Quando ha visto la nostra foto ha messo bene in chiaro che i suoi rapporti mirano principalmente alla pubblicità», allargò le braccia e fece un mezzo sorriso. «E io non sono certo buona pubblicità, giusto?».

«Ouch». Cooper fece una smorfia. «Perché ho la sensazione che abbiate fatto una litigata coi fiocchi?».

Finn si limitò a scuotere la testa.

Cooper bevve un sorso di vino con aria pensierosa. «Lascia che ti dica una cosa», disse dopo qualche secondo. «Il mondo dello spettacolo? È duro, e molto. Dobbiamo agire, apparire e parlare in un certo modo. Peggio, ci si aspetta che noi lo facciamo. E a volte qualcuno si attacca talmente tanto a queste bugie su sé stesso che si scorda cosa sta cercando veramente. O come avere un rapporto con una persona sincera».

«Cooper, non sono molto bravo con le allusioni. Stai cercando di dirmi qualcosa?».

Il ragazzo scrollò le spalle. «Solo che se io fossi un’attrice famosa avrei bisogno di una spintarella prima di creare uno scandalo». Gli tirò una gomitata leggera. «E magari di una spintarella dal ragazzo per cui mi sto struggendo d’amore».

Finn lo fissò per qualche secondo. Poi si raddrizzò improvvisamente, posando il suo bicchiere. «Io devo andare da lei».

Il ragazzo gli rivolse un sorriso raggiante. «Ottimo, è tutta la sera che aspetto di sentirti dire questa frase!». Tirò fuori un cartoncino dalla tasca dei jeans. «Tieni questo è il biglietto da visita del locale, prendi la metropolitana fino a East Broadway, il locale è a trecento metri dalla fermata!»

Finn lo guardò, incredulo. «Tu…?».

«Se hai qualche problema chiama me o i ragazzi… anche se effettivamente, io starò ballando come se non ci fosse un domani, quindi chiama i ragazzi. E mi raccomando, non perderti! Forza, sono le undici meno un quarto! Se vuoi arrivare per mezzanotte devi sbrigarti!»

Finn gli sorrise prima di allontanarsi velocemente. «Grazie amico. Ti devo un favore!»

 

31 dicembre 2017, East Broadway, New York

 

Rachel sorseggiò il suo cocktail. Era decisamente troppo leggero per la serata: la pista da ballo era affollata, la musica assordante, e come se non bastasse lei iniziava ad avere un principio di mal di testa. Poggiò i gomiti sul bancone, dando le spalle alla folla. Aveva rinunciato a trovare James Cameron già da un pezzo: poteva anche non essere alla festa per quel che valeva, in mezzo a tutta quella gente non l’avrebbe mai trovato comunque.

Prese un respiro profondo, socchiudendo gli occhi e massaggiandosi le tempie.

«L’Ohio ti ha fatto bene, vedo», disse qualcuno da sopra la sua spalla. «Sei splendida stasera».

Rachel si girò lentamente, sperando di non aver sentito bene. Purtroppo conosceva fin troppo bene quella voce. Erano settimane che voleva schiaffeggiare il suo proprietario. «Jessie», disse in tono gelido.

Il ragazzo si appoggiò al bancone, decisamente affascinante nel suo completo migliore. «Ciao Rachel».

La ragazza mise di nuovo i gomiti sul bancone finendo il suo drink in un sorso solo. «Diavolo, questa festa fa sempre più schifo».

Jessie ridacchiò, sedendosi sullo sgabello accanto al suo. «Un Cosmo per me e uno per la signorina!», esclamò verso il barista, aggiungendo anche un occhiolino per buona misura.

Rachel alzò un sopracciglio. «Come ho fatto a non accorgermi che stavi diventando sempre più gay?».

«Sono bi e lo sai, Rachel, guarda che potrei anche offendermi», disse Jessie agitando un dito ammonitore verso di lei. «E poi noi ragazzi di teatro sembriamo tutti un po’ gay, ammettilo». La ragazza non riuscì a trattenere uno sbuffo che assomigliava parecchio ad una risata. «I campagnoli invece sono molto più macho, invece», aggiunse Jessie con un sorriso.

L’ilarità sparì all’istante dal volto di Rachel. «Non osare, Jessie».

Il barista poggiò i due drink davanti a loro e poi filò subito via percependo la tensione gelida che era scesa fra i due.

«Volevo chiedergli il numero», borbottò Jessie.

Rachel alzò gli occhi al cielo e prese il suo bicchiere. «Oh avanti, Rachel. So che la nostra storia era una trovata pubblicitaria fatta e finita, anche se il sesso era fantastico, te lo concedo-».

«Così gentile, da parte tua».

«Ma questo non mi ha impedito di affezionarmi a te, donna impossibile e testarda». Rachel lo guardò con tanto d’occhi. «È vero», continuò lui. «Avanti, non mi hai già perdonato? Di solito i rimpiazzi ti aiutano a perdonare».

«Finn non era un rimpiazzo», scattò Rachel. «Era molto meglio di te».

Jessie si sistemò il papillon viola sgargiante. «L’avevo intuito».

«Cosa vorresti dire?».

Per la prima volta durante quella serata il ragazzo la guardò con un’espressione seria. «Hai guardato bene quella foto, Rachel? Non hai mai avuto quello sguardo, con nessuno dei tuoi ragazzi precedenti». Lei alzò un sopracciglio «Oh, e va bene, forse ho stalkerato un po’ i tuoi servizi stampa prima che ci mettessimo insieme, okay?».

Rachel aprì la bocca per ribattere, poi scosse la testa e rinunciò. Aveva sempre saputo che Jessie era pazzo. «Il tuo argomento è comunque irrilevante Jessie. Non sapevamo che qualcuno ci stesse spiando e-».

«Oh avanti, ti è già successo di subire un’imboscata dai paparazzi, Rachel».

«E tu come-».

«Stalker, ricordi?». Jessie sospirò profondamente. «Ti ricordi cosa ti ho detto quando ci siamo- emh, lasciati?». Lo sguardo di Rachel rivaleggiava con quello delle sculture di ghiaccio presenti nella sala. «Okay, te lo ricordi. Nessuno è riuscito a entrare nella tua corazza prima d’ora, Rach». Poggiò un gomito sul bancone del bar, guardandola con aria assorta. «Quel Finn è il primo».

La ragazza distolse lo sguardo da Jessie e fissò invece l’interno del suo bicchiere, mescolando distrattamente con la cannuccia viola. «Lo è», sussurrò così piano che lui la sentì appena.

Jessie le mise una mano sulla spalla, solo una, solo per qualche secondo: sapeva bene che non era ancora stato perdonato.

I due restarono in silenzio, ascoltando il dj annunciare dagli altoparlanti che mancavano ancora trenta minuti alla mezzanotte.

«Non capisco», disse Jessie a mezza voce. Rachel dovette tendere le orecchie per sentirlo sopra le urla degli invitati. «Perché non te lo sei tenuto stretto, allora?».

«Nella mia posizione è…», Rachel faticò a trovare le parole. «Complicato, lo sai meglio di me».

Jessie alzò gli occhi al cielo. «Tesoro. A volte vale la pena di buttare all’aria qualcosa per amore. Altrimenti la vita sarebbe alquanto noiosa, non credi?».

Finalmente il ragazzo prese un sorso dal suo drink, mugugnando di piacere un attimo dopo. «Vale la pena di essere scambiati per gay per bere questa roba. Assolutamente divino!».

Per la prima volta durante quella serata, Rachel rise di gusto.

 

31 dicembre 2017, Chelsea, New York

                                                                                                                                                

Cooper rispose al cellulare, avvicinandoselo all’orecchio e tappandosi l’altro con una mano.

«Pronto?».

«Cooper, sono Finn!». Ovviamente Cooper non sentì questo, ma solo un paio di suoni indistinti.

«CHI?», urlò di rimando.

«FINN!», strillò l’altro a pieni polmoni.

«UN SECONDO!». Cooper sgattaiolò in bagno e chiuse a chiave la porta. «Scusa amico, la musica era alta! Che c’è? Perché non sei di già nelle braccia della tua bella? O forse hai già concluso tutto e-».

«Cooper, mi sono perso!», lo interruppe il ragazzo con voce disperata.

«Ma ti avevo detto di non perderti!».

«MA MI SONO PERSO!».

Cooper allontanò il cellulare dall’orecchio: il ragazzo aveva dei polmoni degni di nota. «Okay, okay, non urlare! Ma perché hai telefonato proprio a me, si può sapere? Sapevi che sarei stato in mezzo alla mischia!».

«Blaine e Kurt non rispondono al telefono!».

«Okay…». Il ragazzo sospirò. Come al solito, doveva salvare la situazione. «Puoi dirmi dove sei ora?».

«All’incrocio fra Hester Street e Orchard Street…».

«Dammi solo un minuto». Il ragazzo accese il vivavoce e digitò velocemente l’indirizzo su Google Maps. Scrutò con attenzione la cartina che gli era comparsa davanti. «Okay, vai lungo Orchard Street, poi gira a destra e arriva fino ad un parco. Il locale dovrebbe essere di fronte a te».

Il sospiro di Finn gli arrivò come una scarica di statica. «Grazie Coop».

«E sbrigati, sono già le undici e trentacinque!».

«Agli ordini! Ah, Coop! Potresti controllare che fine hanno fatto quei due? Non vorrei si fossero fatti del male! New York è una città pericolosa».

«Certo», esclamò Cooper trattenendo a stento una risata. «Ma ora vai!».

Terminò la chiamata con un respiro profondo. Sperava davvero che arrivasse prima della mezzanotte.

«Diavolo», borbottò fra sé e sé. Non gli aveva ricordato di puntare il dito ed urlare! Le due regole fondamentali per rendere un discorso teatrale e drammatico. Pazienza. Finn se la sarebbe dovuta cavare da solo.

C’era una cosa che poteva fare per lui, però. Uscì dal bagno e si diresse in cucina: se conosceva bene quel gruppo di spostati che lavorava con suo fratello li avrebbe trovati vicino agli alcoolici.

Sorrise quando li avvistò accampati sul tavolo della cucina, due bottiglie di vino aperte in mezzo a loro. Mercedes e Tina stavano ridacchiando incontrollabilmente, appoggiate l’una all’altra.

«Ehi ragazzi, qualcuno ha visto Kurt e Blaine?», esclamò Jessie sopra alla musica.

«Volevano andare in terrazzo, e Blaine stava accompagnando Kurt a prendere la giacca», strillò Tina di rimando. «Da quella parte! È la porta bianca», gli indicò un corridoio con un braccio.

«Grazie!».

Cooper si guardò intorno nel corridoio miracolosamente privo di gente, e individuò la porta del guardaroba. La aprì di scatto. «Ehi voi due, ma perché diavolo-».

Non appena i suoi occhi si abituarono alla penombra e riuscì a vedere l’interno dell’armadio richiuse la porta con violenza, appoggiandocisi contro con la schiena.

«Insomma ragazzi!», strillò, le guance che iniziavano a bruciargli per l’imbarazzo. «Questo davvero non volevo vederlo!».

 

31 dicembre 2017, East Broadway, New York

 

Quando Finn avvistò finalmente l’insegna del Red Leaf aveva il fiatone dal tanto correre. Adocchiando l’entrata ingombrata da fotografi e buttafuori decise di aggirare l’edificio: ci sarebbe stata sicuramente un’entrata secondaria da cui poteva sgattaiolare dentro il locale senza essere notato. Camminò velocemente, e non appena girò attorno all’isolato avvistò un vicoletto che sembrava promettente. Quando vide una porta con le iniziali RL ed un buttafuori dall’aria truce davanti ad essa capì di aver fatto centro.

Si avvicinò a passo svelto.

«Scusi potrebbe, umh, potrebbe lasciarmi passare?».

L’uomo lo guardò storto. «E tu saresti?».

«Sono… emh…», balbettò sperando non fosse troppo evidente che stava sudando freddo dentro alla giacca. «Sono il ragazzo delle consegne», inventò lì per lì.

Lui lo scrutò per qualche secondo. “Oddio questo non se la beve e mi picchia. Oddio, oddio…”.

Si irrigidì quando il buttafuori allungò una mano verso di lui, ma l’uomo si limitò a dargli una pacca sulla spalla. «È dura essere di turno a Capodanno, eh?», disse con aria comprensiva. «Lavora sodo ragazzino, vedrai che ce la farai a pagarti il college».

Si fece da parte, lasciando l’entrata libera.

«La ringrazio», disse Finn cercando di sembrare il meno colpevole possibile. Passò velocemente, trovandosi dentro le cucine. Cercando di non dare nell’occhio schivò cuochi e camerieri fino ad arrivare ad un paio di doppie porte che parevano fare al caso suo. Le spinse e si ritrovò in una sala decorata in rosso ed oro.

Il solo vederla bastò a farlo cadere nello sconforto: era inondata di gente, più gente di quanta Finn avesse mai visto in tutta la sua vita pigiata in una sola stanza. Non ce l’avrebbe mai fatta a trovare Rachel prima di mezzanotte, non con i pochi minuti che gli rimanevano…

Stava osservando attentamente la stanza, cercando di individuare un punto strategico dal quale iniziare a cercare, quando lo sguardo gli cadde sul bar a pochi metri di distanza.

Aggrottò le sopracciglia. No, non poteva essere… sarebbe stato troppo inverosimile, giusto? Si avvicinò velocemente, scrutando le persone sedute al bancone. E proprio lì, vicino ad un tizio con un papillon viola…

«Rachel?».

La ragazza si girò e Finn esultò internamente: era proprio lei!

«Finn!», esclamò, gli occhi sgranati in un’espressione di sorpresa. Il tipo seduto accanto a lei si raddrizzò, sembrando improvvisamente interessato alla faccenda.

Finn tornò a rivolgere la propria attenzione alla ragazza. Si rese improvvisamente conto di non avere preparato un discorso.

«Emh… ciao», iniziò.

«Che diavolo ci fai qui?», sibilò Rachel, scendendo dal proprio sgabello e avvicinandosi a lui.

«Io… avevo solo bisogno di parlarti e-».

«Ti sembra il luogo e il momento per-».

«Ma è fantastico!», li interruppe il ragazzo con il papillon viola. Entrambi si girarono a guardarlo: era a dir poco raggiante. «Vi serve un po’ di privacy, no?». Li prese entrambi per i polsi e li trascinò verso un’enorme pianta decorativa. «Ecco, mancano pochi minuti a mezzanotte ormai e nessuno vi noterà qui dietro! Voi parlate. Ci penserò io a fare il palo!».

Si allontanò strizzando loro l’occhio con aria complice.

Finn lo fissò a bocca aperta. «Ma chi è quel pazzo?».

«Jessie», sospirò Rachel.

«Vuoi dire… Jessie il tuo ex?», chiese Finn con aria sorpresa. «E come… No, lascia stare non lo voglio sapere. In questa città siete tutti fuori come un balcone».

«Finn», disse lei, visibilmente irritata. «Non dovresti essere qui. Ci sono un sacco di fotografi dentro questo locale, potrebbero-».

«Rachel ho letto la tua pagina su Wikipedia», la interruppe lui.

Lei alzò un sopracciglio. «E… con ciò?».

«Lasciami-», Finn si bloccò, con aria frustrata. Si passò una mano fra i capelli e poi tornò a guardarla. «Mi hai ferito Rachel, e sto cercando di rimangiarmi il mio orgoglio. Perché nonostante tutto non voglio lasciarti andare così».

Rachel lo guardò: era lì, nella notte di Capodanno, con un’espressione risoluta e la sua vecchia camicia a quadri in uno dei locali più esclusivi di New York.

E tutto per parlare con lei.

Se solo non fosse stato così dannatamente difficile

Finn rimase in silenzio, i pugni serrati, finché la ragazza non annuì. «Sei una delle attrici più quotate di Broadway», disse in tono sicuro. «E sei stata Evita per un anno e mezzo, e mio fratello ha detto che è un ruolo storico», prese un respiro. «Non sono un esperto di come vadano le cose nel mondo dello spettacolo, ma una cosa la so. Gli scandali vanno e vengono ma il talento rimane. Non ti ho mai sentito cantare, Rachel, ma in questi giorni ti ho conosciuto bene, e non ho alcun dubbio che tu sia nata per essere una stella». Le mise delicatamente una mano su una guancia. «E le stelle non si spengono per così poco».

La ragazza mise la sua mano sopra a quella di Finn, guardandolo con qualcosa di molto simile alla meraviglia sul volto. Poi disse l’ultima cosa che il ragazzo si sarebbe aspettato di sentire. «Non ho paura per la mia immagine».

Finn rimase in silenzio per alcuni secondi, completamente spiazzato, prima di riuscire a chiederle: «Qual è il problema, allora?».

La ragazza scosse la testa, allontanandosi da lui. «Non posso».

«Ma cosa-».

«La cosa buffa è che mi sono sempre chiesta perché non mi sono mai innamorata». La risata della ragazza suonò leggermente isterica. «Ma la ragione è che- no, non ce la faccio».

«Rachel-», provò di nuovo Finn.

«Vai via Finn, prima che arrivi qualche buttafuori».

Lui rimase immobile, incapace di credere alle sue parole. Niente di tutto ciò aveva un senso.

«Io-».

La frase fu interrotta dall’arrivo di Jessie. «Ragazzi brutte notizie», ansimò, raddrizzandosi il papillon. «Stanno cercando un ragazzo delle consegne che non è un ragazzo delle consegne».

Finn guardò Rachel, che tenne la testa bassa ed evitò il suo sguardo. ­Il loro silenzio era assordante anche fra il rumore delle centinaia di piedi che cercavano di avvicinarsi il più possibile alla pista da ballo.

«Sì», disse lentamente «Non dovrei essere qui». Ogni parola sembrava costargli uno sforzo immenso. «Uscirò dalla porta secondaria».

Jessie scosse la testa. «È fuori discussione, amico. È piena di buttafuori, e ti stanno cercando. Temo che dovrai uscire dall’entrata principale».

«Ma i paparazzi-».

«Non ti preoccupare», lo interruppe l’altro. «Mancano due minuti a mezzanotte, nessuno baderà a te».

«Certo». Gli mise una mano sulla spalla. ­«So che tecnicamente dovrei odiarti, ma grazie… e buon anno». Jessie annuì nella sua direzione. Finn si girò verso Rachel, che evitava ancora il suo sguardo. «Buon anno, Rachel».

Gli occhi della ragazza non si staccarono nemmeno per un attimo dal pavimento. «Buon anno, Finn».

Il ragazzo le lanciò un ultimo lungo sguardo prima di girarsi e camminare senza fretta verso l’uscita. Rachel si sforzò di non guardarlo mentre andava via, la sua testa un vortice di pensieri contrastanti.

Sentì Jessie che si avvicinava a lei, prendendole gentilmente la mano.

«Rachel. Vuoi davvero lasciarlo andare così?».

La ragazza emise un suono a metà fra una risata ed un singhiozzo. «Che scelta ho?». Le sembrava quasi di non riuscire a respirare. «Chi lo avrebbe mai pensato, Rachel Berry, una codarda…».

«Non tu», disse Jessie in tono deciso. «Puoi farcela Rachel, credo in te».

«Davvero?».

«Non ho mai avuto dubbi».

La ragazza strinse un’ultima volta la mano di Jessie prima di prendere un bel respiro, sollevarsi l’orlo del vestito in un modo decisamente poco da signora, e correre con quanta velocità le permettevano i tacchi verso l’uscita.

«Scusate, scusate, permesso!», strillò mentre schivava le persone che convergevano verso il centro della pista per il conto alla rovescia. Un paio di volte inciampò sulle scarpe di qualcuno rischiando di rompersi una caviglia, ma si limitò a continuare la sua corsa.

«Venti, diciannove, diciotto-», scandiva la folla tutto attorno.

Scansò una coppia piuttosto anziana – era Angela Lansbury, quella? – e finalmente si trovò davanti all’entrata. Spinse i pesanti pannelli di vetro e uscì, trovandosi all’esterno.

«Dieci, nove-»

L’aria di dicembre le pungeva il suo viso e le spalle scoperte, ma lei ignorò il freddo e sorrise, vedendo Finn. Poteva ancora raggiungerlo se solo…

Riprese a correre, mentre le voci della folla all’interno rimbombavano insieme a quelle di tutta New York, scandendo i suoi passi mentre correva lungo il tappeto rosso, verso quella schiena così familiare.

«Cinque, quattro, tre-».

«FINN!», urlò con quanta voce aveva in corpo.

«Due, uno…».

Fece appena in tempo a vedere la sua espressione sorpresa mentre si girava prima di buttargli le braccia al collo e baciarlo.

 

A/N:

Buonasera signori! :)

The Holiday è quasi finito, l’ultimo capitolo sarà pubblicato sabato pomeriggio ;)

Spero che vi siano piaciute le scene Finchel, li ho fatti penare un po’ più di Kurt e Blaine ma alla fine ne varrà la pena, avete la mia parola :)

Fatemi sapere cosa ne pensate!

MM

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: MeMedesima