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Autore: Lonely soul    10/09/2013    2 recensioni
La storia ruota attorno ad un personaggio, Charlie, e alla sua paura di scomparire. Di essere dimenticato alla sua morte.
Alla morte di sua madre, Charlie inizia ad avere la certezza che quest'ultima scomparirà, e cerca nell'alchimia una soluzione per far si che ciò non avvenga.
Genere: Azione, Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AKemia
 


 



Avevo paura di essere dimenticato.
Era da sempre stata questa la mia paura più grande, scomparire, non esistere più… Nemmeno nei cuori della gente.
Mi chiamo Charlie, e non ha importanza da dove scrivo, ho solo tanta tanta voglia di parlare a qualcuno della mia esperienza, per essere ricordato. Per favore, tu che stai leggendo, ricordati di me, fa in modo che io non sia scomparso per sempre.
Ti prego.



Ho sempre pensato che la mia paura fosse più che giustificata. È una paura che l’umanità si porta appresso da sempre, con intensità maggiore o minore,  confessabile o meno, ma presente in ogni cuore.
Ho realizzato che fosse la mia paura più grande quando ho giocato ad un maledettissimo gioco della playstation… C’era… un… ragazzo. Lui.. scompariva. Passava attraverso i suoi amici. Nessuno si ricordava di averlo conosciuto.
Mi sono fermato a pensare.
A quel tempo non ero che un bambino e questo fatto mi sconvolse parecchio. Non volevo che tutte le persone che mi volevano bene si scordassero di me.
Sono andato da mia madre, con le lacrime agli occhi e lei mi ha guardato preoccupatissima.
-Charlie? Che è successo tesoro?- Si piegò subito su di me e mi abbracciò, dandomi un bacio sulla fronte. Sono così le madri, no? Non le avevo detto nulla, ma lei aveva subito compreso che non ero caduto facendomi male, che non piangevo perché ero commosso o altro. Lei aveva capito che c’era qualcosa che mi turbava. Molto.
Io non risposi e lei mi cullò nelle sue braccia.
Se fossi sparito non avrei mai più potuto godere del suo calore, del suo affetto.
Subito nuovi e più grandi lacrimoni scesero dai miei occhi e cominciai a singhiozzare.
-Tu mi vuoi bene, vero? Io non scomparirò vero? Tu ti ricorderai sempre di me, vero? E mi vorrai bene per sempre, vero?
Lei mi guardò con i suoi dolci occhi azzurri, ancora adesso ricordando quel suo sguardo così affettuoso mi viene da piangere, e mi disse queste parole:
-Tesoro, io non potrei mai scordarmi di te. Tu sei la mia vita. E poi le persone non scompaiono. Tu, piuttosto, una volta che anche io sarò salita al cielo come il nonno, ti ricorderai di me?
Io annuii vivacemente, come avrei mai potuto dimenticare la mamma?
-Bravo bambino. Finché anche il più piccolo ricordo resta qui- indicò il mio piccolo petto – io sarò sempre con te. Sono i ricordi che rendono immortali noi mortali. Non scordarlo mai.
Così dicendo mi diede un altro bacio e mi carezzò la testa.

Qualche anno dopo tornai sull’argomento. Ero un po’ più grandicello e non mi feci vedere piangente da mia madre.
Aprii il discorso così, dal nulla. O almeno, apparentemente dal nulla, avevo letto una storia su internet e questa… questa era andata nuovamente a rinforzare la mia paura, spingendomi alle riflessioni che poi riportai a mia madre.
-Mamma, ricordi nulla del tuo bis bis bis nonno?
-E come potrei, amore? Non l’ho mai conosciuto- Mi rispose lei con una risatina, mentre finiva di lavare i piatti, senza nemmeno girarsi verso di me.
-Quindi lui è scomparso?- Chiesi ancora.
A questo punto lei si girò, con un’aria un po’ preoccupata, questo mi fece immaginare che anche lei si ricordasse della nostra conversazione avvenuta qualche anno prima.
-Ma che dici? E’ morto e basta…
-Si ma, vedi… Quando una persona muore, i suoi famigliari e i suoi conoscenti la ricordano con affetto, e la rendono immortale. Ma la memoria umana è breve, e la vita stessa lo è. Alla morte di quelle persone, quindi, non ne sarà rimasto nulla delle loro memorie, no? E se quelle memorie sparissero, sparirebbe anche la persona alla quale erano legate, no?
Mia madre mi guardò turbata.
-Inoltre la memoria umana è facilmente ingannabile… Se determinate memorie venissero a mancare? Se i ricordi si appannassero cosa ne sarebbe dell’immortalità umana?
La donna continuò a guardarmi stranita, anche un po’ preoccupata.
-Perché mi dici cose simili?- Mi chiese togliendosi i guanti e avvicinandosi a me.
-Nulla… così… pensavo…- Risposi semplicemente, e poi tornai in camera mia, senza accogliere il suo braccio. Dio! Come me ne pento adesso! Potessi tornare indietro abbraccerei forte quella donna e le direi quanto l’amo.
Con il crescere quella paura continuò a vivere dentro di me, nascosta, apparentemente sopita.

Quando mia madre morì di cancro conservai gelosamente ogni singolo ricordo che avevo di lei, per renderla sempre viva con me. Ma mio padre non fece lo stesso. Si era ammalato di Alzheimer e per quanto io provassi in ogni modo a far vivere la mamma nei suoi ricordi, lui non ci riusciva, ma questo è posteriore.
Dicevo, con la morte della mamma le condoglianze arrivarono da chiunque, colleghi di lavoro, amiche, parenti alla lontana, vicini, conoscenti… tutti.
Il fatto che loro avessero ricordi della mamma non mi fece pensare che lei sarebbe stata immortale. Ognuno di loro la vedeva diversamente, ognuno di loro conosceva sfaccettature diverse della mamma ed io ero il solo ad averne una memoria esatta.
Era così… frustrante! Il mondo senza la mamma continuava a girare come se niente fosse successo… Presto anche i suoi colleghi, i vicini di casa, le sue amiche, tutti tornarono alle loro normali occupazioni e non si preoccupavano più di chiedermi come stessi, di chiedermi nulla sulla mamma. Era sparita dalle loro vite.
Da quel giorno in poi diedi un senso maggiore alla mia vita. Se io fossi morto, che ne sarebbe stato della mamma?
Ma adesso torniamo al motivo vero per il quale sto scrivendo. E cioè cosa mi è successo dopo.
Un giorno, mentre ero nel mio ufficio ad occuparmi delle mie solite scartoffie, mi addormentai.
Lo so, lo so, è riprovevole addormentarsi sul lavoro, ma ero stato sveglio per tutta la notte, pensando a mia madre, alla mia paura di scomparire, a mio padre che presto si sarebbe scordato anche di me…
Nel mio sogno mi sono apparse delle strane formule, degli stani simboli che non conoscevo.
C’era una voce… la voce di mia madre.
-Non fare che io sia scomparsa per sempre- Mi ripeteva con quella sua voce dolce, e il mio occhio interiore la ricordava, nei migliori anni in cui l’ho vista, quando aveva i suoi capelli biondi, nessuna ruga intorno agli occhi grandi e azzurri… La mia bellissima madre…
Ero perso nel buio e in quest’oscurità così fitta l’unica cosa che risplendeva erano questi particolari segni che giravano tutto attorno a me, sopra sotto… C’erano anche delle lettere… Vorticavano intorno a me.
Ma la cosa che più attirava la mia attenzione era un’enorme pietra che risplendeva di una luce rossa.
Poi d’improvviso tutto questo sparì e mi ritrovai davanti una sottospecie di bettola cadente, una baraccaccia. Su questa baracca era disegnato solo una specie di triangolo al contrario racchiuso in un cerchio… Non avevo la più pallida idea di cosa questo significasse. Prima di svegliarmi riuscii però a leggere la via e il numero civico di quella baracca.
Il mio capo non era nei paraggi, così decisi che se avessi fatto qualche piccola ricerca con il computer, per conto mio, non se ne sarebbe accorto nessuno.
Andai su Google maps e scoprii che la baracca c’era, esattamente in quella via, esattamente sotto quel numero civico.
Non poteva essere una coincidenza e io sapevo che quel sogno aveva un significato, me lo sentivo.
Quel giorno avevo il turno di notte, e il giorno dopo sarebbe stato il mio giorno libero, quindi decisi che l’indomani sarei andato di persona a visitare quel posto.
Non appena tornai a casa continuai con le mie ricerche su internet. Volevo sapere quanto meno cosa significasse il simbolo che avevo visto sulla baracca, e identificare almeno le lettere che mi erano apparse in sogno.
Scoprii che Au era il simbolo chimico dell’oro, Hg era il simbolo del mercurio, S quello dello zolfo, Ag quello dell’argento.
Per quanto mi sforzassi, però, non riuscii a trovare nessun altro dei simboli che avevo visto, troppo complessi per poterli cercare su un sito come google cercando di descriverli a parole.
Cercai allora di capire cosa fosse almeno quella pietra rossa.
Pietre preziose di quel colore ne esistevano… Poteva trattarsi di Rubino, Spinello, Zircone, Granato o anche Tormalina, o di semplice corallo… c’erano così tante pietre di colore rosso!
Ma una pietra attirò la mia attenzione più delle altre. La pietra filosofale.
Facendo qualche piccola ricerca su quest’ultima mi imbattei in alcuni dei segni che mi erano apparsi in sogno… Segni dei quattro elementi, vari cerchi alchemici e in particolare il triangolo raffigurato sulla baracca.
Secondo internet quel triangolo ribaltato raffigurava i principi dell’alchimia.
Partendo dall’alto c’erano i quattro elementi, cioè l’acqua, l’aria, il fuoco e la terra.
Sotto vi erano le tre sostanze chimiche, e cioè lo zolfo, il mercurio e il sale.
Sotto ancora vi erano l’oro e l’argento.
La punta del triangolo era rappresentata dalla mitica, introvabile e miracolosa Pietra Filosofale.
Decisi allora di fare un’altra piccola ricerca sull’Alchimia in generale.
Mi sopresi nel constatare che poteva a tutti gli effetti essere considerata una scienza. Ma allora perché è stata lasciata indietro? Era forse troppo pericolosa? Che la pietra filosofale non esistesse? Che l’uomo ne avesse usata talmente tanta da esaurirla?
Decisi che ero stanco, e che avrei trovato le mie risposte andando in quella baracca il giorno dopo.

Il mio sonno non fu dei più tranquilli. Continuai a sognare l’Alchimia, mia madre che mi implorava di non farla sparire… Quando mi svegliai ero completamente sudato e delle lacrime si erano asciugate sulle mie guance.
Mi preparai e senza indugiare ulteriormente presi la macchina e mi avviai verso la piccola comunità alchemica del mio quartiere, per quanto ne sapessi l’unica rimasta.

Quando arrivai alla baracca mi fumai una sigaretta, avevo bisogno di rilassarmi prima di andare avanti con quella storia. Bussai ripetutamente a quella porta di legno mal ridotta, e in più punti mangiata dai tarli, ma non vi fu risposta.
Stavo per andarmene, ma inaspettatamente mi voltai di nuovo e diedi una spintarella alla porta, che si aprì.
L’interno della baracca non era poi troppo diverso dall’esterno. La polvere regnava sovrana insieme con il suo amato re disordine. La luce filtrava appena dai buchi che martoriavano le tavole di legno con le quali le finestre erano state sprangate, e il gioco d’ombre che creava era a dir poco inquietante.
Deciso a continuare quell’indagine entrai incurante dell’agitazione che quel posto mi metteva.
C’era un immensa libreria completamente piena di volumi antichi, la maggior parte rilegati in pelle o in cuoio. Sul tavolo al centro della stanza c’erano varie provette di differenti fattezze e dimensioni. Sui muri, sul pavimento e anche sul soffitto c’erano molti dei simboli alchemici che avevo sognato e varie sostanze erano racchiuse in dei piccoli contenitori di vetro disposti su degli scaffali impolverati.
Camminai un po’, attraverso il libri che disordinati giacevano a terra invece che negli appositi spazi, finché non passai su una mattonella vuota.
Mi accorsi che lo era dal suono che le mie suole fecero a contatto con essa, e dalla polvere che ne uscì non appena ci passai sopra.
Allora mi piegai e provai a rimuoverla.
Non mi sorpresi più di tanto nello scoprire che nascondeva un passaggio segreto del sottosuolo.
Davanti a me si estendeva un lungo corridoio illuminato da varie luci ai lati, la maggior parte fulminate o che comunque facevano contatto male, svegliandosi e riaddormentandosi in continuazione.
Seguii il corridoio ed arrivai ad un grande portone, socchiuso.
Devo ammettere che quell’atmosfera non era proprio delle più rassicuranti, ma ormai c’ero…
Spinsi leggermente il portone e mi ritrovai in un ampia sala, disordinata come quella di sopra, ma completamente priva di mobili. Anche qui vi erano strani segni un po’ ovunque e… sangue. Vi era del sangue su ogni parete e cadaveri in lenta putrefazione.
Subito coprii il mio naso, cercando di evitare quel tanfo insopportabile.
Com’era possibile che nessuno si fosse accorto di quanto era successo in quella baracca? Cosa aveva fatto  morire tutte quelle persone?
Inevitabilmente il mio pensiero andò alla mia più grande paura.
Quegli uomini… erano diventati cadaveri e nessuno, NESSUNO nel mondo soprastante si era accorto di quanto successo. Nessuno aveva memoria di quegli uomini, nessuno era venuto a cercarli. Erano morti… no, erano scomparsi.
Subito mi voltai e corsi più veloce che potei, avevo bisogno di aria… e di una sigaretta.

Quando uscii dalla baracca ero ancora sconvolto e le mie mani tremavano.
Passò di lì una vecchietta.
-Giovanotto, si sente bene?- Mi chiese con un’aria indagatoria.
-S..si…- Risposi incerto.
-Non si direbbe…-
-Più che altro… mi sa dire cos’è quella baracca?- Domandai allora, cercando di ritrovare il mio contegno.
-Bah… nessuno ha il coraggio di andarci. Dicono che un tempo ci lavoravano dei laboriosi alchimisti, o satanisti… Gente non troppo raccomandabile comunque. Un giorno, dal nulla, il via vai sparì. Mandarono una pattuglia di polizia, ma nessuno fece ritorno. Si decise allora di lasciare per sempre quel posto al suo abbandono e alla sua decadenza. Non ci sai mica entrato, vero?
-No… cioè, ho aperto la porta e… ho deciso di tornare indietro, è inquietante.
-Già… lo è molto. Sarà bene per te che te ne stia alla larga, giovanotto.
Così dicendo si allontanò.
Non appena ebbi finito di fumare decisi che non ero ancora del tutto calmo e mi fumai un’altra sigaretta, poi un’altra.
Ero indeciso sul da farsi. Volevo saperne di più su quel posto, volevo sapere di più sull’Alchimia e volevo salvare mia madre. C’era per forza un modo per non farla sparire, lo sapevo, altrimenti non mi avrebbe mandato quel sogno. Tutto ciò che avevo sognato si era rivelato vero, quindi sicuramente c’era anche un modo per evitare che lei sparisse.
Presi tutto il coraggio che avevo e rientrai nella baracca. Ridiscesi le scale e ripercorsi il lungo corridoio.
-Non vi lascerò affondare nell’oblio- Dissi rivolto ai cadaveri – Mi ricorderò di ognuno di voi- E così facendo li guardai in faccia, o almeno quel che ne restava della loro faccia, uno per uno prima di ammassarli in un angolo della stanza.
Uno di loro teneva in mano una lettera. La calligrafia mi diceva che era stata scritta in fretta, forse erano state le ultime volontà di quell’uomo. La lessi.

Non far sparire l’Alchimia, noi abbiamo sbagliato, ma tu puoi ancora creare la vita, tutto ciò che ti serve è imparare dai nostri errori. Leggi il mio diario e correggi quanto devi. Abbiamo nascosto la pietra, ma so che se sei in gamba troverai le risposte nel mio diario.
Ti prego, non lasciarci al nostro


Qui la lettera si fermava. C’era qualche scarabocchio, forse l’uomo stava cercando di scrivere ancora, ma gli spasmi della morte glie l’avevano impedito. Senza rendermene conto delle lacrime attraversarono il mio viso.
Anche quell’uomo, probabilmente, sapeva che stava per scomparire. Avrebbe voluto scrivere di non essere abbandonato al suo destino? Avrebbe voluto essere salvato? Avrebbe voluto essere ricordato?
Non appena mi fui calmato rilessi attentamente la lettera.
Trovare un diario in quell’ammasso di libri era come trovare un ago in un pagliaio. Ci avrei messo mesi, forse anche anni.
Una cosa però mi turbava. Cosa aveva ucciso quegli uomini? L’uomo parlava di un errore nei loro calcoli… Che fosse stato quello ad averli ammazzati tutti? Magari un’ esplosione…
Se fosse stato così, però, come mai i corpi erano in quello stato? Cioè, se non fosse stato per  l’odore di carogna e le parti di pelle putrefatta, si sarebbe potuto dire che quegli uomini stavano dormendo.
Mi convinsi che fosse stato un rilascio di sostanze non previste nei loro calcoli ad averli avvelenati, e portarli quindi alla morte.
Ma cosa ne poteva essere stato della pattuglie di polizia che erano state mandate per controllare l’area? Come mai non vi erano nemmeno i loro corpi? E soprattutto, a cosa si riferiva l’uomo con creare la vita? Era questo che stavano provando a realizzare?
A causa dell’aria malsana e dei troppi ragionamenti iniziò a farmi male la testa, decisi di prendere un’altra boccata d’aria prima di cominciare con la ricerca del diario, per saperne di più.
Quella sera, quando tornai a casa ero molto scoraggiato. Il giorno dopo sarei dovuto andare a lavoro, come se niente fosse successo, e avrei potuto continuare la mia ricerca solo una volta finito il mio turno, ciò voleva dire quando era già calato il buio visto che d’inverno le giornate sono davvero brevi e ciò avrebbe reso quel posto ancora più inquietante di quanto già non fosse.

-Charlie… Hai due occhiaie pazzesche e un’aria orribile, stai bene?- Samantha era una mia collega solo da poco tempo, ma da subito aveva dimostrato un certo affetto per me.
-Si, ho solo avuto un incubo ieri notte, è tutto a posto- Risposi cordialmente – Grazie per l’interessamento Sammy- Aggiunsi poi, facendo infiammare le sue guance.
Durante la pausa pranzo mi sbrigai a mangiare il mio panino per poter tornare subito al computer e approfittare di quanto tempo mi era rimasto per fare delle nuove ricerche sull’alchimia.
-Come mai sei di nuovo a lavoro?- Samantha, che aveva il mio stesso turno quel giorno, mi venne dietro.
Io chiusi subito le finestre del computer e mi voltai verso di lei.
-Avevo delle cose in sospeso… dovevo finirle…- Risposi senza guardarla negli occhi.
-In sospeso? Cosa puoi avere in sospeso con l’alchimia?-
Devo ammettere che il suo sbirciare dal mio schermo mi aveva molto innervosito, ma allo stesso tempo ero troppo stupito dal fatto che lei avesse riconosciuto il simbolo che stavo osservando per sgridarla.
-Alchimia?- Chiesi con fare circospetto.
-Dai, non fare il finto tonto. So bene che stavi osservando un cerchio alchemico, posso sapere perché? Ha a che fare col tuo incubo?-  Così dicendo si piegò sulla mia scrivania e riaprì la finestra che avevo cercato di nasconderle.
-Beh, si… Ma dimmi, come fai a conoscere l’alchimia?- Le domandai, facendole posto accanto a me.
Lei allora mi guardò con un aria assente, come se non stesse guardando me, ma qualcosa di lontano, esistente solo nella sua memoria.
-Io…- Cominciò, ma poi i suoi occhi mi guardarono, guardarono veramente me – Tutti conoscono l’alchimia, ne parlano in molti film, o telefilm o cartoni- Sorrise e tornò ad osservare il cerchio.
Avrei voluto parlare ancora con lei, mi sembrava come se volesse nascondermi qualcosa, ma la pausa pranzo era finita, e lei doveva tornare alle sue fotocopie come io dovevo tornare ai miei dati.

Finito di lavorare andai direttamente nel luogo d’incontro degli alchimisti, per cercare di nuovo il diario.
Mentre davo le spalle alla porta, guardando su una delle tante librerie, sentii dietro di me dei passi. Mi voltai spaventato.
-Sapevo che saresti venuto qui…-
-Samantha? Che ci fai tu qui?- Le chiesi non appena la riconobbi.
-Suppongo tu stia cercando questo- Rispose lei passandomi un libro -
Lo guardai per un momento e subito mi accorsi che era proprio quello che cercavo.
-Come…-
-…So che lo cercavi? O come facevo ad averlo?- Continuò, e dopo che io ebbi annuito riprese – Mia zia mi ha detto che un ragazzotto pressappoco della mia età si aggirava da queste parti ieri, e io ho capito subito che eri tu dopo aver visto quel cerchio alchemico, oggi, a lavoro.
La guardai, in attesa che rispondesse alla seconda domanda, ma quando mi accorsi che non l’avrebbe fatto se non glie l’avessi chiesto esplicitamente decisi di porle nuovamente la domanda.
-Posso sapere come facevi ad averlo?
-Dopo una settimana che mio padre non tornava decisi di dire alla polizia dove provare a cercarlo e li indirizzai nel loro ritrovo, sapevo che doveva rimanere segreto, ma io cominciavo a preoccuparmi per lui. Ma nemmeno la polizia fece ritorno. Così decisi che sarei andata io stessa a controllare cosa fosse successo. Vedere mio padre… e.. i suoi amici in quelle condizioni… Eppure della polizia non vi era traccia… Spaventata presi il diario di mio padre e scappai da quel posto di morte. Lo so, avrei dovuto come minimo dar loro una degna sepoltura ma… la seconda volta che varcai quella porta non riuscii a scendere nemmeno le scale, avevo troppa paura. Mi lasciai tutto alle spalle, cercando di dimenticare tutto. I cadaveri, l’alchimia, la polizia… mio padre…
Quelle rivelazioni mi sbalordirono, come poteva una ragazza dolce e sensibile come Samantha cercare di dimenticare suo padre?
-E quindi hai deciso di lasciarli lì… hai deciso di farli scomparire per sempre, non è così?
-A cosa ti riferisci?- Lei, non conoscendo la mia paura, era perplessa.
-Sai cosa rende un essere umano immortale? Il ricordo che i suoi cari hanno di lui! Come hai potuto lasciare che tuo padre scomparisse così? Lui che per primo, come alchimista, cerca la vita eterna! Penso che tu gli abbia fatto lo sgarbo maggiore che gli si potesse fare!
Samantha allora scoppiò a piangere.
-Tu non sai a cosa stavano lavorando! Se tu lo sapessi mi capiresti! E’ orribile quello che hanno fatto! Io avevo paura di quel posto, ma ancora di più avevo paura di loro!
A quel punto le ginocchia della povera donna cedettero e lei cadde a terra, ancora scossa dai singhiozzi e visibilmente spaventata.
Io le andai incontro e l’abbracciai.
-Scusami, scusami tanto… Io.. hai detto bene, non so nulla né su tuo padre né sui suoi esperimenti, né sul perché sia morto. Ma… Ma l’alchimia, questo posto… Tutto mi è apparso in sogno e io sto cercando di far luce su tutto ciò, e tu potresti aiutarmi… ti va?
Samantha si asciugò le lacrime e mi guardò.
-Si… si, voglio aiutarti.
-Bene, quindi devi raccontarmi tutto quello che sai. Sull’alchimia, sugli studi di tuo padre, sulla causa della loro morte… tutto quello che sai.


-Mio padre e i suoi amici cercavano un modo per far tornare in vita i morti e per avere la vita eterna con l’aiuto della pietra filosofale. Dei loro studi non so molto, purtroppo, lui non voleva che io andassi con lui, quindi tutto quello che so sull’alchimia l’ho appreso da internet, e adesso dal suo diario.
-L’ultimo giorno che ho visto mio padre mi ha detto che sarebbe tornato con la mamma, mia madre è morta dandomi alla luce. Io sapevo bene che sarebbe stata una pessima idea, sapevo che era giusto lasciare  i morti nel proprio paradiso e non ficcare il naso nell’operato di  Madre Natura, ma lui non voleva ascoltarmi…
Samantha mi raccontò i principi base dell’alchimia e mi mise al corrente di tutto ciò che aveva appreso dal diario di suo padre ma mi consigliò comunque di lasciar perdere, mi disse che così come suo padre aveva fallito lo avrei fatto anche io se ci avessi provato.
Me ne andai promettendole che non avrei  approfondito l’argomento.
Arrivato a casa, però, stanco com’ero e carico di sonno arretrato, decisi di fare un pisolino. Sognai di nuovo la mamma e quello che avrei fatto l’indomani mi sembrava chiaro come il sole: sarei andato nuovamente nella baracca e avrei cercato la pietra filosofale nascosta dall’alchimista, così mi misi a studiare bene il diario in cerca di indicazioni su dove fosse stata messa per essere al sicuro . Prima, però, ricontrollai bene i calcoli fatti dai miei predecessori cercando la falla del loro ragionamento, il loro errore, per non commetterlo nuovamente.
Passai l’intera notta su quel diario e, la mattina dopo, sembravo uno zombie tant’era che non dormivo, ma sapevo cosa dovevo fare.
Non appena arrivai al lavoro Samantha si accorse subito del mio stato, e io fui felice di sapere che mi avrebbe sicuramente seguito per scoprire se i suoi presentimenti erano fondati o meno, mi sarebbe servita una volta arrivato a destinazione.
Come mi aspettavo, infatti, non appena staccai da lavoro Sammy mi pedinò. Non mi feci problemi a prendere la pietra pur sapendo che lei mi stava spiando, e scesi nel sotterraneo come se non mi fossi accorto della sua presenza.
Arrivato nella grande stanza cominciai a disegnare a terra il cerchio e, pazientemente, aspettai che la ragazza si mostrasse a me e mi facesse la predica. L’avrei fatta avanzare finché non sarebbe finita all’interno del cerchio e poi, Dio perdoni la mia anima, l’avrei offerta come sacrificio umano.
Avevo infatti appreso che l’alchimia si fondava su leggi molto semplici. Tutto era formato da determinate sostanze e, solo avendo usato quelle determinate sostanze avrei potuto ricreare quel tutto.
Stando a ciò, avevo bisogno di un corpo umano per creare un corpo umano, e di un’anima umana per creare un’anima umana. Ed era in questo che i miei predecessori avevano fallito. Avevano ricercato in lungo e in largo tutto quanto costituisse un corpo umano, cose come l’ossigeno, il carbonio, idrogeno, calcio, azoto, fosforo, zolfo, potassio, cloro, magnesio e quant’altro, ma non sarebbero mai riusciti a costituire un’anima solo con quegli elementi.
Ma le cose non andarono proprio come mi aspettavo.
Non appena finii il mio cerchio, sentii un forte dolore alla testa, e il buio mi avvolse.
Quando mi svegliai ero legato ad una sedia e Samantha mi guardava, con la pietra filosofale in mano.
-Sei uno stolto-  Mi disse ridendo.
-Samantha? Cosa stai facendo?! Liberami!-
-Perché dovrei? Per farmi usare come sacrificio? No grazie, so bene cosa avevi intensione di fare, e sai una cosa? Avevo previsto tutto sin dall’inizio!-
-Ma di che stai parlando?- I polsi cominciavano a farmi male perché nei miei tentativi di slegarmi li strusciavo contro la ruvida corda.
-Sai, la mia idea era semplicemente di trovare qualche stolto che mi trovasse la pietra, ma poi ho pensato che sarebbe stato cortese, visto l’enorme favore che mi hai fatto, dirti almeno come stanno le cose. Quindi adesso ti racconterò tutto, ma fai silenzio mentre parlo, non mi piace essere interrotta.
-In primo luogo non ho del tutto mentito quando ti ho detto che quello stolto dell’alchimista è mio padre, ma… Ecco diciamo che dovevo essere sua moglie, ma evidentemente ha toppato qualcosa! Da quando quell’uomo ha perso la sua amata mogliettina ha cercato un modo per farla tornare in vita, e i suoi amichetti, interessati quanto lui a farla rivivere dal momento che se l’erano passata tutti, lo hanno aiutato nei suoi studi. Ma loro hanno fallito. Ed ecco… sono nata io. Alcuni mi chiamano Homunculus, ma a me questo nome non piace affatto. Quando li ho visti per la prima volta ho provato una repulsione terribile per loro, e li ho uccisi tutti. E’ stato divertente, adoro uccidere le persone. Ma stando in quel posto putrido sono venuta a conoscenza dell’alchimia, di questa sottilissima arte e soprattutto sono venuta a sapere della possibilità di avere la vita eterna. Cosa poteva interessarmi di più?
-E’ stato un piacere quando sono arrivati tutti quei poliziotti, ho potuto usare le loro anime per allungare la vita della mia e i loro corpi per rigenerare il mio, che a causa dell’incapacità di quegli alchimisti da quattro soldi iniziava ad andare in putrefazione.
-Ma così facendo consumai la piccola pietra filosofale che quegli stolti avevano portato con loro nel sotterraneo quando avevano deciso di crearmi. Allora cominciai ad andare nel più completo panico, perché non sapevo decifrare gli appunti criptati che quel deficiente aveva lasciato nel suo diario per trovare la loro scorta.
-Fortunatamente però sei entrato in gioco tu.
-Devi sapere che noi Homunculus abbiamo una sensibilità particolare, abbiamo delle doti particolari, e al solo vederti mi sono resa conto che eri quello che faceva per me. Mi sono inventata la personalità di Samantha e ti ho fatto fare esattamente quello che mi serviva facessi.
-Grazie, adesso posso anche usarti per allungare ancora di più la mia vita.-
Quando Samantha ebbe finito il suo racconto ero completamente sbalordito, ma c’erano ancora dei punti nel suo racconto che non mi tornavano, decisi di sfruttarli per guadagnare tempo e continuare a cercare di slegarmi.
-Perché non hai usato anche gli alchimisti per allungare la tua vita?-
-Perché erano già morti… Non hai sentito quello che ho detto? Non avevano più un’anima e la loro carne presto sarebbe stata più putrefatta della mia, adesso dì addio al mondo…- Prese una mazza e si avvicinò a me.
-Aspetta! Aspetta! Se sono così portato per l’alchimia, che senso ha uccidermi? Presto anche questa pietra filosofale si esaurirà, e allora che farai? Io potrei trovare un modo per fartene avere all’infinito… potrei trovare il modo per costruir la pietra filosofale… Che ne dici?- La paura si stava impossessando di me. La mia paura si stava per avverare. Stavo per morire. Morire in una baracca puzzolente, senza le persone a me care intorno a me. Senza che gli altri sapessero come ero morto. Senza che gli altri sapessero nemmeno che ero morto. Sarei scomparso proprio come tutti quei poliziotti. Presto tutti si sarebbero scordati della mia esistenza e i ricordi che io avevo della mamma sarebbero andati perduti, facendo scomparire per sempre anche lei. Della lacrime uscirono dai miei occhi e, mi vergogno un po’ a dirlo, la mia reazione di fronte alla paura fu qualcosa di terribilmente patetico.
-Sei vergognoso. Il genere umano dovrebbe vergognarsi di appartenere alla tua stessa specie… Sei patetico.- Samantha sputò a terra e fece una faccia disgustata. – La scorta che hanno di pietra è sufficiente a farmi vivere per oltre due millenni, ci sarà qualcun altro più bravo di te in futuro, non voglio un cagasotto come te al mio fianco. Adesso addio.-
Così dicendo la giovane Homunculus mi fece svenire di nuovo.

Adesso sapete tutto.
Non so dove mi trovo, probabilmente la mia essenza è in qualche parte remota dell’anima di Samantha.
Non so quanti anni sono passati.
Non so se qualcuno si sia accorto della mia assenza, del fatto che io sia morto…
Non so nulla.
E ormai non avrò più modo di sapere nulla.



 
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Salve a tutti!
Dopo un luuuungo periodo di assenza eccomi di nuovo qui a scrivere qualcosa ( qualcosa di osceno, ma qualcosa)
Ho dovuto staccare la spina da Emily e Sasha altrimenti sarei diventata pazza, anche se ho bene in mente i prossimi due capitoli che, ve lo dico in anticipo, saranno uno un flashback e l’altro la sua introduzione ( un po’ come Inside your lust e About your past)
Era da un po’ che cominciavo storie e poi le lasciavo a metà, non è proprio un buon periodo per la mia vena creativa :(
Comunque adesso ho scritto questo e… penso di essermi cimentata in qualcosa di un po’ troppo al di là delle mie capacità :( chiedo perdono :(
Per scrivere questa storia mi sono informata molto su internet, ma per lo più mi sono ispirata ad un anime che a me piace molto, che è Fullmetal Alchemist <3
Per quanto riguarda il videogioco al quale faccio un piccolo accenno all’inizio, si tratta di Kingdom Hearts 2 ( adoro adoro adoro adoro adoro <3 ) nella parte iniziale, quando si vede ancora Roxas.
La storia che invece Charlie legge su internet è una storia che io stessa ho scritto qualche tempo fa ( si, il tema delle sparizioni mi piace molto e penso che ricorrerà ancora e ancora XD )
Qui vi lascio il link in caso vi venga voglia di leggerla ^_^
Detto ciò vi saluto, siate clementi con quest’aborto e soprattutto segnalatemi se vedete molti errori, perché a furia di tagliare il racconto per renderlo più breve ( soprattutto nella parte finale) mi sa che ho fatto un po’ di orrori ^^
Adieu <3
P.S. Per la sezione ho avuto fortissimi dubbi, quindi l’ho messo a caso in quella Introspettiva perché comunque sia tutto gira intorno alla paura di Charlie e alle sue riflessioni, però è IMPORTANTE che voi mi aiutiate… In che sezione pensate che dovrei spostarla? Per favore, rispondetemi a questo nelle vostre recensioni XD
  
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