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Autore: maria1012    11/09/2013    3 recensioni
Louis aprì gli occhi, si sentiva già stanco, stufo del caldo di quelle ultime settimane di giugno. Allungò un poco le gambe, fino a scacciare sul fondo del letto il lenzuolo già stropicciato, tutto ciò non bastò, il calore non proveniva dal misero telo di cotone, ma dalla stufa-umana che dormiva beata al suo fianco. Infastidito, sbuffò contro il cuscino.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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C’era il sole quel mattino, filtrava dalle serrande illuminando fiocamente la camera da letto e il profilo dei due ragazzi, quello fine ed elegante del liscio, girato su un fianco con le braccia abbandonate sotto il cuscino, e quello più mascolino, eppure ugualmente bello del ragazzo riccio, un braccio stretto attorno al corpo dell’altro, la fronte poggiata contro la sua schiena nuda, pallida.
Louis aprì gli occhi, si sentiva già stanco, stufo del caldo di quelle ultime settimane di giugno. Allungò un poco le gambe, fino a scacciare sul fondo del letto il lenzuolo già stropicciato, tutto ciò non bastò, il calore non proveniva dal misero telo di cotone, ma dalla stufa-umana che dormiva beata al suo fianco. Infastidito, sbuffò contro il cuscino.
“Harry...” Brontolò, afferrando il braccio del compagno e allontanandolo dal suo corpo.
“Ho caldo, quante volte ti ho detto di non starmi così appiccicato” Aggiunse, raggiungendo il bordo del letto, rischiando per poco di cadere sul pavimento.
“Loulou, torna qui” Mugolò il riccio, cercandolo con la mano, poi con i piedi, infine con tutto il corpo, a occhi chiusi, arrancando verso il calore perduto.
Ci fu un tonfo, un digrignare sordo di denti e poi le imprecazioni di un Louis già incazzato nero di prima mattina.
“Idiota!” Gridò il liscio, alzandosi in piedi e osservando la figura abbronzata di Harry cercarlo invano, arrendersi ed infine optare per la posizione da stella marina al centro del letto.
Fu l’espressione beata sul volto del compagno a far scattare una volta per tutte il ragazzo, che afferrò un cuscino e glielo tirò contro.
“Louis, buongiorno!” Aprì gli occhi Harry prendendo il cuscino e stringendoselo contro il petto.
“Tu...Osi dire a me buongiorno?! Ma io ti ci uccido con quel cuscino...” Scoppiò Louis avventandosi sull’altro come un folle.
“Non ci siamo svegliati bene, eh?” Rise il riccio volando entrambi i cuscini fuori dal letto e stringendo l’altro contro il suo petto.
“Lasciami, idiota, lasciami! Così posso ucciderti!”
Louis si divincolò dalla presa, cercando di sfuggire a quelle braccia e a quelle mani che la sera prima non aveva rifiutato, ma aveva accolto su di sé con una felicità che ogni tanto si stupiva di poter provare.
Ogni tentativo si rivelò inutile, così si ritrovò con la faccia premuta contro la pelle rovente dell’altro, le sue dita ruvide e tanto grandi immerse nei capelli corvini in una carezza che, doveva ammetterlo, gli dava i brividi.
“Buongiorno, Lou” Soffiò Harry, facendo scorrere le dita dalla nuca al collo eburneo del moro, per poi percorrere tutta la colonna vertebrale, indugiare sui fianchi e risalire piano, disegnando spirali e strani motivi geometrici.
Nel silenzio di quella stanza fiocamente illuminata dal sole risuonò il rumore umido di un bacio, leggero, dato a fior di labbra.
C’erano i cuscini per terra, le serrande abbassate, un lenzuolo sgualcito e arrotolato ai piedi del letto e poi loro, le loro dita unite in una danza di carezze e di strette, mani che si cercano e dita che si combattono, che trovano capelli, pelle, labbra e respiro, e poi un bacio, ancora. Le labbra sottili di Louis cozzarono più volte su quelle di Harry, prima in modo goffo, impacciato, la ricerca impulsiva, quasi morbosa di un incastro affannato, poi in modo sempre più dolce, lingue che si cercano che si sfiorano, che smettono di lottare.
Louis aveva sempre pensato che i baci fossero per gli idioti, per i sentimentali e per le femmine lacrimevoli, un inutile scambio di saliva fin troppo decantato da poeti e romanzieri finocchi, poi aveva baciato Harry...
Era stato come morire, ma in modo piacevole, rimpicciolire fin quasi a sparire e poi esplodere, con un tumulto nello stomaco ed un formicolio strano alle dita che necessitavano di afferrare, di stringere, di cercare quel viso che aveva sempre e solo preso a pugni fin dall’infanzia.
Si era ritrovato con la lingua nella bocca dell’altro, con le labbra stampate forte, fin quasi a star male, su quelle carnose, belle, accoglienti del suo migliore amico, così, come un idiota, come un sentimentale, come una femminuccia lacrimevole aveva baciato e ribaciato Harry.
Hazza aveva sorriso, strizzato gli occhi per tirare indietro un paio di lacrime, frutto di una gioia che desiderava da troppi anni, aveva anche incassato il pugno di Louis poco dopo, gli occhi sbarrati, pallido, quasi avesse commesso un omicidio.
Harry gli aveva afferrato le mani pallide, aveva arrestato il tremore di quelle dita affusolate con le sue, poi l’aveva ribaciato, questa volta dolcemente, senza alcuna fretta o foga. Louis era inizialmente rimasto immobile, le labbra sottili leggermente dischiuse in un “ah” muto, così il riccio gli aveva baciato il mento, poi la guancia, piano, impattando dolcemente su quella pelle chiarissima, trovando l’umido di una lacrima, che aveva raccolto con la punta della lingua.
“Anche io ti amo, lou” Gli aveva sussurrato quella volta, all’orecchio, sottovoce, come se fosse stato un segreto.
Louis non aveva protestato, né gli aveva assestato un altro pugno in pieno viso, era rimasto immobile ad ascoltare quel ti amo, mormorato piano dopo ogni bacio, sul collo, sulla fronte, di nuovo sulle labbra, dieci, cento, mille volte, finché le sue mani non smisero di tremare e cercarono il viso di Harry, un Harry molto più forte di lui, più coraggioso.
“Sì, hai ragione, io ti amo...” Aveva ammesso anche a se stesso.
Erano passati tre anni da quel giorno, e quel bacio era bello come il primo.
“Louuuuu, ho fame” Esordì qualche secondo dopo Harry, staccandosi dalle labbra del compagno e scoppiando a ridere.
Il liscio sbuffò e si alzò controvoglia, anche quel mattino l’altro era scampato all’omicidio, e lui, doveva ammetterlo, si sentiva meno incazzato.
Si trascinò nel bagno, si lavò il viso e ciabattò fino alla piccola cucina del loro appartamento in affitto, uno dei tanti nel quartiere universitario, indosso solo un paio di boxer neri e due occhiaie da far paura.
Ancora non capiva perché ogni mattina, anche nelle domeniche come quella, si ritrovava a preparare la colazione per quel cretino che nell’altra stanza poltriva beato.
Mise un po’ di latte al fuoco e si allungò per aprire lo sportello in alto a destra
“La marmellata ai lamponi” Si disse sottovoce, afferrando il barattolo e poggiandolo sulla tavola.
Era quello il motivo per cui aveva preso quell’abitudine, se Harry avesse dovuto occuparsi del proprio sostentamento mattutino avrebbe di certo ingerito un bicchiere di latte freddo e qualche biscotto stantio recuperato a casaccio, ma così, se era il suo caro Louis a preparargli la colazione, Styles si sedeva comodo e mangiava lentamente, gustando tutto, soprattutto la marmellata ai lamponi, che in quegli ultimi anni aveva scoperto di adorare.
Louis sorrise, svitò il coperchio del barattolo e guardò la confettura rossa con gioia.
Sapeva che forse la sua poteva chiamarsi mania, ossessione patologica, ma solo l’immagine mentale del suo compagno intento a leccarsi i rimasugli di marmellata dalle dita lo eccitava.
Ghignò e cominciò a preparare la “trappola”.
Stese la confettura su una decina di biscotti sottili, tolse il latte dal fuoco e riempì due grandi tazze, tostò due fette di pane e affogò anche quelle nella marmellata, forse era eccesivo, forse sarebbero morti entrambi per un picco glicemico, poco gli importava, l’ora della degustazione era giunta, bastava solamente chiamare la portata principale, Harry.
“Hazza! E’ pronto in tavola, muoviti!” Urlò sedendosi comodo, incrociando le gambe, un calore familiare a invadergli il basso ventre.
Harry entrò nella stanza con un asciugamano in vita e i capelli completamente bagnati.
“Ho fatto una doccia veloce” Si giustificò ravvivandosi all’indietro la scomposta e folta chioma color grano.
Le gocce d’acqua colarono, come nel più banale dei cliché sessuali, dal mento regolare ai pettorali tonici e perfettamente scolpiti nel fisico asciutto da atleta, fino a scivolare sempre più in basso, sugli addominali perfetti, vicino all’ombelico...
“Grazie per la colazione, Lou” Esordì poi il liscio, riportando il compagno ad uno stato più vigile.
“Marmellata ai lamponi” Sorrise Louis, insolitamente allegro, il piede nudo che batteva uno strano ritmo sotto il tavolo.
“La mia preferita” Aggiunse Harry sedendosi e fissando il compagno negli occhi con un’intensità tale che l’altro si chiese se non sapesse, se in realtà, il ragazzo dal sorriso infantile che ora gli sedeva di fronte non conoscesse i suoi pensieri più morbosi e perversi.
“louu...” Iniziò Harry, senza mai staccare gli occhi verdi da quelli azzurri del compagno.

“Si?” Deglutì il liscio, sentendosi completamente frastornato e fuori dal personaggio, lui che non batteva ciglio di fronte a niente.
“Mi passeresti il barattolo?” Il dito indice di Harry andò a indicare la marmellata.
Louis lo scrutò con attenzione, forse, dopo tutte quelle mattine passate a mangiar marmellata Harry si era fatto le sue idee, scemo com’era probabilmente le aveva anche avute giuste, data l’assurdità della cosa.
“Sai loulou...” Riprese il riccio, afferrando il barattolo dalle mani del compagno, sfiorando le sue dita pallide con una lentezza esasperante.
Nella stanza si poteva udire solo la voce di Harry e il tintinnare del suo coltello.
“Questa marmellata...da quando me l’hai fatta assaggiare la prima volta...” E inzuppò il coltello nel barattolo per poi portarsi alla bocca la lama sporca di quel rosso denso e leccare, lentamente fino a ripulirla “Non riesco più a farne a meno...” Terminò scavando di nuovo nel barattolo.
“Lo sa...cazzo, lo sa” Pensò Louis, che aveva preso a stringere le gambe con forza sotto al tavolo per contenersi almeno un po’.
“Bene, sono contento” Riuscì a dire, atono.
Doveva sembrare controllato, eppure non ci riusciva, si sentiva come se si fossero invertite le parti, come se quel riccio si stesse prendendo gioco di lui.
Harry gli sorrise, con la mano libera bevve un sorso di latte, poi addentò un biscotto, leccandosi le labbra e riprese a fissare la lama del coltello nuovamente carica di marmellata.
Louis lo imitò, bevve una grossa sorsata di latte e mangiò un biscotto, immaginando che la bocca di Harry avesse quello stesso sapore.
“’Lou...” Si avvicinò il riccio, il coltello ancora tra le dita “Hai del latte sui...” Afferrò il viso di Louis e lo baciò, leccando via i rimasugli del liquido bianco dalle sue labbra.
“Ops” Sussurrò poi Harry ad un centimetro dalla bocca del moro quando un po’ della marmellata che ricopriva l’acciaio del coltello cadde sulle gambe nude di Louis e sui suoi boxer.
“Sono il solito casinista” Aggiunse il riccio poggiando il coltello sul tavolo, parlando ancora una volta a pochissimi millimetri dalle labbra sottili dell’altro, che ormai aveva rinunciato all’autocontrollo e poteva sentire benissimo l’eco del suo battito rimbombargli furioso nelle orecchie, e pulsare ancor più esigente nei boxer.
Con le dita andò a sfiorare il viso di Harry, indugiò sulle guance, sul naso ben disegnato, poi sulle labbra, si staccò da lui e andò a raccogliere con l’indice un po’ della marmellata sulla coscia, per poi riportarlo alla bocca di hazza, che tirò fuori la lingua, assaggiando con delicatezza solo la punta del polpastrello.

“Lecca, leccalo tutto” Mormorò Louis, con un brivido intenso che gli percorreva la spina dorsale, spingendo il dito contro la lingua calda del compagno, ritrovandosi a fissare il volto di Harry, le palpebre abbassate, la bocca chiusa sul suo dito, e quella lingua calda, rovente, leccare, giocare con la sua pelle, con quell’estremità sottile e affusolata.
Quante volte aveva fantasticato in quel modo, quante volte aveva immaginato Harry coperto di marmellata, buono da mangiare, buono da leccare, buono da fottere.
Quante volte si era immaginato sotto Harry, indecentemente bagnato, nudo, vestito solo dei rimasugli della colazione, quante volte aveva immaginato Harry, nudo che lo baciava con le labbra al sapore di lampone.
In quelle fantasie si faceva le scene più dolci del mondo, tutte al sapore di marmellata, tutte incredibilmente umide, deliziose, perverse, con Harry che gli leccava la pelle delicata dell’interno coscia, con Harry che spalmava la sua amata marmellata sul suo corpo teso e poi leccava, succhiava, affamato, faceva colazione con lui.
Louis riaprì gli occhi e incontrò quelli cerulei del compagno.
“Che sporcaccione, Loulou...” Cantilenò con voce roca, quasi gli avesse letto nella mente.
“E’ colpa mia, a stare con me sta diventando furbo, ha capito” Pensò, lanciandogli un’occhiataccia.
“Cosa vogliamo fare? Sprechiamo tutta quella marmellata?” Continuò fissando la pelle candida delle cosce dell’altro.
Louis ricordava bene la prima volta in cui avevano fatto l’amore, o meglio avevano cozzato goffamente l’uno contro l’altro, litigando ogni tanto per la supremazia, lasciandosi scappare anche qualche morso o qualche pugno, arrossendo inevitabilmente, trattenendo sospiri indecenti, che a sentirsi gemere nel silenzio della loro stanza erano morti dall’imbarazzo, fino a quando il dolore non diveniva sopportabile, fino a quando il piacere non guidava le dita sui loro corpi, dettando mappe che erano state sconosciute, sino ad allora. Louis ricordava l’espressione persa di Harry, il sudore sulla sua fronte, sulle braccia ben tornite e solide, ricordava i loro bacini cozzare cercandosi, ricordava quel fondersi bramato e desiderato fino ad esplodere, lo scavarsi dentro, quasi a voler cercare l’anima, per assicurarsi che fosse propria, per marchiarsi a vicenda.
Louis guardò con dolcezza quel ragazzo che ora si chinava sotto il tavolo senza vergogna, quello stesso ragazzo che era stato da sempre il suo migliore amico, rivale, lo stesso a cui aveva confidato ogni più insignificante segreto, lo stesso che aveva pianto insieme a lui quando aveva perso entrambi i genitori, lo stesso bambino e giovane uomo che l’aveva ascoltato farneticare piani di vendetta contro Dinkleberg, lo stesso amico a cui aveva elencato tutte le scopate delle superiori, i nomi di quelle ragazze di cui non ricordava nemmeno la faccia, lo stesso di cui si era innamorato o che forse aveva sempre amato, di nascosto, vergognandosi.
Harry carezzò con gentilezza le caviglie del compagno, baciò la pelle chiara delle gambe, salendo fino alla coscia, pallida e perfetta, i muscoli tesi, disegnati.
Aiutò Louis a sfilarsi i boxer afferrando poi quel piacere teso, cospargendolo con la lingua di saliva e marmellata, leccando.
“Louis...”Lo chiamo, alzando un poco la testa, strizzando gli occhi chiari in un sorriso, quando vide il rossore sulle guance pallide del liscio, e quell’espressione strana, un misto di dolcezza e di sorpresa nelle iridi scure, come ogni volta che si toccavano, quasi fosse un regalo inaspettato.
“Louis...”Lo chiamò ancora, prendendogli le mani e portandosele tra le arruffate ciocche.
“Toccami, Louis” Gli suggerì, avvolgendo di nuovo con le labbra quel piacere umido, ora dolciastro come una crostata ai lamponi.
Tomlinson afferrò le ciocche castane, immergendo le dita in quella chioma morbida e scomposta, ancora umida per la doccia.
Era bellissimo, migliore di ogni fantasia, di ogni sogno. Harry era lì, reale, ad accoglierlo, a desiderarlo, con la lingua, con le labbra, con le mani che andavano percorrendo l’interno delle cosce, l’inguine.
“Ha-hazza...” Balbettò, tirando un poco la testa all’indietro, scoprendosi la fronte dai capelli intrisi di sudore.
“Voglio mangiarti Louis...”Dichiarò Harry, liberandolo dall’antro caldo e umido di saliva e sedendosi sulle sue gambe, baciandolo con foga.
“Vorrei divorarti...Sei così bello” Mormorò toccandolo con una venerazione tale che a Louis vennero i brividi.
“Tu, sei bellissimo...” Si lasciò sfuggire Louis guardando il compagno, il bel viso accaldato e illuminato dalla luce del mattino, che a sprazzi si faceva strada tra i fori delle serrande.
“Sei bello...e sai di buono, come la marmellata ai lamponi” Ammise, leccandogli il collo e mordendolo piano.
Harry emise un gemito soffocato e si strinse con le gambe alla schiena del compagno.
“Lasciati divorare” Mormorò Louis, allungandosi un poco e afferrando il barattolo di marmellata, immergendo totalmente le dita al suo interno.
Si leccò il pollice assaporando il sapore dolciastro della confettura, poi diresse le dita sul corpo abbronzato di Harry, disegnando un percorso rosso sulla sua pelle più scura, fino a infilare la mano sotto l’asciugamano, per poi riemergere, spostarsi sulla schiena, poi sull’addome e scendere di nuovo fino a quel punto.
L’afferrò con un pugno, muovendosi piano, su e giù, andando a ritmo dei sospiri trattenuti dell’altro che lo baciava lentamente, con la bocca aperta, accogliendo la sua lingua, cercandola, spingendola, accogliendola ancora.
“Amo le tue mani” Pigolò contro la spalla di Louis, spingendo il bacino all’indietro contro le dita pallide del moro, cercando di sentirlo più a fondo dentro di sé.
“Amo quando mi tocchi così e amo toccarti così...prenderti, farmi prendere, che importanza ha ormai...” Mormorò piano.
“Io ti appartengo” Ammise Harry, aprendo gli occhi, sospirando forte e baciandolo, mentre le dita si facevano spazio in lui con movimenti accorti.
“Anche io ti appartengo, Harry” E pronunciando quelle parole sentì un senso di dolcezza invadergli il petto, regalargli la sicurezza di essere amato incondizionatamente, in un modo tanto intenso da spiazzarlo, da renderlo umano, vulnerabile, vero, fatto di ossa, carne, desiderio, amore.
Prese Hazza sul pavimento, tra le macchie ancora fresche di marmellata, gli entrò dentro con una spinta sola, decisa, afferrandogli i fianchi, leccandogli la confettura dalla schiena, spingendo, scavando, come l’altro faceva con lui la notte, cercando in quel calore bagnato, tanto avvolgente, quell’anima che sapeva appartenergli.
Harry puntellò le mani sul pavimento, strinse un poco i denti durante le prime spinte, fino ad abituarsi, fino ad assaporare con piacere quei colpi ben assestati, ;Louis di forte sapeva fare altro, oltre a tirargli pugni. Non ci volle molto perché il dolore scomparisse, perché si ritrovasse a muovere il bacino indietro, cercando ogni volta l’impatto, la pienezza completa, desiderando in cuor suo di potersi fondere con quel corpo pallido ed esile, eppure tanto forte che fin da ragazzino aveva segretamente desiderato, sognato, tra le lenzuola del suo letto di quattordicenne, negli spogliatoi dei primi anni di superiori.
Harry amava Louis alla follia, era forse sempre stato solo lui, l’unica persona che avesse mai amato, niente di paragonabile alle storie dell’adolescenza, alle ragazze dai capelli scuri e lisci e la pelle pallida come quella del compagno
Prese una mano di Louis se la portò all’inguine, guidandola sul suo piacere teso, muovendola in modo complementare alle spinte, fino a sentirsi morire, ed esplodere sul pavimento, mentre quelle labbra pallide gli baciavano la schiena, mentre un calore familiare lo riempiva fino in fondo, alla ricerca di un suo pezzo di anima.
***
Louis guardò Harry inzuppare un biscotto sporco di marmellata ai lamponi nella tazza di latte ormai freddo. Gli sorrise, inzuppando anche il proprio biscotto in quello stesso latte, entrambi seduti sul pavimento della cucina, nudi, la schiena del riccio poggiata contro la superficie fresca di metallo della lavastoviglie, le gambe divaricate, stese sulle mattonelle sporche di confettura, Louis in mezzo, poggiato con le spalle contro il suo petto.
“Ho fame” Rise Louis schioccandogli un bacio sul collo. Il moro si voltò ancora una volta, incrociando gli occhi chiarissimi del compagno, lo baciò sulle labbra con tenerezza e gli sorrise.
“Vuoi dell’altra marmellata e qualche biscotto?” Chiese ammiccante.
“Tomlinson, a volte penso che tu sia realmente un depravato...” Scherzò, afferrandogli i fianchi e trattenendolo a sé.
“Senti chi parla” Borbottò Louis, sentendo una certa pressione dietro le natiche.
Il riccio ghignò, masticando l’ennesimo biscotto.
“Ti amo, sai?” Sussurrò il liscio, guardandosi la pelle pallida sporca in qua e in là dei rimasugli della poltiglia rossastra.
“Penso da sempre...” Ammise.
“La marmellata ai lamponi...riesce ad addolcire anche Louis...che sia benedetta” Giocò Harry, alzando il barattolo ormai vuoto verso il soffitto.
“Piantala, idiota” Il moro si voltò scocciato, odiava essere preso in giro sui suoi sentimenti, anche se i baci e le dichiarazioni erano da idioti, sentimentali, femminucce lacrimose, poeti e romanzieri finocchi, beh, dopotutto anche i romanzieri finocchi meritavano un po’ di rispetto.
“Ti amo” La voce di Harry interruppe i suoi vaneggiamenti mentali riempiendogli il petto di quel calore familiare che sapeva di casa.
“Ti amo, Lou” Ed era come sempre, come quando in prima superiore si urlarono di odiarsi, di non vedersi mai più, c’era lo stesso dolore, la stessa forza, in quella dichiarazione, la stessa voce un po’ instabile, che sapeva di lacrime, come quella volta, come sempre, perché tutto, tutto ogni volta sembrava ribadire ancora che tra loro c’era sempre stato, quell’amore così forte, anche quando litigarono fino a volersi uccidere, anche quando Louis scappò di casa e Harry lo cercò per tutta una notte. Gli sembrò lunga tre anni quella notte, buia e solitaria illuminata a giorno dalle braccia e dal sorriso del suo migliore amico.
“Idiota...non dirmelo con quel tono disperato” Disse piano Louis, prendendo una mano di Harry e portandosela alle labbra per baciarla.
“Ti amo...” Ancora, Harry glielo ripeté ancora, perché in bocca sentiva il sapore della marmellata quando Louis poi lo baciava per farlo stare zitto, dolce, lo sentiva anche quando era sera e avevano fatto colazione da ore...
Si ritrovarono di nuovo incastrati, avvinghiati su sul tavolo, con Harry a dettare il suo ritmo cadenzato, a cercare il viso pallido e bellissimo di Louis, i suoi capelli lisci, mentre lo prendeva sulla tovaglia dove avrebbero dovuto finire la loro colazione.
Era domenica e i baci, l’amore, tutto, anche le labbra di Louis sapevano di marmellata ai lamponi, anche la loro storia sapeva di marmellata, dolce, incredibilmente dolce, con dei ricordi di un passato amaro, ma finalmente perfetta nel suo equilibrio denso, ricco di sfumature, buona da spalmare nei giorni insieme, buona da assaporare la sera dopo una giornata piena di fatiche, buona da leccarsela via di dosso a vicenda, da farci colazione la domenica mattina, buona da vivere, da sentire...

  
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